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Autore: manpolisc_    01/05/2020    3 recensioni
•Primo libro della trilogia•
Sharon Steel è una ragazza di diciassette anni che vive a Ruddy Village, una cittadina tra il Nevada e la California. La sua vita non è mai stata semplice: è stata definita pazza per le cose che vede e alle quali la gente non crede, che l'hanno portata a sentirsi esclusa. Solo l'arrivo di una persona come lei riuscirà a farle capire di non essere sbagliata, ma solo diversa. Scoprirà la sua vera natura e dovrà decidere del proprio destino.
Dal testo:
- È solo un bicchiere che è caduto. - Mormoro. Mi guarda, accennando un sorriso divertito.
- E la causa della sua caduta è solo qualcosa alle tue spalle, che brancola nel buio, pronto ad ucciderti. -
Genere: Azione, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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Capitolo 11

Sulla strada del ritorno nessuno dei due parla. Jackson continua a fissare un punto indefinito davanti a sé, io continuo a camminare a testa bassa. Mi vergogno di me stessa, anche se non riesco a capire il perché. L'unica vera emozione che riesco a spiegarmi è la paura che mi blocca lo stomaco, come se ci fosse qualcosa di pesante sopra. Ho paura che, dopo stasera, Jackson non mi parli più. Ho paura che possa davvero credere che io sia pazza, pazza per quello che sono: una ragazzina stupida che pensa di far del bene, quando invece non è così. Tutti quelli che mi stanno intorno si fanno male. Jackson si è avvicinato alla ragazza strana e le uniche cose che ha ricevuto sono state un graffio sulla gamba, un volo gratis contro una macchina e la possibilità di diventare cenere a causa di un "Cacciatore Oscuro" che io stessa ho attirato, anche se non so come. Ho paura che possa andare via, e di non abituarmi mai a quel senso di vuoto che lascerebbe. Cerco di scacciare quei pensieri dalla mia testa per non crollare e piangere davanti a lui. Sono dei pensieri senza senso, causati da quello che è successo poco fa, ma anche veri in fondo. Ho rovinato tutto, ho distrutto la nostra uscita da sola.
- Bella serata, vero? - Chiedo, cercando di sdrammatizzare. Lui mi fulmina con lo sguardo, per poi riportarlo di nuovo avanti. Siamo quasi sotto casa, la intravedo in lontananza. La strada è deserta e la luce pallida dei lampioni cerca di illuminarla. La Luna è alta nel cielo, privo di nuvole, e si vedono le stelle. Il frinire dei grilli adesso è più acuto. Jackson è ancora rigido e non sembra aver intenzione di addolcirsi. Mi sento come una bambina che ha rotto il vaso preferito della mamma. Tutto questo è straziante. Non so cosa fare per provare a tirargli fuori anche una piccola parola. Mi sento a disagio: potrei anche andarmene da un momento all'altro, almeno sarebbe contento. - Senti Jackson... -
- Ascolta tu, per una volta nella tua vita. - Dice, fermandosi di botto e guardandomi negli occhi dopo quella che sembrava un'eternità. Si avvicina così tanto che a dividerci sono solo pochi centimetri. Deglutisco a vuoto e innervosita, convinta che da un momento all'altro potrebbe anche tirarmi un pugno. So che non lo farebbe, ma me lo merito. - Tu puoi non credere a tutto quello che ti dico, puoi rimanere con le tue idee e cambiare la realtà a tuo piacimento, ma questa è la quarta volta che ti salvo il culo, e non ci sarò sempre a salvartelo. Soprattutto da tipi come lui. Quindi due sono le opzioni, Sharon Steel: o ti svegli dal tuo sogno o ti sveglio io. - Istintivamente gli mollo uno schiaffo così forte da fargli girare il volto verso destra. Non so perché l'abbia fatto, ma non mi è piaciuto per nulla il modo in cui l'ha detto. Ha fatto sembrare tutto una minaccia, o lo è sul serio, o semplicemente non volevo che mi sbattesse in faccia il fatto che ha ragione. Sto facendo di tutto per allontanare quello che non riesco a comprendere.
A quel gesto, anche i grilli sembrano aver smesso di frinire. Sento ancora il suono dello schiaffo riecheggiare in tutto quel silenzio. La mia mano trema, la sua guancia pallida sta iniziando a colorarsi, evidenziando soprattutto le mie piccole dita. Indietreggio, spaventata dalla sua reazione. Lui, però, rimane fermo lì. Quando gira di nuovo il volto, mi guarda stupito. Mi lecco le labbra secche e fisso la strada senza entusiasmo, giusto per osservare qualcos'altro. Non voglio incontrare i suoi occhi.
- Scusami. - Sussurro dispiaciuta. Lui si siede sul muretto della casa che precede la sua e mi osserva. Mi mordo il labbro, indecisa se raggiungerlo o meno.
- Se vuoi andare, vattene. - Dice con tono stranamente pacato, mettendosi le mani nelle tasche dei pantaloni. Forse anche lui si è reso conto che non avrebbe dovuto essere così minaccioso. - Ma non potrai scappare per sempre da quello che sei. -
- E cosa sono, allora? - Sbotto esausta. - Un Elementale? Ti ho già detto che non lo sono. Dimmelo, perché davvero non lo so. - Anche lui abbassa lo sguardo sui suoi piedi. Sta sicuramente cercando qualche altro personaggio a cui abbinarmi, o forse si sta trattenendo dallo sbattermi la testa contro il muretto. Al suo posto, farei lo stesso, ma davvero non riesco ad accettare questa cosa.
- Secondo te, chi ha fatto quel semicerchio di fuoco? - Domanda dopo un po' mentre rialza lo sguardo su di me e incrocio le braccia al petto.
- Tu, naturalmente! Chi altro può essere... -
- Io non posso! - Esplode, interrompendomi. - Non posso usare il fuoco, tantomeno l'aria. - Confessa con sguardo sincero, abbassando anche il tono di voce. Mrs. Moore, seppur anziana, ha un udito perfetto e passa le serate vicino alla finestra in attesa di qualche gossip eccitante da raccontare poi alle sue amiche, nonostante nel mio quartiere non succeda mai nulla, non importa quanto inquietante tenda a diventare di notte. Meglio evitare che racconti dei nostri discorsi a chiunque.
- Perché? - Mi avvicino lentamente, ancora un po' intimorita, e mi siedo accanto a lui.
- Non posso e basta. Non ne voglio parlare. Voglio parlare di te. - Mi guarda. Mi perdo un attimo nei suoi occhi, poi sono costretta a distogliere lo sguardo. Osservo il cielo dove la costellazione del Cigno splende. - Ti sei sentita accaldata, vero? - Quando? Quando ero troppo vicino a te al cinema? - Quando urlavi contro Luke? -
- Sì. - Ammetto mentre ritorno a guardarlo.
- Ho visto il sangue colarti dal naso. - Annuisce, sorridendo. Il suo microscopico sorriso sparisce immediatamente, seguito da un piccolo gemito di dolore. Con il pollice si tocca il taglio sul labbro inferiore. Gli afferro il mento per guardare meglio la ferita. Il taglio non è profondo, ma sembra dargli fastidio lo stesso. Mi guarda negli occhi. Adesso sta diventando tutto imbarazzante. Allontano la mia mano dal suo volto e lui si schiarisce la voce. - Anche a me usciva spesso quando ero piccolo, non è nulla di grave. - Annuisco alle sue parole, non sapendo cos'altro dirgli. - Perché continui a negare ciò che sei? -
- Perché mi fa paura, va bene?! - Sbotto dopo essermi passata le mani sul volto, esasperata dalla sua insistenza. - Per tutta la mia vita mi sono sentita strana, diversa... ma non pensavo così diversa. -
- Chi non ha paura? - Chiede guardando la strada davanti a lui.
- Beh, tu. - Sorride e scuote la testa.
- Sono solamente bravo a controllarla. C'è differenza. - Mi guarda di nuovo. Inspiro ed espiro rumorosamente mentre lui ritorna a osservare la strada.
- Nonostante abbia provato paura... mi sono sentita anche viva per la prima volta. - Ammetto dopo un po'. Non voglio creare del silenzio che sarebbe difficile riempire dopo. Non voglio neanche mentirgli riguardo quello che sento: sono davvero spaventata di quello che potrebbe succedere dopo. Anche perché, se è vero ciò che dice, che sono come lui, dovrebbe sapere come sto. Lui ci è già passato. Ho paura, sì, ma non posso negare che tutto questo mi attrae, anche se sono ancora convinta di non essere ciò che lui dice. È davvero inconcepibile. Ma, se questo è l'unico modo per creare qualcosa con lui, sono pronta a rischiare. Sono stanca di rimanere chiusa in camera. Sono stanca di avere paura. Di cosa, ancora non so. Magari un giorno si renderà conto dell'errore che ha fatto, credendo che possa essere davvero come lui, ma nel frattempo voglio vivere questo errore. - Voglio provarci. -
- Provare cosa? - Chiede confuso, riportando lo sguardo su di me e mostrandomi una scintilla di speranza nei suoi occhi.
- A essere chi sono. - Mi sorride vittoriosamente. Gli sorrido anch’io, guardandolo negli occhi. Adesso il silenzio è piombato di nuovo tra noi due. Il rombo del motore di una macchina lontana riempie un po' questo suono nullo, ma non abbastanza da mettermi di nuovo a mio agio. Inconsciamente, il mio viso si sta avvicinando al suo. Il suo sguardo, invece, è smarrito a causa di quello che sta per succedere. Arrossisco dall'imbarazzo, ma non mi allontano. Mi piace tutto questo. Forse, mi piace lui. Quando pochi centimetri ci separano, il suono di un clacson ci fa sussultare, della stessa macchina che ho cercato di evitare per non tirarmi indietro. Una Range Rover nera è ferma davanti a noi.
- Hey! - Esclama Jackson quasi sollevato non appena riconosce la macchina dell'amico. Si alza e si avvicina a questa. Anch'io faccio lo stesso, cercando inutilmente di far sparire il rossore dalle mie guance. Le sento andare a fuoco.
- Ho interrotto qualcosa? - Chiede quest'ultimo con un sorriso malizioso, ma allo stesso tempo divertito. Io e Jackson non perdiamo tempo a negare, scuotendo la testa. Arrossisco ancora di più. Harry non poteva avere un tempismo migliore. Ora sicuramente Jackson penserà che mi piaccia o qualcosa del genere, dato che io mi stavo praticamente buttando su di lui. Il dampiro continua a tenere lo sguardo su di noi, poi apre l'altra portiera anteriore e fa segno a Jackson di entrare.
- Dove dobbiamo andare? - Chiede il biondo prima di salire in macchina in tutta fretta. Forse avrei dovuto evitare il mio gesto. È evidente che Jackson sia in imbarazzo.
- A quanto pare dei folletti si sono dati alla pazza gioia stanotte. Muoviti Mitchell. Non voglio passare tutta la notte sveglio. - Poggia un braccio fuori dal finestrino, continuando a tenere l'altra mano sul volante. - Come ti sei fatto quei tagli? - Chiede dopo, accorgendosi della faccia dell'inglese. Le ferite non sanguinano più, ma il labbro è abbastanza gonfio e di un colore violaceo; sulla fronte si sta formando un bel livido.
- Luke. -
- È vivo? - Gli occhi di Harry si dilatano dallo stupore. Jackson annuisce. Il riccio stringe il volante così forte da far diventare le nocche delle dita bianche, la faccia cupa e piena di rabbia. - La prossima volta che lo vedo, ti giuro, lo faccio fuori. - Dice furioso. Non mi meraviglio del fatto che abbia avuto questa reazione nel sentire quel nome. Se questi due sono nella stessa squadra (chiamiamola così) e Jackson ha fatto una bella rissa con Luke, credo sia ovvio che anche Harry lo odi. Jackson l'aveva chiamato Cacciatore Oscuro, anche se non ha ancora avuto modo di parlarne.
- Chi sono i Cacciatori Oscuri, comunque? - Li interrompo prima che Harry tiri fuori qualche frase tipo "gli spappolo le budella" o cose del genere. Il riccio si affloscia allo schienale, rassegnandosi all'idea di dover rimanere sveglio tutta la notte.
- Sono dei semplici Elementali, che sono stati istruiti con idee e regole diverse da un comune Elementale, non riguardanti gli elementi, ma regole etiche. Ogni Elementale che riconosce i suoi poteri viene addestrato su tutti e quattro gli elementi. Non che ci siano scuole o altro, eh. Ad esempio, io sono stato aiutato dai miei genitori. Nella maggior parte dei casi è così. Comunque, la cosa più importante è ricordare l'umanità che ti caratterizza, nonostante i poteri. Certe persone questo non lo riconoscono, o non gli è stato mai insegnato. I Cacciatori Oscuri basano la loro esistenza sulla superiorità. Guardano gli altri esseri umani come degli esseri incompleti, inferiori, perché non hanno mai sviluppato quest'altro loro lato. Possedendo la capacità di controllare gli elementi, pensano che tutto sia lecito per loro, anche attaccare altri Elementali. Noi abbiamo tantissime regole che non ho mai imparato. - Harry sorride divertito alla confessione di Jackson. - Ma so quali sono le più importanti che non devono essere mai dimenticate: liberarsi di ogni malvagità e non usare gli elementi su persone o altri Elementali. -
- Ecco perché Luke ti ha attaccato senza pensarci due volte. Ma anche tu hai attaccato lui, Jackson. -
- Non l'ho mai effettivamente attaccato, se non con le mani. Quando ho ricorso all'uso dell'acqua era solo per autodifesa. -
- La cosa che ci preoccupa di più non è questo, però. I Cacciatori Oscuri vedono anche l'esistenza dei mostri diversamente. Vogliono che il mondo sappia di loro. E questo non deve mai accadere. - Continua Harry, spostando lo sguardo su di me. Lo osservo con occhi pieni di preoccupazione. Non possono farlo. Se succedesse, le persone non riuscirebbero a guardare più il mondo come prima. E per me, che sto attraversando questa fase, è orribile. Non nego che mi sono guardata in giro per tutto il tempo mentre camminavamo, sicura che ci fosse un mostro da qualche parte. La gente non uscirebbe più di casa neanche per fare la spesa. Perché andare a comprare il pranzo quando potresti esserlo tu per qualche creatura? E ora mi sento anche stupida ad aver sempre cercato, in ogni modo, di farli scoprire solo per evitare che mi definissero pazza. - Idioti. Non capiscono quanto questo sia insensato! - Commenta dopo.
- Ma è impensabile. È... - Rinuncio a trovare le parole giuste. Non possono esserci parole per descrivere quello che penso di loro. Provo disgusto solo a pensare che uno di loro mi abbia toccato. E chissà cosa sarebbe successo se Jackson non fosse uscito in tempo. Ha ragione lui: devo imparare a cavarmela da sola, anche se non voglio. Ho letto e riletto storie sui cavalieri e su come salvassero le proprie donzelle. Leggevo di come avrebbero perso tutto per loro e immaginavo che qualcuno avrebbe fatto lo stesso per me un giorno. Jackson, in qualche modo, lo sta facendo. Ed è anche buffo come vorrei fare lo stesso per lui. Morirei per lui, ma comunque devo imparare a difendermi. Rimango con lo sguardo perso nel vuoto, immersa tra i miei pensieri. Harry nel frattempo sta mettendo in moto la macchina. Il suo rumore mi fa svegliare dai miei pensieri. - Voglio venire anch'io. - Affermo entusiasta. Se ho preso la scelta di far parte del loro mondo, meglio cominciare subito a capirlo. Harry e Jackson si scambiano un'occhiata, poi scoppiano a ridere. - Che c'è? Parliamo di folletti. Quanto può essere difficile? - Dico anche un po' presuntuosamente. Jackson si asciuga una lacrima dall'occhio, appoggiandosi del tutto al sedile, Harry invece si tiene la pancia da quanto forte sta sogghignando. Io li guardo confusa e leggermente infastidita.
- La porterei solo per farmi altre due risate. - Dice Harry mentre cerca di ritrovare quel poco di autocontrollo che aveva. Jackson concorda, senza cessare. Continuo a guardarli, poi roteo gli occhi al cielo. Apro lo sportello ed entro in macchina, sbattendo la portiera. - Hey! Hey! Non sbatterla! - Mi rimprovera Harry smettendo magicamente di ridere e assumendo un tono infastidito. Deve essere uno di quelli con la fissa per le macchine, che sarebbe capace di picchiarti per un graffietto sulla carrozzeria. Jackson si porta una mano sulla bocca per provare a smettere, ma non ci riesce. Gli do un colpetto in testa per farlo fermare e quando entrambi hanno finito di ridere, il dampiro parte. - Bene, ma l'hai voluto tu. –
 ***
Harry continua a guidare da ben dieci minuti senza una meta precisa. Siamo appena usciti da Ruddy Village e il riccio continua a tenere gli occhi fissi sulla strada. Jackson, invece, continua a muoversi senza sosta: si addossa alla portiera, poi allo schienale, poi poggia la testa al finestrino. Mi mette ansia solo in questo modo. Ogni tanto discutono e litigano, poi Harry cambia discorso, lamentandosi di una certa Avery. Jackson sorride al suo nome, non riesco a capire se in modo divertito poiché Harry la sta descrivendo come una strega o perché provi interesse per lei. Dopo qualche minuto che continuano a parlare di lei, intervengo e tento di cambiare argomento, non riuscendo più a sopportare il suo nome.
- Chi è Avery? - Ma, a quanto pare, neanche io riesco a cambiarlo. È da ben cinque minuti che mi tormento pensando se sia legata a Jackson in qualche modo.
- Mia cugina. - Risponde il biondo immediatamente, come se si aspettasse quella domanda.
- Una stronza. - Risponde anche Harry in modo serio, facendo ridere Jackson. Rido anch'io, sollevata che l'unica relazione che abbia con Jackson sia di parentela. Non pensavo che potessi provare gelosia per qualcuno, soprattutto per qualcuno che conosco da una settimana. Harry sterza improvvisamente, andando fuori strada e parcheggiando la macchina sotto un albero. Jackson scende dall'auto e si guarda in giro. Non so neanche dove siamo dal momento che, per tutto il viaggio in auto, non ho prestato la minima attenzione alla strada. Lo spazio dove Harry ha appena parcheggiato è di forma circolare con alberi intorno che segnano l'ingresso nella fitta foresta. È così buio dentro che non riesco neanche a vedere la corteccia degli alberi nella seconda fila. Tutto è statico e muto.
- Mi dispiace solo di aver messo le scarpe nuove. - Sospira Jackson, pentito, mentre le osserva. Harry gli guarda le scarpe, sorpreso.
- Hai cambiato colore? - Chiede meravigliato. - Sai che sei più visibile con i colori chiari ai mostri. - Questo spiega perché indossino spesso colori scuri, sebbene anche il dampiro abbia una maglietta bianca questa sera, ma i pantaloni e gli anfibi sono entrambi neri. Credo che avrebbe indossato anche la sua felpa nera che ha sempre addosso quelle poche volte che l'ho visto se non facesse così caldo. L'aria in questa parte dell'America è molto afosa, alla fine, essendo vicini al deserto.
- Beh, andare a caccia di folletti non era in programma stasera. - Delle risate quasi malvagie riecheggiano intorno. Scendo anch’io dalla macchina e osservo la zona, che mi procura la pelle d'oca e dei brividi. Ho visto una foresta del genere in un film horror, e non è finito per niente bene. Forse avrei dovuto lasciare queste cose a loro due, sono coscienti di quello che fanno. Non so neanche come sia fatto un folletto. Prendo il cellulare, cercando qualcosa su queste creature.
- Non mi sembra il momento di messaggiare. - Mi rimprovera Harry, poggiando i coltelli in macchina e chiudendola a chiave. Alzo lo sguardo dal cellulare e lo guardo sia confusa sia stupita del fatto che si sia liberato dei suoi coltelli.
- Non sto messaggiando. - Sbuffo. - Sto cercando un'immagine di questi folletti. - Jackson scoppia a ridere mentre Harry scuote la testa, stupito di quanto poco ne sappia riguardo queste cose. Cosa si aspettava da me, esattamente? Non che abbia studiato mostrologia.
- Come se fosse vera. Sono invisibili la maggior parte delle volte, sono poche le persone che li hanno visti. - Afferma Harry mentre mi raggiunge e leva il cellulare di mano. Protesto, ma l'unica cosa che fa è spegnerlo e mettermelo nella tasca dei pantaloni. Mi fa l'occhiolino e raggiunge Jackson. Sbuffo silenziosamente di nuovo a quel gesto. - Meglio dividerci. - Jackson concorda con l'idea di Harry, ma io scuoto la testa. È la mia prima volta a cacciare mostri e loro vogliono dividersi? Poi non si vede nulla: è troppo buio per i miei gusti. L'unica luce proviene dai fanali della macchina di Harry. Inoltre, siamo anche circondati da una leggera nebbia che non mi piace per nulla. Da quando lessi un libro di Stephen King, "Scheletri", non ho mai guardato la nebbia allo stesso modo. Che poi, è raro vederla in inverno, come fa a esserci adesso che è estate? - Attento alla nebbia. La stanno producendo quei nanetti per farti perdere. - Jackson annuisce alle parole dell'amico e poi gli fa un cenno col mento per indicargli la direzione da prendere. In un batter d'occhio, quest'ultimo è sparito. Jackson si avvicina a me e si leva la giacca di pelle da dosso, poi me la porge. Gli sussurro un "grazie" e la infilo. Non ho davvero freddo, ma mi sento più protetta.
- Harry sarà da quel lato. - Indica la parte della foresta di fronte alla macchina. - Quindi io vado a destra e tu a sinistra. - Annuisco, poi comincio a camminare non appena anche lui si allontana. Mi giro per assicurarmi che Jackson sia ancora dietro di me, ma vedo solo la sua ombra sparire dietro gli alberi ed essere risucchiata dalla nebbia. Mi stringo nella sua giacca mentre procedo. Percepisco il suo profumo, uno dolce e forte allo stesso tempo, un po' come lui alla fine. Non avrei voluto che mi lasciassero da sola, ma se avessi chiesto a uno di loro di venire con me, avrebbero riso ulteriormente, e non mi va che mi prendano in giro.
Dopo neanche un minuto, però, sento dei passi dietro di me. Mi giro di scatto, ma non trovo nessuno. Un po' titubante, mi volto nuovamente per continuare a camminare. Quando mi trovo davanti ad uno degli ingressi nella foresta esito un po'. Poco dopo, sento Jackson urlare. Per lo spavento improvviso, e anche per la paura che possa essere nei guai, corro indietro verso di lui più velocemente possibile. Sto anche per inciampare su un sasso. Non vedo assolutamente niente. Sto rincorrendo un'ombra, un urlo. Sento di nuovo dei passi dietro di me. Mi guardo alle spalle, continuando a correre, ma non vedo nessuno. Spero davvero che sia la mia mente e non qualcos'altro. Sbatto contro qualcuno, o qualcosa, cadendogli addosso. Urlo anch'io per la botta improvvisa e per la paura. Però, sotto di me non c'è nessuno, neanche il terreno. Lo vedo, ma non lo tocco col corpo. Sembra che ci sia qualcosa d’invisibile tra me e questo. Allungo un dito verso il nulla, per capire cosa sia e, appena percepisco una sostanza umida e morbida, ritraggo il dito, abbastanza disgustata. Quella cosa si lamenta dal dolore.
- Il mio occhio! -
- Harry? - Chiedo appena riconosco la voce e il suo solito tono rabbioso.
- Perché l'hai fatto?! - Sbraita sotto di me, buttandomi di lato per levarmi di dosso. Cado con la faccia a terra. A fianco a me, Harry ritorna visibile. Anche lui è disteso sul terreno. L'altra sua abilità speciale: l'invisibilità.
- Volevo vedere cosa ci fosse sotto di me! - Esclamo, difendendomi.
- Perché urli?! -
- Perché tu urli! -
- Logico che urlo, mi hai accecato! - Esclama, abbassando di poco il tono della voce mentre si strofina l'occhio, poi si mette in piedi. Lo seguo. Appena allontana la mano lo guardo negli occhi: il destro è arrossato e lucido. Gli volgo un sorriso dispiaciuto. In lontananza, dietro di lui, scorgo Jackson correre verso di noi e salutarci con entrambe le mani.
- Perché ci saluta? - Chiedo mentre il dampiro si volta per camminare nella direzione opposta alla sua.
- Non ci sta salutando. - Harry mi afferra la mano e inizia a correre. Quasi inciampo dal gesto improvviso. Mi giro dietro, cercando con lo sguardo Jackson. È a terra che si sbatte a destra e sinistra. Sembra... stia ridendo? Ma ad Harry non importa. Quando arriviamo dietro un albero, si ferma e mi blocca contro di questo. - Hai della musica sul cellulare? -
- Non mi sembra il momento... -
- Sì o no?! - Esclama impaziente. Annuisco e gli passo il cellulare. Lo afferra subito e lo accende. Tamburella con le dita sullo schermo nel frattempo. - Bene, corri in macchina. Non lasciare entrare nessuno. - Mi ordina non appena sblocco il cellulare. Chi dovrei far entrare? Faccio come mi dice mentre lui apre l'auto con la chiave. Corro più velocemente possibile e mi chiudo dentro, mettendo la sicura. Il cuore mi sta martellando nel petto. Jackson è ancora a terra che ride e si sbatte, come se stesse cercando di fermare qualcuno dal fargli il solletico. È rosso in volto e sembra non farcela più. Harry corre davanti alla macchina, in mezzo ai fanali. Ha il telefono in mano e lo getta non molto lontano dalla faccia di Jackson. Quest'ultimo smette di ridere, ma rimane disteso. Incrocia le braccia sullo stomaco, sicuramente dolorante, e cerca di respirare. Un silenzio quasi inquietante è calato. Non si sente nessun rumore. Poi il telefono s’illumina e della musica viene riprodotta: il respiro affannato di Jackson accompagna "Shake It Off", di Taylor Swift. Intorno al cellulare appaiono dal nulla cinque bambini, o almeno lo sembrano. Indossano tutti delle maglie verde scuro e dei pantaloni marroni. Sono scalzi e alti forse un metro. Hanno tutti i capelli scuri e le orecchie molto piccole. Continuano a guardare affascinati il cellulare che ancora riproduce musica. Esco lentamente dalla macchina e chiudo la portiera, sebbene Harry mi abbia detto di non farlo. Ma voglio vedere meglio quegli esseri, curiosa. Jackson si è messo in ginocchio e, quando realizza quello che sta succedendo, guarda sorpreso il cellulare.
- Questa mi è nuova. - Afferma con voce stanca il biondo. Harry apre la macchina e prende uno spruzzino. Senza distrarre i piccoli esseri, gli spruzza addosso quella che sembra acqua. Immediatamente cadono a terra, privi di sensi. Jackson si rimette in piedi e mi passa il cellulare una volta che l'ha preso da terra ed ha interrotto la musica.
- Ho trovato modi più efficaci per distrarre i folletti. - Harry se ne carica in spalla due e li poggia contro un albero. Jackson prende gli altri tre, affiancandoli agli altri.
- Non dovete ucciderli? - Chiedo con sguardo perplesso.
- Per ora meglio addormentarli. I folletti sono un gruppo numeroso e non vorrei che il resto ci rintracci e ci causi problemi. E poi non uccidono nessuno, giocano solamente. - Spiega Jackson.
- Anche se a volte perfino un bazooka lo prendono come un gioco e ti ritrovi con lo stomaco bucato. Per questo è meglio non avere armi addosso quando si tratta di loro. - Aggiunge Harry mentre si pulisce le mani. Ecco perché prima ha chiuso i coltelli in macchina. Lui alza lo sguardo su di me e incurva gli angoli della bocca in un sorriso beffardo. Mi osservo anch’io nel finestrino per capire cosa lo diverta: sono tutta sporca. La mia maglia bianca ormai è piena di macchie marroni e ho del fango anche sulla faccia. I miei capelli sono del tutto scompigliati. Piccole ciocche escono da quella che una volta era una treccia. Jackson non è messo meglio: ha la maglia bianca tutta sporca per essersi girato e rigirato nella terra. Ne ha un po' anche nei capelli e le Converse sono da buttare. Però, so per certo che non lo farà. Harry stranamente è pulito, nonostante indossi anche lui una maglia chiara. - Siete favolosi. - Ride il dampiro. Quando si gira per entrare in macchina, una grande striscia marrone, fango probabilmente, che parte dal collo e finisce giù, gli colora la maglia. Mi metto una mano davanti alla bocca per nascondere una risata; Jackson abbassa la testa, sogghignando sotto i baffi. Harry se ne accorge e rimane con lo sportello aperto, voltandosi verso il biondo. - Cosa c'è? - Chiede confuso.
- Niente. - Rispondiamo all'unisono, scoppiando poi a ridere forte.
 ***
Apro la porta di casa silenziosamente. Sono in ritardo di mezz'ora e, stanca come sono, non voglio sorbirmi anche l'interrogatorio di mamma su come mi sia sporcata e come sia andata la serata. Mi levo le scarpe e mi chiudo la porta alle spalle, senza far troppo rumore. Appena vedrà come sono conciata, mi chiuderà nella lavatrice direttamente. La casa è silenziosa: mamma starà dormendo. Tuttavia, quando noto che la luce della cucina è accesa, scatto verso le scale, preoccupata che possa vedermi così. Sono costretta a bloccarmi appena sento la sua voce abbassarsi, come se stesse nascondendo una conversazione. Incuriosita, scendo le scale e mi appoggio al muro. Sta parlando al telefono.
- Zia, sono preoccupata. - Questo è strano. Mia madre non parla mai con zia Tess. - Quanti altri si chiamano in quel modo? No, non è ancora tornata... sono solo preoccupata, e se lo sapesse? Se glielo avesse detto? - Aggrotto la fronte. Mi avvicino un po' di più alla porta della cucina, senza farmi vedere, curiosa. Mia madre non parla, ascolta attentamente e ogni tanto concorda con quello che sta dicendo mia zia. - Neanche io lo penso... ma zia, sono diciassette anni che le mento. - Mi acciglio. Su cosa mi sta mentendo? C'è un lungo momento di silenzio. - Sei pazza?! Non manderò tutto all'aria. L'ho protetta per tutto questo tempo, non la esporrò ora a un simile pericolo! La stanno ancora cercando. - Un altro lungo silenzio. - Quindi lo sa... - Il suono di un messaggio sul mio cellulare interrompe mia madre. Corro su per le scale, imprecando nella mia mente. Jackson ha un tempismo perfetto nel far suonare il mio telefono. - Sharon? Sei tu? -
- Sì! - Mi affretto a rispondere. - Sono appena tornata, sono stanchissima. Mi faccio una doccia e vado a letto, buonanotte mamma. Ti voglio bene! - Sbatto la porta della camera e mi accascio dietro di essa. Ci è mancato poco.
   
 
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