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Autore: Stella cadente    04/05/2020    4 recensioni
Hogwarts, 2048: dopo la Seconda Guerra Magica e una lunga ricostruzione, la Scuola di Magia e Stregoneria è di nuovo un luogo sicuro, dove gli studenti sono alle prese con incantesimi, duelli con compagni particolarmente odiosi, le loro amicizie e i loro amori – come qualunque giovane mago o strega.
Ma Hogwarts cova ancora dei segreti tra le sue mura; qualcosa di nascosto incombe di nuovo sul mondo magico e sulla scuola, per far tornare un conto in sospeso rimasto sepolto da anni...
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«Che cosa gli è successo?»
Il Preside sospirò.
«Anni fa, Black era Preside, ma... ben presto fu chiaro a tutti quale fosse la sua reale intenzione. Non voleva fortificare Hogwarts, bensì renderla più intollerante. Tutti noi insegnanti abbiamo temuto, finora, che tornasse. Io l’ho sconfitto ed esiliato, ed io l’ho privato di quello che era il suo posto. Un posto ambito, e soprattutto influente.»
[...]
«Ascoltami, Elsa» riprese, con tono cupo. «Fa’ attenzione, soprattutto al tuo potere. C’è bellezza in esso, ma anche un grande pericolo.»
Pausa.
«Ricorda», aggiunse, «la paura sarà tua nemica.»
Genere: Dark, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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 47.
 
 
Vaiana riusciva a sentire nitidamente le energie che provenivano da sopra.
L’alto soffitto e i diversi metri che la separavano in altezza da quello che stava accadendo non erano bastati a impedire che avvertisse come un’onda, dentro di lei, che si infrangeva con prepotenza lungo le pareti del suo corpo. Era come un’energia nascosta, che aveva sempre avuto, ma che mai si era risvegliata così repentinamente. E adesso, forse, capiva come mai suo padre non aveva appoggiato che utilizzasse quell’abilità. Era distruttiva, lo sentiva. E – Merman glielo aveva detto, anche se a mezza voce – avrebbe potuto uccidere. Alle altre ragazze era già successo; tutte loro avevano ucciso, o rischiato di farlo, con il loro potere. E lei aveva paura; paura che anche lei cadesse, paura di non essere diversa.
Era della sua diversità che avevano bisogno; della sua energia positiva, quella che nelle altre era già andata perduta. Vaiana si era sentita male, quando aveva sentito quelle parole riferite alle sue compagne; non poteva credere che proprio loro, comunissime ragazze che incrociava nei corridoi, fossero...
Dei mostri.
Non si vergognava a pensarlo; quello che aveva visto, quando aveva incrociato l’occhio in biblioteca, era stato mostruoso. Aveva visto l’Opera, aveva visto cosa richiedeva. Aveva visto persone che morivano, che venivano sacrificate senza scrupoli per quella che era una causa senza l’ombra di alcun sentimento umano. Ma Pitch Black non era umano, giusto?
Le sembrava impossibile – persino un mese prima, quando ancora Pitch Black era solo un timore più o meno diffuso – che sarebbe andata a finire così. Che avrebbe dovuto separarsi dai suoi amici più cari – separarsi da Maui, che aveva sempre saputo tutto di lei – e vederli andare a rischiare la morte, faccia a faccia con quel nemico che ormai era concreto, visibile, e tremendamente vicino. Mentre lei non avrebbe fatto niente; se ne sarebbe semplicemente rimasta nascosta nelle profondità di Hogwarts, in quella Camera che lo stesso fondatore della sua Casa aveva creato per distaccarsi da tutti, su obbligo di Merman.
Aveva tenuto la sua rabbia per sé, incanalandola nell’acqua, che, lo sapeva, prima o poi sarebbe esplosa. Forse Merman lo aveva fatto di proposito, per far sì che lo facesse al momento opportuno. Perché, altrimenti, confinarla, se era l’unica speranza che Hogwarts si salvasse? Perché lasciare che degli alunni morissero inutilmente?
Lo capì quando, nel freddo di quella stanza, avvertì la porta circolare che si apriva e dei passi leggeri percorrere il lungo corridoio in pietra. E l’energia dell’acqua, che adesso si faceva più pulsante che mai. Man mano che la sagoma sottile ed eterea di Elsa Arendelle si avvicinava, quella sensazione aumentava, come se ci fosse qualcosa che urlava, dentro di lei. Qualcosa che doveva essere liberato.
Si sentì come una preziosa reliquia nascosta nel cuore del castello, un artefatto che ora, inevitabilmente, era stato scoperto. Elsa camminava con calma, consapevole che la sua compagna di Casa non avrebbe potuto scappare da nessuna parte; sembrava letteralmente contemplare quel momento, e i contorni della Camera, costeggiati da grossi serpenti di pietra con le fauci spalancate, erano come una cornice alla sua figura quasi ultraterrena.
«Ci incontriamo di nuovo» fece Vaiana, in un impeto di coraggio che non sapeva di avere.
Elsa non rispose subito; era seria, ma non come l’aveva sempre vista. Non era mai stata allegra; Vaiana constatò tristemente che, un’espressione serena, non aveva mai abitato quel volto diafano.
Ma adesso lo era in modo diverso. Era una serietà che in qualche modo la faceva sembrare invecchiata. Una serietà cupa, arrabbiata. E orribilmente consapevole.
«Senza di te non possiamo andare avanti» disse solo, la voce gelida. «Sei l’elemento chiave. Quello che lui ha perso secoli fa.»
«Lo so» replicò Vaiana, guardandola negli occhi determinata. «Che cosa ti fa stare dalla sua parte?» chiese poi, con voce calma.
La bocca di Elsa si curvò appena in un sorriso di scherno. «Tu non capisci» disse solo. «Lui ha dato un senso a tutto questo. A questo» con un solo gesto della mano fece partire una spirale di ghiaccio, che, dopo essere esplosa al centro della stanza come un fuoco d’artificio, prese a fluttuarle intorno placidamente.
Silenzio.
«Mi avete sempre vista come un mostro, è inutile girarci intorno.» Quelle parole la colpirono come macigni, nella loro verità insostenibile. Era vero – maledettamente vero. Come un fulmine, le vennero in mente le parole di Nick, quando non faceva che ripetere quanto la temesse. «Lui è stato l’unico a dirmi che non lo sono – a farmi sentire speciale, apprezzata. Stavolta per davvero.»
«Non puoi fidarti di lui» replicò Vaiana, ora consapevole di trovarsi davanti ad una ragazza fragile.
«E tu sei convinta di poterti fidare di Merman, invece?» la provocò l’altra, sollevando un sopracciglio.
«Merman mi ha detto tutto di Black. Vi sta manipolando, tutte voi» disse, forse a voce un po’ troppo alta.
«Certo; e ovviamente non ti ha detto del fatto che, secoli fa, loro due erano d’accordo» fece Elsa, per tutta risposta.
«Me lo ha detto» la bocca di Vaiana era una linea piatta, lo sentiva. Si sforzava di capire che cosa fosse successo di preciso, per far apparire quella ragazza così improvvisamente... sicura di sé.
Come non l’aveva mai vista. Che Black le avesse fatto un incantesimo?
«Si illude che con te potremmo tornare normali, vero?» insistette Elsa. «Non torneremo mai normali. Non lo siamo mai state.»
C’era solo un modo per scoprirlo.
Vaiana tirò fuori la bacchetta. «Legilimens» pronunciò, a voce alta, prendendo Elsa alla sprovvista.
 
 
 
«Hai delle capacità notevoli.»
«Smettila di dirlo.»
«E perché mai?»
Elsa si imbronciò, arrabbiata. Il volto di Anna, congelato da quel terribile incantesimo, le balenò alla mente. «Tutto questo non è notevole, Pitch. È pericoloso. Io sono pericolosa... ed è bene che stia lontana dagli altri.» Chiuse gli occhi e inspirò profondamente, come da anni era abituata a fare per evitare un attacco di panico – che sicuramente avrebbe ucciso qualcuno.
Si trovavano nel sotterraneo del castello, che ricordava, per certi versi, l’aula di Pozioni. I mattoni ordinatamente impilati delle mura andavano a confluire in un’unica cupola che sembrava inglobarli, adornata da intarsi di acciaio e affreschi. All’interno della stanza rifluiva una vaga luce giallognola, mentre intorno a loro erano esposte varie fiale dal contenuto sconosciuto, che ribolliva e si agitava dentro i contenitori di vetro – esattamente come i suoi pensieri dentro la sua testa.
«Non credo ad una parola di quello che mi dici. E non capisco perché tu...» si interruppe. Perché tu mi attragga così tanto, avrebbe voluto dire. Che cos’era successo? Com’era che adesso, da nemici erano diventati...
Cosa, Elsa?
Non lo sapeva. Non sapeva definirlo. Semplicemente, quando guardava quegli occhi di un ipnotico giallo topazio, si perdeva e dimenticava tutto. Ogni domanda – ogni domanda che prima si sarebbe posta – appariva inutile, superficiale. Sembrava svanire nel vuoto.
«Elsa» la chiamò lui. «Tu» la attrasse a sé, guardandola intensamente. Quella voce – in qualche modo subdola, melliflua – la avvolse come un caldo abbraccio. «Sei speciale. Il fatto che tu sia qui ne è la dimostrazione.»
«Perché solo io? Le altre sono meno importanti?» chiese la ragazza, con un filo di voce che non avrebbe voluto avere.
Pitch Black le sorrise, mostrando i denti piccoli e appuntiti. «Sei l’uroboro» disse, senza rispondere alla sua domanda. «Il simbolo dell’immortalità.»
 
 
 
«Puoi farcela» la incitò, con quella voce sinistra che ora era morbida, incoraggiante.
Nessuno mai le aveva mai parlato così. Tranne forse...
Anna.
Ma lei non poteva capire – non poteva entrare in quel mondo, non poteva esporsi ad un tale pericolo. Non glielo avrebbe permesso. Lui era l’unico a poterla salvare, a poter permetterle di usare il suo potere per ciò che era giusto. Lui lo conosceva, aveva familiarità con quello che sapeva fare… l’avrebbe guidata.
«Non lo so» fragilità che non tarda a manifestarsi, un corpo esile che trema, e quel senso di impotenza che ormai lo divora da un bel pezzo.
«Sì invece. Dentro di te sai quanto sei potente.» Sentì il ghiaccio crepitare violento sotto lo strato della sua pelle candida, come a volergli dare ragione. Riusciva a vedersi… riusciva a vedersi mentre gettava il ghiaccio su ogni cosa, su quella realtà che l’aveva sempre costretta a recitare un ruolo che non le apparteneva. Quell’immagine le piaceva...
Solo lui l’aveva compresa.
«Liberati, Elsa.»
E successe.
Il ghiaccio coprì tutto il pavimento, stagliandosi in un’onda fredda e immobile. Sul finire della lastra che si era formata, quella distesa immutabile terminava con delle punte alte, affilate come se fossero i denti di una pericolosa creatura.
«Immagina che cosa riusciresti a fare, con un po’ di addestramento in più. Saresti perfetta.»
Perfetta.
Perfetta...
Aveva voluto esserlo così tanto. Era stata così tanto tempo a desiderare di essere nel pieno dell’autocontrollo; di arrivare esattamente dove voleva arrivare, senza che quelle stupide emozioni la sviassero.
Quando Pitch Black si avvicinò al suo corpo pallido e fine, giungendole alle spalle e sfiorandole appena la vita con le mani, sentì come se qualcosa fosse andato esattamente come sarebbe dovuto andare. Lei che ormai accettava la paura, la abbracciava come si abbraccia un’amica, senza cadere più.
Si voltò, e i loro occhi si incrociarono, scontrandosi come si scontrano due anime destinate a fondersi; Elsa avvertì di nuovo quella sensazione di completezza, come se il suo potere e quello che lei era avesse finalmente un senso. Un senso che non apparteneva ad Hogwarts, né alle cose comuni del Mondo Magico.
Adesso erano tremendamente vicini, l’elettricità che c’era nell’aria si poteva quasi tagliare. Per la prima volta, Elsa non aveva abbassato gli occhi di fronte ad una persona. Per la prima volta, sentiva di non sapere più cosa fosse la paura. Il ghiaccio era suo amico, e lei era il simbolo dell’immortalità, bianca e fredda. Lo sarebbe sempre stata… ma in fondo, per lui era bella così, no?
La baciò, e quel fondersi di buio e gelo sembrò la cosa più giusta che ci fosse mai stata.
 
 
 
L’aveva sedotta.
Ecco che cos’era successo.
Ed Elsa – per Merlino, si sentiva male solo a pensarci – si era innamorata di lui.
Come aveva previsto, infatti, la sua reazione fu brusca. Ma l’urlo che le scaturì dalla gola fu ugualmente terribile, un suono arrabbiato che sapeva di demoni del passato mai sepolti del tutto. Come una grossa e minacciosa onda di energia oscura che viene liberata tutta insieme. Le indirizzò una miriade di stalattiti appuntite, che l’avrebbero presa in pieno se solo lei non si fosse racchiusa appena in tempo in una bolla d’acqua che le respingeva. In preda alla rabbia, Elsa pronunciò alcune parole che Vaiana non capì; all’inizio pensò al serpentese, ma ascoltando meglio quella lingua non aveva affatto le sonorità del serpentese. Maui era un rettilofono, e lei lo aveva sentito numerose volte parlare nel sonno, ma quella lingua... era qualcos’altro.
Qualcosa di antico, come un battito cupo e gutturale, che non poteva appartenere a nessuna creatura magica di cui si fosse mai sentito parlare.
Dopo aver pronunciato quello che doveva essere un incantesimo, infatti, alle spalle minute della sua compagna di Casa comparve un drago di ghiaccio, che la guardò minaccioso.
Non c’era più tempo per parlare, ormai. Se solo ci avesse provato, Elsa avrebbe cercato di ucciderla, ora ne era consapevole.
Sfidandola con lo sguardo, creò uno scudo d’acqua attorno a lei, semplicemente sbattendo un piede a terra. L’aria vibrò in onde ripetitive come fosse gelatina, mentre il drago di ghiaccio produceva un verso profondo e tintinnante insieme, pronto ad attaccare.
«Fermatevi!» irruppe una voce che Vaiana aveva già sentito.
Una ragazza con le trecce, che sembrava disperata e determinata allo stesso tempo, si mise in mezzo a lei e ad Elsa, rivolgendo lo sguardo alla sua avversaria.
Già, Elsa ha una sorella, pensò allarmata. Che cosa pensava di fare, quella ragazza? Almeno si rendeva conto di cosa fosse quello in cui si stava immischiando?
«Sei impazzita?» urlò Vaiana, con quanto più fiato avesse in corpo. «Togliti, ti prego, o finirai uccisa!» ormai aveva le lacrime agli occhi e le corde vocali le bruciavano già per lo sforzo.
Elsa era diventata una statua; era rimasta immobile, sembrava che la sua rabbia si fosse improvvisamente acquietata. Un silenzio assordante, insostenibile.
«Elsa» sua sorella pronunciò il suo nome come se fosse doloroso, con compassione, come per dire “che cosa hai fatto?”. Si potevano percepire le lacrime, nella sua voce dolce. Vaiana restò in silenzio, pregando con tutte le sue forze che la Serpeverde non decidesse di congelarla. Non l’avrebbe sopportato.
La ragazza con i capelli fulvi sembrava non curarsi neanche della creatura fatta di freddo che troneggiava nella Camera, e che continuava ad emettere quello strano ringhio tintinnante – il suono del ghiaccio che crepita e che non vede l’ora di macchiarsi di sangue. Tutto quello che sembrava importarle era la sorella, che la guardava attonita. Gli occhi di Elsa erano ancora cupi, ancora iniettati di rabbia, ma si erano leggermente rilassati. Che stava succedendo?
«Non devi fare questo, Elsa» sussurrò la Grifondoro, come se temesse di farle male. «Non sei così. Non sei un mostro. Sei» il nodo in gola si percepiva chiaramente; Vaiana si sentì sprofondare a pensare a cosa dovesse aver passato, negli ultimi mesi. «Sei una ragazza talentuosa, dolce, ambiziosa. Sei una bella persona» le disse a mezza voce, senza però osare toccarla. Le mani pallide le si serrarono, come se si stesse violentando per non stringerla in un abbraccio.
E si creò qualcosa tra di loro. Come un’energia elettrica, che allontanava la magia oscura.
«Non farlo» disse ancora la sorella di Elsa. «O non riuscirai più a tornare indietro. Arriverai ad un punto di non ritorno» la esortò, con più forza stavolta.  
«Ci sono già» sentì che sussurrava l’altra, a malapena. «Non posso sottrarmi. È questo il mio destino, Anna. E ora spostati» Aveva la voce spezzata. Era tornata di nuovo la ragazza smarrita che era prima – prima che lui la portasse via. «Io devo farlo. Devo ucciderla, se si rifiuta di venire con noi. O spezzerò il Legame, e lui...»
«Cosa?»
«Ucciderà me» la sentì mormorare, con un filo di voce e gli occhi bassi. «E ucciderà tutte le altre, perché la catena sarà rotta. Hogwarts verrà maledetta.»
Tese le mani in avanti, e Vaiana capì subito che, se Anna non si fosse tolta da lì, l'avrebbe colpita.
«No, Elsa!» urlò la ragazza, con una disperazione atroce.
Vaiana si intromise facendole scudo appena prima che il ghiaccio la fermasse per sempre, mentre la Grifondoro teneva risolutamente gli occhi chiusi, stretti in un’espressione di terrore e sofferenza. Si riaprirono, sfarfallando meravigliati, non appena si rese conto che non era morta, e si posarono smarriti su Elsa, che la guardava inespressiva e triste.
Vaiana si avvicinò. «Verrò con voi» disse solo. «Prenderò parte al Rituale e porterò a termine tutto questo. Ma lascerete in pace Hogwarts.»
«Non è così semplice» un’altra voce intervenne, e Melicent Somber entrò nella Camera.
 
 
«Black ha cercato numerose volte dii creare qualcosa che avrebbe dato impulso all’Opera; in passato ha già provato a farlo... ma senza successo.»
«Chi era?» ebbe il coraggio di dire Vaiana.
Merman, adesso, sembrava malinconico. «Si chiamava Iris Hale» disse. «Ed era una studentessa di Hogwarts molto tempo fa. Io ero un professore, all’epoca.»
Pausa.
«Aveva gli stessi poteri di Elsa, che scatenarono la curiosità di Black. Ma quando si trattò di effettuare il rituale, si ribellò; i suoi poteri si scagliarono contro di lei.»
Quelle frasi si abbatterono su di lei come una martellata. «Se lo sapeva, allora perché non ha fatto niente?» chiese con rabbia.
Merman attese un po’ prima di parlare. «Aveva preso in ostaggio mia figlia» disse poi, incupendosi di botto. «Mi ha minacciato. Non potevo fare niente. Ma» fece una pausa di pochi secondi. «Nonostante questo, non si è curato comunque di risparmiarla.»
Il silenzio che aleggiava in quel momento era pesante, soffocante. Le parole che Merman aveva detto le avevano procurato delle fitte al cuore, insieme alla consapevolezza che il mondo magico era davvero in bilico tra la vita e la morte.
«Quando è successo tutto questo?» ebbe il coraggio – raccolto chissà dove – di chiedere.
Il Preside fece una pausa densa di pensieri. «Nel 1648. Sia io sia Black siamo immortali. Lui appartiene alla famiglia dei phoboi, io a quella dei maridi. Melicent Somber discende dalla famiglia di Black, tu dalla mia.»
Vaiana aveva voglia di scappare.
«Per questo tu sei l’unica a poter far tornare gli scomparsi.»
Non può essere...
Lei era solo una studentessa. Solo una studentessa.
«Tu e Melicent siete rivali. E questa è una guerra.»
 
 
Se possibile, quella ragazza era ancora più spaventosa di quanto non fosse Elsa. Avvolta in un vestito scuro e con le corna da demone che svettavano decise, spuntando dalla sua testa, sembrava una fata oscura. Camminava lentamente, e Vaiana avvertì una sensazione di pericolo molto più potente di quella che aveva sentito quando aveva visto Elsa. Era un dolore intenso che scorreva nelle vene, l’acqua che pulsava, un destino orrendo che si avvicinava inesorabilmente per ghermirla.
«Tu e Melicent siete rivali. E questa è una guerra.»
Era la sua rivale; colei con la quale avrebbe dovuto scontrarsi, la stessa ragazza che apparteneva alla famiglia opposta alla sua. Programmate, progettate apposta per quel fine, per quell’incontro che avrebbe segnato l’inizio e la fine di tutto. Lo stesso incontro che avrebbe segnato la sua codardia e il suo voltare le spalle ad Hogwarts, ma a Vaiana non importava. Bastava solo che gli altri fossero lasciati in pace. Se questo poteva essere garantito, allora si sarebbe consegnata a loro senza alcun rimpianto.
«Cosa devo fare?» le chiese, dura, non appena Melicent fu abbastanza vicina.
«Non è sufficiente che tu ti consegni a noi» fece l’altra, squadrandola con i suoi occhi – calcolatori, sottili e di un inquietante color topazio. «Deve esserci un sacrificio, se vogliamo far partire il Rituale. Una persona che significa molto per uno dei componenti» concluse lentamente.
E i suoi occhi gialli si posarono su Anna.
«Non puoi farlo» sibilò Vaiana, avvicinandosi di più.
«E se servisse per un fine superiore?» replicò Melicent, con voce calma e razionale.
Vaiana stava per risponderle che, se voleva, avrebbero potuto sfidarsi a duello e decidere di conseguenza.
Ma poi la terra tremò, e sentì chiaramente un campo di magia talmente potente che quasi si sentì soffocare.
 
 
 
 


 
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Questo capitolo è stato uno tsunami per i miei poveri feels, aiuto. Non so nemmeno come mi sia venuta, di inscenare tutta questa roba, so solo che mentre scrivevo provavo la rabbia di Elsa, la tristezza di Anna e il senso di allarme di Vaiana, e mi è sembrato di andare sulle montagne russe. La scena tra Anna ed Elsa poi, è stata un colpo al cuore; le ho immaginate lì, Anna che tenta con tutte le sue forze di ritrovare sua sorella ed Elsa che è intrappolata in qualcosa di più grande di lei. Tra l’altro ero con una canzone triste nelle orecchie – che se la volete ascoltare è Carry You di Ruelle – e quindi ciao proprio. E poi boh... lo so che è stato così per tutta la storia, ma la fragilità di Elsa, in questo capitolo, mi è sembrata più evidente che mai. Si è innamorata di Black, e questo rappresenta un’ulteriore debolezza per lei, come se non fosse bastato quello che ha passato finora. Mi spezza il cuore, davvero.
Infine, quando tutto sembra precipitare, ecco che succede qualcosa di inaspettato. Che cosa sarà, secondo voi? Sono davvero curiosa di scoprirlo :3
Alla prossima!
Sara



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«Non devi fare questo, Elsa» sussurrò la Grifondoro, come se temesse di farle male. «Non sei così. Non sei un mostro. Sei» il nodo in gola si percepiva chiaramente; Vaiana si sentì sprofondare a pensare a cosa dovesse aver passato, negli ultimi mesi. «Sei una ragazza talentuosa, dolce, ambiziosa. Sei una bella persona»
  
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