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Autore: Gaia Bessie    04/05/2020    2 recensioni
«Io non ce la faccio più, una sera prendo e t’ammazzo: te la devo togliere, questa patina di esistenza perfetta».
Undicesima classificata al contest "Generi a catena" indetto da Dark Sider sul forum di EFP
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Astoria Greengrass, Draco Malfoy, Hermione Granger | Coppie: Draco/Astoria, Draco/Hermione
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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Ha segreti come ossa rotte: si sono disintegrati in un muro di silenzio, un giorno, e ne sono rimasti solamente i frammenti stracciati e insensati che, adesso, costruiscono le fondamenta della sua medesima esistenza. C’è il buio che le respira addosso, con polmoni sfilacciati, quasi un rantolo che le si incolla addosso come un brivido che le rompe le vertebre.
Saresti in grado di mantenere i miei segreti? Domanda, silenziosamente, e un ticchettio le risponde quietamente, alternandosi ai battiti del suo cuore.
Hermione Granger si mette una mano in tasca, come se potesse trovarvi frammenti d’osso e la causa del proprio respiro affannato: ne rinviene solamente una Giratempo con il vetro crepato.
«Io non ce la faccio più, una sera prendo e t’ammazzo: te la devo togliere, questa patina di esistenza perfetta».
 
Incrinature
 
I. Una metà da rieducare
 
Ho smesso di parlare e lotto col tuo nome
E sto fingendo sia banale
Ho perso le parole
Ma quel che è stato lo difendo e mi commuove
Portati via il coraggio
Che a me è rimasto solo l'orgoglio da sputare
Sopra un pianoforte senza più un pedale
Ma qui cadono macerie e
Voglio che tu sia d'accordo che fa più male
(Nyv, Io ti penso)
 
Qualcuno ha trovato Draco Malfoy a piangere nel bagno di Mirtilla Malcontenta: riflesso nello specchio, il rampollo dei Malfoy singhiozzava, senza vergogna, non sapendo di essere osservato da qualcuno che, di motivi per piangere, avrebbe voluto dargliene almeno un secondo. E qualcun altro, poi, Draco Malfoy avrebbe preferito non doverlo trovare mai più.
Macchiato di sangue, chissà se e quanto puro, il giovane giaceva riverso sul pavimento, incoronato con una corona di spine che lo feriva, continuamente, anche nella sua triste immobilità. Qualcuno ha desiderato rompergli ogni osso del corpo, anche quello più inutile e superfluo, cancellarlo come un’ombra da una parete bagnata di luce solare. Gli hanno cercato l’anima a unghiate, sfregiandogli il viso come a parodiare la cicatrice di Potter.
E, adesso, dicono che lui sia solo. Che giaccia immobile su un letto dalle lenzuola fresche di bucato, con gli occhi fissi su un soffitto tristemente immobile, e cicatrici che tirano la pelle come un velo troppo teso, pronto a stracciarsi a ogni respiro troppo pronunciato. E come potrebbe non pronunciarli, lui, quei respiri?
Come potrebbe non lasciare uscire l’aria dai polmoni con quel grumoso misto di rabbia impotente e rassegnazione, senza sentire il sangue che preme lungo ogni cicatrice che, lentamente, si rimargina spinta dagli incantesimi di guarigione?
«Sarai in grado di mantenere i miei segreti?» una voce gli striscia lungo il collo, solleticandolo come una carezza.
Draco Malfoy ha gli occhi annebbiati ma, davanti a lei, si rifiuta di piangere: chissà cosa se ne farebbe, alla fine della fiera, della compassione di una persona che, se non odia, quantomeno disprezza. Eppure, di tutti i suoi sedicenti amici, la ragazza di cui è innamorato, i suoi compagni di Casa, nessuno è venuto a verificare che sia ancora vivo di quella vita cui è attaccato con i suoi ultimi brandelli di pelle intonsa, se abbia ancora lacrime da versare o se la abbia tramutate in vino, prima, e in sangue, poi. Si è presentata solamente Hermione Granger, qualcuno, forse Madama Chips o forse l’ha solamente immaginato, gli ha detto che l’ha trovato lei mentre, per la seconda volta in vita sua, si dissanguava sul pavimento di un bagno. L’ha interrotto mentre, semisvenuto, ancora gli rimbombava nelle orecchie il suono delle sue ossa frantumate, mentre un incisivo spezzato gli graffiava il labbro inferiore e, questo lo ricorda distintamente, stava pensando che è così, che si rompono le cose.
Lui forse se la ricorda, una macchia in divisa che si chinava di fianco a lui, che urlava o forse sussurrava parole che non riusciva a comprendere e lo scuoteva leggermente, sfiorandogli la spalla e facendolo tintinnare come uno scacciapensieri. Li aveva scacciati via, i suoi pensieri?
A guardarla negli occhi, Draco Malfoy non potrebbe dirne di essere sicuro, perché la Granger ha come un’ombra che le distorce il viso, facendola sembrare più vecchia e stanca di quanto in realtà non sia. E Draco conosce bene il nome e il volto di quell’ombra, può quasi toccarla con la punta delle dita, macchiandosele di inchiostro.
La Granger sa chi è stato a ridurlo così.
 
***
 
Hermione Granger è una ragazza in fuga: se dovesse individuare il momento in cui ha smesso di avere una casa, e una famiglia, lo collocherebbe ormai due anni fa, alla vigilia della ricerca degli Horcrux. E, adesso che Harry e Ron hanno preso una strada diversa, forse più semplice del ritorno a Hogwarts, lei è di nuovo persa e sola, e perfino lo spostarsi da un’aula all’altra ha perso significato, trasformandosi nell’ennesimo inutile vagabondaggio.
Hogwarts è animata da un concerto di rumori: sono giorni, no settimane, che tutti mormorano che qualcuno ha finalmente ammazzato Malfoy. Che l’hanno trovato esanime nel bagno di Mirtilla Malcontenta, con gli occhi rossi di pianto e anche di sangue, che gli hanno rotto i timpani e, adesso, non vede e non sente. Magari nemmeno parla.
Lei pagherebbe con il suo, di sangue, per sapere se Malfoy l’ha sentita, se l’ha compresa e se, come sospetta che non farà, manterrà il segreto. Ma cosa se ne farebbe, lui, di una promessa sul suo sangue sporco?
Eppure, quando Draco Malfoy esce dall’infermeria, e ha le ossa rinsaldate e al loro posto e i graffi che non hanno lasciato nemmeno un alone sulla pelle, non spiccica parola. Silenzioso siede al suo posto, a lezione, a pranzo e a cena, in Sala Comune, sempre. E nessuno gli rivolge la parola.
Hermione lo osserva, muta anche lei, mentre gioca con il cibo nel suo piatto, mentre quietamente si sposta di lezione in lezione con immensa fatica: potranno avergli aggiustato le ossa, ma sembra comunque che, dentro Malfoy, si sia rotto qualcosa.
Ogni tanto, lui la guarda. Senza disprezzo, o rancore, si limita solamente a soffermarsi sulla sua figura quasi come se si aspettasse delle parole, forse delle spiegazioni che lei non potrà mai dargli, e allora tace e continua a fissarla, imbarazzato. Se gli sguardi potessero parlare, i suoi ne potrebbero mai avere, di parole?
Perché Draco Malfoy non rivolge la parola nemmeno a quelli che, un tempo, erano stati i suoi amici: gli si legge come fosse scolpito sul volto, il sospetto che l’attanaglia, l’incertezza che gli corrompe ogni gesto e ogni pensiero, e che gli impedisce di rivolgere la parola anche a quella ragazza che, in un tempo che ormai potrebbe essere trascorso da sei secoli, un tempo forse aveva amato. Si domanda se non siano stati loro, a prenderlo alle spalle come un topolino in un vicolo cieco, e a togliergli speranza e parole. Non lo ammetterà mai, probabilmente nemmeno con sé stesso, che segretamente adesso si chiede perché non gli abbiano tolto anche la vita.
È triste, e sola, quest’esistenza sfiduciata, tagliata a metà da quello Schiantesimo che, facendolo cadere contro il lavandino, gli ha rotto un incisivo. E, Draco Malfoy nemmeno può bearsi della consolazione di sapere chi lo ha ridotto così.
Vorrebbe avvicinarla, domandarle cos’ha visto, prima di farlo levitare per portarlo in infermeria, cos’ha sentito. Perché, e questa certezza gli si è incancrenita dentro, lei lo sa.
Perché Hermione Granger gioca a nascondino perfino con il suo sguardo stanco ed estenuato, con la lettera scarlatta del colpevole dipinta in fronte, come a dire guardami. Ma, lei, non lo guarda mai di rimando.
Lui si è dovuto rimangiare l’orgoglio, e la boria, che in passato l’avevano caratterizzato e, adesso, è un’ombra spaventata da sé stessa che s’aggira terrorizzando i bambini del primo anno. Le ferite non gli hanno ammorbidito il carattere: è rimasto aguzzo come un diamante grezzo, che con un sorriso potrebbe tagliare il vetro, e sfuggente, glaciale s’è rinchiuso in un mutismo che, se ben interpretato, ferisce più degli insulti. Hermione lo sa, che silenziosamente Malfoy le sta dando la colpa per quel che gli è successo.
Non dovrebbe importarle. Non sono mai stati amici e lui è la persona più insopportabilmente egocentrica e opportunista che lei conosca. Eppure, nessuno si meriterebbe di esser colpito alle spalle e lasciato a terra con le ossa rotte, a fissare un soffitto, con la mente che proietta all’infinito tutte le proprie speranze infrante. E, in fin dei conti, allora le importa.
Perché Hermione, anche se ha finto di non notarlo, l’ha visto. Quando l’ha adagiato con la magia sul letto dell’infermeria, sentendo lo scricchiolio delle proprie ossa, Draco Malfoy ha pianto: silenziosamente le lacrime se lo sono mangiato vivo e, lui, ha pagato con le parole il debito che queste esigevano. E, adesso, lei fugge dalla propria coscienza che l’insegue in ogni angolo in cui decide di nascondersi: sarà veramente una Grifondoro, se permetterà che un’ingiustizia venga perpetuata nella più generale indifferenza?
Qualcuno ha cercato di spezzare Draco Malfoy come un misero ramoscello, e lei conosce il nome e il volto di questa persona. Ma come potrebbe mai dirlo a lui?
 
***
 
«Hai intenzione di dire qualcosa?».
Quando la neve comincia a cadere, in una sterile mattinata di novembre, e il vento copre anche il suono dei propri pensieri, Malfoy si decide a sputare alcune parole, quasi come fossero un’elemosina schifata concessale dopo l’ennesima settimana a fissarla silenziosamente.
«Cosa dovrei dirti, Malfoy?» domanda lei, laconicamente. Dentro sta tremando fino al midollo. «Sei tu che sembri ansioso di parlarmi, da quando…».
Da quando ti hanno spezzato in due metà diseguali che, adesso, non sai più come far stare insieme.
«Pensavo che, alla fine, ti saresti sentita in colpa e avresti parlato» mormorò lui, chinando il capo. «Evidentemente ti ho sopravvalutato, Granger. Pensavo che almeno i tuoi principi morali fossero puliti».
Lei lo guarda, stupita. Non gli aveva mai sentito pronunciare un discorso tanto lungo da quando lo aveva visto per la prima volta, sette anni prima. L’ha quasi impietosita, quell’espressione stravolta del suo viso, mentre pronuncia quelle parole, tossendo come se dovesse riabituarsi a usare la voce.
«Pensavo che avessi imparato a scegliere meglio i principi cui aderire» risponde lei, atona. «Ma, a quanto pare, non hai imparato…».
«La lezione?» completa lui, con un sorrisetto ironico. «Vorrei sapere chi ha pensato di istruirmi, allora».
Lei è esasperata. Ha dipinto sul viso una stanchezza che, fino a qualche mese prima, non le si era incisa tra i lineamenti. Ma, da quella bocca che le divide in due il volto come l’ennesima cicatrice.
«Malfoy» borbotta, con fare autoritario. «Io non so che idea tu ti sia fatto di questa situazione, ma io ti ho solamente trovato. Non ho idea di chi sia stato, a ridurti così».
Lui la guarda, senza smuoversi di un millimetro, riflettendo amaramente che la Granger ha utilizzato il presente. Perché, innegabilmente, lui è rimasto lì, su quel pavimento, con le ossa rotte e il sangue che gli sporca la bocca, senza che lui abbia la forza di sputarlo.
«Lo so che non mi credi» mormora lei, con fare conciliante. «Ma se lo sapessi, ti aiuterei. Io…».
«E, allora, fallo» ribatte Malfoy, freddamente. «Perché qui nessuno farà mai niente, per me, se non riesco a dire chi è stato e tu…».
«E io non c’ero» risponde Hermione, sorridendo tristemente. «Ti aiuterei, ma se tu non ricordi nulla, Malfoy, non puoi pretendere che io faccia nomi che non so. Io non condanno le persone senza prove».
Lui ride, senza emettere un suono: si rinchiuderà di nuovo nel suo gelido mutismo, o la investirà con una valanga di insulti, perché non può risollevarlo da quella situazione disperata?
Ma Malfoy la guarda nuovamente, e ha un sorriso trionfante.
Te la devo togliere, questa patina d’esistenza perfetta.
 
***
 
Quanta intonazione puoi metterci, nel pronunciare solamente un nome, come fa a impigliarsi nelle corde vocali, strozzandoti lentamente? Puoi pentirti di un pensiero, no, di un’affermazione che ti sei fatta incautamente sfuggire dalle labbra?
Hermione lo sa perfettamente che, lei, per quanto buona e pronta ad aiutare il prossimo, non potrebbe mai avere alcuna intenzione di soccorrere Draco Malfoy: non tutte le cicatrici sono guaribili con la magia e a lei brucia ancora l’animo di un incendio inestinguibile, che ha il profumo di tutte le umiliazioni subite da lui e dalla sua famiglia. Però.
Però l’ha anche visto a terra, ha pensato fosse morto e, adesso, guardandolo vien da chiedersi se non lo sia davvero e ne sia rimasto solamente lo spettro muto e inconsistente. Quel pomeriggio, sul pavimento del bagno di Mirtilla Malcontenta, Malfoy ha perso qualcosa di più importante del suo purissimo sangue: ha perso l’orgoglio, gliel’han fatto inghiottire insieme a qualche scheggia dei suoi stessi denti, e non è più riuscito a sputarlo fuori.
«Io non ti devo niente, Malfoy» scandisce, lei, con lentezza esasperante. «Anche se tu fossi certo di aver sentito quella frase, come potrei…».
Aiutarti?
È dura ammettere, anche soltanto a sé stessa, che gli porta ancora troppo rancore per aiutarlo: è stupido, infantile e poco Grifondoro, ma come potrebbe essere altrimenti? Quanto dovrebbe essere pazza, per desiderare di aiutare qualcuno che ha passato buona parte della propria vita a odiare? Qualcuno che la disprezza, di certo non la stima e che, nonostante tutto, ha lo sguardo velato di luminosa speranza. E, in una frazione di secondo, Hermione è costretta a fare i conti con il fatto che non se la sente, di deluderlo.
«Non insistere» borbotta. «A volte, la conoscenza è solamente dolorosa».
«Pensi che sia meglio vivere così?» risponde lui, con una calma che la sorprende. «Per quanto ne so, potresti essere stata tu e questa sarebbe una tua tattica per farmi dubitare anche dei miei amici».
«Non essere ridicolo, Malfoy» sbuffa Hermione anche se, ed è sorprendente anche soltanto pensarlo, ha perfettamente compreso il suo punto di vista. «Anche se ti facessi un nome, non risolverebbe la situazione».
A volte, pensa lei cercando di scrutare un segno di cedimento in quello sguardo stanco ed esasperato, è meglio che i nomi rimangano solamente nomi. Si era convinta, mentre portava Draco Malfoy in infermeria, che avrebbe mantenuto il segreto solamente per non dargli qualcosa contro cui accanirsi. Se l’era immaginato furioso, pronto a distruggere chi l’aveva privato dell’equilibrio, spingendolo sul pavimento: ma non era giusto, che vi stesse, che provasse il brivido della caduta, che stesse lui, per una volta, più in basso di tutti?
Ma, mentre lui scuote il capo, e controluce è talmente disperato che Hermione inizia a temere di doverlo raccogliere da terra per una seconda volta, si convince che non era quella, la motivazione. Che, ancora una volta, si è fatta condizionare dal cuore in maniera eccessiva: semplicemente, non è riuscita a prendersi la responsabilità di pugnalare Draco Malfoy. Sarebbe stato logico e razionale, andare dalla preside e dire nome e cognome di chi aveva colpito Malfoy, nel bagno, ma avrebbe anche voluto dire togliere al ragazzo quell’ultima scintilla di vita e di fiducia che la guerra non gli aveva tolto.
Avrebbe potuto mai avere, Hermione, il coraggio di disincantarlo?
«Non penso di poter fare questo a nessuno» mormora, voltandogli le spalle. «Nemmeno a te».
 
***
 
«Tu mi stai obbligando a ricominciare. Dovrei esserti grato, Granger?» le urla sono una ferita che sanguina nel buio della Torre di Astronomia. «Pensavo avresti ceduto, che avresti detto chi è stato».
«Ma io non ho intenzione di dire niente» di rovinarti la vita, vorrebbe dire. «Quindi cos’altro potresti fare, escluso ricominciare da zero?».
Hermione si è quasi abituata alla presenza assillante di Malfoy: il ragazzo ha passato gli ultimi trentatré giorni a rincorrerla nelle ronde da Caposcuola, da una lezione alla successiva, dalla Sala Grande alla biblioteca. Ma, lei, non ha mai detto nemmeno una parola.
«Potrei affatturarti» borbotta lui. «L’ultima volta ti ho fatto un favore».
«Merlino, Malfoy» sbotta, lei, esasperata. «Se per trentatré giorni non ho parlato, cosa ti farà pensare che lo farò oggi?».
Inaspettatamente, lo vede sorridere. Aveva quasi pensato che non ne fosse più capace, da quando Madama Chips aveva dovuto ricostruirglielo, quel sorriso, che era stato privato di un canino e mezzo incisivo. Ma Draco Malfoy le sorride e, per un attimo, qualcuno potrebbe pensare che hanno semplicemente superato i loro contrasti e, in qualche modo, lei è riuscito ad obbligarlo a ricominciare. Ma sarebbe solamente l’ennesimo abbaglio in una giornata di sole.
«Perché oggi è una bella giornata» risponde, lui, con calma. «E mi fa pensare che ho tutto il diritto di rivolere la mia vita indietro. Di poter volere degli amici, una ragazza, o semplicemente di poter sapere di chi mi devo fidare».
«Puoi ancora fidarti di qualcuno, Malfoy, non usarmi come pretesto per giustificare la tua misantropia» osserva Hermione, senza cedere di un millimetro. «Puoi ancora avere degli amici, e una ragazza».
«No» mormora lui e, si accorge lei con immenso orrore, gli stanno tremando le mani. «Non posso più. Quanto dev’essere ironico, il destino, per avermi lasciato solamente una persona che detesto?».
«Nessuna ironia, Malfoy» risponde Hermione, senza scomporsi. «A volte semplicemente bisogna scendere a compromessi anche con sé stessi».
«Tu non capisci» lui la guarda con un’urgenza che la sorprende, il viso gli s’è animato di un inusuale rossore. «Io avevo… dei progetti».
«Sono sicura che la Parkinson capirebbe, se tu le parlassi» commenta lei, laconica. «Sta solo aspettando che tu faccia marcia indietro».
«Non parlavo di lei» risponde Malfoy, scuotendo il capo. Ha i capelli troppo lunghi e, adesso, quando si china gli proiettano un’ombra sbilenca sulla fronte.
Per un momento, Hermione si trova a domandarsi se Draco Malfoy non abbia perso le parole una seconda volta, prima di rendersi conto che lui, al pari di lei, non riesce a pronunciare un singolo nome. Così, lui rimane a guardarla, quasi come se se stesse aspettando che nella mente di Hermione baleni improvvisamente il nome e il volto di Asteria Greengrass.
Ha sedici anni, vorrebbe raccontarle, i capelli di un curioso biondo, ma non biondo grano, più un biondo tramonto, e non un pensiero in testa. Ma, mentre formula questo pensiero, Draco Malfoy si domanda perché alla Granger dovrebbe interessare.
Perché sta cercando le parole per dirle che si era preso una brutta cotta per la minore delle Greengrass quando aveva sedici anni, lui, e tredici lei, e gli aveva prestato una piuma e dell’inchiostro in Sala Comune. E, poi, negli specchi e tra le ombre della sua mente, quella cotta s’era slargata, aveva mutato forma e nome, s’era tinta dei mille colori della sua immaginazione. E Asteria Greengrass, che pur aveva un naso per niente fine e un brutto neo vicino alla tempia sinistra, era diventata bella come potrebbe esserlo una pietra preziosa, un topazio aranciato come la sua chioma, o una rosa di sale.
Ma, ed era questo il terrore che gli aveva invaso i sogni prima di esser lui stesso proiettato dentro un incubo, per questo se l’era immaginata come fragile e, se solamente l’avesse sfiorata contaminandola con la muffa che s’era infiltrata nella sua stessa essenza, lei si sarebbe dissolta in una nuvola di granelli di sale.
«Di chiunque tu stia parlando» mormora Hermione, con una dolcezza strana. «Sei ancora in tempo per tornare indietro».
Ma, forse, non ne è convinta nemmeno lei.
 
***
 
Draco Malfoy ha impiegato esattamente tre mesi, quindici giorni e due ore e mezza prima di rendersi conto che la soluzione al suo problema è sempre stata lì, nella sua testa, e non aveva quindi mai avuto alcun reale bisogno dell’aiuto della Granger. Per cui, dopo tre mesi, quindici giorni e tre ore e un quarto, ha raccolto il coraggio necessario per dirigersi verso il bagno di Mirtilla Malcontenta.
Ma, quando s’è visto comparire davanti il lavandino su cui aveva sbattuto il volto, prima di cadere sul pavimento, gli è come mancato il coraggio. Se mai ne ha avuto anche solamente un surrogato, una pallida copia di quello con cui la Granger l’aveva affrontato, ogni volta che aveva provato a tirarle fuori anche solamente un brandello di verità.
Eppure, si ripete Draco tra le ombre della sua mente, ormai vale la pena tentare: vuole davvero sapere cosa gli è successo, vuole davvero riacquistare un briciolo di fiducia nelle persone che, un tempo che oramai appare come immensamente lontano, l’avevano circondato. E, soprattutto sebbene questo la sua mente non glielo dica mai, vuole tornare a fidarsi di Asteria Greengrass.
Per questo, che è il motivo che segretamente gli serpeggia tra anima e cuore, Malfoy s’è deciso a muovere un passo dietro l’altro, fino a potersi guardare nello specchio dove la sua immagine e le sue ossa si sono infrante.
Te la devo togliere, questa patina d’esistenza perfetta: ma che esistenza perfetta potrebbe mai avere, lui, che nel proprio riflesso appare pallido ed emaciato, con duri solchi che gli contaminano lo sguardo, con una placida stanchezza che, ne é certo, anni prima non c’era.
«Sei venuto per morire davvero, questa volta?» mugola Mirtilla Malcontenta, facendolo sobbalzare. «Pensavo che sarebbe ora di avere qualcuno che mi faccia compagnia, in questo bagno».
Lui finge una risata, ma sembra solamente il suono dell’ennesimo rasoio che gli penetra nella carne. Pensa, Malfoy, che è a un punto, come avrebbe dovuto essere lui tre mesi e quindici giorni prima, morto: o avrà il coraggio di porle la domanda o rimarrà per sempre nelle mani della Granger che, quella risposta, non gliela concederà mai.
«Tu sai chi è stato?» mormora, sottovoce, incerto.
Il fantasma ride, quasi voglia sbeffeggiarlo, ma poi annuisce con aria compita e strilla dei nomi che lui non riconosce, ragazzi del sesto anno, dice.
E, poi, un rumore lo stordisce: qualcuno ha spezzato il cuore a Draco Malfoy, nel bagno di Mirtilla Malcontenta.
 
***
 
«Tu lo sapevi» l’accusa le piomba sul capo come un cappio, facendole mancare il respiro. «Perché non me lo hai detto?».
Lei lo guarda e, per la prima volta in vita sua, sembra aver perso le parole: forse, s’è già pentita di avergli voluto evitare un dispiacere, d’avergli occultato una verità così semplice da scoprire, così ovvia da intuire. E che, nonostante tutto, per tre mesi era riuscita a negargli.
Hermione non lo ammetterà mai, nemmeno a sé stessa, ma, vedendo l’espressione spezzata di Draco Malfoy, non può non pensare che, sì, ha fatto bene a mentire, a omettere, e a regalargli tre mesi di incompresa tranquillità.
«Sapevo che ti avrebbe fatto male» risponde, infine, incerta. «Che male c’è, a volerti regalare un po’ di respiro?».
C’è che potevi impedirmi di amare una persona che mi odia, vorrebbe rispondere lui, ma gli manca il coraggio. Che potevi impedirmi di ricominciare, invece, e lasciarmi su quel maledetto pavimento mentre i graffi mi stracciavano la pelle.
«Devo dirtelo io, che hai fatto una cosa così poco Grifondoro?» domanda Malfoy, laconicamente. «Che forse non puoi impedire i mali del mondo, ma quantomeno potresti provare a evitarli?».
Lei s’è vestita di una comprensione così luminosa da ferirlo, da tagliargli in due l’iride dove ha ancora incisa la delusione che gli pervade ogni nervo.
«Ma io ho tentato, Malfoy» risponde Hermione, con calma disarmante. «Sei tu che hai deciso che era meglio la verità».
«Tu non me l’avresti mai detto» commenta lui, e si sente ferito senza sapere bene il perché. «Ti sei divertita a vedermi brancolare nel buio».
«Non so cosa ti aspettassi» commenta lei, spazientita. «Non sei mai stato il mio migliore amico: ho fatto il meglio che mi è stato possibile».
Lui si sente di nuovo tutte le ossa frantumate, come segreti che gli corrodono il sangue e lo tramutano in acido: si starà accorgendo, la Granger, che si sta corrodendo dall’interno?
Perché, per quanto lui possa esser seduto di fronte alla Grifondoro, nel silenzio snervante della biblioteca, nella sua mente c’è Asteria Greengrass velata da un velo di rabbia cremisi. Non riesce quasi a ricordare com’era, Draco, prima di doverla odiare: prima di decidere che tutto quello che gli era piaciuto, di lei, mascherasse un difetto imperdonabile, il fatto che lei lo odiasse.
«Pensavo che ti piacesse dire la verità» osserva lui, atono. Ma, dentro, Draco Malfoy trema. «Che magari ti avrebbe anche fatto comodo, ferirmi. D’altronde sei come lei, no? Mi odi anche tu».
«Posso odiarti quanto vuoi» replica Hermione, con tutta la calma di cui è capace. «Ma, io, non ti ho attaccato alle spalle in un bagno deserto».
Una luce strana le illumina il volto: ha i capelli pieni di elettricità statica, le mani stropicciano la gonna in un tic nervoso che non è stata in grado di frenare.
«Pensavo fossi quella buona, dei due» lui cambia tattica, sebbene sia consapevole che non basterà mai, per confonderla. «Che non ti saresti abbassata a…».
Giocare con la mia testa, vorrebbe dire, ma le parole gli s’incrostano nella gola, soffocandolo.
«Non lo sono» risponde Hermione, placidamente. «Potresti pensarlo, considerato che sono amica di Harry e Ron. Ma non lo sono».
«Mi stai dicendo che anche tu hai un lato oscuro?» domanda Malfoy, fingendo disinteresse. «Che hai uno scheletro nell’armadio, un morto sotto al letto o cose del genere?».
«Harry agisce impulsivamente, sacrificando il proprio bene per quello degli altri» spiega lei. «Ron per proteggere quelli che ama, anche sbagliando».
«Non mi sembra che tu faccia niente di così diverso da loro» commenta, lui, ma ha una vena d’incertezza che gli ha sfigurato la voce.
«No, Malfoy, io ragiono prima di fare qualcosa» risponde Hermione, calma. «Ed è questo il problema più grande: ho bisogno di pensare, prima di compiere una buona azione. E, una buona azione ragionata, è davvero tale?».
«Solamente se ci hai ragionato abbastanza» commenta lui, con un sorrisetto ironico. «Ci hai ragionato abbastanza, prima di omettere di dirmi chi era stato?».
Lei ricambia il sorriso, e si mette una mano in tasca, facendogli sgranare gli occhi: ne rinviene una Giratempo con il vetro rotto.
 
***
 
«Me l’ha data Silente al quinto anno. Mi ha detto che, prima o poi, mi sarebbe tornata utile… permette di andare indietro fino a un anno» c’è qualcosa, risentimento, forse, nella voce di Hermione Granger. Un sassolino che le ha distrutto la placida tranquillità di cui si era ammantata, fino a quel momento. «Non l’avevo mai usata. Quando ti ho trovato nel bagno di Mirtilla, ho pensato che se fossi arrivata qualche minuto prima, allora…».
«Cosa avresti potuto fare, da sola?» domanda lui, laconicamente. «Avrebbero spezzato anche te».
«Mi si è rotta tra le mani, mentre cercavo una soluzione» mormora lei, affranta. «Non capisco a cosa dovesse servire, ma…».
«Hai provato a usare un Reparo?».
Lei lo guarda, stranita, domandandosi se la sua non sia qualche forma di strano umorismo, o se a Malfoy non sfugga la semplice evidenza.
«E tu hai provato a risvegliare un morto con un Innerva?» domanda. «Non può funzionare, Malfoy, è un oggetto magico, non un vaso rotto».
«In ogni modo, ormai è tardi» concluse lui, scrollando le spalle. «Non penso potresti tornare indietro di così tanto tempo, e poi…».
«E poi ti ho già obbligato a ricominciare?» chiede, lei, con un sorrisetto rassegnato. «Forse ti ha cambiato, quel colpo alla testa».
Lui pensa che, in un certo senso, la Granger potrebbe avere ragione: ma non è stato il colpo alla testa a riavviargli il cervello, ma il rumore delle proprie convinzioni che si sgretolavano. Erano passati giorni, anche se sembravano mesi, da quando aveva scoperto che Asteria Greengrass, chissà per quale motivo e quanto grave esso doveva esserlo, aveva desiderato di vederlo morto ai propri piedi. E lui non era ancora riuscito a trovare il coraggio di chiederle il perché.
«Cosa dovrei fare, Granger, andare da lei?» domanda, con il risentimento che gli sfregia i tratti come un’ennesima cicatrice. «Non m’interessa sapere perché mi odia».
Lei non glielo dirà mai, ma le è chiaro che Malfoy stia mentendo, forse anche a sé stesso: ha visto come si è crepato, il suo sguardo, mentre le riferiva che lo sapeva, adesso, che era stata la Greengrass, a volerlo morto nel bagno. E, ma questo lui non lo saprà mai, ancora una volta Hermione conosce una verità in più di lui.
Draco Malfoy potrà pensare di esserne stato innamorato, della piccola Asteria, ma l’ha mai veramente conosciuta, ha almeno mai provato, a conoscerla? È stata la freccia infuocata che l’ha tenuto sveglio, sul pavimento del bagno di Mirtilla Malcontenta, e la rosa di sale che gli è esplosa tra le mani, lasciandolo con le mani impolverate e desolatamente vuote.
«Ma immagino che tu lo sappia e, per quanto io proverò a estorcerti la verità, non me lo dirai mai».


 
Questa fanfiction è un grosso vorrei ma non posso. Ho sempre avuto il pallino delle Draco/Hermione, ma nella mia scrittura funzionano solamente quando sono adulti grandi e vaccinati. Ma è anche vero che ho una sorta di passione autolesionista per il provare a superare i miei limiti e, quando ho letto la citazione assegnatami, la mia testa mi ha urlato un’ambientazione che, purtroppo, è considerata molto cliché. Però penso che possa esserci bellezza anche nel già visto, se si trova un modo carino di utilizzarlo – e chissà se l’ho trovato, ottimisticamente spero di sì, ma rileggendo non ne sono nemmeno così certa – e quindi mi sono imbarcata in questa impresa.
Quel che ne è venuto fuori è una mini-long di due capitoli ma (a causa del finale stronzo) volendo potrebbe esserci un futuro sequel sotto forma di long molto long, ma ciò dipenderà dalla mia capacità di affrontare due personaggi che non sono palesemente in grado di far stare insieme.
Nelle note del prossimo capitolo, che penso pubblicherò tra poco meno di una settimana, inserirò una spiegazione del titolo della storia e del finale che, spero, possa piacere almeno quanto è piaciuto a me scriverlo.
Nel mentre, ringrazio meryl watase per avermi fornito il prompt di questa storia, ovvero il sonetto XVII di Neruda, che troverete citato a fine storia.
Grazie per chi è arrivato alla fine di questo capitolo e  (spero) resisterà anche alla fine del prossimo.
Gaia
   
 
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