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Autore: Apulia    04/05/2020    1 recensioni
Gilbert è innamorato di Feliciano, ma quando scopre che quest’ultimo è innamorato di suo fratello che ricambia i suoi sentimenti, decise di lasciar perdere. Fra tristezza immensa e tonnellate di birra, incontra per puro caso Lovino, un bizzarro fioraio con un linguaggio colorito, Gilbert si renderà conto che la birra e la pizza sono la coppia perfetta.
Contiene menzioni di PruHun e SpaMano passate, GerIta come coppia secondaria e PruMano come coppia primaria. Anche FrUk e SpaBel in quantità minore.
Scritta da me in inglese e postata su AO3, ho deciso di postare qui la versione originale scritta in italiano.
7 capitoli su 15
Genere: Comico, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Germania/Ludwig, Nord Italia/Feliciano Vargas, Prussia/Gilbert Beilschmidt, Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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“Gilbert, ma guardati...” la voce ovattata e calma di Ludwig si rivolse a suo fratello, che bianco come il latte, sembrava infinitamente occupato a muoversi continuamente sul divano alla ricerca di una posizione piacevole per sopprimere il suo mal di testa causato dalla sbornia. 
Lo sguardo di Ludwig era pregno di delusione, tristezza. Era un dolore lancinante vedere suo fratello così distrutto dalla sofferenza, tanto da renderlo così scialbo e pezzente.
 
Il ragazzo non ascoltò, per lui la voce di suo fratello in quel momento era paragonabile a un fastidioso ronzio.
Lo guardava, stringendo gli occhi rossi come se stesse cercando di scrutare l’anima di suo fratello, ma poi storceva il naso e piegava il capo, scoppiando in una disgustosa e disturbante risata, accompagnata da colpi di tosse pieni zeppi di catarro, che riecheggiava potentemente nella stanza dalle pareti rosse.
 
“Gilbert, che hai fatto ancora? Quanto hai bevuto?” Erano domande sciocche da fare, Ludwig lo sapeva bene. Ma in realtà, non considerava tutto ciò una completa perdita di tempo. Avrebbe voluto avere una conversazione con suo fratello, che seppur ubriaco, era sicuro gli avrebbe detto qualcosa.
Da sobrio non lo avrebbe mai fatto, per ora. Era così arrabbiato con lui che era sicuro non gli avrebbe rivolto la parola per giorni, o settimane, a via del suo enorme orgoglio e la sua abitudine nel non essere mai quello che doveva scusarsi.
 
Era un lato negativo di Gilbert, quello di pensare di avere sempre ragione e di non essere mai quello in difetto. Ludwig ammirava la sua grande autostima a e la sua innata sicurezza, ma a volte capiva come fosse eccessiva e potenzialmente dannosa per lui in alcune situazioni.
 
quando erano piccoli, era così: Gilbert era sempre stato abbastanza permaloso, anche se dopo la pubertà aveva cominciato a cambiare radicalmente dal punto di vista della permalosità, sostituendo il tutto con una grossa risata. Era evidente però non sopportasse ancora che qualcuno gli andasse contro o che qualcuno lo offendesse per scherzare.
Ed era qui, dove lui non riusciva a gestire la rabbia e il disprezzo e agiva in modo impulsivo, alzano le mani o offendendo a sua volta la persona in questione, e anche se si sentiva offeso non dimenticava di rimarcare all’infinito quanto fosse fantastico.
 
Nonostante fosse un uomo tranquillo, pacato e che si teneva a debita distanza da eventuali rischi di litigio, anche lui aveva avuto l’onore e la sfortuna di litigare con Gilbert. 
quando litigavano, si sentiva perso nel mezzo di un buio vicolo cieco, nonostante fosse lui quello che illuminava la strada a suo fratello.
Sentiva che non ce l’avrebbe mai fatta senza di lui perché avevano bisogno l’uno dell’altro.
Pensava che una volta cresciuto, non avrebbe mai più provato quella situazione di vuoto interiore, ma invece si rese conto che con Gilbert non c’era situazione spiacevole destinata di essere l’ultima.
 
“Ho bevuto giusto un pochino, dai! Non tanto, solo un pochino pochino” accompagnò le parole nauseanti con un gesto della mano, avvicinando pollice e indice senza farli unire ma per indicare la quantità di birra che aveva assunto.
 
Ludwig roteò gli occhi, prendendo la mano di suo fratello mostrandogli la sua vicinanza, ma dall’espressione contrariata dell’albino, Ludwig con rammarico notò che seppur ubriaco non aveva dimenticato del litigio fresco di mattinata di settembre.
 
“Gilbert...”
 
“Chiudi il becco e lasciami stare per un attimo! Vai dal tuo fidanzato!” Mosse la mano, scacciando Ludwig come se fosse una mosca, sbuffando maleducatamente.
 
“Gilbert, dovrai pure darci un taglio. Ti stai comportando come un bambino.”
 
“Dici sempre le stesse cose, e va bene sono un bambino allora! ma non rubo i quasi-fidanzati agli altri!” 
 
“Basta con questa storia! Inoltre questo non ti giustifica nel molestare persone che gli assomigliano!” Ludwig aveva letteralmente perso la pazienza, e si stupì di ciò. Aveva mantenuto il sangue freddo nelle situazioni più stressanti e peggiori, ma aveva capito che per lui era impossibile restare tranquillo e pacato quando si veniva accusato di crimini che si riflettevano nella sua vita amorosa che per anni era stata inesistente.
 
Stringeva il pugno cercando di tenere i nervi saldi, ma il nervoso che lo teneva come ostaggio era impossibile da fermare.
Il suo viso angelico e scolpito, ora era spigoloso, caratterizzato da sopracciglia corrugate e occhi che bruciavano come il fuoco.
Si mordeva il labbro aggressivamente, cercando di trattenere una eventuale reazione violenta.
 
Gilbert si bloccò un attimo, distogliendo la sua attenzione dalle escandescenze del fratello e  riportandola su quanto aveva appena detto. Sapeva dello spiacevole episodio con il fioraio nella sera precedente.
 
Oh, cavolo. Come faceva a saperlo? Era impossibile, non era lì in quel momento. Non conosceva quel bar ne tantomeno quel fioraio. Non conosceva la zona, non era molto frequentata a causa dei vari club notturni che disturbavano la gente anche in mattinata, e Gilbert aveva sempre cercato di andare in posti non frequentati da suo fratello proprio per evitare avvenimenti come questi.
 
Non c’era modo che suo fratello avesse scoperto tutto. E poi, non lo aveva mica molestato quel ragazzo, giusto?
 
Oh. Francis. Probabilmente aveva chiamato Ludwig per farlo venire a prendere, come succedeva sempre quando finiva nel bel mezzo di qualche rissa violenta o di quando precedentemente era stato così ubriaco da non ricordare nemmeno la strada di casa.
Avrebbe dovuto immaginarlo, e si domandava come mai non gli venisse mai subito in mente dell’enorme influenza di suo fratello all’interno delle sue azioni quotidiane, come se non fosse in grado di gestire perfettamente la sua vita.
 
“Non l’ho molestato! Era solo la versione più figa di Feliciano ed ero sbalordito!”
 
“Ah, e quindi hai deciso di assalirlo per poi intrufolarti nel suo negozio rubandogli dei fiori?”
 
“Non gli ho rubati! Ho solo preso un fiore e l’ho rimesso a posto!” Il tono rabbioso e aggressivo di Ludwig fece sobbalzare Gilbert, con il cuore che gli batteva a mille e il fiato corto, come se avesse avuto paura di avere un confronto con suo fratello, che probabilmente non sarebbe riuscito a reggere nonostante il suo fare provocatorio e la sua tremenda astuzia.
 
Nessun poteva battere Ludwig quando era amareggiato o deluso. Ma soprattutto, nemmeno una magnifica bugia del più grande dei bugiardi avrebbe potuto battere l’austera verità dalla bocca del giustiziere.
 
Suo fratello aveva polso. Non era solito a mostrare questo suo fare aggressivo, perché faceva male soprattutto a se stesso. Gli ricordava del loro padre alcolizzato, che tornava a notte fonda sbattendo le bottiglie vuote di birra per terra e urlando come un matto.
Quei ricordi facevano accapponare la pelle persino a un forte come lui. La violenza psicologica e a tratti fisica, subita in casa da un uomo che avrebbe dovuto amarli all’infinito, lo aveva reso spaventato.
 
Ludwig ricordava i suoi occhi: inespressivi, erano vetri appannati. Se eri fortunato, potevi scorgere la rabbia repressa di un uomo che aveva mandato la sua vita allo sbaraglio e trovava conforto solo nell’ammazzarsi di alcol e qualunque bevanda che lo avrebbe tenuto distante dalla realtà per un po’.
Era quello che suo padre voleva. Non voleva più vivere nella realtà, che gli aveva fatto male e lo aveva reso la caricatura di se stesso, ma allo stesso tempo non aveva il coraggio di porre fine ad essa una volta per tutte.
 
Aveva paura che sarebbe potuto diventare come lui, e quando una nuova persona entrava nella sua vita, egli aveva sempre paura di farle del male. Per questo, non era riuscito a trattenere una relazione duratura dai tempi della scuola media. 
 
Ecco perché Gilbert avrebbe dovuto essere contento di lui e infelice di se stesso. Suo fratello sulla strada per diventare uomo, un ottimo padre di famiglia, e invece lui sulla strada dell’alcolismo.
 
Ludwig Cercava di reprimere la rabbia che lo stava mangiando come un verme dall’interno del corpo, ma strinse la faccia e il pugno, cercando di non perdere le staffe sotto lo sguardo compassionevole di Gilbert.
 
“Ti lascio solo. Riposati e vedi di essere decente stasera. Feliciano ci ha invitato a cenare con lui.” Emise un respiro profondo, e con voce tranquilla si congedò. 
 
Oh, merda. Gilbert sbattè la mano sul suo viso in un facepalm clamoroso facendo ben attaccare le dita, come se stesse cercando di avere la forma della mano sul viso.
Dannazione, sempre nei momenti meno opportuni e in stati pietosi, doveva ritrovarsi a incontrare una persona che gli piaceva.
 
E puzzava di birra e frittura.
 
Gilbert sgranò gli occhi, sbattendo le palpebre in modo frettoloso, come se stesse cercando di svegliarsi da quello che era convinto fosse un sogno.
Si girò rapidamente cercando di incrociare lo sguardo di suo fratello, ma con sua sorpresa non era più li.
 
“Sono proprio una merda” la sua testa girava come una giostra, la mano posata sulla fronte che strisciava sul suo viso cercando di non perdere il senso del tatto far risvegliare il cervello addormentato.
 
Ludwig non lo vide. Dopo aver avvertito Gilbert, si lasciò tutto alle spalle e corse in cucina, chiudendo la porta e cercando di porre una distanza abbastanza significativa fra lui e suo fratello.
 
Accese la radio, mettendo della buona musica classica che lo avrebbe rilassato e avrebbe liberato la sua testa da tutti i pensieri.
 
///
 
“Sono veramente sfinito! Guarda, i miei capelli sono ricchi di umidità e puzzano di birra!” Francis arrotolò una ciocca dei suoi capelli intorno al suo dito affusolato, sfregando il cuoio capelluto in modo delicato con la sua mano curata e pulita.
 
Uno sguardo amareggiato caratterizzava il suo viso, facendo alzare un sopracciglio in senso di disappunto all’uomo inglese che aveva di fronte a lui.
 
“Basta toccare quei capelli, diventeranno paglia! Sono già gialli, quindi metà dell’opera è completa”
 
“Mon amour, non fare il difficile-“
 
“Non chiamarmi così, rana francese!”
 
Afferrò Francis per il colletto mettendolo con le spalle al muro, ma Francis inaspettatamente invece di controbattere e sventare un calcio alle palle dell’inglese, gli posò un bacio delicato e soffice sulla punta del naso, facendo arrossire l’uomo che successivamente allentò la presa.
 
“Che è successo ieri sera? Sei tornato tardi.” Arthur domandò. Era lievemente preoccupato, dato che Francis non era solito ritirarsi così tardi quando usciva con gli amici.
Aveva paura avesse fatto qualche incontro spiacevole o che si fosse immischiato in una lotta tra ubriachi.
 
Lasciò totalmente la presa a Francis, aggiustandosi la cravatta, e passandosi una mano fra i capelli scompigliandoli leggermente, per poi sedersi sul divano seguito dall’elegante uomo francese.
 
“Ieri, Gilbert si è ubriacato di nuovo. Non so che fare con quel ragazzo!” Fece un respiro profondo, per poi sbuffare e far finta di asciugarsi una lacrima dall’occhio.
 
“Non credo sia la prima volta che lo fa”
 
“Lo so mon Cher, però questa volta è diverso. È stato rifiutato da Feliciano, e non riesce ad accettarlo. La cosa peggiore, che credo gli abbia fatto più male, è che è stato rifiutato per Ludwig!”
 
Arthur sfoderò un viso sorpreso. Non tanto per il fatto che sia stato rifiutato per Ludwig, ma per il semplice fatto che qualcuno aveva avuto il coraggio di rifiutarlo.
D’altronde, Ludwig era un uomo stabile che donava serenità e dava un punto fermo alla sua vita, e certo, nonostante gli adolescenti desiderassero più qualcuno come Gilbert perché era il momento della vita in cui non si cerca stabilità ma avventura, cosa che Gilbert avrebbe potuto donare benissimo, non era difficile da comprendere che quell’avventura sarebbe durata ben poco perché sostituita dalla voglia di crescere e di avere una famiglia.
 
Annuì mentre ascoltava Francis raccontare il tutto, e si stupì di come uno come Feliciano, leggermente pauroso e codardo, abbia avuto il coraggio di rifiutarlo.
Non bisogna fraintendere. Non è che Gilbert fosse capace di commettere violenza dopo il rifiuto, ma semplicemente non era un tipo che i ragazzi, ma soprattutto le ragazze, si lasciavano scappare anche solo per un’avventura.
Costituiva pur sempre un’esperienza di vita, che non sarebbe dispiaciuto a molti di fare. Lui era così, ed Arthur sapeva bene che lo sarebbe rimasto per sempre, anche con la dentiera e il bastone in mano.
 
“Le parole del rifiuto di Feliciano gli hanno fatto male così tanto?”
 
“Diciamo che a Feliciano non ha detto nulla. La cosa che ha ferito Gilbert, che lui ha trovato peggiore di un rifiuto, è stato come Feliciano lo ignorasse quando Ludwig era nei dintorni”
 
“Capisco. Deve essere stato un duro colpo per il ribelle tedesco.”
 
“Ovviamente, mon Cher”
 
“Ti ho detto che non devi chiamarmi così!”
 
“Oh capisco, vuoi del te inglese del mio cuore?”
 
“Yes, and fuck you.”
 
///
 
“Hey Lovi, ci sei?” 
 
Lovino sentì suonare il campanello del suo negozio all’apertura frettolosa della porta. Feliciano entrò con un sorriso smagliante, e nascondeva qualcosa dietro la spalla, ma non gli importava troppo di capire cosa fosse.
 
Era occupato a cambiare l’acqua ai fiori e a rimuovere delicatamente con un taglio deciso di pinza le spine di troppo delle rose che davano fastidio a lui e a i clienti, o ad accorciare qualche stelo che se troppo lungo rendeva il fiore poco elegante per i suoi gusti, e soprattutto era difficile da trovare una carta galante e molto curata.
 
“Sei venuto a rompermi le palle anche nel negozio?” Alzò gli occhi al cielo e gli donò un breve sorriso che però sembrava quasi una smorfia annoiata, però anche se Lovino non lo avrebbe mai ammesso, era contento che Feliciano si rendesse parte della sua quotidianità donandogli un po’ di divertimento sul posto di lavoro grazie alla sua goffaggine e al suo essere imbranato e spensierato, e ciò lo rilassava enormemente: Lo considerava un tocco di colore nella sua vita tedesca grigia e spenta.
 
“Dai Fratello! Volevo solo stare con te, mi piacciono tanto i tuoi fiori” Lovino notò la destrezza e la non curanza con le quali Feliciano nascose dietro le spalle quello che aveva in mano, mettendolo nelle tasche posteriori dei pantaloni in modo da cercare di sottrarre il misterioso oggetto dagli occhi di suo fratello.
 
Feliciano si precipitò su un paio di girasoli appena portati in negozio da un uomo russo amico di Lovino, cominciando a giocare con i petali del fiore e costantemente tirando su con il naso fino a quando non esplose in uno starnuto che fece volare tutti i petali in giro.
 
Era rimasta una crocchia spelacchiata, un italiano con il broncio e uno con gli occhi arrossati e il naso che gocciolava.
 
“Ma sei scemo, cazzo! Tieniti alla larga dai miei fiori, villano!”
 
“Ok ok, scusa, non volevo! Mi dispiace!”
 
Ma nonostante l’azione da vecchia volpe di Feliciano inaspettatamente furba e non da lui, l’italiano più vecchio notò ancora una volta cosa nascondeva, e ne fu doppiamente incuriosito.
Nemmeno il lamento snervante del più giovane era riuscito a farlo arrabbiare in quel caso, perché c’era qualcosa di molto più interessante stavolta della sua voglia di usare suo fratello come un sacco da boxe.
 
Se qualcuno l’avesse visto avrebbe pensato fosse un maniaco a guardare in quella maniera il culo di Feliciano, che pur se carino e benfatto, non era l’oggetto della sua attenzione in quel momento.
I suoi occhi verdi si chiudevano sempre di più, diventando più piccoli man mano che le palpebre ricadevano su di loro come gocce di rugiada su una foglia al tentativo di Lovino di aguzzare la vista, mentre le sue labbra si rinchiusero come se stesse cercando di mettersi perfettamente un bel rossetto rosso che avrebbe mandato allo sbaraglio anche il più duro degli uomini.
 
“Feliciano, tu sei allergico ai fiori”
 
“No, no! Non è vero Lovi, cosa dici!”
 
“Ti conosco da quando ti mangiavi le caccole, inoltre è da quando sei entrato qui che ti stai spruzzando quel fottuto spray antiallergico nel naso e soprattutto ti ripeto che hai distrutto il mio fiore!”
 
“Ma mi piace stare con te, non ho mai visitato il tuo negozio” Feliciano si soffiò il naso, cercando anche di liberarsi della sua voce nasale.
 
“Questo perché sei allergico ai dannati fiori!”
 
Lovino abbassò gli occhiali che portava solo quando lavorava, cercando di beccare lo sguardo spaesato di suo fratello e guardarlo negli occhi.
Beccati. Si muovevano da una direzione all’altra, dimostrando che aveva Feliciano in pugno e che era appena stato messo nel sacco.
 
“Qui qualcosa puzza”
 
“Oh, non so, non sento, ho il naso ottura-“
 
“Cretino! Intendo dire, che tu mi stai nascondendo qualcosa! Non pensare che non abbia visto come ti giostravi alle spalle quella cosa che ti ostini a nascondere da quando sei entrato!”
 
Feliciano sudava freddo, e tremava di ansia sotto il tocco del dito di Lovino, che picchettava sul suo petto con fare fastidioso e leggermente aggressivo per i suoi gusti.
 
Ingoiò la saliva, cercando di liberarsi dal nodo che aveva in gola, e si aggiustò il colletto per donare aria al viso che si sentiva stava prendendo fuoco.
 
“Feliciano, non farmi perdere tempo! Devo lavorare, non posso stare dietro ai tuoi problemi adolescenziali!”
 
Sapeva che pressare suo fratello sarebbe stato controproducente, ma era l’unica cosa da fare per fargli sputare il rospo una volte per tutte, anche se poi era sicuro sarebbe svenuto in preda all’ansia e allo stress accumulato.
 
“Ecco...ti ricordi di Ludwig? Ti avevo parlato di lui, no?” Ecco qua, la conferma di ciò che Lovino si aspettava da quando Feliciano era entrato nel negozio rischiando una crisi respiratoria per via del polline, ma probabilmente lui sarebbe andato in contro a una crisi di nervi se suo fratello avesse fatto di nuovo quel nome, che portava il suo cervello sempre a pensare a quanto successo la mattina presto.
 
“Sì, vai avanti. Che ha fatto il bastardo? Giuro che io-“
 
“No, Ecco tieni!” Disse tutto di un fiato, porgendo prontamente a suo fratello un grazioso bigliettino di carta decorato con petali di rosa.
 
“Ho pensato fosse carino presentartelo e invitarlo a mangiare da noi a pranzo...”
 
“-Ciao, ti invito a mangiare a casa Vargas questa domenica. - Ma scusa, non c’è bisogno di tutta questa formalità, non dobbiamo mica andare a un fottuto matrimonio arabo!”
 
“Ma aspetta Feliciano, cosa hai detto? Ludwig viene a pranzo da noi?” Pensava che i suoi bulbi oculari da un momento all’altro sarebbero rotolati fuori per poi finire sul pavimento.
Seriamente, quel mangia patate a casa loro? No, no! Non c’era modo! Lovino non voleva vederlo, voleva risparmiarsi le smancerie dei due piccioncini a tavola mentre lui voleva solo godersi in pace il suo piatto di lasagne.
Voleva risparmiarsi scende del tipo “oh, amore! Hai la bocca sporca, lascia che ti pulisca!” 
“Ja Ja, Liebe, danke...”
 
“Ti prego Lovi! Posso confidare nel tuo senso di ospitalità ed educazione?”
 
“Ma Feliciano, cioè-“
 
“Dai, ti prego!”
 
“E va bene! Il tuo tedesco può venire, ma se osate comportarvi da fidanzatini vi sbatto entrambi fuori dalla porta così potrete continuare a mangiare sul pianerottolo!”
 
“Ve! Grazie Fratello!” Si avventò al collo di suo fratello, stritolandolo in un abbraccio caloroso anche se sembrava più un polpo che cercava di stritolare la sua preda per poi mangiarla in un boccone.
 
“Di nulla ma- ehi! Hai usato le mie rose per fare questo?” Sventolò il biglietto in aria, stropicciandolo con la forza delle dita con cui teneva saldamente l’invito. Il suo viso si stava lentamente contorcendo dalla rabbia, e i suoi denti sfregavano l’uno contro l’altro vibrando, e i suoi occhi vennero letteralmente oscurati dalle sopracciglia scure.
 
“Beh, ecco...”
 
“Feliciano Vargas! Queste rose costano più di te!” Arrotolò il giornale che comprava che comprava ogni giorno e cominciò a picchiare con esso suo fratello sul sedere, in modo abbastanza violento, spingendolo fuori dal negozio e sbattendo la porta di vetro che temeva si sarebbe rotta.
 
Guardò suo fratello correre via, ma poteva scorgere un sorriso sornione sul suo volto. Infondo, meritava di essere felice, era un bravo ragazzo anche se un po’ irresponsabile e ingenuo.
 
Lovino scosse il capo, sorridendo compiaciuto e sbuffando leggermente in modo allegro. Doveva calmarsi e godersi questi istanti di pace, dove tutto era come decideva lui e nessuno gli era fra i piedi. Era tutto come un dolce suono flautato, della più elegante delle musiche suonate all’arpa o al violino.
Doveva rilassarsi, bere qualche goccia di vino e pensare ai suoi bellissimi fiori, perché molto presto tutto sarebbe finito, e lui si sarebbe trovato a tavola con birra, crauti e disgustose patate crude maleodoranti.
 
   
 
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