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Autore: VigilanzaCostante    05/05/2020    2 recensioni
Rose Weasley, la vitale, energica, permalosa e emotiva Rose, è malata. Cerca di farsi piccola piccola nel marasma dei suoi cugini per non essere vista, per non essere notata nel trambusto che sta vivendo.
Due occhi grigi però la seguono e la notano, e si accorgono del malessere che la sta schiacciando.
In un settimo anno diverso da come se lo erano immaginato, scoprono l'amore e il dolore.
[Il prologo di questa storia partecipa al contest "Chi ben comincia è a metà del prologo" di BessieB sul forum di EFP]
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Rose Weasley, Scorpius Malfoy | Coppie: Rose/Scorpius
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Incompiuta | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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Capitolo primo

Ritorno a Hogwarts

L’arancione croccante della stazione di King's Cross, binario 9 e tre quarti, era qualcosa a cui Scorpius non si sarebbe mai abituato. C’era qualcosa di poetico in quel vociare che percorreva i binari, dalle vocette acute dei più piccoli, agli abbracci di quelli più grandi che si rivedevano dopo l’estate.
Per quanto Draco Malfoy fosse cambiato durante la guerra, era sempre stato estremamente freddo. Certo, amava il figlio ma c’era sempre un contegno nel suo modo di dimostrargli affetto, di fargli capire che era fiero di lui. Scorpius lo sapeva e si era disabituato agli abbracci stritolanti, alle carezze, ai sorrisi.
Eppure, dopo essere diventato amico della famiglia Weasley-Potter, aveva iniziato ad apprezzare anche quello: apprezzare la gioia del primo settembre, il sapore d’autunno e le pacche sulle spalle.
– Scorpius, amico, che bello rivederti! – La voce inconfondibile di Albus lo fece, per l’appunto, sorridere, – E salve signor Malfoy, spero abbia passato delle buone vacanze.–
Iniziarono così i saluti: prima Ginny, che da brava erede di Molly Weasley tendeva ad affezionarsi agli amici dei suoi figli, poi il grande Harry Potter e tutta la scorribanda.
Scorpius cercò con lo sguardo Rose, e da lontano – almeno 4 teste rosse li separavano – le fece un cenno della testa e picchiettò sulla sua spilla.
Lei invece di sorridere ghignò, per emulare quel cipiglio di Malfoy, e ripetè il gesto fatto dal biondo.
Rivide negli occhi di Rose quella luce che, mesi prima, sembrava essere scomparsa. Ma c’era ancora qualcosa di strano nell’azzurro del suo sguardo, nelle espressioni facciali, nel tremore delle gambe mentre si piegava a raccogliere qualcosa caduto per terra. Sembrava in bilico Rose, anche se stavolta aveva con sé la sua aria di sfida, e una determinazione nuova.
 
Salutati i rispettivi genitori i ragazzi salirono sul treno, a spintoni, cercando di farsi largo tra quella fiumana umana.
Scorpius aveva davanti Rose e le mise le due mani grandi dietro la schiena, con delicatezza, per evitare di vederla cadere all’indietro.
– Togli quelle manacce Malfoy. –
– Che c’è, ti fanno effetto? – rispose Scorpius, divertito, ma poi le tolse subito perché non si sarebbe mai permesso di mancarle di rispetto.
Si stupì della reazione di Rose, così istintiva nell’allontanarlo. Certo Scorpius era consapevole di non avere con lei tutta questa confidenza, ma si conoscevano da anni, ed era nella loro routine cercare anche involontariamente il contatto fisico: pugnetti sulla spalla, le spalle che si sfioravano mentre studiavano, cercare di disarcionarsi dalla scopa nelle loro partitine a Quidditch.
Si, in effetti il loro rapporto era strano. Continuavano insistentemente a dire di non essere amici, rifiutando categoricamente di essere definiti così: Rose se aveva bisogno di parlare con qualcuno di come stava non andava da Scorpius, e Scorpius non andava da Rose. Eppure, si arricchivano reciprocamente. Si consultavano quando non comprendevano qualche materia scolastica, spesso studiavano insieme, si sfidavano a Quidditch per mantenere sempre alta la competizione. Litigavano quasi per gioco, in modo incalzante, divertente. C’era dell’innegabile rispetto reciproco, e forse qualcosa di più. Si offrivano a vicenda una prospettiva diversa sulle cose, a livello mentale, intellettuale. E non era qualcosa a cui Scorpius avrebbe rinunciato facilmente, nonostante non fossero amici, nonostante non ci fosse un coinvolgimento emotivo; e quindi non potè far a meno di notare che Rose era strana, sfuggente, lontana. Mancava qualcosa alla solita Rose, mancava quel brio e quella innata voglia di sapere, di vivere.
– Malfoy, io ti consiglio davvero di muoverti, sei imbambolato da svariati minuti e oramai siamo tutti preoccupati riguardo alla tua sanità mentale. –
– Sei preoccupata per me rosellina? –
– Non chiamarmi così, Malfoy. Dobbiamo andare nello scompartimento dei Caposcuola, non ho intenzione di aspettarti ancora. –
 
***
 
Arrivati ad Hogwarts, seduti sulle solite carrozze che li trasportavano verso il castello, Albus svogliatamente guardò i suoi due migliori amici parlare delle loro future mansioni. Si chiese, pensieroso, come mai non si stessero lanciando maledizioni all’idea di fare tutte le ronde insieme.
– E chi sono gli altri Caposcuola? – Chiese intromettendosi nel discorso.
– Mary Smith di Tassorosso e Elijah Dunn di Corvonero. –
– Quello gay? –
– Albus non dirlo con quel tono, sì uno dei pochissimi ragazzi omosessuali dichiarati a scuola. –
– Ma quale tono! Mica stavo giudicando Rose, rilassati. –
– Albus sono rilassata, non vedi che non sto nemmeno litigando con Malfoy? –
E in effetti no, non stavano litigando, e Albus trattenne un sorriso consapevole per evitare di essere troppo palese. Forse, ma dico forse, era maturato qualcosa in quel rapporto odi et amo che i due avevano costruito durante gli anni.
– E perché voi due siete insieme durante le ronde? Avete fatto a estrazione? –
– No, abbiamo deciso noi. –
A quella affermazione Albus strabuzzò gli occhi perché sì, era vero, Rose e Scorpius non si erano mai odiati, studiavano insieme e si sfidavano a Quidditch. Solite cose che si era sentito ripetere per anni senza capirle mai davvero, perché poi davano spettacolo e discutevano per le minime cose. Ma addirittura scegliere, insieme, senza alcun tipo di remora, di fare la ronda insieme? Albus era indeciso se commentare o meno, e si trattenne a fatica dal fare una battutina sarcastica. Lasciò cadere il discorso, e si passò una mano tra i capelli neri, tutti in disordine come di consueto.  
Li lasciò continuare a blaterare, e guardò il castello avvicinarsi sempre di più.
Il loro ultimo anno.
L’ultimo anno seduti al tavolo di Serpeverde, lui e Scorpius insieme ai loro compagni di casa; l’ultimo anno nei sotterranei, nella calma verde acqua a cui si era tanto abituato. Le ultime feste raggiunte sotto il mantello dell’invisibilità, gli ultimi banchetti, le ultime serate in cui da solo si era rifugiato sulla Torre di Astronomia a rimuginare.
Rose sembrò capire i suoi pensieri e gli mise la sua manina bianca sopra quella piccola e ossuta del moro. Le sorrise mesto, pensando a quanto Rose fosse cambiata in quegli ultimi mesi. I capelli rossi erano sempre ricci e a boccoli, ma le arrivavano fino alle spalle dopo che aveva deciso di tagliarseli; il viso sembrava più latteo, più pallido, ma era sempre costellato di lentiggini. Ma la cosa che lo lasciava perplesso era come la sua tunica sembrasse il doppio più grande del solito. Si fece d’un tratto pensieroso, ma poi collegò il dimagrimento al lutto. Rose sembrava aver sofferto più di tutti in quei mesi, per quanto anche gli altri fossero distrutti dalla morte della nonna. Trovata la spiegazione più plausibile si ripromise di essere più presente con la cugina, di farla svagare di più, di convincerla a giocare a Quidditch più spesso insieme. Non era molto bravo con queste cose, James era più spontaneo, immediato, spiritoso. Lui era più chiuso, più silenzioso, sicuramente più ironico e meno, molto meno, arrogante.
Ma Rose lo conosceva bene, e l’affetto che provava per lui era dettato proprio dal suo carattere, si bilanciavano in qualche modo. Di certo lei, logorroica com’è sempre stata, compensava i silenzi del piccolo Potter.
Tutti e tre si lasciarano cullare per l’ultima volta dai Thestral nel loro ultimo viaggio verso il castello. Rimasero così in silenzio, per non rischiare più di intaccare quel momento.  

***
 
Erano passati solo pochi giorni e Rose si sentiva già completamente esausta. Il capitano della squadra di Quidditch, Marcus Jordan, aveva fissato tre allenamenti a settimana prima ancora di fare le selezioni per i posti mancanti. Le ronde da Caposcuola erano un giorno sì e uno no, in modo che le coppie si potessero alternare, e Dio solo sapeva cosa dovevano controllare ogni dannata sera. La gente dorme! Oppure si chiude in uno sgabuzzino a fare cose a cui Rose non voleva nemmeno pensare, ma niente di troppo condannabile a suo parere, se non fosse per la sporcizia e i germi. Contenti loro.
Poi le lezioni, ovviamente, non mancavano di essere estremamente pesanti con tutti i professori che non facevano altro che ricordare incessantemente l’avvento dei M.A.G.O, o al fatto che dovevano pensare alla loro carriera futura.
Rose, dal canto suo, non sapeva nemmeno se sarebbe arrivata a dicembre perché si sentiva incredibilmente stanca, come mai prima d’ora. E dire che era sempre stata molto impegnata.
Era ora di cena e stava letteralmente correndo verso la Sala Grande perché se n’era dimenticata.
“Non te ne sei dimenticata, volevi fare finta di dimenticartene ma poi ti sei preoccupata delle domande che avrebbero potuto farti i tuoi cugini”.
Dopo essere entrata dal grande portone tutta trafelata, consapevole di avere fin troppi occhi addosso, si buttò sulla panca vicino a Lily e Hugo, chiedendo loro come fosse andata la loro giornata.
– Hai la ronda stasera Rosie? –
– No per fortuna –, e sorrise lievemente al fratello.
Mise sul piatto tutto quello che era rimasto del banchetto: una coscia di pollo, verdura, le patate al forno. Lo riempì tutto, e poi iniziò a sbocconcellare qualche cosa. Nel frattempo, parlava e parlava, per distrarre gli altri da quello che stava davvero facendo. Metteva in bocca un pezzo di pollo e poi tagliava la carne sul piatto, spostandola da una parte. Continuava a parlare, e poi prendeva un altro boccone, per depistarli. Finché la serata passò, i piatti sparirono e la preside consigliò a tutti loro di andare a dormire.
Nessuno se ne accorgeva. Nessuno faceva caso al fatto che stava mangiando sempre di meno, che la maggior parte delle volte saltava i pasti, che a volte nascondeva tutto nel tovagliolo e faceva evanescere con un movimento della bacchetta sotto il tavolo.
Si sentiva potente, Rose, quando ci riusiva. Si sentiva forte per aver combattuto la fame, si sentiva forte per essere riuscita a imbrogliare chi aveva intorno, si sentiva forte perché nonostante l’enorme vuoto di stomaco era riuscita per quella sera a mangiare poco e niente, il giusto per mantenersi ancora in piedi.
La scusa del lutto sembrò essere ancora valida, per i pochi che si accorgevano del suo viso pallido, ma lei sa sapeva di non poterselo più raccontare. Ma non voleva smettere, qualsiasi cosa stesse facendo.
Non aveva senso smettere, perché quella sensazione di soddisfazione macabra era l’unica cosa che le permetteva di affrontare nel modo giusto la giornata.
Rose amava avere il controllo, anche se si sentiva di non avere più controllo su niente. Tranne su quello.
Era lei a decidere per il suo corpo, era lei a controllare ciò che riusciva a non ingerire, la fame, le calorie da calibrare, i vestiti che sentiva sempre più larghi.
Quella notte non riuscì a dormire, guardando il soffitto del suo letto a baldacchino, gli occhi azzurri spalancati ma estremamente vuoti.
Era ignara del fatto che un paio di occhi grigi, quella sera avevano osservato ogni suo gesto.
Rose pensava di avere tutti in pugno, in quel suo gioco maldestro, ma Scorpius non era cieco, soprattutto quando si trattava di quella testa rossa.

 


 
 
 Nda:
 
Ciao a tutti! Spero che ora sia chiaro quale sia la malattia di Rose. Però qui è ancora accennato, nemmeno lei sa che è una malattia, cerca di non darci peso e di non dare un nome a quella cosa. Cerca di autoconvincersi che sia per il lutto, per la sofferenza, ed è quella la scusa che anche tutti gli altri usano per giustificare il comportamento di Rose.
Per questo mi sono voluta concentrare per un attimo su Albus, per dimostrare come può essere cieca una persona che ti ama pur di accantonare il pensiero che tu possa stare male. E il lutto sembra plausibile, proprio perché inizialmente è nato come quello. Rose inizialmente non mangiava solo per la sofferenza, che molti sapranno che porta spesso a inappetenza.
Ma per ora è ovvio che molti non se ne rendano conto, perché Rose essendo bassina e prima un po’ robusta, con le forme accentuate, sembra solo star dimagrendo. Non sempre dimagrire è sinonimo di anoressia. Anzi, per la maggior parte dei casi non lo è.
Ma Rose ha dei pensieri nocivi che la portano verso la malattia, pensieri che spero di aver in qualche modo richiamato, pur non avendo mai vissuto una cosa del genere.
Per chi mi legge, vorrei chiedere se secondo voi è meglio che scriva nella descrizione un avvertimento riguardo all’argomento della long, per evitare che chi soffre di questa malattia non soffra nel leggere cose che magari ha provato.
Un'altra domanda: secondo voi i capitoli sono troppo brevi, dal vostro punto di vista di lettori? 

Fatemi sapere!
Un bacio (a distanza e con la mascherina)
VigilanzaCostante
 
   
 
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