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Autore: hikarigaoka    05/05/2020    2 recensioni
"Sei tu!"
"Sei sempre stato tu!"
[...]
Più passava il tempo, più lei si accorgeva che Tendou non era strambo, aveva solo il cuore al posto giusto.
Genere: Angst, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Tendo Satori
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Satori.

L’aria del mattino punge il viso di Yamashita mentre fa stretching per prepararsi alla sua corsa mattutina. Piccole nuvole di condensa si formano dalle sue labbra lentamente. Che razza di freddo.
Il suo piede destro si muove in avanti pronto a partire, non riuscendo ad attendere oltre e riscaldarsi, ma una voce familiare la richiama.

“Anche tu vai a fare una corsetta, eh?”

La ragazza sa chi sta parlando, ricorda ancora la sua voce chiaramente dal loro primo incontro avuto in punizione in quell’aula del terzo piano.
E' stranamente felice di sentirlo.
Yamashita si gira e vede esattamente chi si aspettava di vedere. Tendou Satori, appoggiato sullo stipite della porta d’ingresso dei dormitori, per l’esattezza con addosso la tuta sportiva viola della Shiratorizawa.
Gli sorride.

“No, sto chiaramente andando alle famose lezioni delle sei del mattino in questo outfit appropriato” gli risponde sarcasticamente.

Tendou ridacchia e la segue.

---

“Okay, andiamo avanti con la squadra di pallavolo”

Yamashita si ferma di scatto.
Aveva immediatamente riconosciuto quell’insopportabile e squillante voce.
La stessa ragazza a cui aveva tirato un pugno tre mesi prima, la causa del suo attacco di rabbia e del suo conseguente mese di sospensione.
Sta lì con il suo solito gruppo di amiche, che erano quasi insopportabili tanto quanto lei, un branco di ragazzine piuttosto patetiche, e la cosa più imbarazzante è che sono quasi tutte del terzo anno.
Yamashita purtroppo, sa che cosa stanno facendo e preferirebbe andarsene, ma qualcosa la spinge a restare ed ascoltare. Diamine, perché non riesce mai a farsi i fatti suoi quando si tratta di quelle?

“Okay, primo, Ushijima. Credo che siamo tutte d’accordo che sia veramente un gran figo e praticamente perfetto, giusto?”

Yamashita crede di non vedere ragazze fare classifiche dei ragazzi più belli da quando era in prima elementare e sentire quel branco squittire e schiamazzare al solo sentir nominare il capitano della squadra di pallavolo le fa veramente storcere il naso.
Più che un branco di lupi, sembrano un branco di oche.
Passano cinque minuti filati a esclamare versi di approvazione e complimenti nei confronti di Ushijima. Povero ragazzo, pensa Yamashita, se sentisse questa conversazione o non capirebbe niente oppure andrebbe a incastrarsi la testa nella rete.
Yamashita stava silenziosamente in ascolto dietro la porta di una classe vuota.
Normalmente non farebbe una cosa del genere, sentire stupide ragazzine fare la classifica dei ragazzi più belli e fregni della scuola non è sicuramente nei suoi interessi, ma sa esattamente il motivo per cui lo sta facendo.

“Andiamo avanti…” dice la più grande, scribacchiando qualcosa su un pezzo di carta appoggiato al muro sotto una finestra del corridoio “...Tendou Satori”
Il branco di oche emette qualche verso di incertezza, chi direttamente di disapprovazione.

Yamashita sente lo stomaco contrarsi dal nervosismo.
Quanto vuole saltare addosso a quelle, neanche lo sa.

“Mh, no. Assolutamente no.

Sembra uno psicopatico con quegli occhi sgranati, ma dorme? Secondo me è fuori di testa, fa sempre lo strambo, ci credo che la gente lo chiama mostro

“Io credo che sia carino”

Il gruppo si gira improvvisamente nella confusione data dalla voce sconosciuta che aveva appena preso parola.
Yamashita sta lì in piedi davanti a loro, le mani strette a pugno anche se cerca di nascondere la frustrazione, e sul suo volto spicca un sorriso furbo, già pronto ad assaggiare tutte le provocazioni che la ragazza sta per fare alla bulla e alle sue amiche che già una volta aveva dovuto affrontare.

“Ancora tu, Yamashita?” le chiede la leader del branco, mentre le sue compagne stanno dietro di lei in ascolto, troppo deboli individualmente per fare un passo avanti.

“Sì e tu sei...Sumiko? Sumiko Harada, vero?”

“Wow, che onore, essere riconosciuta dalla capitana della squadra di pallacanestro? Tendi a memorizzare i nomi altrui perché tu ne hai solo uno?”

Tutte le altre ridono, ma il sorriso sul volto di Yamashita non sembra voler sparire.
Ma Sumiko non ha torto perché è vero, Yamashita è conosciuta solo per il suo cognome e da quando ha cominciato il liceo nessuno sembra sapere quale sia il suo nome proprio, persino i professori e durante le partite di basket nessuno lo pronuncia, era stata lei a chiederlo espressamente.
Solo Goshiki lo sapeva alla Shiratorizawa, e lui non lo avrebbe detto a nessuno per tutto l’oro del mondo perché si trattava della sua migliore amica, quindi fu inevitabile il crearsi di teorie e idee su quale sia il nome vero di Yamashita e sul perché non lo volesse rivelare a nessuno.
Ma al momento non le importa, le provocazioni di Sumiko non la sfiorano.

“No, è che solitamente ricordo il nome delle persone a cui do un pugno in faccia”

Bingo.
Le amiche di Sumiko si lasciano scappare qualche sussulto sorpreso dalla provocazione, mentre l’espressione furba e sicura della ragazza si contrae in una di rabbia e frustrazione.
Yamashita sente una forte soddisfazione nell’aver messo alle corde quell’impertinente, quasi più di quando le aveva sferrato quel pugno.

“Che cosa stavi dicendo su Tendou Satori, comunque?” rigira il discorso Sumiko, tentando di non far trasparire il nervosismo, cosa in cui fallisce.

“Beh, io credo che Satori sia un bel ragazzo, compresi i suoi occhi e quella che tu chiami faccia inquietante” afferma, senza imbarazzo e senza timore.

“Oh giusto, tu sei la sua ragazza, non è così? Me l’ero quasi scordato!” esclama Sumiko con ritrovata fiducia.

Yamashita sente il sangue salirle fino alle guance, un po’ per imbarazzo e un po’ per rabbia.

“N-non lo sono…”

Merda, ha vacillato.
Prega che Sumiko non se ne sia accorta e che non ne approfitti.

“Vedo sempre voi due allenarvi la mattina e parlottare tra di voi come due piccioncini, e andate sempre alle vostre partite, non è vero?
E il modo in cui lo guardi! Non dirmi che non c’è qualcosa tra di voi, perché mi deluderesti.
Siete la coppia dell’anno, i due psicopatici! Due stramboidi fatti l’uno per l’altra!”

Forti e acute risate riempiono il corridoio vuoto illuminato dalla luce del primo pomeriggio.
Ma vengono subito rimpiazzate da esclamazioni e urla nel momento in cui Yamashita afferra Sumiko per il colletto dell’uniforme e la scaraventa contro il muro, tenendola ferma, il suo viso che esprime ogni sorta di rabbia e rancore.
Guarda la ragazza negli occhi, sono spaventati e l’altra non osa dire niente.
Yamashita non è mai stata una violenta, tutti infatti si erano sorpresi quando avevano scoperto che le era toccato un mese di sospensione, i suoi numerosi amici in particolare.
Ma quando si ritrovava faccia a faccia con questa gente, con persone che definiscono psicopatico e mostro un ragazzo solo perché è diverso, che va fuori di se.
Dio, voleva sputarle in faccia e farla sentire miserabile.

“V-vuoi essere sospesa di nuovo? Lo sai che se mi colpisci un’altra volta ti cacceranno dalla squadra di basket?” le chiede Sumiko in un sussurro spaventato.

“Non l’avrei fatto neanche la prima volta se me ne fosse mai fregato il benché minimo cazzo” sibila Yamashita, la presa sul colletto che aumenta.

“Quindi è meglio se non ti vedo dar noie a nessun altro studente qui alla Shiratorizawa.
Specialmente con Satori.
Se ti sento parlar male di lui con le tue vallette un’altra volta io ti giuro che torno, finisco il lavoro e ti rompo il naso. Non devi dire il suo nome, non devi guardarlo e neanche solo PENSARE a lui, mai più.
Ci siamo chiariti?”

Sumiko, gli occhi ancora più sgranati di prima, annuisce nel terrore.
Yamashita prova conforto nel vedere come finalmente si era fatta piccola piccola, incapace di farsi valere.

“Bene” aggiunge fermamente, lasciandola andare.

“Yamacchan?” la chiama una voce da infondo al corridoio.

“Satori-kun…”

Tendou se ne sta in piedi in fondo al corridoio, un’espressione vagamente confusa gli incornicia il viso leggermente piegato verso destra e la sua figura alta domina la scena.
La stretta allo stomaco di Yamashita aumenta vertiginosamente.
Ha sentito tutto?
Ha sentito quelle ragazze dire quelle cose orribili su di lui?
Ha visto lei impazzire di rabbia e quasi aggredire Sumiko?

“Vuoi andare a pranzo oppure ci vai con le tue amiche?”

Grazie a Dio, non ha sentito niente.
A Yamashita non importava assolutamente niente se lui l’aveva sentita definirlo carino e un bel ragazzo, anzi, sotto sotto ci sperava che l’avesse sentito, sempre meglio che sentire delle stupide ragazzine insultare il tuo aspetto.

“No no! Arrivo!” esclama allegramente, nascondendo la sua precedente rabbia e dirigendosi verso il ragazzo.

Durante il pranzo nella mensa conversano normalmente come avevano sempre fatto insieme a tutta la squadra di pallavolo.
E’ stato carino da parte di Satori introdurla a tutti quanti, cosa che Goshiki non aveva mai fatto perché era sempre troppo timido e sapeva che i senpai lo avrebbero preso per il culo a morte se avesse portato una ragazza tanto bella al tavolo.
Quando accadde con Tendou, Semi credette di star per sputare tutti e due i polmoni dalla sorpresa, convinto che fosse la sua ragazza, mentre Ushijima sembrava l’unico ad averla presa normalmente.
Nonostante le conversazioni siano al momento le solite, Yamashita è ancora nervosa per l’incontro che ha avuto prima, e parla di meno.

“Vado a farmi un giro, vieni con me Yamacchan?” le chiede Tendou.

Yamashita deglutisce nervosamente, inghiottendo nello stesso istante l’ultimo boccone del suo bento.

“Sì! Ci vediamo in giro, ragazzi” dice, alzandosi e seguendo il ragazzo.

Camminano per il grande cortile dell’Accademia gremito di studenti impegnati in ogni tipo di conversazione, più che altro frivole, e il sole pomeridiano le colpisce il volto.
Alza lo sguardo per guardare Tendou, e capisce immediatamente che c’è qualcosa che non va in lui.
Non l’aveva più guardata negli occhi da quando erano andati a pranzo, e anche quando parlavano allegramente come di loro solito, i loro occhi non si incontrarono.
Ma Satori poteva dire lo stesso di lui, visto che Yamashita non si stava comportando differentemente.
I due si conoscono piuttosto bene ormai.
Yamashita non sa spiegare esattamente come si erano avvicinati, sa solo che era accaduto tre mesi prima da quando si erano incontrati nell’ora di punizione.
Dopo quella bizzarra conversazione, lui l’aveva notata mentre stava andando a correre e subito si era dimostrato particolarmente interessato a lei, e così avevano cominciato a correre insieme tutte le mattine.
Cominciarono poi a parlare di argomenti più seri, cercando di scoprire qualcosa l’una dell’altra.
Tendou ancora non riusciva a capire che tipo di persona fosse, sapeva solo che lo intrigava e che, forse per il fatto stesso che non riusciva a leggerla, era maledettamente interessante.
Sul suo volto vi era sempre un’espressione di apparente indifferenza, quasi come se tutto le desse fastidio, sembrava anzi scontrosa, ma in realtà era tutto il contrario.
Yamashita era una ragazza gentile, faceva ridere e sarebbe riuscita ad andare d’accordo con tutti, per questo i suoi amici parlavano sempre così bene di lei e Tendou non gli dà torto.
Per la sorpresa di entrambi, avevano tutti e due molto in comune.
Entrambi si scoprirono appassionati di Shonen Jump, più precisamente di My Hero Academia, e passavano ore intere a discutere su chi fosse il miglior personaggio, con Tendou che insisteva per Kirishima e Yamashita che non si sapeva decidere tra Mirio e Tamaki, ma alla fine optava sempre per il primo
Giocavano agli stessi videogiochi e anche lì, le conversazioni non finivano mai, e poi si perdevano a parlare delle loro serie preferite.
E in men che non si dica, si ritrovavano sempre a parlare nei corridoi e non solo di quello che guardavano e leggevano, ma anche di come era andata la loro giornata e se qualcuno aveva bisogno di parlare, erano sempre pronti ad ascoltarsi.
E poi lei si ritrovò a chiamarlo Satori e lui a chiamarla Yamacchan, anche se la prima volta che lei l’aveva chiamato per nome si era scusata nell’imbarazzo generale, e lui l’aveva presa in giro per tutto il giorno per quella reazione esagerata.
Ma la loro amicizia era appena cominciata.
Nonostante ciò però, Yamashita si sene diversa attorno a lui, in modo positivo.
Non sa esattamente che cosa sia, Tendou non è il suo migliore amico perché lei non rimpiazzerebbe Goshiki neanche tra un miliardo di anni, ma Tendou è qualcosa.
Si sente al sicuro attorno a lui, un po’ più felice del normale rispetto a quando sta con gli altri suoi amici, ma ogni volta che ci pensa concretamente e si domanda che cosa sia veramente, la sua testa le dice che sta solo esagerando, che non si conoscono ancora da abbastanza tempo e che è tutto nella sua testa.
Ma a lei piace sinceramente la sua presenza, le piace averlo attorno e ci passerebbe intere giornate, e ogni tanto le verrebbe da ringraziare Sumiko per averle dato il desiderio di colpirla in faccia e mandarla in punizione, altrimenti chissà quando Goshiki avrebbe trovato il coraggio di presentarla alla squadra, forse quando lei sarebbe passata al college l’anno dopo.
Ora, entrambi stanno seduti sulla panchina di pietra sotto ad uno dei diversi alberi di ciliegio della Shiratorizawa.
Yamashita non se la sente di parlare, ma Tendou lo fa al posto suo.

“Non devi farlo per forza, lo sai?” le dice, leggermente ingobbito a guardare in basso.

Yamashita sente il suo cuore sobbalzare.
Ha sentito.

“Che intendi, Satori?”

Ora lui guarda in alto, inarcando la schiena all’indietro e appoggiandosi sui palmi delle mani.

“Non devi attaccare briga così per me” non è arrabbiato, è estremamente, e stranamente, calmo “non mi importa di quello che dicono quelle ragazzine, ho imparato ad andare avanti e a ignorare queste cose. Non voglio che tu ci vada di mezzo e finisca nei casini a causa mia”

Aveva sentito.
Aveva sentito tutto ciò che quelle avevano detto.
Yamashita stringe le dita attorno al bordo della panchina di pietra.

“Non mi importa se mi chiamano mostro, io mi accetto.
Ho un’ottima carriera nella pallavolo davanti a me, ho Wakatoshi e gli altri miei compagni di squadra, e ho te. Non ho bisogno delle loro opinioni, che cantino pure.
No voglio che tu ti peni per me in quel modo, non voglio neanche che tu venga espulsa dalla squadra di pallacanestro.
Ma vorrei ringra--”

“Satori!”

Il rosso salta leggermente all’esclamazione della ragazza, che ha un’espressione profondamente seria sul volto.

“Co-” prova a dire, ma viene interrotto.

“Dimmi, se tu origliassi qualcuno parlar male di me e dire cose del genere, che cosa faresti? Staresti lì in piedi come un idiota a non fare niente?”

“Ma certo che no!”

“Visto?” l’espressione di Yamashita cambia, torna a sorridere e gli tira un pugnetto amichevole sulla spalla “è questo il concetto di amicizia. Non mi importa un’accidente se mi espellono dalla squadra o da scuola, preferisco quello che lasciare che degli idioti dicano brutte cose sul tuo conto ed essere un’amica pessima”

Satori rimane in silenzio qualche secondo.
Non aveva mai notato come i capelli neri di Yamashita brillassero sotto il sole e come contrastassero così bene con i fiori di sakura dietro di lei.
E la sua voce suonava così gentile mentre diceva quelle parole di amicizia.
Sente il battito del suo cuore aumentare di ritmo appena impercettibilmente.
E’ stata lei? O sono state quelle parole?

“Okay, lo accetto, ma ti prego non dare pugni a nessuno”

“E va bene, non lo farò”

“Insomma, me ne hai appena tirato uno, quindi non so se posso fidarmi di te…”

Ecco, il solito tono di malizia che sfoggiava quel ragazzo e che la faceva sempre divertire, insieme al sorriso che faceva sempre quando voleva provocarla.

“Se non ti togli quel sorrisetto furbo dalla faccia te ne tiro uno più forte”

Entrambi ridono, ed entrambi realizzano quanto gli piacciono le vicendevoli risate e quanto sia bello ridere insieme.
Yamashita sente un piacevole calore circondarla.
La sta abbracciando.
La mano di Tendou si appoggia sulla sua testa, le sue lunghe e nodose dita scivolano tra i capelli di lei e conducono il suo volto appena contro il suo petto.
La mano di Yamashita si appoggia anch’essa contro il petto di lui, sentendo ogni sensazione del suo respiro che faceva abbassare e alzare il suo corpo appena percettibilmente.
Il suo braccio libero circonda la vita di Satori, mentre quello libero di lui abbraccia la sua.
Tendou profumava di campo di pallavolo appena pulito, un’ odore netto e piacevole, mentre lei, in maniera complementare, ha lo stesso odore del campo di pallacanestro.
Era stato lui a iniziare l’abbraccio, ne aveva sentito bisogno.

“Grazie, Yamacchan” dice con un tono inusualmente calmo per lui.

Yamashita non sa che dire, sa solo che le sue guance stanno probabilmente andando a fuoco per il contatto fisico inaspettato, visto che è una delle rare volte in cui si abbracciano, e dato che non era qualcosa di premeditato, l’imbarazzo ci sta tutto.
E si sente bene.
Perché il mio battito cardiaco è così veloce?
Perché il suo calore è così piacevole?
Perché trovo che la sua voce sia così dolce?
Perché mi sento così?

“Non ti preoccupare, Satori-kun, ti copro le spalle”

Si pente di averlo detto perché subito dopo Tendou si separa da lei, ma rimedia mettendole una mano tra i capelli e scompigliandoglieli affettuosamente.

“Comunque, potreeeeeei aver già comprato il nuovo numero di Jump per tutti e due” dice, fingendo un’espressione ambigua.

“Giura!” esclama Yamashita, che si era già rassegnata a dover aspettare.

“Forse se mi segui nel mio dormitorio lo scoprirai” aggiunge, per poi alzarsi e dirigersi verso i dormitori con ancora quel tono falsamente ambiguo.

“Pari un violentatore se dici così” scherza lei, raggiungendolo

“Si ma sei tu che mi stai seguendo, è colpa tua”

“Quanto ti odio”

---

Tendou si gratta la nuca, la schiena ancora piegata in avanti a fissare lo schermo.
Si passa una mano tra i capelli rossi, sospirando.
Si gira e vede Wakatoshi, già sdraiato a letto a dormire tranquillo, ormai anche da un po’ contando che ci tiene a dormire tanto per avere energie il giorno dopo e allenarsi al meglio.
Ma Tendou non riesce, continua a guardare la schermata principale del sito, sulla quale capeggia a caratteri cubitali la scritta Università Natsume Soseki.
Poi chiude la scheda e ne apre un’altra, il sito praticamente identico al precedente, tanto ne aveva già visitati chissà quanti ed era abituato a vedere tutte quelle foto di edifici enormi circondati da prati di un verde accecante, giusto per dare l’idea che quello non è mica un posto per gente zozza.
Magari il suo problema fosse scegliere dove andare, la sua decisione l’ha praticamente già scelta.
Guarda l’orario, l’una, sospira e spegne il PC, poi le luci e si sdraia sul suo letto, senza neanche provare a infilarsi sotto le coperte.
Chiude gli occhi e prova ad assopirsi, ma il suo cervello non ne vuole proprio sapere di lasciarlo in pace.
Ma perché comincia a martellare a quest’ora? Che nervi… pensa rigirandosi e guardando dritto il muro bianco, sul quale vi è appesa qualche foto della squadra e degli articoli di riviste sulla pallavolo.
Ne fissa in particolare uno.

Satori Tendou: il centrale miracoloso della Shiratorizawa
E poi il sottotitolo chi è il giocatore che sembra stia rubando la scena a Wakatoshi Ushijima?
Guarda le due foto sotto, a destra, lui che salta e porta le braccia in avanti per bloccare uno schiacciatore con evidente soddisfazione sul volto, a sinistra, lui che alza un pugno vittorioso verso il pubblico con un sorriso smagliante.

Non sapeva di quell’articolo, non credeva che sarebbe mai apparso sulle pagine di una rivista come faceva sempre Wakatoshi, e quando gli misero in mano quel giornale con la pagina già aperta sul titolone, non aveva pensato ad altro per il resto della settimana.
Il centrale miracoloso, un ragazzo miracoloso, ecco perché ogni tanto azzardava di autoproclamarsi miracle boy.
Neanche guardare quell’articolo gli fa prendere sonno, anzi forse peggiora.
Si rassegna e prende in mano il cellulare, strizzando un po’ gli occhi quando la luce dello schermo gli sommerge il volto.
Manda un meme stupido che aveva trovato in giro a Yamashita, decidendo di aspettare la risposta il giorno dopo. Non era neanche particolarmente divertente, voleva solo trovare una scusante.

 

Che ci fai sveglio?

01:20

 

Sono un animale notturno, che ci vuoi fare?

01:20

 

Ma che animale notturno, te devi dormire,

non verrò domani mattina a buttarti giù dal letto di persona

per correre

01:22

 

Mi sa che ti dovrai rassegnare lmao

01:23

 

Dai Satori, c’è qualcosa che non va?

01:25

 

 

Sono solo un po’ riflessivo, tutto qui

01:29

 

Sicuro?

01:29

 

Sicurissimo capitana

01:30

 

Smette di rispondergli, sarà andata a dormire.
Beata lei che ci riesce pensa Tendou e beato anche quel gigante del letto sopra
Si fanno le due, ancora niente, ma perché deve continuare a pensarci?
C’erano giorni in cui era il re indiscusso dell’esticazzi e notti in cui pensava anche troppo.
Questa è una di quelle notti, purtroppo.
Intanto, Yamashita si ferma in mezzo al corridoio, ci ripensa e torna indietro, e poi avanza di nuovo e sospira.
Al terzo tentativo di tornare indietro, appoggia la mano sulla maniglia e apre la porta lentamente.
Un fascio di luce bianca si staglia contro il muro della stanza, l’ombra di Yamashita che si proietta contro di esso.
La richiude e fa attenzione a non fare rumore, neanche quando poi cammina in punta di piedi.
Guarda un attimo Wakatoshi e le viene un moto di sensi di colpa per la sorpresa che avrà il mattino dopo, ma sa che il capitano non si scompone facilmente.
Poi guarda Tendou, sdraiato sul letto nella sua grande maglietta bianca e pantaloncini neri, i capelli rossi che contrastano con la purezza dei colori.
Le dà le spalle, ma lei sa che non sta dormendo e sa anche che ha notato la sua presenza, ma comunque non si volta.
Yamashita infila una gamba sul materasso e poi l’altra, sdraiandosi e dandogli le spalle.

“Dormi ora, va bene?” sussurra, allungando il braccio dietro di lei.

Nessuno dei due si volta, ma lei sente la punta delle dita di Satori che sfiorano le sue.
Sente la sensazione delle sue dita e pensa che sia estremamente delicata, e poi della stoffa morbida, probabilmente si era dimenticato di togliere le fasciature dagli allenamenti.
Non vanno oltre, si limitano al tocco leggero dell’uno e dell’altro, si limitano a sfiorarsi le dita senza guardarsi e senza girarsi perché quella notte non ne hanno bisogno.

“Va bene” risponde Satori, che finalmente può definirsi tranquillo.

Chiudono gli occhi ed entrambi si addormentano.


 

   
 
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