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Autore: Scarlet Jaeger    06/05/2020    2 recensioni
"Ma a volte
l'amicizia fra maschio e femmina non è fatta per
durare a
lungo, perché prima o poi uno dei due finisce per innamorarsi
dell'altro."
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kei Hiwatari, Nuovo personaggio
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 17
 
 
Ero corsa fuori dallo stabile come una furia, senza nemmeno voltarmi indietro. Correvo a per di fiato cercando di non cadere dalle scale e per fortuna non incontrai nessuno fino all’uscita. Probabilmente erano tutti intenti a seguire la finale.
Cercai di trattenere le lacrime, che non avevano senso di scendere. C’ero rimasta male, quello sì, ma dovevo darmi un contegno.
Ora che ero uscita all’aria aperta il respiro si era regolarizzato un po’, ma sentivo le gambe così pesanti che dovetti accasciarmi sulle scale principali, in un angolo appartato ed all’ombra. Poggiai la schiena al muro ed alzai il volto verso il cielo, ascoltando in lontananza le ovazioni del pubblico per la vittoria di qualcuno. In cuor mio speravo fosse Rei, così che potevamo giocarci ancora il tutto per tutto nello scontro tra Takao e Lai. Ma non avevo voglia di rientrare a seguirlo, perché i miei compagni avrebbero letto il mio stato d’animo dalla mia faccia ed era l’ultima cosa che volevo. Non volevo che si preoccupassero per me durante un match così decisivo, inoltre non volevo che Rei sapesse cosa provavo per lui. Era una cosa che doveva rimanere privata, tra me e me, visto che non sarebbe potuta sfociare in nulla. Dovevo riprendere il mio solito sorriso e la mia solita spensieratezza ed andare avanti in compagnia dei miei compagni di squadra come avevo fatto fino a quel momento, sperando di non dovermi dividere da loro così presto. Speravo nella vittoria dei BladeBreakers, così che saremmo potuti partire di nuovo insieme verso un’altra avventura.
Persi totalmente la condizione del tempo nel rimuginare su tutte quelle cose che forse mi addormentai in quell’angolo appartato. Oppure la mia mente vagò in pensieri così profondi da sembrare sogni.
Tornai alla realtà dopo aver sentito una voce fin troppo familiare.
«Che fai, ti nascondi?»
Era un tono freddo e canzonatorio, esattamente come lo era la sua espressione quando alzai i miei occhi su di lui.
Kai se ne stava a poca distanza da me, con le spalle poggiate al muro, le braccia conserte e gli occhi color ametista puntati nei miei.
«Che ci fai qui?», gli chiesi invece con una smorfia. Non volevo dargli la soddisfazione di rispondere alla sua domanda.
«Tutte quelle smancerie mi hanno innervosito», rispose invece quieto alla mia, continuando a penetrarmi con il suo sguardo. «Inoltre sono tutti preoccupati per la tua assenza…», alzò gli occhi al cielo, facendomi capire che anche quel dettaglio lo aveva innervosito parecchio.
«E ti sei offerto volontario per venirmi a cercare?», domandai perplessa, piegando leggermente la testa di lato con fare curioso. Non ci avrei creduto nemmeno se lo avessi visto con i miei occhi. Infatti la risposta alla mia domanda me la diede la sua espressione sprezzante.
«Tzè, figuriamoci!», imprecò con la sua solita delicatezza. «C’era la pausa e mi ero stufato di stare seduto su quella panchina a vedere sguardi mielosi tra Rei e quella ragazzina!», storse la bocca in un’espressione quasi schifata. «E visto che stavo uscendo, tuo nonno mi ha chiesto di venire a vedere dov’eri. Non ti stavo cercando, sono uscito e ti ho trovata qua fuori»
Alzò le spalle con menefreghismo, guardandomi di sbieco per captare la mia reazione ma io non potei fare altro che sbuffare, senza però muovermi dalla mia posizione.
«Soffro il caldo»
Dissi la prima cosa che mi passò per la testa, cercando di sviare il discorso, ma lui alzò leggermente un sopracciglio, segno che non aveva creduto ad una sola parola di quello che avevo detto.
«O soffri per qualcos’altro!», mi sbeffeggiò invece, glaciale ed antipatico come al solito.
Arrossii di botto dalla rabbia per essere stata colta in flagrante da lui. Inoltre mi dette incredibilmente fastidio la leggerezza con il quale lo aveva detto.
«Io non soffro per nulla!»
Quella volta mi alzai di scatto come una molla e gli arrivai a due passi dal naso, ma lui non si era spostato di un millimetro. Continuava a guardarmi con la sua solita superiorità.
«Tzè, si vede lontano un miglio che ti interessa Rei. Si nota come arrossisci quando parli con lui, come diventi civettuola, e credo lo abbia notato anche lui».
Mi aveva penetrato col suo sguardo di fuoco, lasciando sul volto la sua solita espressione impassibile. Ha sempre avuto il potere di gelarti sul posto, ma io sentivo crescere la rabbia dentro di me, perché sapevo che se mi stava dicendo quelle cose voleva dire che erano vere. Hiwatari era molte cose, ma non era mai stato un bugiardo.
Mi ritrassi da lui stemperando la rabbia, facendomi cogliere invece dallo sconforto. Se Rei si era davvero accorto che provavo qualcosa per lui, con che faccia potevo tornare dentro e far finta che non fosse accaduto nulla? Magari avevano tutti capito il perché della mia fuga…e Kai stava aggravando la situazione facendomi la predica.
Prima di rispondere alla sua provocazione però, mi presi qualche secondo per riflettere e mi venne in mente l’unica cosa che potevo dire.
«Cos’è, ti dà noia?»
Lo dissi seria, senza una particolare intonazione della voce. Non volli essere troppo sarcastica, perché mi stavo veramente chiedendo del perché proprio lui mi stava facendo la paternale. Inoltre la sensazione che qualcosa di ciò che avevamo condiviso ancora ricordasse non mi aveva abbandonata dal momento in cui lo avevo “affrontato” nel covo degli Shell Killer.
«Figuriamoci, non sei così importante per me!»
Ma ecco che arrivò il secondo colpo basso della giornata e forse questo mi fece più male di quello provato durante la sfida tra Rei e Mao. Per quanto ero consapevole di non essere nulla più di una compagna di squadra per Rei, con Kai era tutto diverso. Avevamo un trascorso insieme, un passato che, se anche lui non voleva ammettere di ricordare, io lo tenevo ben saldo nella mia memoria. Eravamo stati compagni di scuola, compagni di gioco e migliori amici. Avevamo passato praticamente tutta l’infanzia insieme e rivederlo così cambiato, così freddo ed insensibile, mi fece male. Soprattutto mi fece male sentire da quello che era stato il mio migliore amico parole così dure.
Quelle parole così sprezzanti mi fecero capire che non avevo del tutto superato il fatto che lui non si ricordasse di me e di tutto quello che avevamo passato insieme. Forse non ricordava che Dranzer e Star Pegaso li avevamo costruiti insieme e la consapevolezza di ciò mi fece arrossire di nuovo per la rabbia.
«Beh, la cosa è reciproca! Puoi tornare dentro Kai, non ho bisogno della balia! Io sto benissimo, lo puoi riferire a mio nonno», sbottai infastidita, dandogli definitivamente le spalle per sedermi di nuovo nella posizione in cui ero rimasta prima di alzarmi per fronteggiarlo. Lui attese qualche secondo prima di tornare all’interno della struttura, tempo che utilizzò per squadrami con un’espressione sprezzante. Lo vidi con il pelo dell’occhio, ma non volli dargli la soddisfazione di contraccambiare, anche perché non sarei riuscita a sostenere il suo gelido sguardo a lungo.
 
 
Il nostro battibecco terminò così, senza che nessuno dei due avesse mai più messo bocca sulla questione. La maggior parte del tempo Kai mi snobbava, più o meno come aveva sempre fatto. Quando stavamo tutti in gruppo se ne rimaneva sulle sue, intervenendo solamente quando lui stesso desiderava sentenziare qualcosa o rimarcare un suo glaciale pensiero. Oramai tutti gli altri si erano abituati alla sua presenza sporadica nelle discussioni, o alla sua presenza in generale. Hiwatari preferiva rimanersene sulle sue invece che fare comunella, ma il suo sguardo attento su ciò che lo circondava non si era più posato su di me. Stava vivendo come se io non esistessi, e per il momento mi andava bene così. Non sapevo ancora come fronteggiarlo, e non potevo tornare sempre sui soliti discorsi. Fino a che non si fosse ricordato perfettamente di me, era inutile tentare di avvicinarlo, così mi detti per vinta.
Almeno per tutto il tempo trascorso in America.
Partimmo per gli Stati Uniti circa due settimane dopo, in seguito ad uno scalo di qualche giorno a casa. Ci voleva un time break, per riprenderci dagli avvenimenti trascorsi. Eravamo i vincitori del Torneo Cinese ed avevamo guadagnato l’amicizia dei White Tigers, che si erano finalmente ricongiunti con Rei.
Con lui le cose tornarono subito alla normalità, perché quando tornai dentro nessuno si era accorto di ciò che era successo. Si erano bevuti la menzogna sul fatto che avessi avuto qualche abbassamento di pressione, e non indagarono oltre. Neanche Rei si era mai accorto di nulla, né di quello che pensavo di lui, perché continuò a trattarmi come sempre. Non so come Kai avesse fatto ad accorgersene, ma in quel momento non mi interessava. Ero pronta a vivere nuovamente altre avventure con la squadra, quella volta col cuore più leggero. Mi ero messa l’anima in pace sul fatto che Rei amasse Mao, e viceversa, e il mio comportamento nei suoi confronti si mosse di conseguenza. Continuai a trattarlo come un amico, come trattavo Takao, Max e il Prof, cercando di arrossire sempre meno e cercando di togliermelo dalla testa. E penso di aver fatto un ottimo lavoro.
Il mio unico problema era Kai, ma in quel momento non potevo ancora saperlo.
Le vicende in America comunque si fecero abbastanza spinose. In primo luogo, conoscemmo la madre di Max, una bellissima donna bionda come il figlio, che lavorava in un centro di ricerca super tecnologico, che studiava le componenti dei Beyblade: il PPB. Ricordo la faccia del prof. Kappa alla vista di tutte quelle attrezzature!
Inoltre la signora Mizuhara era anche la direttrice della squadra Americana, che incontrammo in finale.
Ci qualificammo dopo aver battuto la squadra Messicana, dove il primo match fu vinto da Kai, che decise di sostituire Rei per dare l’impressione al PPB di prelevare informazioni sul suo Dranzer, mentre i seguenti vennero vinti in successione da Max e Takao.
Il secondo scontro fu quello con la squadra dell’Ecuador. Furono dei giocatori molto insidiosi da battere, infatti Rei perse il primo turno e Takao rischiò di perdere l’ultimo, ma per fortuna suo nonno riuscì a farlo ragionare. Max vinse per abbandono del concorrente, senza minimamente capire il motivo per il quale si fosse ritirato a match iniziato, ma a noi andò bene così!
In semifinale la nostra squadra si batté con quella del Brasile. La formazione con il quale scesero in campo fu: Max, che vinse il suo turno; Rei, che vinse facilmente la sua sfida, e Kai, che scese in campo al posto di Takao. Quel testone si era abbuffato così tanto di cibo da sentirsi male e così facendo risultare impossibilitato a combattere. Ma per Kai non fu difficile aggiudicarsi il terzo punto.
La finale fu particolarmente difficile da affrontare. All’inizio il Prof. Kappa, che stava dietro tutte le strategie della squadra insieme a mio nonno, decise di non far scendere in campo Max. Il PPB aveva troppe informazioni sul suo conto e sul tipo di gioco, quindi la nostra paura era che la squadra americana le sfruttasse a loro favore, quindi decidemmo di mandare Kai al suo posto. Anche quest’ultimo la pensava come Kappa. Max però si era sentito escluso, e lo capii in un primo momento, probabilmente anche io avrei reagito così. Se ne andò chissà dove, a riflettere probabilmente, e quando tornò mi era sembrato molto agguerrito, così tanto che riuscì a convincere tutti del fatto che sarebbe riuscito ad aggiudicarsi la vittoria.
E gli credemmo.
Il primo incontro toccò a Takao, che se la vedette contro Steve, un giocatore di Football. Il primo match fu vinto facilmente dal nostro campione, ma nel secondo, il rappresentante statunitense riuscì a sopraffarlo. Per fortuna però, ci aggiudicammo il terzo round e quindi il primo punto per i BladeBreakers.
Nel secondo incontro invece, gli sfidanti furono Rei ed un tizio appassionato di Basket di nome Eddy, che però riuscì a sconfiggere il nostro compagno in tutti e due i round decisivi.
L’ultima sfida fu quella tra Max e Michael, l’idolo e campione della squadra Americana.
Quell’incontro ci tenne tutti con il fiato sospeso, perché eravamo in parità, 1 a 1, e quel match poteva decretare le sorti della nostra squadra. In cuor mio speravo di vincere, così come avevo sperato di vincere la tappa Cinese. Non mi sentivo pronta di abbandonare tutto e tutti così!
Il primo scontro vide vincitore Michael, sotto le imprecazioni del Prof Kappa, ma per fortuna il nostro biondino non si dette per vinto e vinse gli altri due incontri, dichiarando di nuovo vincitori i BladeBreakers.
Esultammo tutti per quella vittoria sofferta, sia per il fatto che avevamo vinto, sia perché Max era riuscito a far vedere a sua madre quanto valesse come Blader! Ero molto felice di quella riunione, se la meritava! Il nostro americano è sempre stato un tipo caparbio.
Anche Kai mi sembrò particolarmente soddisfatto del risultato. Non si era minimamente mosso dalla panchina per festeggiare con noi, ma quando spostai il mio sguardo curioso su di lui per cercare di capire ciò che stava provando, sulle sue labbra scorsi un piccolo sorrisetto soddisfatto.
Ci eravamo finalmente qualificati per l’ultima, decisiva tappa di quel campionato mondiale ricco di soddisfazioni ed emozioni. Eravamo pronti per affrontare le gelide terre ed i gelidi Blader russi!
 
 
 
Quella volta però, differentemente da quanto accaduto in Cina, non tornammo a casa per qualche giorno, ma partimmo direttamente in nave alla volta della Federazione Russa.
Una volta imbarcati, avremmo dovuto navigare per qualche giorno e così il Prof Kappa ci trovò qualcosa da fare…
«Queste sono le vostre schede di allenamento. La nave è provvista di attrezzature all’avanguardia e Beyblade Stadio. Dovete allenarvi se vogliamo avere qualche speranza di qualificarci per la finalissima!»
Pronunciò quelle parole con un’autorità che non avevo mai scorto nel piccoletto. Probabilmente anche lui iniziava a sentire un po’ di tensione, come tutti noi.
In più mio nonno dopo essere saliti non si era più visto. Aveva accompagnato ogni coppia nelle rispettive cabine e si era dileguato. Io ero convinta di dover dividere la stanza con lui, come avevo sempre fatto fino a quel momento, invece mi ero ritrovata a doverla dividere con Kai. Ovviamente non fu volontà di nessuno dei due, semplicemente gli altri quattro si erano già divisi a coppie. Il Prof Kappa volle stare con Takao, perché doveva apportare qualche modifica a Dragoon, che aveva subito qualche danno nella sfida contro Steve, mentre Max e Rei si trovarono automaticamente insieme.
«Se vuoi vado io con Kai», mi disse Rei prima di prendere definitivamente posto. Lui conosceva bene il carattere del nostro compagno, e mi voleva fin troppo bene per lasciarmi da sola con quell’antipatico!
«No, tranquillo, tanto staremo in cabina solamente per la notte», feci spallucce. Tanto mi avrebbe in ogni caso snobbato.
«Come vuoi», mi sorrise Rei furbastro, e capii che forse aveva intuito qualcosa di troppo.
Non volevo perdere l’occasione di rimanere sola con Kai, ma non per qualche motivo strano o perché avessi doppi fini, ma perché forse avrei avuto l’occasione di parlarci e di fargli ricordare qualcosa. Forse stare a contatto con la persona che aveva dimenticato avrebbe fatto bene alla sua memoria.
Ma come avevo previsto, Kai spariva tutto il giorno e riappariva solamente a notte fonda. Spesso non lo sentivo neanche entrare. 
Io invece passavo le giornate con il Prof Kappa, sulle sdraio poste sul ponte della nave. Scoprii che il nostro compagno preferiva passare le giornate all’aria aperta, concentrato sul suo inseparabile pc.
«Soffro il mal di mare!», mi aveva detto il primo giorno, quando verde in volto si era lanciato verso l’uscita. Io lo seguii, non mi andava di lasciarlo solo, inoltre anche io non volevo rimanere da sola. Ogni tanto raggiungevo i ragazzi nella palestra, allenandomi con loro, oppure sfidavo qualcuno a Beyblade. Mi mancava troppo lanciare il mio Star Pegaso.
La quarta sera su quella nave mi stavo rigirando tra le coperte del mio letto singolo, posto dall’altra parte della stanza rispetto a quello dove dormiva Kai. Il suo invece era in una buona posizione, sotto l’oblò dove si potevano vedere le onde del mare infrangersi sulla chiglia in movimento. Mi venne un’idea, e siccome a quell’ora tarda ancora il mio compagno non era rientrato, pensai di sedermi sopra le sue coperte a guardare il panorama fuori. Ero sicura che osservare il movimento del mare mi avrebbe aiutata a conciliare il sonno, invece molti pensieri si erano impossessati della mia mente. Ripensai al campionato mondiale nelle due tappe appena concluse e tutto quello che avevamo vissuto fino a quel momento. Ripensai anche al mio passeggero attaccamento per Rei e alla mancanza e voglia di avvicinarmi di nuovo al mio vecchio amico. Non mi ero ancora del tutto rassegnata al fatto che ad Hiwatari non importasse più nulla di me.
Quando entrò io ero ancora inginocchiata sul suo letto, con i gomiti poggiati nell’incavatura dell’oblò con l’aria assorta. Mi accorsi della sua presenza solo in seguito al rumore della porta che si chiudeva alle sue spalle e mi voltai di botto, quasi spaventata. Non potevo immaginare quale poteva essere la sua reazione nel trovarmi lì, ma la sua espressione non sembrava irata. Nella semi oscurità della stanza il suo viso era rimasto in ombra, ma i suoi occhi ametista scintillavano nella mia direzione. Lo osservai per qualche secondo, prima di decidermi a parlare.
«Mi tolgo subito, volevo guardare il mare per cercare di conciliare il sonno. Non riesco a dormire», dissi tranquillamente, in tono di scuse e lui approfittò per arrivare al centro della stanza.
«Puoi rimanere lì se vuoi. Dormire in quel letto o nell’altro fa poca differenza per me», mi rispose e il suo tono era stranamente tranquillo. Inoltre non disse altro, prese i suoi indumenti per la notte e si chiuse nel bagno, dove rimase per qualche minuto. Quando uscì indossava una normale t-shirt a mezze maniche ed il pantalone di una tuta.
«Kai?», richiamai la sua attenzione quasi senza pensarci. C’erano molte cose che volevo chiedergli o dirli, visto che sembrava più tranquillo degli altri giorni.
Lui però non rispose, alzò solamente gli occhi su di me. Si era già seduto sul mio letto e potevo vederlo perfettamente dalla mia posizione.
«Non sei in pensiero per l’ultima tappa di questo torneo? Oppure emozionato…»
«Dovrei?»
Lui alzò un sopracciglio, lo notai perché il suo viso era illuminato dai raggi della luna. Era il mio ad essere rimasto un po’ in penombra, e quello mi dava una certa sicurezza.
«Non lo so…Tua madre non è russa? Non sarà un po’ come tornare alle origini?», feci spallucce, senza però distogliere la mia attenzione da lui, che indurì un po’ l’espressione.
«Quello che provo o penso sono cose che non ti devono interessare. Per me non fa alcuna differenza in quale paese approderemo, sono pronto ad affrontare i miei avversarsi anche in capo al mondo», mi rispose con la sua solita freddezza. Mi ero illusa di parlare con lui civilmente, ma mi sbagliavo. In più si era già coricato sotto le coperte, segno che per lui il discorso era chiuso lì. Ma io sapevo per certo che mi stava semplicemente ignorando, non poteva essersi già addormentato.
Lo imitai, sprofondando sotto le coperte dove aveva dormito lui fino al giorno prima e il profumo che aveva lasciato sul cuscino inebriò le mie narici e mi fece battere il cuore all’impazzata. Mi voltai nella sua direzione, così da potergli parlare in modo che mi sentisse, e proferii la prima cosa che mi venne in mente. Avrei potuto dirgli molte, molte cose, ma mi sentii di dire solo quella. E sperai che il messaggio penetrasse nel suo animo.
«Dranzer lo avevamo costruito insieme»
Ma ovviamente non mi rispose e non si mosse. Dalla mia posizione non potevo vedere nemmeno da quale parte era voltato il suo volto e capendo che tanto le mie erano state solo parole al vento, mi voltai dall’altra parte con un sospiro e mi addormentai assaporando il suo profumo.
Fine capitolo 17
 
 
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Colei che scrive:
Ma ben trovati! Ve lo avevo detto che non vi avrei fatto penare troppo l’aggiornamento ehehe che dire, iniziamo ad entrare nel vivo della storia! Mi soffermerò leggermente sulla tappa Europea, ho in mente qualche scontro tra Saya e Kai… insomma, se quei due non litigano non sono in pace con me stessa U.U xD e ci serve un avvicinamento/scontro prima del campionato Russo. Ovviamente seguirò gli avvenimenti dell’anime, anche se per fini di trama qualche leggero cambiamento forse ci sarà man mano che si andrà avanti. Nulla di catastrofico, in fondo la storia è narrata dalla protagonista.
Che dire, penso di aver detto tutto. Spero che vi sia piaciuto anche questo capitolo!
Alla prossimaa!!
  
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