Libri > Harry Potter
Ricorda la storia  |      
Autore: Nina Ninetta    07/05/2020    9 recensioni
Draco Malfoy è stato incaricato di uccidere Albus Silente, ma schierarsi con il Signore Oscuro è davvero la cosa giusta da fare? L'unico modo che ha di scoprirlo è viaggiare nel tempo e la sola persona in possesso di una GiraTempo è Hermione Granger. Il futuro tuttavia lo sconvolge: sebbene Voldemort abbia vinto, la sua vita non è idilliaca come se la immaginava...
Dal testo:
"Quando il mondo che ti circonda è talmente arido, anche il più piccolo gesto può trasformarsi nel più grande atto d'amore".
Nona classificata al contest "Una crociata per la Dramione IC" indetto da BessieB sul forum di Efp".
Seconda classificata al Contest "Butterfly Effect" indetto da _Vintage_ sul forum di EFP
Nona classificata al contest di Marika Ciarrocchi/Angel Cruelty sul forum di EFP
Decima classificata al contest "Il Citazionista 3" di SherylHolmes, ma valutata da fantaysytrash sul forum di EFP
Genere: Angst, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger, Severus Piton, Tiger e Goyle | Coppie: Draco/Hermione
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
La casa d’erba
 
 

“Se solo potessimo vedere
l'infinita catene di conseguenze
derivanti da ogni nostro
singolo gesto"

Cercando Alaska, J. Green



 
 
Il ticchettio dei tacchi rimbombava nel lungo e deserto corridoio di Hogwarts. Era mezzanotte passata ed Hermione già pregustava il momento in cui avrebbe potuto togliersi quelle dannate scarpe, alte e scomode. Più volte fu sul punto di inciampare nell’abito svolazzante che le arrivava alle caviglie, rischiando a ogni passo di incespicare nei suoi stessi piedi. Anche l’acconciatura – troppo tirata – iniziava a dolerle sul cuoio capelluto. Si sentiva stupida così agghindata, aveva accettato l’invito di Mclaggen di presenziare insieme alla festicciola organizzata dal professor Lumacorno solo per far ingelosire quel zuccone di Ron. Invece si era ritrovata a dover tenere a bada quell’infervorato e alla fine, stanca e demoralizzata, era sgusciata via dal party – fallimentare sotto vari aspetti.
Calde lacrime bruciavano agli angoli degli occhi, ma non era ancora il momento di lasciarsi sopraffare dall’autocommiserazione. Prima doveva essere certa di stare lontana da eventuali occhi indiscreti, nella sua camera, con la testa nascosta sotto le coperte e finalmente libera da quell’armamentario ingombrante: abito, scarpe, acconciatura, sentimenti.
 
Stupida. Stupida. Stupida.
 
Si ripeteva nella mente, simile a un mantra, poi dall’angolo in fondo vide sbucare Draco Malfoy.
Hermione Granger si arrestò di colpo, il cuore fece un tonfo nel vuoto. Non avrebbe dovuto provare quel terrore infondato, si trovava a Hogwarts, Malfoy era uno studente come altri. Al massimo l’avrebbe offesa come al solito, magari gli avrebbe risposto a tono e ognuno per la sua strada. Invece, quando lui avanzò estraendo la bacchetta dalla tasca, con un’espressione battagliera, l’istinto le gridò con tutte le forze di evitarlo.
 
Scappa.
 
Hermione girò i tacchi, poteva rifugiarsi alla festa, non era così distante, lì ci sarebbero stati Harry e Ginny. Già, Ginny, perché diamine non le aveva chiesto di accompagnarla, avrebbe acconsentito di sicuro.
Nel voltarsi però si rese conto di non avere scampo: Goyle e Tiger erano già dietro di lei, a sbarrarle la strada, le bacchette sfoderate.
«La stanza del professor Lumacorno è qui vicino, basta che urli per farlo accorrere» si ritrovò a dire, sperando di sgominare qualsiasi fosse il piano che avevano in mente quei tre.
 
Spaventarti. Pensò. Vogliono solo farti paura.
 
«Prendetela» ordinò Draco alle sue spalle e un attimo dopo era distesa a faccia in giù sul pavimento freddo e duro, catene magiche le legavano polsi e caviglie. I mocassini di Draco si fermarono a un centimetro dal suo naso, con fatica tentò di guardarlo in faccia quando lui si chinò sulle ginocchia.
«Ti do l’ultima possibilità Malfoy di lasciarmi andare, prima che io-».
«Silencio!» Invocò il mago di Serpeverde con un movimento deciso della bacchetta. «Parli sempre troppo Sanguesporco, sei fastidiosa». Si rialzò, ignorando i mugugni della ragazza. «Tiger, Goyle, andiamo».
I due ragazzi si rimboccarono le maniche e tirarono su la giovane, Goyle se la sistemò su una spalla, nonostante lei si dimenasse, poi tutti e tre, con Draco Malfoy un passo avanti, s’incamminarono lungo il corridoio. Hermione Granger pregò fino all’ultimo che qualcuno sbucasse all’improvviso, chiunque, anche Mclaggen, ma ciò non accadde e le lacrime, trattenute e riservate a Ron, cominciarono a venire giù, incontrollate.
 
La porta della Stanza delle Necessità comparve sul muro, dal nulla, quando i tre amici la oltrepassarono – portando con sé Hermione – si richiuse silenziosa alle loro spalle e sparì, celandoli al mondo. Senza troppi complimenti Goyle sistemò la ragazza sul pavimento, intanto che Draco si accomodava su una vecchia poltrona che aveva l’aria di essere lì da una vita. Tiger e Goyle si posizionarono al suo canto, simili a guardie del corpo. Hermione si sforzò di stare con la schiena dritta, sistemandosi meglio che poteva, le gambe di lato e la testa alta. Voleva fissarli negli occhi, non avrebbe permesso alla paura di prendere il sopravvento sulla dignità, sebbene avesse il volto rigato di lacrime.
«Vedi Granger, potremmo risolvere questa spiacevole situazione in men che non si dica» esordì Draco. Si atteggiava a grande capo, eppure le occhiaie profonde e i solchi nel viso suggerivano un altro stato d’animo. «Dipende tutto dalla tua collaborazione» si sporse in avanti, gli occhi argentati puntati in quelli arrossati e umidi di lei. «Hai una cosa che desidero e che mi prenderò, vuoi o non vuoi. Meglio essere collaborativi fin da subito, non credi?».
Hermione scosse il capo. Oltre all’amicizia e ai segreti che Harry Potter condivideva con lei, non riusciva a trovare niente in suo possesso che Draco potesse bramare.
«So per certo che hai una GiraTempo. La voglio».
Hermione agitò il capo con maggiore enfasi, fingendo meraviglia per quella richiesta. Era troppo nervosa per riflettere in maniera lucida, di una cosa però era certa: un oggetto così potente in mano a Malfoy era una bomba a orologeria. Di sicuro era Voldemort a pretenderla. A cosa gli serviva? Tornare indietro nel tempo per quale scopo? Magari uccidere Silente o lo stesso Potter? No, non poteva permettere che Draco Malfoy ne entrasse in possesso.
«Ti toglierò l’impossibilità di parlare, mi dirai dove la tieni nascosta e poi sarai libera di tornare dai tuoi patetici amici». Appena l’incantesimo fu spezzato Hermione disse che non sapeva neanche a cosa si riferisse.
«Non prendermi in giro, Granger!» Urlò Draco balzando in piedi e lanciando una scarica di magia che colpì alcuni vecchi oggetti alle spalle della ragazza, la quale strizzò le palpebre per lo spavento:
«Te lo giuro, non so di cosa tu stia parlando». Con uno scatto il giovane Malfoy le fu di fronte, l’afferrò per i capelli tirandole indietro la testa:
«Mi serve e tu sei l’unica che può farmela avere. Attenta sporca babbana, stai giocando col fuoco» ringhiò.
Hermione conosceva Draco Malfoy da diverso tempo ormai, lo aveva già visto arrabbiato, ma in quel momento le parve fuori di sé, indemoniato. Gli occhi iniettati di sangue e il colorito grigiastro.
«A cosa ti serve? Vuoi tornare indietro nel tempo per rimediare ai tuoi errori?».
Draco digrignò i denti, intensificò la morsa sui capelli, l’acconciatura disfatta, alcuni riccioli le ricadevano ai lati del volto.
«Credi che sia uno scherzo, Granger? Credi che sia un capriccio il mio?» Le tirò ancor di più la testa indietro, troneggiava in forza, fisico e cattiveria. «Dov’è la GiraTempo?».
«Non ce l’ho».
«Bene.» Draco finalmente si allontanò dandole le spalle. «Lo sai vero che puoi urlare quanto vuoi, ma qui dentro non ti sentirà nessuno?».
Stavolta Hermione provò una paura viscerale, sgranò gli occhi castani, le lacrime ripresero a scendere; lo supplicò di crederle, lei non sapeva niente di quell’affare.
«Perquisitela» disse Draco rivolto a Tiger e Goyle, sembrava stremato mentre crollava pesantemente nella poltrona troppo grande per il suo corpo smagrito e reso ancora più pallido dal vestito nero.
Hermione Granger tentò di ritrarsi osservando quei due avvicinarsi con fare beffardo: se la ridevano già. Urlò di non toccarla, non aveva la GiraTempo, li minacciò di farli espellere dalla scuola, il preside, la McGranitt - per fino Piton - li avrebbero sbattuti fuori. Goyle le girò intorno e afferrandola per gli avambracci la issò senza sforzi, era leggera e più esile di quello che sembrava. La tenne così, immobilizzandola ulteriormente come se le catene non bastassero, mentre Tiger le infilava le mani sotto l’abito partendo dal polpaccio destro, salendo piano, ora il ginocchio, la coscia…
Hermione strillava e piangeva, scuoteva il capo pregandoli di lasciarla stare. Di non farle del male, non avrebbe detto nulla a nessuno, lo giurava su sé stessa:
«Per favore. Per favore!» Accidenti a lei e a quando aveva chiesto alla professoressa McGranitt di intercedere presso il preside per farle riavere la GiraTempo, solo per quell’anno scolastico. Le materie erano tante e complicate, inoltre il fidanzamento di Ron l’aveva prosciugata di ogni interesse rendendola pigra. Con un viaggetto nel tempo avrebbe potuto recuperare un paio d’ore di lezione e studio…
Attraverso la vista offuscata dalle lacrime, calde, copiose e salate, intravedeva Draco sprofondato nella poltrona, la testa sorretta dal palmo destro, gli occhi chiusi, la gamba mancina che andava su e giù nervosamente. Lo implorò di dire ai suoi di smetterla, avrebbe potuto sopportare tutto, anche una Maledizione Cruciatus, ma non quell’umiliazione.
«Dannazione Tiger!» Malfoy si alzò di scatto e tirò indietro l’amico afferrandolo per una spalla. «Questa è violenza carnale, devi essere proprio disperato per toccare così una Sanguesporco».
Goyle ridacchiò; Hermione continuava a singhiozzare in maniera convulsa. Soppesò seriamente l’idea di dargli la GiraTempo, tanto prima o poi l’avrebbero trovata e fino ad allora chissà cosa avrebbe dovuto sopportare ancora. Invece Draco le si piazzò davanti, l’espressione seria e afflitta, sguardo perso e ferrigno fisso su di lei, stremato da un male invisibile. Pareva senza anima, svuotato alla stregua di un recipiente.
«Ti prego Malfoy, io non ho quello che cerchi» disse, non poteva permettere che la trovasse, fin quando ne aveva le forze doveva tentare di persuaderlo.
«Accio!» Recitò Draco e ovviamente la GiraTempo venne fuori. Hermione chiuse gli occhi, voltando il viso di lato, temendo l’ira del giovane Serpeverde per essere stato preso in giro.
La catenina color oro che teneva al collo lentamente sbucò dal proprio nascondiglio: la scollatura dell’abito. Un ciondolo di forma ovale, con una clessidra al centro, volteggiò nell’aria, rimanendo sospeso fra i loro volti.
«Sai cosa detesto di te, Granger? Il fatto che non sai mai quando è il momento di arrendersi.» Draco tenne il ciondolo fra le dita, sebbene fosse ancora legato alla collana intorno al collo di Hermione.
«Malfoy ascoltami! Non puoi darla a Tu-Sai-Chi, è un oggetto troppo pericoloso».
«E chi ha detto che voglio darla a lui?».
La Granger aggrottò la fronte, aveva smesso di piagnucolare. Se non gli era stato ordinato di recuperarla per il Signore Oscuro, allora a cosa gli serviva una GiraTempo? Mentre mille pensieri le attraversavano la mente, improvvisamente vigile dopo il terrore che l’aveva attanagliata pocanzi, vide Draco girare in senso orario la levetta del ciondolo e la clessidra roteò su sé stessa più e più volte.
«No Draco, fermo, non farlo!» Esclamò Hermione, ma era troppo tardi.
Le cose intorno a loro si mossero in fretta, videro grandi fuochi, maghi e Mangiamorte che combattevano e morivano. Urla, suppliche, pianti e schianti. Poi il mondo si arrestò, sospeso.
 
In un primo momento parve che nulla fosse cambiato. La Stanza delle Necessità era perfettamente identica a quella in cui si trovavano, eppure Tiger e Goyle non c’erano più.
Hermione Granger non era più legata, il salto temporale aveva annullato l’effetto dell’incantesimo. Tirò via dalle mani di Draco la GiraTempo e gli diede dell’idiota:
«Cosa pensavi di fare?» Aggiunse, apparentemente non sembrava mutato nulla e per un attimo si convinse che l’aggeggio non avesse funzionato.
«Ho bisogno di sapere se quello che sto per fare è la cosa giusta» rispose il ragazzo. «Ma tu non dovresti essere qui».
«Se ho la GiraTempo addosso è ovvio che io sia qui! Cosa stai per fare?».
Draco non rispose, s’incamminò verso l’uscita della stanza. Hermione lo seguì.
«Quanto tempo abbiamo?» Chiese lui.
«Non lo so».
«Sempre indispensabile, eh Granger?!».
«Non ho mai usato la GiraTempo per viaggiare nel futuro».
La porta si aprì con un cigolio che riecheggiò troppo forte nell’ambiente deserto. Anche la Scuola di Magia sembrava essere rimasta la stessa. Ciò nonostante, oltre al silenzio surreale, c’era qualcosa che li portava a stare sul chi va là! Avanzarono lungo il corridoio desolato, Draco un passo avanti.
«Non ci sono più quadri» bisbigliò lei, poi udirono delle voci, erano lontane. D’istinto corsero verso il bagno e si nascosero al suo interno, aspettando che i due andassero oltre. Li osservarono dalla porta appena schiusa, erano vestiti di nero, con lunghi mantelli e un cappuccio calato sul capo. Mangiamorte.
«Per Merlino!» Sospirò Hermione. Se i Mangiamorte erano a Hogwarts poteva significare solo una cosa: Voldemort aveva vinto.
Draco fece per uscire dalla toilette, ma lei lo trattenne per le spalle facendolo cozzare contro la parete. Lui protestò e tentò di divincolarsi, ma Hermione gli schiacciò la punta della bacchetta appena sotto al mento.
«Fermo! Ti ho già dato un pugno una volta, non credere che non lo rifaccia» affermò. «Adesso mi dici perché siamo qui».
Malfoy sbuffò:
«Ho bisogno di sapere se sto facendo la cosa giusta, te l’ho detto, sei sorda?».
«Ma cosa? Cosa devi fare?».
«Schierarmi con Tu-Sai-Chi.» Non poteva confessarle tutta la verità, ossia che il suo compito era uccidere Albus Silente, il mago più potente di tutti e nel frattempo consentire a sua zia Bellatrix e altri adepti di entrare a Hogwarts.
Hermione abbassò l’arma e indietreggiò:
«Non c’è bisogno di sapere cosa succederà. Puoi decidere di non farlo e basta».
Draco la oltrepassò dandole di proposito una spallata che per poco non le fece perdere l’equilibrio:
«Cosa ne vuoi sapere tu» così dicendo aprì la porta e uscì nel corridoio, purtroppo non più deserto.
I due Mangiamorte non erano andati oltre, se ne stavano qualche metro più in là a chiacchierare. Draco li vide in faccia e li riconobbe: erano il signor Nott e Gibbon, due che frequentavano Villa Manor di recente e spesso.
«Draco Malfoy?» Disse uno di loro effettuando un passo in avanti.
«Corri Granger, corri!».
I ragazzi scapparono, i due uomini furono subito dietro di loro lanciando incantesimi di schianto che a malapena riuscivano a evitare. Senza fermarsi voltarono l’angolo a destra, ma proprio qui Gibbon li stava attendendo, Nott arrivò a rimorchio.
«Fine della corsa» gracchiò.
 
Disarmati e incatenati furono condotti nella presidenza. Anche questa non era mutata di una virgola, se si esclude il fatto che non c’erano più i quadri degli ex presidi di Hogwarts appesi al muro. L’imponente poltrona dietro la scrivania dava loro le spalle, ma non era difficile riconoscere chi vi sedeva.
«Preside Piton, abbiamo trovato il figlio di Lucius che si aggirava per i corridoi in compagnia di una signorina» Gibbon ridacchiò.
«Andate» disse solo il predise.
«Ma Severus, forse dovremmo accettarci che non si tratti di un incantesimo o una pozione Polisucco» consigliò Nott.
«Andate ho detto!».
I Mangiamorte annuirono lasciando la presidenza. Severus Piton si voltò verso i due studenti, era lo stesso di sempre, solo più vecchio e dai lineamenti incattiviti.
«Interessante» si alzò per osservarli da vicino. «Revelio!» Invocò, ma l’aspetto dei ragazzi non mutò. «Tu non puoi essere tu…» affermò studiando in particolare Hermione dalla testa ai piedi, gli occhi ridotti a due fessure. «… E tu… chi siete?».
Draco ed Hermione si scambiarono un’occhiata, lei scosse il capo, non potevano rivelargli la verità, non potevano fidarsi di Severus Piton.
 
Piton preside? Si chiese la maga. Silente allora… dov’è?
 
«Siamo venuti dal passato» confessò Draco e subito ebbe l’attenzione di Piton che incredulo ancora fissava Hermione. «Professore, devo sapere se ho fatto la cosa giusta…» Malfoy fece un passo in avanti, ovviamente la Granger non poteva saperlo, ma incontrare Piton era stata una vera fortuna dal momento che lui era il solo a conoscenza della sua missione.
Severus li studiò a lungo, soppesando le decine di idee, poi li liberò dalle catene magiche e riconsegnò loro le rispettive bacchette. I due giovani maghi lo fissarono incerti.
«Come mai voi due siete insieme?».
«È una lunga storia» semplificò Draco beccandosi un’occhiata torva da parte di Hermione.
«Hai due possibilità Malfoy» il tono di voce di Piton era cambiato, più greve del solito. «O te ne torni dritto nel passato oppure vedi ciò che è stato».
«Torniamo indietro» quasi lo supplicò Hermione tirandolo per la manica della giacca scura. Non voleva conoscere il futuro, lo temeva, quel poco che aveva avuto modo di constatare non le piaceva. Il preside Piton, dal canto suo, sapeva che quella sarebbe stata molto probabilmente l’unica occasione che avevano di cambiare le cose, tuttavia non spettava a lui fare quella scelta.
«Allora?» Sollecitò Draco a rispondere.
«Voglio sapere» decise il giovane.
Hermione socchiuse gli occhi, una brutta sensazione si diradò per tutto il corpo, simile a veleno.
«Come vuoi.» Severus afferrò entrambi per le braccia e insieme si smaterializzarono.
 
Si ritrovarono in una sorta di radura, tutto intorno solo alberi e vegetazione incolta. Il sottobosco era così umido e buio che non c’erano né uccelli né altri essere viventi, eccetto loro tre.
«Veloci» li incalzò Piton muovendosi con agilità, il lungo mantello nero ondeggiava sinuoso. Draco gli fu subito dietro, la bacchetta a portata di mano.
«Dobbiamo andarcene» Hermione si tirò su i lembi del lungo abito che aveva indossato per la festa privata di Lumacorno, una vita fa. «Malfoy» lo strattonò per la giacca scura, lui la guardò seccato e proseguì per stare al passo del preside.
«Professore, in che anno siamo?».
«Non ora Malfoy, non qui» fu la risposta enigmatica e sbrigativa di Severus. Dopo diversi metri si fermò di fronte a una folta concentrazione di alberi secolari, un intreccio complicato di rami e foglie.
«Rivelio!» sussurro Piton agitando la punta della bacchetta. I rami si ritirarono, il fogliame si diradò, rivelando una piccola casa ricoperta da edera e rampicanti.
«La Casa d’Erba» la presentò l’uomo, voltandosi indietro per guardare i suoi ex alunni negli occhi. Hermione indietreggiò, Draco intensificò la presa sull’arma. «Ciò che scoprirete vi turberà. Cercate di non andare fuori di testa» Severus Piton rimase immobile, ancora combattuto per quello che stava per fare, consapevole però che un’altra occasione come quella non si sarebbe mai più presentata. Diede loro le spalle ed entrò nella casa ricoperta di flora, i due ragazzi lo seguirono, il cuore impazzito nel petto e una malsana curiosità nell’anima.
La casa era effettivamente piccola, composta di sole due stanze: la prima era una specie di camera da letto, la seconda una cucina. Hermione studiò con l’attenzione che la caratterizzava l’ambiente: posto contro la parete di fronte c’era un letto a una piazza, lì vicino un comodino bucherellato dalle tarme e una toeletta nell’angolo in alto a sinistra. Avanzò di un paio di passi, sul letto giacevano una coperta logora di lana e un cuscino ricoperto da una fodera che una volta doveva essere stata di candido cotone bianco.
Intanto Piton si era affacciato nella stanza adiacente, Draco gli era dietro.
«Granger» chiamò il preside ed Hermione si voltò verso il professore, ma si ritrovò a fissare la perfetta copia di sé. Avanzò su gambe molli, urtò un vecchio mobile e il piccolo vaso contenente un fiore azzurro si rovesciò. Draco Malfoy teneva gli occhi bassi, facendoli rimbalzare da una Granger all’altra. In tempi normali avrebbe affermato con una battuta sarcastica che due Hermione Granger erano una tragedia, peccato che non c’era nulla di divertente in tutto ciò. La giovane maga si avvicinò un altro po’ alla sé stessa del futuro, si coprì la bocca con una mano, alcune lacrime vennero giù.
«Ti ha dato di volta il cervello, Severus?!» Esclamò l’altra Granger, asciugandosi le mani sul consunto grembiule che indossava. Era giovane, la pelle liscia e la voce alta, ferma, i capelli lunghi oltre le spalle erano trattenuti da un paio di forcine ai lati del volto. Eppure c’era qualcosa di diverso, nello sguardo forse, nel tono della voce, nell’impertinenza con la quale si era rivolta al preside Piton.
Soprattutto era incinta.
«Possono aiutarci Granger, possiamo cambiare il passato» disse Severus con un’enfasi che non gli apparteneva.
«Granger!» Esclamò Draco.
Hermione era svenuta.
 
Quando risollevo le palpebre si ritrovò a fissare i suoi stessi occhi castano/verde, l’altra sé le detergeva la fronte con un panno umido. Severus Piton e Draco Malfoy erano seduti al tavolo della cucina, l’uno di fronte all’altro, discutevano a voce bassa.
«Stai meglio?» Le chiese la futura sé.
«S-si» la giovane Hermione si mise seduta, osservò l’altra di soppiatto, imbarazzata. Non poteva avere molti anni in più, ma era evidente che gli eventi ai quali aveva dovuto far fronte l’avevano indurita nell’aspetto e nello spirito. Della dolce ragazzina che arrossiva a ogni minimo complimento non ve ne era rimasta traccia.
«In che anno siamo?» Le chiese.
«Indossi l’abito della festa di Lumacorno. Direi che sono trascorsi circa tre o quattro anni. Non di più. Per Merlino, che festa noiosa!» L’aiutò a rimettersi in piedi. «Vieni, dobbiamo parlare. Visto che siete qui, forse potrete cambiare il futuro e almeno tu eviteresti di finire in questa topaia».
La Granger più giovane si sedette al fianco di Draco Malfoy, l’altra adagiò al centro del tavolo una teiera e quattro tazze sbeccate, quindi si accomodò pure lei, una mano sulla schiena e una sulla pancia prominente. Sia Hermione che Draco fissarono il suo addome e quando lei li notò distolsero lo sguardo, a disagio.
«Hai detto di essere qui per conoscere il futuro e sapere se stai facendo la scelta giusta» cominciò Piton rivolgendosi in particolare a Draco. Hermione, quella del futuro, fece un verso di stizza:
«E quando mai avresti fatto una cosa giusta nella tua vita?».
«Granger, per favore!» Piton la richiamò e lei tacque.
«Cos’è accaduto?» Domandò Draco.
«Vuoi davvero sapere cos’è successo, Malfoy? Vuoi che te lo racconti?» Proruppe la Granger più anziana. «Te lo dirò cosa è successo, altroché se te lo racconterò. Tutto, ti dirò ogni cosa. Tutte le porcate e le violenze e le cose indicibili che voi Mangiamorte avete combinato. Ogni cosa!» Nel parlare si era alzata in piedi battendo una mano sul tavolo.
Hermione – la giovane – era sbalordita. Quella donna alterata, sprezzante e aspra non poteva essere lei. Inoltre era incinta. Di chi? Lì non vedeva nessuno oltre al professor Piton…
«Non è colpa mia!» Tentò di giustificarsi Draco, gli occhi bassi. Cosa poteva essere accaduto di tanto raccapricciante?
«Harry è vivo?» Domandò all’improvviso la più giovane delle due maghe. L’altra tornò a sedersi.
«No».
«E Ron?».
«Neanche».
L’indifferenza e il distacco emotivo con i quali aveva espresso quelle risposte la terrorizzò ancor più delle risposte stesse. Di nuovo le lacrime bruciarono agli angoli degli occhi.
«Cosa possiamo fare per evitare tutto questo?».
Draco Malfoy esaminò la ragazza seduta al suo canto: i capelli scomposti fuori dall’acconciatura laterale, un lungo abito elegante di un rosa pallido, scarpe col tacco e una nuova determinazione dipinta sul volto. Adesso era lei quella intenzionata a mutare il futuro? Odiava quella ragazza, non perché fosse una Sanguesporco, non solo perché era l’amica del cuore di Harry Potter, ma soprattutto perché intuiva sempre la cosa giusta da fare. Anche ora, che si era ritrovata catapultata in un mondo con una futuro triste e inimmaginabile, coinvolta in un’avventura che non le apparteneva, dopo essere stata umiliata e spaventata da tre Serpeverde grossi il doppio di lei, la volontà e il coraggio non le erano mai venuti meno.
Detestabile.
«Ormai vi è chiaro che il Signore Oscuro ha vinto al guerra» cominciò Piton. «Harry Potter è stato sconfitto, ucciso. Con l’unico in grado di fronteggiarlo fuori gioco, capirete che l’intero mondo magico è passato dalla parte di Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato. Coloro che si sono opposti sono stati ammazzati».
«O peggio…» intervenne Hermione – la grande – chiudendosi nel proprio abbraccio, lo sguardo fisso nel vuoto.
«Con gli altri professori abbiamo cercato di proteggere e nascondere quanti più studenti possibili. Ma sono davvero pochi quelli in salvo, si possono contare sulle dita delle mani» continuò il preside.
Hermione e Draco rabbrividirono.
«Io sono tra questi» aggiunse la Granger del futuro.
«Cosa è accaduto a Ron?» Volle sapere la più giovane delle due.
«Morto di stenti e Cruciatus» fu la cruda verità.
«E i Weasley?».
«Non siete qui per sapere cosa è accaduto a ciascuno dei vostri vecchi amici» disse Piton. «Ma per evitare che ciò accada. C’è un momento preciso in cui le cose possono cambiare, devi tenerlo bene a mente Draco, perché riguarda te in prima persona. Non devi dimenticarlo mai!».
Draco Malfoy provò un moto di paura. E se non avesse voluto cambiare il futuro? Se la vittoria di Lord Voldemort avesse giovato lui e la sua famiglia? Sacrificare il bene proprio per uno più grande?
Perché?
Per chi?
«Granger…» Piton invitò la ragazza del suo tempo a spiegare.
«Io, Ron e Harry saremo catturati e portati al Manor. Harry avrà il viso deturpato a causa di un mio incantesimo, lanciatogli addosso per evitare che venisse identificato. Chi lo sa bene non può non riconoscerlo, inoltre con lui ci siamo io e Ron, gli amici di sempre.» La maga del futuro si rivolse a Draco, parlando piano. «Verrai chiamato da tua zia Bellatrix per riconoscere Harry. A quel punto dipenderà tutto da te: se dirai che è effettivamente Harry Potter lui verrà ucciso, ma se dirai che non è lui il futuro cambierà. Hai capito?».
Draco non rispose, pensieri gli frullavano nella mente.
«Hai capito Malfoy o hai bisogno di un disegnino?».
«Ho capito Granger, non sono ritardato!».
«Dici?!» Sghignazzò Hermione, mentre lo vedeva diventare rosso in volto e stringere i pugni. Non aveva il coraggio di risponderle a tono perché quella nuova versione lo intimidiva.
«E tu come hai fatto a salvarti?» Le chiese poi incuriosito e cinico. «I tuoi amici sono morti, tu come mai sei viva e vegeta?».
«Ti dispiace, eh Malfoy?» La nuova Hermione aveva un timbro di voce che non le era mai appartenuto: era malizioso.
«È stata la McGranitt» intervenne Piton. «Quando sono stato eletto preside di Hogwarts, io e Minerva ci siamo incontrati di nascosto e mi ha supplicato di salvare quanti più studenti possibili. In particolare sapeva di Hermione Granger, incarcerata ad Azkaban. Mi disse che, essendo amica di Harry Potter, le sarebbe toccato il destino peggiore, perciò me lo chiedeva come piacere personale. Trovai la Granger ormai ridotta a un mucchietto d’ossa. In qualità di preside di Hogwarts e braccio destro di Voldemort, ordinai che fosse liberata. Voldemort aveva cose più urgenti a cui pensare che a una giovane maga in fin di vita. Così la portai qui, alla Casa d’Erba, dove sarebbe stata al sicuro.» Severus guardò la sua Hermione come si farebbe con una figlia, lei contraccambiò senza lasciar trapelare emozioni. «Purtroppo, ben presto, mi resi conto che non potevo restare con lei tutto il tempo, avevo bisogno di qualcuno che mi sostituisse…» volse l’attenzione sul figlio di Lucius. Draco s’irrigidì. «Mi dovevi un piacere.» Ovviamente il ragazzo non poteva sapere a quale piacere si riferisse il suo professore, ma l’avrebbe scoperto presto…
La Granger del futuro si alzò, la pancia sporgente incombeva come un giudizio atteso e temuto. Disse:
«Dovete andarvene. Avete ottenuto ciò che volevate, adesso sapete come e quando cambiare il futuro. Inoltre, non voglio che Draco vi veda, non so come reagirebbe.» Guardò Piton. «Lui non è me».
«Hai ragione» il preside si mise in piedi e i suoi ex alunni lo imitarono.
«Ma ho ancora tante domande da fare» si lamentò Malfoy.
«Sapete tutto ciò di cui avete bisogno. Il resto è irrilevante» rispose secca Hermione, riprendendo a lavare le pentole nel lavabo.
«Non è vero! E poi voglio incontrare il me del futuro!»  
«No! Ve ne dovete andare. Punto!» Urlò Granger.
«Perché non posso vederlo?».
«Perché ho deciso così!».
Si fissarono negli occhi, passato e futuro a confronto, sembrava una scena vista e rivista decine di volte, eppure completamente diversa.
«Accidenti, sei pure peggio della Granger bisbetica che conosco io» la schernì, poi Piton lo tirò indietro. Hermione pareva un vulcano pronto ad esplodere.
«È meglio che andiate» disse l’uomo, accompagnando il mago di Serpeverde fuori con sé.
La giovane Hermione temporeggiò ancora qualche minuto, la domanda più ovvia sulla punta della lingua. La donna che le dava le spalle poteva essere lei nell’aspetto, ma pareva un’altra persona.
 
Cosa ci è successo, Hermione?      
 
«Non lo vuoi sapere veramente» disse all’improvviso la più anziana delle due, prevedendo la domanda che comunque arrivò.
«Di chi è il bambino?».
«Le uniche due persone che vedo da qualche tempo a questa parte sono Piton e Draco. Secondo te di chi è?» Non voleva essere così dura con la giovane sé stessa. L’unico problema da affrontare a quei tempi era la storia fra Ron e Lavanda, non avrebbe retto una notizia simile. Ma ormai era tardi, glielo aveva detto.
«Lo ami?».
Ecco, quella era una domanda che la maga più anziana non si era aspettata. Si compiacque di essere stata sempre così spigliata.
«Quando il mondo che ti circonda è talmente arido, anche il più piccolo gesto può trasformarsi nel più grande atto d’amore».
Si guardarono negli occhi, l’una il riflesso dell’altra, poi la maggiore delle due le chiese di prestarle la bacchetta – la sua gli era stata portata via dai Mangiamorte e Piton non era riuscito a fargliela riavere -, si portò la punta alla tempia e ne estrasse un lungo filo argentato che rinchiuse in un barattolo di vetro. Glielo porse e con lui l’arma magica. Era stato bello risentire la magia della bacchetta che tornava a scorrerle nelle vene.
«Qui ci sono tutte le risposte alle tue domande. Guardalo se vuoi, oppure non farlo. So che comunque farai la scelta giusta.» Inaspettatamente l’abbracciò e le lasciò un bacio sulla guancia. «Non è tanto la Casa d’Erba, quanto la mancanza di Ron e Harry. Salvali giovane Hermione, salvali almeno tu».
 
Draco Malfoy lasciò che Hermione Granger gli passasse la catenina della GiraTempo intorno al collo per esserne avvolti entrambi, poi la osservò girare la manopola del ciondolo in senso antiorario e dopo aver vissuto a ritroso ciò che avevano visto nel viaggio d’andata, si ritrovarono nella Stanza delle Necessità, dove tutto era cominciato, loro due da soli. Si guardarono, perplessi, poi lui distolse lo sguardo mentre lei si allungava per riprendersi la collana. Draco notò il barattolo contenente il ricordo.
«Che cos’è?» Chiese e lei glielo disse. «Hai intenzione di vederlo?».
«Non lo so ancora» rispose Hermione, ma proprio in quell’istante comparve davanti a loro un Pensatoio. La Stanza aveva compreso il desiderio della maga ancor prima che lo facesse lei.
Rimasero in silenzio, poi le comunicò:
«Se lo guardi tu, lo guardo anche io» e sebbene lei conoscesse una parte di quello che conteneva il ricordo, non obiettò. In fondo riguardava anche lui. Si accostarono alla bacinella, Hermione vi lasciò cadere il ricordo denso come inchiostro. Quindi immersero la testa.
 

 
Ombre sbiadite prendono forma. Piton è davanti alla porta di una cella, si sentono urla e maledizioni. In un angolo c’è una figura raggomitolata su sé stessa, un cucciolo bastonato. Quando le si avvicina Hermione lo guarda, ma in realtà non lo vede.
«Lei viene con me» dice Severus. La guardia carceraria pare contrariata. «Io sono Severus Piton, preside di Hogwarts e consigliere personale del Signore Oscuro. Hai qualcosa in contrario?».
 

***

 
Hermione apre gli occhi. Tutto è immerso nella penombra. Qualcuno urla, dice che non ne vuole sapere niente, che muoia pure quella lurida Sanguesporco amica di Potter!
«Ho ammazzato Silente al posto tuo, ricordi? Mi devi un favore e ti prenderai cura di lei quando io non potrò farlo. È un ordine!».
Le sembra di riconoscere quella voce, ma non ne è sicura. È stanca, si assopisce.
 

***

Apre di nuovo gli occhi. Questa volta è giorno. Dalla finestrella si vede solo vegetazione, l’odore di erba fresca è pungente. Ha dolori ovunque, la testa le pulsa a ritmo con il cuore.
Harry è morto.
Ron è morto.
Voldemort ha vinto.
Fa male.
Si riaddormenta.
 

***

 
C’è ancora la luce del sole, se dello stesso giorno non sa dirlo. Qualcuno è in piedi accanto al suo letto: è Draco Malfoy. Hermione si issa a sedere, le spalle schiacciate contro la spalliera. Lui tiene in mano ha una ciotola di legno, un liquido fumante emana un odore acre.
«Piton ha detto che devi mangiare o non sopravvivrai» adagia il piatto sul comodino e si smaterializza.
 

***

 
È un altro giorno. Hermione è seduta al tavolo della cucina, davanti un piatto caldo. Ha il viso magrissimo, le dita scheletriche, capelli spettinati, gli occhi bassi. Da l’impressione che possa andare in frantumi da un momento all’altro. Draco è in piedi di fronte a lei, sbatte entrambi i palmi sul tavolo:
«Devi mangiare, dannazione!» La maga non risponde, si ostina a tenere la testa china. «Io rischio ogni giorno di essere scoperto e ucciso per te e tu neanche mangi!» In uno scatto d’ira colpisce la ciotola che si rovescia sul pavimento, spandendo il suo contenuto verdastro e denso ovunque. Erano verdure cotte.
«Tu neppure immagini la fortuna che hai! Se non fosse per me e Piton saresti già morta o peggio ancora saresti una delle sgualdrine dei Mangiamorte».
Hermione si alza dal tavolo e si sposta nell’altra stanza, qui si siede sul letto. Draco la segue senza smettere quel tono minaccioso.
«Luna Lovegood, te la ricordi?».
Hermione si copre le orecchie con le mani, non vuole sentire.
«Oppure la figlia minore dei Weasley?» Le afferra i polsi per allontanare i palmi dal viso, se stringesse un po’ di più glieli spezzerebbe. «Sono diventate le puttanelle di quei maiali! Magari dovrei fare di te la mia…».
Hermione combatte, si agita, ma lui è troppo forte e lei troppo debole.
«Piton pensa di conoscermi, crede che ci sia del buono in me. Ma io non sono una bestia che si trasformerà magicamente in un bel principe quando l'incantesimo finirà. Io sono solo... un mostro. Come tutti gli altri!».
Si distende sul suo corpo esile, stanco, denutrito. Le trattiene le mani sopra la testa con una sola delle sue. Hermione lo supplica di lasciarla andare, di non farlo, di ucciderla piuttosto, ma di non farle questo. Draco però è come in trance, le tasta i piccoli seni con veemenza, le morde il labbro inferiore, il collo, lascia che un paio di dita s’intrufolino nei pantaloni troppo larghi per lei.
«Nooo!» Hermione di dimena, calde lacrime le bagnano il viso e il collo. «Per favore, per favore no. Sono vergine, per favore Draco, ti prego, no. Sono vergine, ti prego…» geme, non c’è astio nella sua voce, solo mestizia.
Inaspettatamente il giovane Mafoy si arresta, sbatte le palpebre un paio di volte, la guarda come chi non sa neanche dove si trovi, poi indietreggia e si dilegua nel nulla.
 

***

 
Hermione Granger è seduta al tavolo, davanti a lei ci sono alcuni tomi aperti, Severus Piton è in piedi al suo fianco, le sta spiegando qualcosa. Lei sorride, il viso non è più scarno, sebbene sia lontano dal colorito sano dei bei giorni andati.
Draco si materializza all’improvviso, si osservano. Il sorriso si spegne sul volto della ragazza, lui sparisce così come è arrivato.
Piton riprende con la spiegazione interrotta.
 

***

 
La giovane maga si desta. La camera è vuota, eppure era certa di aver avvertito la presenza di qualcuno. Sul comodino malandato però scorge un piccolo testo, ha la copertina rovinata color cuoio. Il titolo in grassetto cita: “SHAKESPEARE – I SONETTI”.
Sorride.
 

***

 
Hermione è di buon umore, ringrazia il preside Piton per il libro di poesie.
«Quale libro? Non sono stato io» risponde.
Lei resta di stucco.
 

***

 
Il temporale imperversa furioso. I rami degli alberi si piegano al suo volere creando ombre che somigliano ai Dissennatori. La Casa d’Erba è in balia della tempesta, da l’impressione che possa essere spazzata via da un momento all’altro.
Hermione Granger è in piedi fra la cucina e la camera, fissa il corpo di Draco accucciato sul letto, può solo vedergli la schiena e i capelli chiari, quasi argentati, spuntare dalla vecchia coperta di lana. La maga fa un passo in avanti, un fulmine illumina la stanza, il libro di poesie giace sul mobiletto come un cadavere. Il tonfo sordo di un tuono la fa sobbalzare e d’istinto si rannicchia al canto di Malfoy. Ha la schiena calda, più larga di quello che sembra. Trema di freddo, paura ed emozione: è da tanto tempo che non sente il calore di un corpo umano, quella tipica sensazione di protezione…
Draco resta immobile, gli occhi chiari spalancati, non sa cosa fare, respira piano. I tremori della ragazza non si placano, decide di voltarsi, lei è raggomitolata su sé stessa.
«Stai bene, Granger?».
«I rami degli alberi mi ricordano le dita dei Dissennatori mentre mi portavano ad Azkaban; la luce dei fulmini quella dell’Anatema che Uccide, i tuoni invece…».
Draco l’abbraccia, senza pensarci su, la stringe forte e le dice che adesso è al sicuro. Hermione si sforza di guardarlo negli occhi, ha un dannato bisogno di credergli. Lo studia a fondo: ha il viso troppo pallido e scavato, i lineamenti troppo tirati e spigolosi per uno che dovrebbe stare dalla parte dei vincitori. Lui la bacia, piano, delicato. Lei non si oppone, lo lascia fare.
 

***

 
Hermione è nell’angolo in alto del materasso, con le spalle contro il muro, le ginocchia strette al petto e il viso nascosto nell’incavo dei gomiti. Piange silenziosa, le spalle sussultano. È nuda.
Draco si riveste seduto ai piedi del letto, si alza per allacciarsi la camicia bianca e indossare la giacca scura. La sfiora, lei si ritrae, allora la copre con il vecchio plaid di lana. Si allunga per sussurrarle qualcosa all’orecchio, quindi si smaterializza.
Ha detto:
«Per quello che vale, se può farti sentire meglio, sappi che anche per me è stata la prima volta».
 

***

 
Hermione è sul letto, la fronte pigiata contro il muro. Finge di dormire, in realtà sbircia Draco seduto sulla punta del materasso. Le ha portato il pranzo e non è andato via come di consueto. Ha un livido violaceo intorno all’occhio destro e il labbro superiore spaccato che comincia a gonfiarsi. Dovrebbe medicarsi. All’improvviso si sdraia sul letto e lei s’irrigidisce, il fiato trattenuto. Prova timore, ma non solo, non più, e questo nuovo sentimento la spaventa più della sua presenza. Il mago però afferra il testo del poeta inglese e comincia a leggere un sonetto ad alta voce. Lei si puntella sui gomiti, attenta e incuriosita.
«Perché mi hai portato quel libro? Non lo sai che è stato scritto da uno sporco babbano?» Lo interrompe. Le dolci rime di Shakespeare stonano con la situazione e con la voce sprezzante di Draco. Ne è infastidita.
«Ho pensato dovesse mancarti il tuo mondo» risponde lui.
Hermione assottiglia gli occhi, lo studia a fondo, poi si siede a gambe incrociate e allunga le dita della mano mancina per sfiorargli il taglio sul labbro. Lui si ritira, distoglie lo sguardo. Forse rifugiarsi lì, nella Casa d’Erba, non è stata proprio una buona idea. La Granger è una che ama ficcare il naso in cose che non la riguardano. Ma in quale altro posto sarebbe potuto andare altrimenti?
«Resterà la cicatrice» gli fa notare la maga. Draco abbozza un sorriso cinico: come se non lo sapesse. «Se mi presti la tua bacchetta potrei sanarla, conosco un paio d’incantesimi che-».
«Non fa niente».
«Con chi hai litigato?».
Inizialmente il giovane mago non risponde, poi decide di farlo:
«Ho fatto a cazzotti con mio padre».
A Hermione scappa un risolino. L’idea di Lucius che viene preso a pugni dal suo amato figlioletto la diverte. Draco la guarda, lei ridacchia ancora e lui non può fare a meno di imitarla. L’espressione di entrambi si addolcisce, l’atmosfera è meno tesa. Per un po’ vanno avanti così, a ridere insieme senza più un motivo preciso, forse solo felici di essere vivi. Poi lei gli accarezza nuovamente il taglio e questa volta Malfoy non si ritrae. Si fissano, Hermione abbassa le palpebre, il suo sguardo algido la mette a disagio, gli lascia un leggero bacio all’angolo della bocca. Quindi si allontana appena un pochino, riapre gli occhi e i suoi sono ancora lì a scrutarla, senza batter ciglio, fermi e chiarissimi. Draco le prende il viso con entrambi i palmi e la bacia sul serio, lei ricambia avvinghiandogli la vita con le gambe magre. Il bacio è lungo e profondo, le bocche si cercano, si trovano, senza mai stancarsi. Hermione si sfila il vecchio maglioncino beige, lui si distende sul suo corpo, lasciando che la ragazza gli slacci i bottoni della camicia e lo aiuti a liberarsene. Le dita sottili di lei tastano la sua schiena ricoperta di cicatrici; il torso è magro, ma si notano i muscoli tendersi sotto la pelle bianchissima.
Somigliano a due anime discordanti che tuttavia navigano nello stesso doloroso mare, in cerca di un porto franco.
 

***

 
Severus Piton batte i palmi sul tavolo, è furioso. Dinnanzi a lui, seduti e impassibili, ci sono Draco Malfoy ed Hermione Granger.
«Vi ha dato di volta il cervello? Cosa c’avete in quelle zucche? Stupidi!» Piton li fissa dritto negli occhi, prima l’uno poi l’altra. Nessuno risponde. «Domani ti preparo una pozione per abortire».
«No» è Draco a parlare, Hermione si volta a guardarlo. «Vogliamo tenerlo».
«E dove pensate di crescerlo?».
«Qui, nella Casa d’Erba». Il tono di Draco non cede di una virgola, aggiunge: «Resti a cena da noi Severus?».
Hermione Granger sorride.
 


 
Le immagini sfumarono, le figure si dissolsero in fumo colorato. Il viso di Hermione Granger riemerse dal Pensatoio, il fiato corto e le pupille spalancate. Non poteva credere a ciò che aveva appena visto. Lei e Draco Malfoy? Insieme? Era un’assurdità, era come cercare di unire due elementi che si respingono a vicenda, che si annullano e annientano. Cercando il giovane mago però si accorse che non c’era più. Pensò che fosse fuggito, invece lo sentì gemere. Girò intorno al Pensatoio e lo trovò con la schiena contro di esso, le ginocchia al petto e il viso sconvolto. Gli si accostò piegandosi sulle gambe.
«Malfoy?» Fece per poggiargli una mano sul braccio, ci ripensò.
«Ti ho violentata… Merlino… ho fatto una cosa simile… sono un mostro. Sono un mostro. Sono un mostro». Draco non era in sé, guardava un punto fisso e ripeteva quelle parole come un mantra. Hermione capì che non era rimasto con la testa immersa nel Pensatoio così a lungo da scoprire cos’era accaduto dopo. Evidentemente non aveva sopportato l’idea che fosse capace di farle violenza e aveva preferito smettere di vedere.
«No Malfoy, non mi hai fatto niente».
Il mago si volse a osservarla, sembrava essersi accorto della sua presenza solo in quel momento:
«Non ti ho… ?».
«No». A quella notizia parve calmarsi, ma Hermione aggiunse: «Tuttavia, questo è il futuro che ci aspetta se non seguirai il consiglio del professor Piton e dell’altra me». Lui annuì. «Ricordati le loro parole: un giorno Harry verrà catturato e portato a casa tua. Tu dovrai dire che non è lui». Draco non rispose. «Hai capito Malfoy?».
«Ti sembro deficiente?».
Ecco, adesso lo riconosceva. Hermione si mise in piedi, teneva ancora addosso l’abito elegante e le scomode scarpe con il tacco. In fondo aveva lasciato la festa solo per togliersele…
«Bene. Buonanotte Malfoy» così dicendo s’incamminò verso la porta, i tacchi rimbombavano sul pavimento.
«Granger» la chiamò, lei si arrestò senza voltarsi e socchiuse le palpebre temendo di aver intuito la prossima domanda. «Era figlio mio, vero?».
«Davvero, non è importante…».
Lui si mise in piedi:
«Era-figlio-mio?» Scandì.
«Si» sospirò la maga.
Silenzio.
«Ci-ci amavamo?».
 
Dannazione Malfoy…
Si…
 
«Quando il mondo che ti circonda è talmente arido, anche il più piccolo gesto può trasformarsi nel più grande atto d’amore.» Recitò Hermione.
«Granger» il mago prese tempo, quindi aggiunse: «Non avevamo intenzione di farti del male io, Tiger e Goyle. Non ti avremmo fatto niente».
Lei non rispose, andò via e questa volta Draco non la fermò.
 

 

MOLTI ANNI DOPO

 
La stazione di King’s Cross a Londra era gremita di gente. Emozionati e titubanti piccoli maghi oltrepassavano il muro per raggiungere il Binario 9 ¾ . Lo stupore e l’eccitazione sui loro volti ripagava l’ansia dei genitori.
Harry e Ginny guardavano commossi i loro bambini salire sul treno, dicendo qualcosa al maschio riguardo la sorella, lui sbuffò; Ron stringeva a sé sua moglie Hermione mentre la primogenita li abbracciava entrambi; qualche metro più in là Draco Malfoy sorrideva ad Astoria e scompigliava i capelli biondissimi di suo figlio.
Erano tutti felici ed emozionati.
Hermione Granger si voltò e distrattamente incontrò gli occhi cerulei di Draco, questo aveva una piccola cicatrice sul labbro superiore: doveva essersela procurata durante la battaglia di Hogwarts. Il sorriso sui loro volti scemò appena. Le fece un cenno di saluto con la testa, lei ricambiò impercettibilmente.
Una rivelazione improvvisa e pungente attraversò entrambi. Non era nuova a dire il vero, avevano già sperimentato quel sentore di profonda tristezza, immediata e subitanea. Così alienante da sfiorare la sfera fisica, come se qualcosa mancasse concretamente, una sorta di perdita, una specie di lutto interiore inspiegabile.
In realtà tutti e due conoscevano l’origine di quella sensazione vera, oggettiva, un dolore al centro del petto palpabile. Il futuro era mutato, qualcuno non era venuto al mondo, confinato in un’altra vita, in un limbo invalicabile, in attesa di qualcosa che mai sarebbe avvenuto.
Ognuno tornò ai propri affetti, scossi, sforzandosi di apparire i soliti di sempre, ma nel momento in cui smisero il contatto visivo una scena vivida prese forma nella loro mente, simile a un sogno a occhi aperti, come se avessero immerso la testa nel Pensatoio.
 

Sono seduti al tavolo apparecchiato della cucina nella Casa d’Erba, uno di fronte all’altro. Una carrozzina demodé è di fianco a loro, due manine paffute ne fanno capolino giocherellando con un carillon di luna e stelle che volteggia a mezz’aria. Si sentono i suoi gridolini allegri.
Hermione e Draco si osservano da sopra al tavolo, un sorriso illumina i loro volti, lui allunga una mano e lei vi intreccia le dita.
Sono felici.

 
Gli occhi si cercarono di nuovo fra la ressa di maghi eccitati, le voci arrivavano ovattate. Si ritrovarono fra mille sguardi, fissandosi, non sorridevano più, adesso avevano l’aria atterrita.
E se avessero commesso uno sbaglio nel cambiare il futuro?
 


Fine

 
  
   
 
  
Leggi le 9 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Nina Ninetta