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Autore: Roscoe24    08/05/2020    5 recensioni
“Non mettere alla prova la mia pazienza, Maryse. Ne ho poca. Molto poca.”
Maryse sospirò.
Era il suo ultimo tentativo, quello. Aveva provato di tutto, negli anni. Magie di ogni tipo, ma nemmeno l’Angelo aveva potuto aiutarla. La sua condizione era irreversibile. Tutti gliel’avevano detto, tranne il libro bianco.
Il Grimorio Proibito aveva detto che dove non arriva la magia angelica, arriva quella demoniaca.
Genere: Drammatico, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Isabelle Lightwood, Jace Wayland, Magnus Bane, Maryse Lightwood
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Alec si svegliò nel cuore della notte. Gli ci volle qualche secondo per ricordare dove fosse: non era in quella che era diventata la sua stanza, bensì era in quella di Magnus e ciò che gli circondava la vita era il braccio di quest’ultimo.
Dopo il film, Australia, di un certo Baz Luhrmann, che Magnus conosceva personalmente, ma Alec non aveva mai sentito, si erano diretti verso il letto. Alec era particolarmente ansioso. Non sapeva cosa fare, come comportarsi. Sapeva solo che il panico si era impossessato di lui. E aveva paura di fare la figura dell’imbranato, ancora.
Magnus aveva fatto apparire un abbinamento maglietta-pantaloni della tuta sul suo letto.
“Puoi andarti a cambiare in bagno, se vuoi.”
E così aveva fatto. Si era dato una sistemata, lavandosi i denti con uno spazzolino che era magicamente apparso sul lavandino, non appena lui aveva chiuso la porta del bagno. Quando era tornato in camera, lavato e con quello che lui reputava un pigiama, aveva notato che anche Magnus si era cambiato. Non indossava più gli abiti che l’avevano spinto a trovare il coraggio di baciarlo, ma un pigiama di seta verde lucido. Il suo viso era pulito, libero da qualsiasi traccia di trucco, e Alec lo trovò… più bello. Magnus non aveva bisogno di truccarsi per essere bello, lo era già al naturale. Il trucco andava ad arricchire solo qualcosa che di per sé era già perfetto. I suoi lineamenti armoniosi e decisi erano ipnotizzanti. Alec non riusciva a distogliere lo sguardo dal suo viso. È questo che si prova? – si era domandato, mentre guardava Magnus – quando sei attratto da qualcuno?
Sì, probabilmente. E Alec la reputava una bella sensazione. Aveva sempre temuto di essere attratto da qualcuno, in generale perché i sentimenti lo spaventavano e destabilizzavano un po’, ma adesso che li provava… sentiva un benessere partirgli dal cuore che si estendeva in ogni parte di sé, trasformandosi in un calore confortante che lo faceva stare in pace con sé stesso. È questo l’amore?
Non sapeva dare una risposta a quella domanda, per vari motivi. E uno di questo era che non si era mai innamorato, quindi non aveva metri di paragone.
“Alexander? A cosa stai pensando?” Magnus l’aveva allontanato dai suoi pensieri, mentre sfaceva il letto e si infilava sotto le coperte.
A te – aveva pensato.
“A niente.” Aveva detto.
E adesso, con il braccio di Magnus che gli circondava la vita, Alec si sentiva uno stupido per non avergli fatto quella semplice confessione. Non c’era niente di male, a dire ciò che si provava. Ma Alec aveva costruito muri intorno a sé e al suo cuore per troppo tempo, per riuscire così presto ad abbatterli ed essere pienamente in grado di esternare ciò che si portava dentro.
Era difficile essere lui. Era stato forgiato da anni di insicurezze, nei quali non si era mai sentito abbastanza, nei quali aveva cercato di raggiungere una perfezione che tutti pretendevano da lui in quanto primogenito. Era stato sottoposto ad una pressione elevatissima. E in un clima del genere, rilassarsi, o anche solamente pensare a qualcosa che non fossero doveri, era impossibile.
Per cui aveva sviluppato una sorta di auto-difesa, estraniandosi da tutti, convinto che, comunque, nessuno sarebbe mai stato in grado di amare qualcuno distante come lui, qualcuno che si portava dietro strati e strati di insicurezze e dubbi verso se stesso.
Non sapeva nemmeno se lui, in primis, fosse in grado di amare un altro essere umano.
Come si fa ad amare?
Alec non lo sapeva.
“Ti stai agitando, zucchero.” La voce di Magnus gli arrivò roca e insonnolita alle orecchie. Per un pelo non sussultò.
“Non volevo svegliarti.” Alec guardò il buio davanti a sé, mentre accarezzava il dorso della mano che Magnus teneva blandamente appoggiata al suo addome.
“Cosa tiene sveglio te, invece?”
Alec percepì Magnus muoversi alle sue spalle. Lo sentì ritirare la mano e successivamente la stanza si riempì di una fioca luce azzurra. Magnus aveva creato una palla di luce magica. Alec, a quel punto, si voltò verso di lui. Lo trovò sdraiato in costa, appoggiato su un gomito, una mano che reggeva la testa. Lui si sistemò a pancia in su.
“Vuoi davvero saperlo?”
Con la mano che aveva creato la palla di luce, Magnus gli accarezzò i capelli – con una delicatezza e una tenerezza che Alec non si sarebbe mai aspettato di ricevere da nessuno, in vita sua. Quel piccolo, spontaneo, gesto, gli fece accelerare il cuore.
“Altrimenti non l’avrei chiesto.” Sussurrò, prima di chinarsi e lasciargli un lieve bacio sulla fronte. “Parlami, Alexander.”
Alec realizzò in quel preciso momento che il suo nome suonava come una preghiera sulle labbra di Magnus. Tutte le sillabe si arrotolavano sulla sua lingua in un modo particolare, facendo suonare il suo nome come se fosse la parola più bella che qualcuno potesse pronunciare, come se fosse una canzone che riesce sempre a mettere di buon umore.
E realizzò anche che voleva parlare con Magnus, aprirsi con lui. Era attratto da lui non solo fisicamente, ma in ogni contesto. Era attratto verso la sua persona. Non riusciva ad avere filtri con lui.
Con lui, tutti i muri di cui era formato, tutti gli agglomerati di insicurezze che si portava appresso da tutta la vita, si crepavano, destinate a sgretolarsi completamente.
Alec si fidava di Magnus, lo sentiva dentro, a livello molecolare.
“Ci pensi mai all’amore?”
Prima di te, no – fu il primo istintivo pensiero di Magnus.
“In generale, no.” Fu la sua risposta. “Tu sì, invece?”
Alec voltò la testa sul cuscino per guardarlo dal basso verso l’alto. “A volte. Ho pensato spesso all’amore, o ai sentimenti in generale. Li ho sempre vissuti attraverso gli occhi dei miei fratelli, ma non li ho mai provati in prima persona. E…”
“Ti spaventano.”
“Sì. Sono imprevedibili. Non posso gestirli, e sono sempre stato abituato a gestire razionalmente qualsiasi cosa. Non ho mai pensato a me in quel contesto perché se non sono in grado di amare io per primo, come posso pretendere che qualcuno ami me?”
Magnus gli rivolse un sorriso. Era così giovane. Aveva in sé la bellezza che porta la non conoscenza del mondo, l’inesperienza. Alec portava con sé sì un sacco di dubbi, ma anche la speranza – anche se di questo non era consapevole. La sua giovane età era un privilegio, che portava con sé il lusso di poter sbagliare per capire quale fosse la strada giusta da prendere, e la possibilità di fare infinte esperienze per capire come andava un mondo che Magnus sapeva fosse marcio. Lui era pieno di cinismo, aveva perso la speranza da un pezzo, le gioie che il mondo avrebbe dovuto dargli erano sempre state frivole e passeggere. La sua intera esistenza era sempre stata caratterizzata da quella dannazione tipica della metà demoniaca del suo DNA.
Magnus era dannato. Alec era puro. Lo era così tanto che la sua purezza sarebbe bastata per entrambi, sarebbe stata sufficiente a esorcizzare tutto ciò che di demoniaco c’era in Magnus.
“Dovresti lasciare da parte le tue insicurezze, Alexander. Il fatto che tu ti veda in un certo modo non significa che anche gli altri ti vedano così. Sei amabile più di quanto credi. E sei in grado di amare.” Magnus gli accarezzò di nuovo i capelli. “Esistono così tanti tipi di amore, che cercare di ridurre un sentimento così ampio solo all’ambito romantico è un’offesa all’amore stesso. Ami così tanto la tua famiglia che ti sei sacrificato per loro. Questo significa saper amare. Hai un coraggio invidiabile.”
Alec guardò Magnus, osservò il modo in cui le iridi dell’uomo si fossero addolcite, lasciò che la sua mano continuasse ad accarezzargli i capelli, giocando con le ciocche ribelli. Era così diverso dall’inizio. Lo stesso uomo che gli aveva sbraitato che la sua famiglia l’aveva reso debole, adesso gli stava dicendo tutto il contrario, gli stava dicendo che era stato coraggioso.
“Com’è stato per te?” gli domandò e Magnus si bloccò di colpo. Smise di accarezzarlo, smise persino di guardarlo. Un lampo di dolore, chiaro ed evidente, solcò le sue iridi feline e Alec quasi si odiò per essere la causa di quella sofferenza.
“Diverso, ovviamente.” Alzò di nuovo lo sguardo su Alec, il quale prese la sua mano tra le proprie. Magnus sorrise impercettibilmente a quel gesto. “Io non ho avuto una famiglia che mi insegnasse ad amare. Ho avuto Asmodeus. E lui ha cresciuto il demone perfetto, il suo degno erede.” Magnus fece intrecciare le dita della sua mano con quelle di Alec. Gli accarezzò il palmo con il pollice, quasi il contatto tra le loro pelli lo aiutasse a trovare il coraggio per continuare a parlare. E funzionò. Inaspettatamente, Alec riusciva a risvegliare anche le emozioni legate a sua madre.
“E mia madre… lei si è tolta la vita non appena ha capito cosa fossi. Non sopportava l’idea di aver generato un mostro.”
“Non sei un mostro.” Fu la prima cosa che uscì dalle labbra di Alec, istintivamente.
“Solo qualche giorno fa hai detto che preferiresti la morte, piuttosto che appartenermi in qualsiasi modo.” Sussurrò Magnus. La verità era che quelle parole gli rimbombavano nel cervello e riuscivano sempre a ferirlo ogni volta che gli ritornavano in mente.
“È tutto diverso adesso, e penso tu lo sappia.” Alec giocò con le loro dita intrecciate, guardandole come se fossero la prova fisica di quello che aveva appena detto. “Tu non sei un mostro.” Ripeté poi. “Sei solo stato educato in modo che la gente lo pensasse.”
“E se invece io fossi esattamente così? Cosa penseresti di me?”
“Ognuno di noi ha una parte oscura dentro di sé, Magnus. La tua è solo più evidente di quella degli altri perché, anzi che nasconderla come tutti, le hai lasciato libero sfogo. Devi solo imparare a dare libero sfogo anche all’altra parte di te. Solo così sarai interamente te stesso. Non come ti ha cresciuto tuo padre, o come ti avrebbe potuto crescere tua madre. Sarai esattamente come vuoi essere tu.”
Magnus si chinò per baciarlo.
Era così grato di averlo con sé. Era così grato che fosse fatto esattamente in questo modo, che fosse empatico, intelligente, sensibile, premuroso. Nessuno era mai stato così, con lui. Nessuno l’aveva mai visto come un uomo, qualcuno degno di essere salvato.
Gli altri si erano sempre semplicemente limitati a condannarlo.
Alec, invece, cercava di capirlo.
Era così raro. Ed era meraviglioso che proprio lui, tra tutti gli esseri umani, fosse destinato a custodire la sua umanità.
“Ma tu guarda se un cucciolo di vent’anni deve essere in grado di darmi lezioni di vita.” Sussurrò ad una distanza ridicola dalle sue labbra.
Alec accartocciò la faccia in una smorfia di disappunto. “Non chiamarmi in quel modo.”
“Non ti piace?”
“No. È orribile.”
“Come sei severo, zucchero.” Magnus lo baciò di nuovo. E ancora, ancora, e ancora. Una serie di baci a stampo uno dietro l’altro che fecero sorridere Alec nel modo più luminoso possibile. “Seriamente, però. Grazie.” Gli disse Magnus, il viso ad un centimetro da quello del Nephilim, mentre gli accarezzava una guancia con quanta più delicatezza e devozione possibile.
Alec arrossì sotto a quel tocco e a quello sguardo. “In realtà io dovrei ringraziare te. Mi hai ascoltato. È stato…bello poter parlare con te senza avere paura di essere giudicato. Io… io mi fido di te, Magnus.”
“Anche io. Deve essere questa atmosfera.”
Alec rise e lo tirò a sé per baciarlo. “Dormi, Magnus.”
“Solo se vieni più vicino a me.” Magnus appoggiò la testa sul cuscino e alzò un braccio. Alec alzò gli occhi al cielo, sebbene stesse sorridendo, e si sistemò contro il suo petto. Erano occhi negli occhi, così vicini che i loro nasi si sfioravano, e Magnus lo tirò a sé per dargli un ultimo bacio. “Buonanotte, Alexander.”
“Buonanotte.”
Magnus fece sparire la palla di luce blu e, dopo poco, si riaddormentarono.



*


Alec stava iniziando ad abituarsi ad Edom. Era sicuro che per il suo sangue non si potesse dire lo stesso, ma dal momento che viveva con il ciondolo che Magnus gli aveva donato fin da subito, il problema non sussisteva. Finché avrebbe avuto quello al collo, Edom non gli avrebbe fatto nessun effetto fisico. Spesso si trovava a pensare all’effetto mentale che quella dimensione avrebbe potuto avere su di lui, ripesando alle parole che gli aveva detto Magnus… Edom riesce ad avvelenare il cuore.
Il suo cuore era destinato ad avvelenarsi? Presto avrebbe rivissuto quelle sensazioni orribili come il suo primo giorno?
Era passato un mese, da quel fatidico momento, e non aveva vissuto più esperienze simili… forse non le avrebbe rivissute più, o forse una crisi era dietro l’angolo. Dopotutto, Magnus aveva anche detto che l’Inferno è ingannevole, quindi tutta questa situazione di apparente calma piatta poteva essere un inganno della dimensione infernale stessa.
E se anche ciò che provi per Magnus fosse un inganno? Se fosse tutto architettato per convincerti a non tentare la fuga?
No, non poteva essere. Alec si rifiutava di cadere in questa logica. Si fidava di Magnus. Sapeva che lui non l’avrebbe mai ingannato in questo modo.
Ah no? E come ti spieghi i sentimenti che provi per lui? Chi ti dà la certezza che non sia tutto un incantesimo, lanciato solo per convincerti a non tornare mai più a casa?
Alec non sapeva dare una risposta a quella domanda. E non voleva nemmeno dare retta alla parte paranoica di sé.
Si fidava di Magnus. Punto. Lui non gli avrebbe mai fatto del male, o ingannato. Sapeva quanto lui tenesse alla sua famiglia, quindi non l’avrebbe mai costretto con l’inganno a non rivederli mai più. Gli permetteva di mandare loro un messaggio di fuoco ogni giorno e Alec aveva cominciato a sperare che, presto, avrebbe potuto rivederli.
Alec sperava di potersi dividere tra loro, un giorno.
Sarebbe davvero diventato come Proserpina: un periodo sarebbe stato con Magnus e un periodo sarebbe stato con la sua famiglia. Erano entrambi importanti per lui, e in un mondo perfetto Magnus sarebbe potuto salire con lui in superficie e vivere da Stregone a New York.
Ma Alec sapeva che il mondo non era perfetto, e Magnus era il Sovrano di Edom. La sua posizione e il suo potere servivano anche per tenere a bada i demoni che abitavano quella dimensione, impedendoli di invadere la dimensione terrestre.
Alec non avrebbe mai pensato di trovarsi in una situazione simile, in vita sua. E adesso che c’era voleva fare di tutto per cercare di far coesistere tutto, voleva cercare un equilibrio che avrebbe funzionato, qualcosa di stabile tra i due poli portanti della sua vita: Magnus e la sua famiglia.
Chissà se l’avrebbero capito, o l’avrebbero preso per pazzo. Chissà cosa pensavano dei suoi messaggi di fuoco. Non aveva detto loro che lui e Magnus erano una sorta di coppia perché una parte di lui era ancora spaventato da quello che avrebbero potuto pensare. Ci sarebbe arrivato, però. Ne era certo. quel mese ad Edom l’aveva cambiato. Magnus l’aveva cambiato. In un certo qual modo, il loro rapporto l’aveva reso un tantino più sicuro di sé, ed era sicuro che con il tempo sarebbe diventato coraggioso abbastanza da riuscire a gridare la verità in faccia al Clave.
Per adesso, bastava scrivere messaggi rassicuranti alla sua famiglia. Così, dopo aver finito di scrivere il suo messaggio quotidiano, si alzò dalla scrivania a cui era seduto e uscì dalla biblioteca per andare a cercare Magnus – in mancanza di uno stilo, era lui l’unico che poteva spedirli. Vagò per il castello, abituato ormai ai suoi vari spifferi, scricchiolii e piccoli echi. Incontrò Presidente sulle scale che portavano al piano terra e, dopo un miagolio del felino, lo prese in braccio, continuando la sua ricerca con il gatto stretto al petto.
Camminò ancora per qualche istante, e poi la sua attenzione venne catturata dall’eco delle note del pianoforte.
“Magnus sta suonando.” Sussurrò a Presidente, facendogli un grattino dietro ad un orecchio. L’animale miagolò in approvazione e si strofinò contro il petto di Alec, facendo le fusa ad ogni carezza che il Nephilim gli riservava.
Il ragazzo si incamminò verso la musica. Era stato in quella sala pochissime volte. Probabilmente si potevano contare sulle dita di una mano. Era una specie di sala da ballo, da ricevimento, con uno stile molto principesco: il pavimento di marmo rosa venato di grigio, le pareti ricoperte di specchi e le colonne portanti che riprendevano lo stesso colore del pavimento. Sul soffitto a cupola c’era un affresco, una riproduzione de La Creazione di Adamo di Michelangelo. Era perfetto e Alec rimase a fissarlo un attimo, studiandone i particolari. Era talmente bello che riusciva persino a distogliere l’attenzione dall’enorme lampadario di cristallo che illuminava quella stanza.
Alec rimase a fissare l’affresco ancora per qualche istante, prima di portare la sua attenzione su Magnus. Quella stanza, per quanto grande fosse, era anche la più vuota. Infatti, in essa era presente solo il grande pianoforte a coda che era posizionato al centro. Magnus era seduto e stava suonando, così concentrato a riprodurre perfettamente la musica di Beethoven che non si era accorto della presenza di Alec.
Il ragazzo si avvicinò in silenzio non volendo in nessun modo rischiare di spezzare la magia che si era creata dentro a quella stanza. Persino Presidente sembrò capire le sue intenzioni, tanto che si zittì, smettendo di fare le fusa.
Magnus sapeva suonare benissimo e Alec non riusciva a non ascoltarlo.
Rimase in ascolto fino a quando Magnus non smise di suonare e solo allora si avvicinò di più, appoggiandosi al pianoforte con un fianco.
Magnus non appena lo vide sorrise. “Da quant’è che sei qui?”
“Da abbastanza.”
“Sei evasivo.”
“E tu sei un bravissimo pianista.”
Magnus gli fece spazio accanto a sé e Alec si sedette. Presidente si acciambellò immediatamente sulle sue gambe, iniziando a sonnecchiare quasi subito. Gatto pigro.
“Chi ti ha insegnato?” Domandò Alec, una mano immersa nel pelo di Presidente.
“Ho imparato da solo. C’erano giorni dove…” Lo sguardo di Magnus si fece basso sui tasti neri e bianchi, “Dove avere a che fare con gli insegnamenti di mio padre era troppo dura, così ho pensato che dedicarmi a qualcosa che discostasse notevolmente da ciò che sentivo ogni giorno. Ho pensato che la musica andasse bene, così ho cominciato a leggerla e poi a suonarla.”
Alec premette uno dei tasti con la mano che aveva libera. Ne uscì un suono unico, che rimbombò per la sala. “A casa suonavo, un po’. Io e i miei fratelli abbiamo imparato a farlo tutti, da bambini. Il più bravo è Jace, però.”
“Parlami di loro.”
Magnus ripensò all’ultima volta che avevano toccato l’argomento, al fatto che lui avesse nominato sua sorella e Alec avesse temuto per la sua sicurezza. Si domandò se anche adesso avrebbe avuto la stessa reazione, timoroso di vedere riflesse nella realtà le sue paure. Temeva molto che, nonostante i suoi buoni propositi, nonostante gli avesse detto che si fidava di lui, una parte di Alec ancora lo vedesse capace di fare del male a chi amava.
Ma il sorriso che si aprì sul volto del giovane, scacciò immediatamente tutte le insicurezze di Magnus.
Alec si fidava. Alec non lo vedeva più in grado di far soffrire le persone a lui care.
“Loro sono… speciali.” E pronunciò quella parola con un affetto evidente, quasi palpabile. “Jace ed Izzy sono due teste calde, lui però è molto istintivo, soprattutto in battaglia, Isabelle è molto più strategica. Sono caratterizzati dalla stessa forza d’animo e sono due delle persone più leali che abbia mai conosciuto. Max, invece, è il più piccolo. Assomiglia tanto ad Izzy, e credo che sia molto sveglio per la sua età. È intelligente, come Isabelle. E curioso.”
“Come te.” Aggiunse Magnus e Alec sorrise impercettibilmente. Non poteva negarlo, così annuì, prima di continuare.
“A Jace piace mangiare quantità spropositate di cibo, ma mai quello cucinato da Izzy perché sappiamo tutti che è una frana a cucinare. Lei adora farlo lo stesso e si rifiuta di credere a quello che io e Jace le diciamo sulle sue inesistenti doti culinarie. A Max piace leggere un sacco di libri, anche se questo ci accomuna un po’ tutti. Jace ha una passione per il latino, Isabelle predilige la scienza. È un’ottima patologa forense, la migliore, in realtà.” Alec sorrise con orgoglio, a quell’ultima affermazione, e Magnus lo notò.
“Siamo diversi, ma complementari. Loro… non sono solo mio fratello e mia sorella, ma sono anche i miei migliori amici, le due persone che mi conoscono meglio al mondo.”
A quelle parole, la mente di Magnus venne invasa dai ricordi di quel giorno di un mese prima, quando Alec si era offerto volontario per seguirlo all’Inferno. Ricordò la reazione di tutti. Associò nomi a quei volti.
Isabelle, il cui primo istinto era stato stringere Alec, gettarsi sulla sua schiena e stringerlo a sé.
Jace, che invece si era piazzato davanti a lui, per impedirgli di avanzare.
Entrambi l’avevano circondato, come a voler fare da scudo tra lui e il Male, che in questo caso era rappresentato da Magnus.
Ricordò il viso rigato dalle lacrime di Max, il modo in cui aveva abbracciato Alec, quando aveva capito che non gli rimaneva altro da fare, se non salutarlo.
Ricordò persino il volto distrutto dal dolore di Maryse.
Reazioni che allora gli erano rimaste indifferenti, trovandole addirittura patetiche, ma che adesso, invece, gli stavano disintegrando il cuore.
Aveva ferito quelle persone e ferendo loro aveva ferito anche Alec.
E, ancora una volta, Alec aveva la precedenza su tutto, era lui la cosa più importante. Importava più di Magnus stesso, più dei suoi sentimenti, più delle sue insicurezze.
“Puoi andare da loro,” sussurrò.
Alec strinse il messaggio che aveva scritto poco prima, rischiando di appallottolarlo con la mano. Non riusciva a credere alle sue orecchie. “Lo faresti davvero?”
“Oh, Alexander…” Sospirò Magnus, guardandolo dritto negli occhi, “Io per te farei di tutto.”
Alec rimase spiazzato da quella confessione, così sincera e diretta che vaporizzò tutti i possibili dubbi che gli erano venuti precedentemente. Magnus non gli avrebbe mai fatto del male, non l’avrebbe mai ingannato. E Alec sentì il cuore che scoppiava in petto, sia per questa realizzazione, sia per quello che gli aveva appena detto. Non riusciva a credere alle sue orecchie, sentì l’entusiasmo che si impossessava di sé e si slanciò con così tanto impeto verso di lui che Presidente cadde dalle sue gambe, esibendosi in un miagolio di disappunto e quasi accusatorio, mentre andava a sistemarsi lontano da quegli strambi umani, in un angolo della stanza.
Alec baciò Magnus con tutta la gratitudine di cui era capace. “Grazie, Magnus.”
Lo Stregone chiuse gli occhi, trattenendo persino il respiro. Sentiva già il gelo impossessarsi del cuore, alla sola idea che Alec se ne sarebbe andato – e all’improvviso, il terrore che potesse farlo per sempre si impossessò di lui. Temette di non vederlo più tornare. Temette che la riacquisita libertà l’avrebbe spinto a non fare più ritorno da lui. E nonostante questo, nonostante pensieri simili gli tormentassero il cuore a tal punto da arrivare a sentirlo sanguinare, continuò a mettere la felicità di Alec sopra alla sua. Avrebbe potuto tornare sui suoi passi, comportarsi come il demone prepotente ed egoista che era sempre stato, ma Magnus voleva imparare ad essere un uomo, un brav’uomo. Voleva essere altruista e fiducioso, voleva che Alec fosse felice con lui non perché si sentiva costretto ad esserlo, non avendo altra alternativa se non lui, ma perché lui in primis volesse essere felice con Magnus.
“Magnus.” Sussurrò Alec, accarezzandogli una guancia. “Guardami, per favore.”
E lo Stregone, che non riusciva a negargli niente, fece come gli era stato chiesto.
“Tornerò da te, lo sai questo, vero? Io voglio stare con te.”
A quelle parole, Magnus si chiese se Alec fosse in grado di leggergli nel pensiero. Sentirglielo dire, comunque, allentò un po’ il laccio spinato che aveva improvvisamente circondato il suo cuore.
“È giusto che tu li veda. Loro… devono sentire terribilmente la tua mancanza. Io la sentirò sicuramente.”
Alec lo baciò di nuovo e appoggiò la fronte sulla sua. “Non farai in tempo a sentire la mia mancanza, perché tornerò prima.”
“Ti porti via il mio cuore, Alexander. È impossibile non sentire la mancanza del proprio cuore.” 
Alec sorrise e gli accarezzò il viso con quanta più premura e dolcezza possibili. Le sue mani scorsero delicate sulla pelle di Magnus e lo Stregone ne avvertì le imperfezioni dovute alle battaglie a cui aveva partecipato: calli e cicatrici rendevano quella pelle imperfetta, ma Magnus riusciva solamente a pensare a quanto quelle caratteristiche rendessero unica la pelle di Alec, che per lui era perfetta solo per il fatto che appartenesse al ragazzo al suo fianco.
“La metà del mio cuore che ti appartiene rimarrà qui, con te.” Sussurrò Alec, avvicinandosi a Magnus per baciargli la fronte. Rimasero immobili, entrambi in silenzio. Erano consapevoli che quello che stavano esternando era ciò che di più simile ad una dichiarazione d’amore avessero mai sentito entrambi, e nella loro vita non avrebbero mai pensato di sentirsi dire niente del genere.
Nessuno dei due aveva mai creduto potesse esistere qualcuno a questo mondo in grado di amarlo.
Magnus credeva che nessuno l’avrebbe mai amato per ovvi motivi: era un demone, un mostro. Chi ama una creatura simile? Nessuno.
E Alec credeva che tutte le sue insicurezze sarebbero state talmente insormontabili e le sue paure così imbattibili che era convinto avrebbe preferito chiudersi in se stesso per tutta la sua vita.
Ma poi si erano incontrati. E tutto era cambiato.
“Mi mancherai anche tu.” Disse piano Alec, le labbra contro la pelle di Magnus. L’uomo sentì contro la propria guancia la carta appallottolata del messaggio che Alec scriveva ogni giorno per la sua famiglia.
Non aveva dubbi che avrebbe sentito la sua mancanza, perché si fidava di lui: sapeva che non gli avrebbe mai detto una bugia. Era così sicuro di Alexander che ormai non sentiva più nemmeno quella voce dentro di sé, quella del demone che era sempre stato, che gli urlava che lo stesse manipolando. Quella voce si era assopita. E Magnus stava meglio da quando non la sentiva più.
Ma… ma sapeva anche che sentiva la mancanza della sua famiglia. Ed era giusto che li vedesse di nuovo – così afferrò la mano di Alec e ne baciò le nocche, prima di afferrare il biglietto e dargli fuoco, per mandarlo dove sapeva fosse diretto.
“Puoi già partire domani, se vuoi. Aprirò un portale che ti condurrà all’Istituto.”
“E per tornare indietro?”
Magnus fece un aggraziato gesto con la mano e dalle scintille blu che fuoriuscirono dalle sue dita nacquero due sottili anelli d’argento. Ne porse uno ad Alec.
“Basterà farlo girare intorno al tuo dito. Il mio comincerà a brillare e saprò che vuoi tornare da me.”
Alec mise l’anello all’anulare destro e lo studiò, facendolo roteare intorno al suo dito. Improvvisamente quello di Magnus si illuminò di una forte luce azzurra.
“Visto?” Gli chiese lo Stregone, sistemando il proprio anello allo stesso dito che Alec aveva scelto per sé. “Magia.”
Alec gli rivolse un sorriso meraviglioso. “La tua magia è strabiliante, Magnus.”
“Ho solo creato due anelli, Alexander.”
Il ragazzo fece spallucce. “Dal mio punto di vista da persona non-magica, anche la magia che per te risulta più semplice diventa strabiliante.”
Magnus gli rivolse un sorriso e gli baciò una guancia. “Hai una sorta di magia dentro di te, figlio dell’Angelo.” E lo Stregone pensò sia a quella che Raziel gli aveva donato, sia a quella che legava loro due. Ma non glielo disse, non ancora. “Vuoi suonare per me?” gli domandò, anzi, cambiando argomento.
E Alec, sebbene fosse timido e restio a suonare davanti agli altri, lo accontentò. Perché sapeva che Magnus non era gli altri, era Magnus e con lui gli riusciva essere completamente se stesso in ogni situazione.




Dopo la loro conversazione, non avevano più riparlato dell’imminente partenza di Alec, fissata per il giorno dopo. Avevano continuato a suonare, con Magnus che ogni tanto canticchiava le canzoni fatte al piano da Alec. Quando invece era Magnus, quello che suonava, Alec rimaneva in silenzio ad ascoltare. Lui non sapeva cantare e preferiva di gran lunga osservare i movimenti eleganti delle dita di Magnus che si muovevano leggiadre sui tasti. Sembrava quasi li accarezzasse, con devozione e rispetto, come fossero dei vecchi amici che gli avevano donato conforto nei momenti bui della sua vita.
A questo Alec continuava a pensare. Ai momenti bui della vita di Magnus.
Siamo il frutto di quello che ci è stato fatto, era una citazione così famosa che persino lui che, prima di incontrare Magnus, non aveva mai visto un vero film in vita sua, la conosceva. (1 – V per Vendetta)
E come aveva potuto crescerlo suo padre per insegnargli ad essere un demone perfetto? Quali metodi comprendeva l’educazione di Asmodeus? E che impatto possono aver avuto sulla psiche di un ragazzino?
Alec guardò Magnus.
Si trovavano in cucina e lo Stregone si era seduto sopra al tavolo. Stava pensando intensamente a cosa avrebbero potuto mangiare.
Proponeva un cibo solo per poi cambiare idea il secondo dopo e Alec si trovò a sorridere, nonostante i suoi pensieri. Il suo modo di essere indeciso riguardante il cibo lo rendeva adorabile, ma nemmeno quello riusciva totalmente a distoglierlo dai suoi pensieri iniziali.
Proprio non riusciva a smettere di pensare ad un Magnus bambino, rimasto senza madre, con ancora un lutto così intenso che grava nel suo cuore, che viene sottoposto agli insegnamenti di qualcuno che gli inculca quanto le famiglie siano una debolezza, quanto sia importante suscitare terrore per essere rispettati, quanto sia giusto che un demone debba essere crudele.
Alec pensava a questi aspetti e, guardando Magnus, non riusciva a non pensare quanto cozzassero con ciò che era davvero. Il cuore di Magnus era stato avvelenato dagli insegnamenti di qualcuno che non era tanto interessato a fargli da padre, quanto piuttosto a crescere e forgiare l’erede perfetto.
Magnus era stato privato della possibilità di capire cosa fossero la premura, la dolcezza, la comprensione, l’altruismo. Tutte cose che dovrebbe insegnare un genitore.
Magnus non aveva avuto una mamma, ma non aveva nemmeno avuto un padre.
Asmodeus non l’aveva mai trattato come suo figlio, ma come un demone. E basta. Solo un demone da addestrare alla perfezione.
Ma Magnus era molto di più. Aveva sangue di demone, in parte, quello era innegabile, ma aveva dentro di sé più umanità di quanto riuscisse a vedere. Magnus era gentile e buono, intelligente e talentuoso. Era curioso e aveva una sensibilità in sé che tentava di nascondere dietro al suo sarcasmo. Era premuroso, soprattutto nei suoi confronti, e dolce.
E Alec avrebbe davvero voluto che tutto il mondo vedesse Magnus Bane come lo vedeva lui. Avrebbe voluto che il mondo cominciasse a guardarlo attraverso i suoi occhi, per far capire a tutti che tipo di persona era Magnus – un uomo dai mille strati, dalle svariate sfaccettature, pieno di sfumature. Tutte ugualmente sorprendenti.
Magnus sbalordiva, ma il mondo non lo sapeva, troppo impegnato ad etichettarlo sotto l’unica voce di ‘demone’.
Al Nephilim sembrava così ingiusto.
“Alexander?”
Alec sussultò, sentendosi chiamare, e guardò Magnus in viso. Lo Stregone lo stava studiando, la testa inclinata di lato e un sopracciglio alzato.
“Mi stai ignorando, dolcezza?”
“No, io… stavo solo pensando.”
“A cosa vorresti mangiare?”
“No, a tutt’altro in realtà. Scusami. Non volevo ignorarti. Dimmi tutto.”
Magnus lo studiò per qualche secondo. “Pensavi alla tua famiglia?” domandò, accantonando il discorso cibo.
Alec si afferrò il labbro inferiore tra i denti, pensieroso. Si guardò intorno qualche secondo, ponderando se fosse o meno una buona idea parlare, e poi lo fece. “Alla tua, in realtà.”
Magnus sbatté le palpebre, confuso. “Alla mia?”
“A…tuo padre.” Il tono della voce di Alec si fece insicuro, timoroso di toccare un argomento doloroso per Magnus. “Ai momenti bui della tua vita.”
“E perché?”
“Perché lo trovo ingiusto. L’opinione che hai di te stesso nasce solo da ciò che lui ti ha sempre fatto credere. Ma non è la verità.”
“E dimmi, qual è la verità?”
Alec si avvicinò a lui, sistemandosi tra le sue gambe. Appoggiò le mani sulle sue cosce e cominciò a disegnare astrattamente con l’indice sulla superficie dei suoi pantaloni di velluto rosa. I suoi occhi rimasero fissi sulle gambe dell’uomo, così belle e definite, per qualche istante, poi alzò lo sguardo. Lo guardò dritto in quegli occhi felini che per tutti gli altri erano sempre stati il simbolo della sua mostruosità, il Marchio del Demone, l’inconfondibile ed inequivocabile prova della sua malvagità, ma che lui reputava bellissimi. Per Alec, quegli occhi significavano altro. Significavano tranquillità e accettazione verso se stesso, affetto e serenità. Il Nephilim guardava quelle iridi e riusciva solo ad associarle a cose positive perché Magnus lo faceva stare bene.
“La verità è che sei stato privato della tua vera identità. Asmodeus ti ha addestrato ad essere il demone perfetto, privandoti della possibilità di essere davvero chi volevi essere. Ti ha indirizzato ad una strada a senso unico, quando avresti dovuto avere tutte le strade del mondo, davanti a te. Avresti dovuto percorrerle tutte, magari anche quelle sbagliate. Capire che non era quella la direzione in cui volevi andare e tornare indietro, riprenderne un’altra, percorrerla e scoprire se ti avrebbe portato a ciò che desideravi.” Alec gli accarezzò una guancia. “È ingiusto, perché avresti dovuto avere tutte le possibilità del mondo, perché ridurre qualcuno come te, con le tue straordinarie qualità, ad una cosa sola è un peccato terribile.” 
Magnus fu profondamente toccato da quelle parole. Anzi, ne fu completamente investito. E per la prima volta da quando Alec era con lui, avvertì chiaramente la forza dei sentimenti che provava nei suoi confronti. Lo sentiva lì, nei meandri del suo cuore che adesso stava scalpitando, quell’amore che era rimasto assopito per secoli, in attesa che le loro strade si incrociassero. E Magnus era pienamente consapevole che, se suo padre non gli avesse fatto percorrere quella strada a senso unico citata da Alec, loro non si sarebbero mai incontrati. E tutti i periodi bui, la sua sofferenza, erano un prezzo che sarebbe stato disposto a pagare di nuovo, se significava che avrebbe avuto Alexander, con sé.
Magnus gli prese il viso tra le mani e lo baciò. “Mi hai detto una cosa bellissima.” Gli accarezzò le guance con i pollici. “Ma se non fossi stato cresciuto in questo modo, io e te non ci saremmo mai incontrati. E non la voglio una vita dove tu non ci sei.”
Alec sentì il cuore che accelerava selvaggiamente a quelle parole. Nemmeno lui la voleva una vita senza Magnus.
Gli prese il viso tra le mani e sfiorò la punta del suo naso con il proprio. “Avremmo trovato un modo per trovarci. Ne sono certo.”
Magnus sospirò. Aveva paura a dirgli quale fosse la verità. Temeva che Alec si sarebbe sentito ingannato, temeva che l’avrebbe respinto, o addirittura che pensasse che i sentimenti che provava nei suoi confronti non fossero reali, bensì frutto di chissà quale strambo incantesimo.
Magnus era spaventato, ma sapeva che doveva dirgli la verità. Era giusto che sapesse. Così si fece forza e fece un profondo respiro.
“Alexander, io… devo dirti una cosa…”
Ma tutte le sue buone intenzioni vennero interrotte dalla terra che cominciò a tremare, uno scossone violento, che fece vibrare qualsiasi cosa intorno a loro. Ad Alec ricordò lo stesso tremito che aveva colpito l’Istituto, quando era comparso Magnus. Per questo lo guardò, in cerca di una spiegazione.
“Non è opera mia.”
“Lo so,” disse Alec, che non aveva pensato a lui. Aveva solo pensato che potesse sapere cosa stesse succedendo. “Chi potrebbe essere?”
“Chiunque, Alexander.” Disse Magnus, piombando giù dal tavolo e afferrando Alec per mano. Lo condusse fuori dalla cucina correndo. Non era mai successo che qualcuno prendesse di mira il suo palazzo. E se qualcuno riusciva a fare una cosa simile, doveva essere estremamente potente e, di conseguenza, pericoloso. Poteva essere solo qualcuno con un potenziale elevatissimo, tipo Lilith.
“Non sei al sicuro, qui.” Affermò, quasi preso dal panico, al solo pensiero che la Madre dei Demoni potesse in qualche modo arrivare a lui. “Devi tornare all’Istituto. Ora!” Magnus aprì un portale nel bel mezzo del corridoio. La sua magia blu creò un vortice azzurro. “Vai!” Urlò lo Stregone, mentre tutto intorno a loro cominciava a crollare.
“NO!” Gridò a sua volta Alec. “Non senza di te. O vieni con me, o io rimango qui con te.”
Non c’era tempo per discutere. Magnus avrebbe voluto saperlo in salvo e riuscire a capire cosa diavolo stesse succedendo in casa sua, nel suo regno. Ma lesse negli occhi di Alec una determinazione che non accettava compromessi. Non si sarebbe lasciato convincere ad andare senza di lui a nessun costo.
Magnus si guardò intorno per qualche istante. Tutto stava crollando e se non si fossero dati una mossa, probabilmente sarebbero finiti sotto le macerie.
Doveva portare in salvo Alexander. Era quella l’unica cosa che contava. Tutto il resto poteva aspettare.
Magnus, con ancora la mano stretta in quella di Alec, saltò dentro al portale, chiudendoselo alle spalle non appena ebbe la certezza che erano salvi.






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Ciao a tutti!
Spero vada tutto bene 😊
In questo capitolo non succede granché, me ne rendo conto, ma volevo comunque che si avvicinassero ulteriormente per rendere un pochino più credibile la faccenda secondo cui appunto sono legati dal destino. La fine non mi convince molto, ma nonostante l’abbia riletta e cercato di aggiustare il più possibile, non mi viene altro e quindi perdonatemi. Mi serviva qualcosa che facesse cambiare la scena. Nel prossimo capitolo si scoprirà la causa di tutto questo. E molto probabilmente sarà l’ultimo. Forse sarà un po’ più lungo degli altri, o forse lo dividerò e quindi ce ne saranno due. Non lo so ancora, perdonatemi!
Quasi sicuramente ci sarà un epilogo.
Queste note sono veramente inutili, me ne rendo conto, perché le sto solo riempiendo dei miei vaneggiamenti che non dicono niente, in pratica D:
Se vi va, fatemi sapere cosa ne pensate 😊
Ringrazio chiunque legga, recensisca e abbia messo la storia tra le preferite/seguite/ricordate. Lo apprezzo tantissimo! Vi mando un grosso abbraccio, a presto! <3



 
   
 
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