Capitolo secondo
Then why
Would you send me out to sea
On this battered ship alone?
If this is what it seems
You're burning your bridges down
You're burning them to the ground
You're burning your bridges down
What goes around
Must come around
And you burn your bridges down!
(“Burning bridges” – Delain)
Fu una cena molto
silenziosa quella di Steve e Bucky la sera prima del viaggio del Capitano nel
passato per riportare le Gemme dell’Infinito al loro posto. Steve era
concentrato e immerso in profondi pensieri, tanto da non accorgersi dello
sguardo che Bucky gli teneva fisso addosso. Era un po’ come nelle prime sere in
cui Bucky, salvato dall’Hydra, era ospite dell’appartamento che Tony Stark
aveva messo a disposizione di Rogers.
L’atmosfera era
talmente tesa da non permettere una conversazione normale tra i due, qualsiasi
parola sarebbe potuta essere quella sbagliata e scatenare chissà che cosa.
E, proprio come
cinque anni prima, fu Steve a cercare di spiegare quello che stava succedendo.
“Sono preoccupato per
le Gemme dell’Infinito, lo devo ammettere” disse il Capitano. “Tu non eri con
noi quando siamo tornati nel 2012, ma è accaduto qualcosa di inaspettato: Loki
è riuscito a impadronirsi del Tesseract ed è fuggito, invece di essere
riportato su Asgard e imprigionato. Anche se io riporto le pietre al loro posto
e cancello le linee temporali che hanno creato, esisterà comunque una linea
modificata da Loki. Nessuno ne vuole parlare, ma è un problema bello grosso.”
“E perché devi essere
proprio tu a fartene carico?” obiettò Bucky, più bruscamente di quanto avrebbe
voluto. “Non puoi risolvere sempre i problemi di tutti. Loki è il fratello di
Thor, che ci pensi lui ad andare a ripescarlo, magari così butterà giù un po’
di pancia!”
Suo malgrado, a Steve
scappò una risatina.
“Sì, hai ragione tu,
Buck, ma non stavo pensando di mettermi a cercare Loki per tutti gli universi
possibili e immaginabili, era un’altra la domanda che mi stavo facendo” replicò
il Capitano. “Il Dottor Strange ha insistito molto sul fatto che nessuno di
noi, per nessun motivo, deve anche solo pensare di tornare indietro nel tempo
per cercare di salvare Natasha o Tony. Ha detto che questo provocherebbe un
paradosso temporale che porterebbe al collasso dell’intero universo. Ha
sicuramente ragione, ma allora perché non sta già succedendo? Loki ha cambiato
il suo futuro e probabilmente quello di Thor e di tutta Asgard, per non parlare
di quello che potrebbe combinare se decidesse di allearsi nuovamente con il Thanos
del 2012… questo non è forse un paradosso temporale ancora più estremo? L’universo
dovrebbe essere collassato da un pezzo!”
Gli occhi di Bucky,
puntati su Steve, divennero due fessure.
“Stai dicendo che,
secondo te, Strange ha mentito?” chiese.
La domanda era stata
aggressiva e irruente come un colpo di mitraglia.
“Ma… no, certo che no”
rispose Steve, a disagio. “Perché avrebbe dovuto farlo, davanti a tutti, poi?”
“Forse per evitare
che qualcuno come te potesse farsi
venire idee sbagliate” ribatté Bucky. “Vuoi forse farmi credere che non hai
pensato a un piano per tornare indietro e salvare Stark o Natasha? E magari
anche Banner, Barton e qualcun altro ci hanno pensato, non credi?”
Esasperato e stanco,
Steve si alzò da tavola.
“Insomma, Buck, cosa
vuoi che ti risponda? Mi stai facendo il terzo
grado come se fossi ancora il Soldato d’Inverno! Speravo che avessimo
superato questa fase nel nostro rapporto.”
“Lo speravo anch’io,
ma tu mi nascondi qualcosa, Steve, e questo non mi piace” tagliò corto Bucky.
Improvvisamente Steve
comprese.
Le reazioni di Bucky
non erano dettate dalla rabbia o dall’aggressività, ma da un’insicurezza di
fondo che il giovane Soldato non era mai riuscito a togliersi di dosso. Ed era
vero che, in quel momento, proprio lui stava contribuendo a renderlo ancora più
insicuro…
Il Capitano fece il
giro del tavolo e andò ad abbracciare stretto il suo compagno, sentendolo
rigido tra le sue braccia. Doveva soffrire davvero tanto e non riusciva a
trovare il modo di parlarne, ed era solo colpa sua. Lo tenne stretto a sé
finché non sentì che la tensione nel corpo di Bucky si scioglieva e che il
giovane ricambiava l’abbraccio.
“Io non voglio
perderti di nuovo, Steve” mormorò, confessando finalmente il timore che gli
avvelenava il cuore da tutto il giorno. “Non voglio che ti imbatta in Loki, non
voglio che ti venga in mente di cercare di salvare i tuoi amici, io… io non
saprei che farci in questo mondo, se tu non tornassi.”
L’abbraccio si
trasformò in un bacio disperato, impetuoso, pieno di desiderio ma anche di angoscia.
Le bocche e i corpi si allacciarono come se quello fosse l’unico modo per
rassicurarsi a vicenda, per sentire che c’erano ancora e sempre l’uno per l’altro
e che niente li avrebbe potuti separare. Dalla cucina i due amanti finirono
direttamente in camera da letto, stringendosi spasmodicamente,
strappandosi le vesti di dosso con veemenza e impazienza e baciandosi sempre
più profondamente. Si ritrovarono sul letto ansimanti, le mani che percorrevano
i corpi, le bocche che si cercavano avide e instancabili, fino al congiungimento
che li fece sprofondare l’uno nell’altro, perdendo totalmente la cognizione di spazio
e tempo e persino la loro identità, come se fossero divenuti un solo essere,
indivisibile per l’eternità, fino a raggiungere un’estasi di assoluto piacere.
Quando la
bramosia e il bisogno di sentire l’uno la presenza dell’altro furono finalmente
soddisfatte, i due restarono ancora allacciati insieme, in un abbraccio questa
volta tenero, caldo e confortevole.
“Buck,
ricordi la sera in cui ci salutammo, prima che tu partissi per la guerra?”
domandò Steve, baciando il compagno sui capelli scompigliati. “Tu volevi
rassicurarmi e sembrare sereno, ma io non potevo sapere se saresti tornato sano
e salvo, e nemmeno tu.”
“Certo
che lo ricordo” rispose il giovane Soldato, “ma che altro avrei potuto dirti?
Io volevo che tu fossi al sicuro e che aspettassi il mio ritorno senza fare
pazzie, tipo cercare di imbarcarti clandestinamente o che so io.”
“Appunto.
Questa è esattamente la stessa situazione” riprese Steve, alzandosi su un
gomito e guardando negli occhi il suo compagno. “Io non so cosa potrà accadermi
domattina. Devo attraversare il regno quantico e tornare nel passato per
rimettere a posto le Gemme dell’Infinito e non è diverso dall’andare a
combattere i nazisti nella Seconda Guerra Mondiale. Posso prometterti che sarò
prudente, che non cercherò guai, che farò di tutto per tornare da te, ma non
posso assicurartelo, esattamente come
tu non potevi assicurarmi che saresti tornato sano e salvo dalla guerra. Non so
in che cosa potrò imbattermi, è un salto nel vuoto. Lo capisci, vero?”
Bucky non
avrebbe voluto, ma doveva capirlo per forza, visto che lui stesso si era
comportato così quando aveva scelto di arruolarsi volontario…
“Sì, lo
capisco. Ma… Steve” mormorò ancora una volta, stringendo forte a sé il suo
Capitano, “ricordati che io sarò lì ad aspettarti, fino alla fine.”
“Ma
certo, Bucky!” esclamò Steve, commosso.
E,
stretti l’uno all’altro, Steve e Bucky riuscirono finalmente ad addormentarsi,
placati e sereni.
La
mattina dopo si ritrovarono in un boschetto nei pressi del quartier generale
degli Avengers, ormai ridotto a un cumulo di macerie. Ovviamente, in una
situazione normale, sarebbe stato quello il luogo da cui avrebbero preparato la
spedizione di Steve ma, vista l’impraticabilità del quartier generale, un bosco
vicino era parsa la soluzione migliore… caso mai fosse accaduto qualcosa di
pericoloso, almeno non ci sarebbero state abitazioni nelle vicinanze.
Oltre a
Steve e Bucky, c’erano anche Bruce Banner, che avrebbe azionato il dispositivo
per far entrare il Capitano nel tunnel temporale, Sam Wilson e, a sorpresa,
Pietro Maximoff. Il ragazzo, infatti, era tornato in Sokovia quattro anni prima
e poi, dopo lo schiocco di Thanos, era stato uno degli scomparsi. Una volta
tornato indietro, aveva per prima cosa cercato di riunirsi alla sorella Wanda
e, subito dopo, a Bruce Banner, con cui aveva avuto, cinque anni prima, una
specie di storia a distanza. Banner,
imbranato e confusionario come sempre, era riuscito a incasinare sia il
rapporto con Pietro che quello con Natasha e alla fine si era ritrovato da
solo. Pietro, però, dopo aver saputo della morte di Natasha, aveva deciso di
restare accanto al suo dottore preferito… per qualsiasi evenienza. Al momento
si poteva dire che i due erano buoni
amici, ecco. *
Steve
rassicurò Banner dicendogli che avrebbe chiuso tutte le linee temporali, poi
salutò Pietro e Sam e, infine, si avvicinò a Bucky che era rimasto in disparte
ad osservare la scena con uno sguardo triste. Continuava ad avere uno
spiacevole presentimento e non riusciva a scacciarlo.
“Non fare
stupidaggini fino al mio ritorno” gli disse Steve, con un sorrisetto.
Suo
malgrado, anche Bucky si ritrovò a fare un sorriso storto. La sera prima Steve
aveva sottolineato quanto la loro situazione attuale rispecchiasse quella di
tanti anni prima, quando era stato Bucky a partire per una guerra da cui non
sapeva se sarebbe tornato, e adesso il Capitano salutava il suo compagno con la
stessa battuta usata allora da lui.
“Non
potrei” rispose Bucky, stando al gioco. “Porti via tutta la stupidità con te.”
Eppure,
per qualche strano motivo, Bucky sentì un dolore straziante lacerargli l’animo
mentre pronunciava quelle parole. Il presentimento negativo lo torturava, più
forte di prima, e non era d’aiuto pensare che, in fin dei conti, quelle battute
e quel saluto non avevano portato molta fortuna a nessuno dei due, negli anni
Quaranta.
C’era
proprio bisogno di ripeterle?
“Steve,
sii prudente e… io ti aspetto. Ti aspetto qui” mormorò Bucky. Si sentiva
piuttosto patetico, ma non era riuscito a trattenersi. Steve lo abbracciò
forte, commosso.
“Andrà
tutto bene, Buck” promise, prima di intraprendere il suo viaggio nel regno
quantico.
Banner,
Pietro, Sam e Bucky lo videro sparire sotto i loro occhi.
“Quanto
ci metterà?” domandò Pietro, osservando curioso gli strani marchingegni
utilizzati da Banner.
“Dipende.
Per lui tutto il tempo necessario a rimettere le Gemme nel posto esatto in cui
si trovavano” rispose Bruce. “Per noi, invece, più o meno cinque secondi.”
Ma,
quando Banner fece il conto alla rovescia, Steve non riapparve.
“Dov’è?”
domandò subito Sam, agitandosi.
“Beh,
dovrebbe essere qui” replicò Banner, continuando a premere pulsanti e a
maneggiare il dispositivo di avviamento, anche lui piuttosto preoccupato.
“Non è
che hai fatto un casino e che il povero Cap è finito ai tempi della Rivoluzione
Francese o della Regina Elisabetta, eh, Doc?” fece Pietro, scherzando per
alleggerire l’atmosfera… ma anche lui non si sentiva affatto tranquillo.
“Riportalo
indietro! Riportalo subito indietro!” esclamò Sam, che si stava seriamente
innervosendo.
“Ci sto
provando…” protestò Banner.
Nessuno
fece caso a Bucky che, con lo sguardo sempre più triste e rassegnato e le
lacrime agli occhi, si stava lentamente allontanando dal piccolo gruppo degli
amici.
Qualcosa
era andato storto, se lo sentiva.
Non
avrebbe mai più rivisto Steve.
Ma Bucky
non poteva vivere senza il suo Capitano, non aveva alcuna ragione per andare
avanti senza di lui…
Fine capitolo secondo
* Tutta la vicenda di Pietro Maximoff e la
sua storia con Banner sono di mia invenzione, ovviamente. Come io abbia salvato
Pietro dalla morte e come lo abbia fatto avvicinare a Bruce è raccontato in una
mia vecchia fanfiction del 2015, Crash! Boom! Bang!.