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Autore: meiousetsuna    08/05/2020    5 recensioni
Questa storia è stata pensata per il contest: Generi a catena di Dark Sider, scritta col prompt di Lita_EFP: Non aveva mai visto del sangue di quel tipo, prima
[Generi secondari: light fantasy, magic realism / Avvertimenti: mild! Language]
[Human!Crowley/Nephilim!Aziraphale]
[Parte 4/4]
Anthony J. Crowley non è stato un ragazzo fortunato. La sua famiglia non è stata di alcun supporto, anzi, al contrario, lo ha condannato a una vita molto difficile. Le persone che lo circondano peggiorano la situazione, ma un giorno, quando meno se l’aspettava, un uomo molto speciale incrocia il suo cammino. O questo è quello che crede…
Con infinito amore per questo fandom meraviglioso,
Setsy
Genere: Drammatico, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Aziraphale/Azraphel, Crowley, Hastur, Ligur
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Genere assegnato: fantasy
Prompt utilizzato: Non aveva mai visto del sangue di quel tipo, prima
Generi secondari: light fantasy, magic realism
Avvertimenti: mild! Language
Ringrazio di cuore Lita_EFP che mi ha regalato il prompt, e Dark Sider che ha indetto il contest: “Generi a catena” , per il quale la storia doveva essere scritta
Parte 1/4
Human!Crowley/Nephilim!Aziraphale + altri

Il diavolo nella bottiglia

Che strana sensazione, non l’aveva mai provata precedentemente; eppure ormai era un esperto, anzi, un collezionista di assurdità. Alcune notti aveva gridato guardando il soffitto scendergli incontro, abbassarsi fino quasi a schiacciarlo. Altre aveva pianto cercando di scalciare via dal letto un’orda di scarafaggi che correva verso di lui per divorarlo. Era la visione più ricorrente che lo perseguitava, e la maggior parte delle volte non finiva tanto male; quando si riprendeva aveva qualche livido sulle gambe, se aveva utilizzato la lampada o un libro abbandonato sul comodino per colpirli. Ma otto giorni prima doveva aver deciso di non sopportare più quelle bestie schifose, e dare fuoco alla coperta con l’accendino era parsa una soluzione definitiva veramente buona. Si era svegliato al pronto soccorso con ustioni di secondo grado, una prognosi di una settimana e la proposta di un’assistente sociale alla quale aveva sputato in faccia insulti e minacce, per poi chiederle di ripensarci, visto che era il solo modo di ricevere aiuto.
Il ragazzo cercò di concentrarsi, respirando lentamente, e piano piano la bolla di silenzio si incrinò come una palla di vetro con la neve che venga sbattuta troppo energicamente, il liquido gelatinoso che fuoriesce dalla frattura che colava via dalle sue orecchie, facendo tornare lentamente l’udito a funzionare.
“Sei con noi, caro?” La voce della signora Tracy era accomodante e fin troppo tenera, per i suoi gusti, come quel ridicolo completo rosa poco adatto a una donna di mezza età. Pazienza, ci avrebbe provato.
“Mi chiamo Anthony, sono qui perché l’alternativa più probabile era un ricovero coatto, e non bevo da circa un’ora. La mattina bisogna pur tirarsi su”.
Alcune risate sommesse accompagnarono quelle parole, unite all’espressione contrariata dei partecipanti che erano più avanti col programma, mentre due uomini seduti vicini si scambiarono uno sguardo che attirò subito l’attenzione di Anthony. Poteva essere ubriaco pressoché sempre, reggersi a malapena in piedi, però riconosceva un piano malefico quando ne vedeva uno; era un suo talento naturale.
“Non mi sembra il modo giusto di accogliere un nuovo membro della nostra famiglia!” Il veterano del gruppo, il signor Shadwell, si alzò con tanta veemenza da rovesciare la sedia, brandendo una bibbia come se fosse stata una sciabola. “Se il ragazzo è venuto qui ha ancora una possibilità, dico io!”
Stava per accingersi a dare una piccola dimostrazione a quelli che trovava fossero i peggiori soggetti con una bella manata tra capo e collo, ma la signora Tracy lo bloccò con una semplice alzata di sopracciglio.
“Qui non è ammesso nessun  genere di violenza, sergente. La prego di tornare a posto, da bravo”.
Il fatto che l’arcigno uomo si facesse comandare a bacchetta, purché gli ordini fuoriuscissero dalle labbra dipinte di rosa shocking della coordinatrice, era cosa nota. Alcuni la trovavano tenera, altri mugugnavano di favoritismi, ma non era così. La signora era imparziale e gentile; semplicemente sapere che Shadwell era piombato nell’alcolismo in quanto reduce della guerra del Vietnam le aveva fatto decidere di riuscire a migliorare la sua vita a ogni costo. Conosceva bene i danni da stress post traumatico dei militari, perché le problematiche dovute alle guerre erano state l’argomento della sua tesi di laurea, una tematica non prediletta dai suoi colleghi all’epoca, ma che lei riteneva di capitale importanza.
L’attenzione di Anthony era tornata sulla coppia di compari che gli avevano fatto più impressione. Certo erano brutti, per fortuna su di lui l’alcol non aveva fatto danni del genere. Ancora.
Dovevano essere una coppia gay, era chiaro come il sole, il che lo faceva sentire leggermente propenso a sentirsi compreso, visto che giocavano nello stesso campo. Le somiglianze però finivano lì. Uno dei due uomini aveva la pelle più macilenta che avesse visto, e un’evidente ripugnanza per acqua e sapone. I capelli erano incanutiti anzitempo e tutto faceva presagire che non sarebbe durato ancora molto, continuando così. Il suo partner era un ragazzo di colore che pareva messo appena meglio. Anche lui aveva una dermatite abbastanza ripugnante, ma il suo aspetto complessivo non era quasi da zombie come l’altro uomo. Come si evinceva che fossero una coppia? Due adulti, ― indovinare l’età a un certo stadio non è più tanto semplice ― con delle t-shirt rispettivamente con un rospo e un camaleonte con un arcobaleno di sottofondo, non erano precisamente discreti.
“Qualcun altro vuole condividere un racconto con tutti noi?” Tracy era sorridente e serafica come al solito.
“Qualcosa da dire ce l’ho”, il tipo dai capelli bianchi si era alzato, con apparente sforzo “sono Hastur, per chi non mi conosce”. Un cenno del capo venne rivolto al nuovo arrivato.
“Non ho toccato la bottiglia per tutta la settimana, ero contento… ma poi è arrivato questo dannato giovedì mattina, e mi è servito un goccio per venire qui a sopportare tante stronzate”.
Tracy era visibilmente dispiaciuta, soprattutto per i più nuovi, erano questi a essere influenzabili.
“Se la seduta era così intollerabile potevi rinunciare, Hastur, sei qui volontariamente, non con un programma della polizia. Potevi chiamare”.
“E pensi che non l’abbia fatto, brutta strega? C’era la segreteria e io non ci parlo con quella cosa, la odio! La odio più della tua voce…”
La frase non arrivò mai alla fine, perché l’accusatore aveva commesso un grosso sbaglio. Mai chiamare ‘strega’ la donna davanti a Shadwell. Incurante delle conseguenze egli era balzato in piedi e aveva assestato uno schiaffo ad Hastur, anche se con poca forza. Quella che seguì fu una specie di rissa, per quanto contenuta; la maggior parte degli iscritti all’Anonima Alcolisti non era intenzionata e cercare nuovi guai; però la coppia, Shadwell, una matrona dalla stazza di tutto rispetto e un giovane dall’aria timida con gli occhiali si erano letteralmente presi per i capelli.
Anthony cominciava a trovare la cosa divertente, a suo modo. Meglio dei lavori sociali o degli altri programmi che gli avevano proposto. Senza pensare lontanamente di immischiarsi si alzò, camminando mollemente verso l’uscita, salutando con un cenno della mano fatto di spalle e un “ciao” nel suo discreto italiano. Quello che non si aspettava era che la porta a ventola (1) si aprisse di colpo e un uomo dall’aria trafelata piombasse all’interno andando inevitabilmente a sbattergli addosso.
Anthony Crowley poteva avere molti difetti, e di alcuni non andava fiero, ma non era timido e non gli mancava il buon gusto. Per non parlare del suo aspetto avvenente, con quei capelli color rame lunghi fino alle spalle, gli occhi castano dorato e il fisico longilineo ed elegante. Non aveva bisogno di pregare nessuno, anzi faticava non poco a scollarsi di dosso corteggiatori molesti e ragazze, perché il suo potere seduttivo era tale da fare presa su ambedue i sessi. Le donne non gli dispiacevano del tutto, ma la sua preferenza era decisa. Uomini più maturi, dall’aria accondiscendente, magari con gli occhi azzurri e non ultima quell’aura protettiva che lo sconosciuto emanava in modo naturale. Non l’avrebbe ammesso neppure sotto tortura, ma da quando la sua vita era tracollata sentiva un immenso bisogno di potersi fidare di qualcuno. Non era ingenuo, sapeva di non doverci credere, eppure…
“Oh! Mi dispiace tanto, caro, ti ho fatto male?”
Bene. La voce del portatore di riccioli biondi e occhi come il cielo era anche meglio del suo involucro, che pure era accattivante. L’uomo era di media altezza, con un fisico leggermente paffuto e un’eleganza fuori moda in modo buffo, ma che gli donava qualcosa di speciale. Di certo la parte migliore era la dolcezza che tracimava dalle sue parole, come se dalla sua bocca fluisse zucchero filato.
“Ti ho urtato io, vecchio mio, tranquillo. E non mi dispiace”. Anthony fece scorrere lo sguardo in modo a dir poco indiscreto dalla testa ai piedi del nuovo arrivato, senza tentare di nascondere i pensieri che gli frullavano in testa. “Almeno è successo qualcosa di interessante in questa pagliacciata. Qualche possibilità di invitarti al pub ce l’ho? E hai un nome, suppongo. Sono Anthony J. Crowley, preferisco essere chiamato per cognome. Per essere uno con problemi di alcolismo stai davvero bene, dolcezza”.
Dopo un secondo di perplessità, il biondo gli rivolse un sorriso smagliante, corredato di deliziose fossette.
“Io sono un volontario, quindi dovrei dirti “non toccherei mai un goccio d’alcol”, ma sarebbe una bugia; però non posso portarti certo con me, sarebbe disdicevole”.
“Disdicevole”. Anthony non capiva se lo stravagante biondino lo stesse prendendo in giro o fosse precipitato nella Londra del 2020 da una macchina del tempo.
“Ma sono proprio maleducato! Il mio nome è Aziraphale Fell, lieto di conoscerti, Crowley. Non stavi andando via, vero?”
Per la precisione stava fuggendo, non solamente lasciando quella rissa ridicola. Voleva solo comprare del vino economico, trovarsi un angolino isolato nella zona dei docks ― uno poco controllato dalla polizia ― e bere fino a svenire. In quel momento Hastur e Ligur li raggiunsero, esibendo due ghigni poco rassicuranti nei confronti di Aziraphale.
“Sempre di mezzo, Fell. Il nuovo viene via con noi, questo non è il suo posto”.
Hastur allungò un braccio per passarlo confidenzialmente sulle spalle di Crowley, ma inaspettatamente il volontario si frappose tra di loro.
“Non credo sia l’idea più confacente, questo ragazzo ha bisogno di me. Sceglierà lui chi ascoltare, ora non potete portarlo via”.
Anthony non era precisamente sobrio ― non lo era mai ― però era sveglio, e non aveva ancora perso il contatto con la realtà, almeno non frequentemente. Eppure avrebbe giurato di vedere qualcosa che avrebbe fatto bene a tenere per sé, invece di spifferarla a qualche strizzacervelli. Una diagnosi di schizofrenia non gli avrebbe giovato, eppure era sicuro che per un paio di secondi le pupille di Hastur si fossero dilatate fino a rendere completamente neri i suoi occhi inespressivi, mentre intorno alla chioma chiara di Fell si fosse formato una specie di alone lucente. Doveva essere un disturbo della vista che iniziava a manifestarsi. Per un attimo il giovane rivide suo padre con le mani legate al letto in preda al delirium tremens, il funerale dove non si era presentato nessun vecchio amico; poi sua madre che l’aveva cacciato di casa a sedici anni appena aveva riconosciuto nel figlio la tendenza del marito. Aveva supplicato, pianto e preso a calci la porta, ma lei era stata inflessibile. Avrebbe potuto denunciarla ma era troppo orgoglioso per questo, e comunque lei non lo amava più. Non poteva darle torto del tutto, i suoi uomini l’avevano tradita cercando la felicità nel fondo di una bottiglia, ma non è nei peggiori momenti che si riconosce il vero affetto materno? Non erano mai stati la famiglia di una pubblicità di biscotti, ma avrebbero potuto ancora restare insieme. Improvvisamente l’idea di svegliarsi coperto dal proprio vomito al gelo su una panchina era molto meno attraente di quella di seguire il volontario, che era indubbiamente una persona affidabile. Cosa gli costava?
“Mi offri il pranzo, Aziraphale? Ma che nome è?” Nel formulare quella frase Crowley inforcò gli immancabili occhiali da sole, un po’ perché erano parte attiva del suo fascino, un po’ perché non si notasse che quello che stava provando era imbarazzo.
“Con vero piacere, caro! Conosco tutti i ristorantini della zona, e mentre mangiamo mi potresti raccontare qualcosa di te, sono sicuro che sarà una storia interessante”.
Anthony aveva imparato a prendere la vita con nonchalance, in quegli anni vissuti in strada. Era chiaro che quell’uomo, malgrado l’aspetto etereo e bonario, poteva solo essere un tipo losco che adescava ragazzi un po’ più giovani che trovava in difficoltà. Nessuno fa niente per niente. Poteva capitare di peggio; almeno questo era di bell’aspetto, e aveva anche un buon profumo, molto peculiare. Se fosse stato possibile avrebbe detto che fosse il suo odorenaturale, ma nessuna persona profuma di vaniglia.
“Spero che la cucina italiana ti piaccia, io sono un golosone… a Londra non si trovano delle fettuccine impeccabili, tranne che da Angelo”.(2)
Crowley doveva riconoscerlo: quella stava essendo la sua giornata migliore da mesi. Forse da anni. Al loro ingresso un omaccione simpatico e corpulento li aveva accolti come la regina Elisabetta, abbracciando Aziraphale e apparecchiando per loro al lume di candela, malgrado fosse mattina, ostentando strizzate d’occhi e sorrisi che non avevano nulla di viscido, anzi. Si era sentito a casa, in qualche modo, e sempre più compiacente verso quello che evidentemente sarebbe stato il dopo pranzo, tranne nel momento in cui come accompagnamento dell’ottimo pollo alla diavola ― sapeva tradurne il nomeAziraphale aveva ordinato per tutti e due un milkshake alla fragola. Non era neppure riuscito a replicare qualcosa di più sensato di “urgk”. Aveva aspirato un sorso dalla cannuccia rosa come se fosse veleno, invece… era buono. Aziraphale aveva bevuto con l’espressione del gatto che lecca la panna, ma con la sua cannuccia personale. Con un disegno tartan. L’atmosfera era calda, il cibo ottimo, però qualcosa non tornava, ci sarebbe voluto un miracolo per non avere voglia di vino o di superalcolici. Dopo aver terminato con una torta al cioccolato e nocciole Anthony era disponibile a fare conversazione, un altro piccolo lusso che non si era accorto quanto gli mancasse; non frequentava compagnie molto interessate a fare filosofia, per capirci.
“Toglimi una curiosità, Aziraphale; quanto guadagni col tuo lavoro? Inviti tutti, o lo stai facendo solo per me?” Prima di ricevere una risposta il ragazzo aveva scostato da viso una ciocca di capelli fissando l’interlocutore col suo sguardo speciale “Poi vorrai fare qualche giochetto”.
Il viso chiaro di Fell si accese di gioia.
“Adoro i giochetti! Pronto? Ne faccio uno adesso!”
“Qui al ristorante? Non ti credevo così audace, davvero. Quando pensi di aver capito come giudicare qualcuno… forza, vediamo che sai fare”.
Aziraphale si alzò, sporgendosi leggermente verso Anthony e facendo degli strani gesti nell’aria, per poi esibire trionfante una moneta all’altezza delle sue corte basette rosse.
“Hai visto? C’era una sterlina dietro il tuo orecchio!”
“Stai scherzando”.
“No, prima non c’era e ora è comparsa!” Il viso del biondo era proprio quello di un bambino, in quel momento.
“Era nella tua tasca, poi nel polsino, è stata una cosa pietosa. Ti prego non farlo più, è imbarazzante”.
“Pubblico difficile, stasera” Aziraphale non sembrava offeso, era come se fosse impossibile scalfire il suo stato di serenità “allora facciamo quattro chiacchiere, che ne dici? Angelo non ci manderà via, anche se abbiamo terminato”.
Crowley si rilassò gettandosi indietro sulla sedia in modo scomposto.
“Penso che angelo sia adatto a te, ti chiamerò così. Con quelli che frequento usiamo nei nomi d’arte. Io sono Snake”. Il ragazzo indicò il tatuaggio sulla propria tempia, che raffigurava un serpente arrotolato nella parte centrale del corpo, ridacchiando e aspettando.
“Non sto per farti una ramanzina se è quello che attendi, caro. Invece voglio raccontarti chi sono i tuoi compagni di gruppo, vuoi? Dunque, la più interessante è Theresa, quella signora leggermente florida che mi sembrava di sentire gridare delle parolacce al mio arrivo… sai… era una suora, pensa! Poi l’hanno accusata di cercare di evocare il diavolo, e la povera donna per la disperazione si è data al bere, una storia tristissima”.
L’attenzione di Crowley era tutta sua, era chiaro che le maldicenze gli piacessero parecchio.
“Il ragazzo con gli occhiali è Newt, è un bravo figliolo. Ha quasi adottato il sergente Shadwell, il più anziano del gruppo; sembrano zio e nipote, nutro molta speranza che si sosterranno a vicenda. Newt ha perso l’impiego mentre stava per sposarsi, ha commesso un grave errore che ha fatto saltare la luce di un’intera cittadina, e quando gli hanno fatto il test è risultato che avesse bevuto una birra sul lavoro. Certo è stato un po’ malandrino, ma credo si sia trattato di una sfortunata coincidenza. Credo che tornerà in carreggiata e convolerà a nozze con quella deliziosa fidanzata di cui ho visto una fotografia”.
“Tutti convolano a nozze, ovvio”. Adesso Crowley era passato a desiderarlo un pomeriggio a letto col suo anfitrione. Doveva essere come mangiare una torta di panna, in ogni senso; non capiva come invece di ridergli in faccia trovasse quel personaggio così accattivante proprio per quell’aria d’altri tempi.
“Shadwell per fortuna si è ripreso benissimo, in realtà…” Aziraphale modulò la voce in un sussurro cospiratore “è invaghito della signora Tracy per questo è presente a tutte le riunioni! Sarebbe bellissimo se sbocciasse l’amore anche tra loro”.
“Guardi il mondo con le lenti rosa, hum? Invece dimmi qualcosa di quei due, Hast…”
Lo sapeva, aveva toccato un tasto sensibile. Aziraphale aveva trattenuto il fiato, e si era posato l’indice sulle labbra per chiedere gentilmente silenzio.
“Non nominiamolo proprio, vorresti? (3)È un poco di buono! Se potessi lo farei allontanare dal nostro centro, ma è un tirapiedi del direttore generale dei centri di accoglienza qui a Londra, la signora Baal.(4)
Purtroppo è la più influente nel nostro settore; tutte le persone con problemi di… ecco, piccoli inciampi in qualsiasi sostanza che crei dipendenza sono presenti nel suo schedario. I casi più difficili finiscono nel suo centro, quello nell’area di Brixton, e lì… pochi migliorano davvero. I due di cui parliamo ce l’hanno fatta, ma con grandi sacrifici, e non vorrei che lo stesso succedesse a te, caro ragazzo. Riconosco una persona che merita, quando la vedo”.
“Cos’hanno fatto, hanno venduto l’anima al diavolo? E in cambio di misteriosi poteri ne reclutano altre?”
Crowley se la stava spassando, ma il viso di Aziraphale era diventato bianco come un foglio di carta.
“Perdincibacco, che sciocchezze stai dicendo? Forse è il momento di andare via, ti dispiace?”
In qualsiasi altra circostanza Anthony avrebbe preso in giro l’uomo fino alla morte, ma il suo sesto senso ― che era molto affidabile ― lo stava avvertendo di ben altro. Aveva smesso da tempo di credere alla favole, anzi non se ne ricordava più, di un tempo così. Eppure l’impressione di aver detto qualcosa di simile alla realtà non lo abbandonava. Seguì Aziraphale in un silenzio riflessivo che non gli apparteneva, per poi giocarsi il tutto per tutto.
“Casa tua?”

(1)Porta con apertura a spinta tipo saloon
(2) Aziraphale ha portato Crowley nel ristorante di Sherlock BBC. Ho citato la mia scena Johnlock preferita…
(3) Hastur “l'Innominabile” è un essere appartenente ai Miti di Cthulhu di Lovecraft
(4) Nell'Antico Testamento compare l'espressione Baʿal zĕbūb ("signore delle mosche"), come trasformazione spregiativa di Baʿal zĕbūl ("principe Baal")

Il titolo è quello di un romanzo minore di Stevenson, che non ha nulla a che vedere con la mia fiction ^-^

  
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