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Autore: ciocoreto    10/05/2020    3 recensioni
Provò a scappare ancora una volta, ma non glielo lasciai fare. Lo afferrai per entrambe le braccia, strattonandolo e costringendolo a fronteggiarmi. Gli urlai contro come una furia: «L'ho baciata perché mi andava, Hinata! Perché sono una persona libera! E dal momento che tu non c'entri nulla con questa storia, spiegami la tua ridicola sceneggiata, prima che ti riempia di pugni!»
Alzai il pugno in aria, ma il mio colpo si fermò lì.
Hinata aveva chiuso gli occhi, la bocca era deformata in una smorfia e tremava nel tentativo di trattenere i singhiozzi. Stava piangendo.
Le parole mi morirono in gola. Perché? Perché non riesco a capire, Hinata?
{Raccolta KageHina partecipante alla Hugs&KissesChallenge indetta da carlotta.97 sul forum di EFP.}
Genere: Fluff, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Shouyou Hinata, Tobio Kageyama
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Steps










- Un giorno di quelli -










   In quei giorni, Hinata era strano. Più strano del solito, si intende.
   C'erano momenti in cui a malapena mi rivolgeva la parola, come se avesse avuto paura, il che ormai, dopo tutto quello che avevamo passato insieme nei mesi precedenti, non mi tornava. Qualche settimana prima avrei fatto fatica a farlo stare zitto, ora quel silenzio che per la maggior parte del tempo regnava fra noi mi metteva quasi a disagio. Sia in palestra che per la via di casa – soprattutto per la via di casa –. Un pezzetto di strada eravamo soliti farlo assieme, lui con la sua bicicletta, io a piedi. Perché improvvisamente non mi raccontava più le sue noiose stronzate?

   «Oi», esordii un giorno, stanco di quella situazione.

   Lungo la strada di casa, lo feci sobbalzare e alzare lo sguardo dal manubrio della sua bicicletta. Rimase in attesa, fissandomi con occhi grandi e confusi.
   Mi presi un secondo per studiarlo, dalla punta dei capelli a quella delle scarpe: mi sembrava tutto regolare.

   «Sei malato?» gli chiesi.

   La sua fronte si corrugò. «Eh?»

   «Di solito non stai mai zitto. Nell'ultimo periodo riesco persino a sentire i miei pensieri in testa.»

   Distolse lo sguardo, la bocca leggermente distorta in una smorfia, come se lo avessi appena beccato a fare qualcosa di male. Comunque non mi rispose, non a parole almeno: continuò a camminare con la sua bici fra le mani, il passo leggermente più rapido – mi superò abbastanza perché potessi guardargli soltanto la schiena –, ma il suo silenzio fu sufficiente a suggerirmi che c'era qualcosa che non voleva dirmi.
   Quel suo modo di fare mi friggeva il cervello. Solitamente non mi preoccupavo per gli altri, tanto meno mi interessava sapere cosa passasse loro per la testa. Ma con Hinata era diverso e non sapevo spiegarmi il perché. Come mai non mi stressava più con la sua insopportabile voce troppo alta ogni santo giorno? Ma soprattutto perché io fremevo così tanto per avere delle risposte da lui?
   Improvvisamente lo vidi bloccarsi davanti a me e, di riflesso, lo imitai.
   Qualche goccia d'acqua mi picchiettò la testa: stava iniziando a piovere. Rivolsi lo sguardo verso il cielo cupo e nuvoloso e non mi accorsi della velocità con cui Hinata lasciò cadere la sua bicicletta a terra, per voltarsi finalmente verso di me, il capo chino e gli occhi coperti da qualche ciuffo di capelli.

   «Che-»

   Riuscii a malapena ad aprire bocca. Mi si gettò addosso, il viso nascosto nel mio petto, le braccia strette come una morsa attorno ai miei fianchi, e con tutta la sua forza e il suo peso mi costrinse ad arretrare fino a che non mi mise con le spalle contro un palo della luce. Come se avesse voluto nasconderci lì dietro, anche se in quella strada, a quell'ora e soprattutto con la pioggia, non c'era mai nessuno.
   Balbettai qualcosa di incomprensibile persino a me stesso, e fu tutto ciò che riuscii a fare. Lui respirava affannosamente, come se fino a quel momento fosse rimasto in apnea, e più la sua stretta aumentava, più la sua testa premeva contro il mio sterno, quasi facendomi male. Mi abbracciava con tutte le sue forze, come se avesse avuto paura di essere allontanato. Forse ne aveva, ma in quel momento l'ultimo pensiero che mi passò per la mente fu proprio quello di respingerlo. Ero sopraffatto dalla sorpresa che quel contatto mi provocava. Mi tremavano le gambe.

   «Che fai?» riuscii soltanto a chiedergli in un soffio.

   Non mi rispose e io rimasi immobile. Le mie braccia, che nella sorpresa si erano sollevate e aperte davanti a me, ancora rimanevano sospese ai lati delle sue orecchie, incerte sul da farsi.
   Il silenzio ci avvolse, mentre le gocce di pioggia iniziarono a cadere sempre più fitte su di noi. Hinata tremava contro di me. Forse anch'io tremavo un poco.
   Non saprei dire per quanto tempo rimanemmo in quella posizione: forse per qualche minuto, forse soltanto per pochi secondi. Poi, lentamente, il suo viso iniziò a risalire lungo la mia clavicola, fino a quando non potei percepire il suo respiro contro la mandibola. Con la punta del naso mi accarezzava una guancia.
   Una scarica elettrica risalì lungo la mia spina dorsale.
   Non realizzai subito la situazione. Per un attimo non ricordai nemmeno il mio nome. In un primo momento riuscii soltanto a sentire il suo cuore martellarmi contro lo stomaco, poi la sensazione di non percepire nient'altro, se non l'improvviso giramento di testa e il tremendo calore che risalì dal mio bassoventre fino alle orecchie, mi annientò.
   Le mie braccia si mossero soltanto in quel momento, da sole, senza che io avessi detto loro di farlo: una avvolse la sua schiena, attirando il suo corpo ancora di più contro al mio, l'altra corse alla sua testa e la mia mano si chiuse attorno ai suoi capelli, obbligandolo a reclinare il capo all'indietro.
   Non era la mia testa a dirmi di fare ciò che stavo facendo. Nemmeno io sapevo cosa mi muoveva. I nostri occhi si incontrarono per un breve istante, troppo breve per poter capire cosa ci stesse passando per la mente.
   La mia bocca si avventò sulla sua, muovendosi come nemmeno io sapevo potesse fare. Avevo dato il mio primo bacio qualche tempo prima, ma si era trattato di un gioco, una scommessa con Tanaka, e non era minimamente paragonabile a quello che stavo dando ad Hinata.
   Lui si mise sulle punte dei piedi e le sue labbra si schiusero, seguendo le mie. Sapevo che quello doveva essere il suo primo bacio e in qualche modo glielo stavo rubando. Dio, non avrei saputo dire nemmeno io quanto quella consapevolezza mi soddisfacesse.
   Le nostre bocche erano incollate, bagnate, forse per la pioggia che aveva iniziato a cadere talmente fitta da inzupparci i capelli e i vestiti. O forse no. Il suo odore mi invase le narici e i polmoni, spingendomi ad andare oltre, ad invadere la sua bocca con la mia lingua e a cercare la sua. Quando si scontrarono affamate, Hinata mugugnò quasi impercettibilmente, ma quel suono mi fece allontanare da lui, sorpreso e quasi spaventato. Gli avevo fatto male?
   Finalmente riuscivo a vederlo in faccia, gli occhi sbarrati fissi nei miei. Quella bolla che ci aveva avvolti fino a quel momento, facendoci provare la sensazione di essere soltanto noi sospesi nel vuoto, era scoppiata, ma i nostri corpi erano ancora stretti l'uno all'altro. Lo vidi muovere la bocca, forse cercando disperatamente qualcosa da dire, e i suoi occhi scrutavano i miei in cerca di una spiegazione. Ma non avrei potuto aiutarlo in alcun modo: ero confuso quanto lui, se non di più.
   Come se si fosse reso conto soltanto in quel momento della situazione, si scostò di scatto da me, boccheggiando in cerca d'aria. Io rimasi immobile a fissarlo, la bocca dischiusa e la testa vuota. Eravamo fradici, ma quasi non ce ne eravamo accorti. Ad un tratto mi diede le spalle e corse verso la sua bicicletta, abbandonata a terra e bagnata a sua volta; la rimise dritta sulle due ruote, poi salì in sella e mi rivolse un'ultima occhiata colma di stupore. Infine si voltò e iniziò a pedalare lungo la strada, veloce, lontano. Seguii la sua schiena finché non divenne irraggiungibile ai miei occhi.
   La pioggia non cessava.
   Mi resi conto soltanto in quel momento di aver ricominciato a respirare.
   Non so cosa fosse cambiato quella sera, rispetto al solito. Non so perché fosse successo quello che era successo. So solo che mi portai fino a casa, fino a che non mi addormentai, la sensazione di avere le labbra di Hinata ancora contro le mie.











   
 
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