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Autore: Damisa    11/05/2020    2 recensioni
Ciò che si rompe, può tornare come prima? Si può davvero andare oltre e ricominciare? O sono solo delle illusioni?
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Alex Danvers, Kara Danvers, Lena Luthor
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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3.

La sua vita stava per finire e lei percepiva una strana calma, non le dava fastidio nemmeno quel vuoto allo stomaco, dovuto alla caduta. Aveva lo sguardo rivolto al cielo che si stava scurendo, lasciando intravedere le prime stelle. Erano meravigliose. Le lacrime le annebbiarono la vista. Non voleva morire, aveva ancora tantissime cose da fare e da…dire.
Adesso era troppo tardi.
Socchiuse gli occhi, lasciandosi andare all’inevitabile.
Sentì due braccia avvolgerla stretta…come aveva potuto avere la forza di buttarsi anche lei?
Era riuscita a prenderla, grazie a Rao.
Nonostante si trovasse a terra, quasi paralizzata, mentre quella maledetta kryptonite la stava avvelenando, l’impulso di salvare Lena era stato più forte della sofferenza.
Non aveva pieno controllo dei suoi poteri, ma riuscì lo stesso ad attutire la caduta, girando su se stessa, in modo che fosse lei a toccare il suolo.
L’impatto non fu affatto dolce, le mancò il respiro e tutta la polvere che si alzò non aiutava per niente, si sollevò appena e guardò il volto di Kara segnato da quel verde fluorescente.
La bionda provò a farle un mezzo sorriso quasi affranto e le sfiorò la guancia.
«Scappa Lena.»
Era appena un sussurro, smorzato da un lamento che non riuscì a trattenere.
No, non sarebbe mai scappata, lasciandola in balia di quel mostro. Si alzò e cercò di tirarla su.
«Avanti, ce ne andremo insieme.»
Si mise il suo braccio attorno al collo e la tenne dalla vita, ma riuscirono a fare solo qualche passo.
«Pensavate di andare da qualche parte?»
Kara provò a fare un respiro profondo, malgrado sentisse una miriade di spilli infuocati che la perforavano, poi si raddrizzò e strinse i pugni. Lanciò uno sguardo verso la mora, «Vai via Lena.»
«Non puoi fronteggiarlo in queste condizioni.», non vedeva una sola possibilità che ne potesse uscire viva e questo l’agitava.
«Non preoccuparti per me. Ora vai!»
Lo sapeva che non si sarebbe mai tirata indietro, che avrebbe combattuto fino all’ultimo e lei voleva aiutarla, ma cosa poteva mai fare?
«Avrei preferito usare la kryptonite in un’altra occasione, ma noto che questa donna ti distrae molto più di quel che pensassi.»
Era vero, quando si trattava di lei, Kara cambiava, eppure questo non le aveva impedito di tradirla. Scosse la testa, non era il momento di fare quei pensieri.
«Se provi a toccarla di nuovo, non avrò nessuna pietà.»
Prima di saettare in avanti, la guardò di nuovo e non riuscì a decifrare ciò che volesse dirle.
Un muto saluto?
Iniziarono a combattere e come previsto Kara stava avendo molte difficoltà, se solo avesse indossato la tuta… Giusto! Doveva trovare la tuta. Osservò la finestra da dove la bionda l’aveva lanciata. Non poteva essere finita molto lontana.
Kara stava facendo di tutto per resistere, ma tra la kryptonite e l’alieno che ogni volta che la toccava le risucchiava le energie, non sapeva nemmeno lei come poteva essere ancora in piedi. Un calcio ben assestato la fece volare di qualche metro e questa volta alzarsi fu più difficile. I muscoli non rispondevano ai suoi comandi, ma doveva prepararsi ad incassare l’attacco dell’avversario.
«Supergirl!»
Si voltò verso Lena che la stava chiamando a gran voce. Cosa ci faceva ancora là, doveva essersene già andata.
«Prendi.»
Afferrò al volo la tuta, attivandola un attimo prima che venisse colpita.
Questa volta fu l’alieno ad essere catapultato via dall’onda d’urto generata dal costume, ma non era comunque abbastanza. Ormai era davvero allo stremo delle forze.
Non poteva essere invulnerabile, tutti i sistemi avevano una falla, quindi anche lui doveva avere un punto debole. Il suo potere era quello di assorbire e replicare, bisognava trovare il limite che poi l’avrebbe portato al punto di rottura. E per fare ciò, avevano una sola possibilità, altrimenti sarebbero state spacciate.
Provò a chiamarla, ma in quel momento partì un’onda che scaraventò l’alieno di qualche decina di metri da lei, doveva approfittarne ora per dirle il suo piano.
Kara si appoggiò ad un muro, stava sudando freddo, voleva solo che tutto finisse e riportare Lena a casa, ma finché non le passava l’effetto della kryptonite, non sarebbe stata in grado di salvare né lei né se stessa.
Si voltò verso la mora che le stava gridando qualcosa, ma non riuscì a captare una sola parola, si sentiva sull’orlo dello svenimento.
Lena si rese conto che non la stava proprio ascoltando, che fosse arrivata davvero agli sgoccioli?
Un boato la fece girare verso il punto in cui era l’alieno, dove era finito?
Il vedere quell’essere nella sua forma incandescente già l’avvilì, quando comprese che non stava andando verso di lei, ma verso Lena ci fu solo panico. D’istinto si mise a correre, non veloce come avrebbe voluto, i poteri la stavano lentamente abbandonando. Il suo intento era quello di fare da scudo, frapponendosi tra i due, però un colpo del genere avrebbe ricaricato all’istante la tuta e Lena sarebbe rimasta comunque ferita.
Poteva fare solo una cosa. A metà strada la tolse e raggiunta Lena l’attivò su di lei, spingendola poi via. Non poté fare niente contro il colpo che le arrivò.
«Non ho alcuna intenzione di farmi fregare da te donna!»
Lena fece qualche passo indietro, Kara era finita sotto un cumulo di macerie e questa volta non si sarebbe rialzata. Aveva dato tutto per poterla proteggere, senza preoccuparsi delle conseguenze. Doveva pensare, doveva guadagnare tempo!
 
«Supergirl!»
Una voce familiare risuonò nel casco.
«Alex, sono Lena.»
Ci fu un breve silenzio, sicuramente non era facile spiegarsi perché fosse lei ad indossare il costume.
«Sono riuscita a sentire cosa hai suggerito, vi sto raggiungendo.»
«Il tempo non gioca a nostro favore.»
Notò che l’alieno si stava avvicinando a Kara, «Ed io non ho le capacità di proteggerla.»
La consapevolezza della sua impotenza la fece imbestialire. Come poteva far parte di quel mondo, se non era in grado di fare niente in situazioni come quelle? E l’ultima cosa che voleva era avere la prova tangibile che Kara avesse ragione a volerla perennemente proteggere da tutto.
Si accorse che diversi metri di distanza, oltre l’alieno, c’erano accatastati dei tubi di acciaio. Dove non arrivava la forza fisica, doveva arrivare l’intelletto e a lei quello non mancava di certo.
Se fosse riuscita a buttarlo in mezzo a tutta quella ferraglia, forse sarebbe anche riuscita ad appesantirlo quel tanto che bastava per rallentare i suoi movimenti. Prese la rincorsa e si catapultò su di lui, piegando in avanti il busto e cercò di avvinghiarlo con le braccia alla vita.
L’alieno venne colto di sorpresa, non aspettandosi che quella donna facesse qualcosa di così stupido. Si fece trasportare, quasi divertito da quel goffo tentativo.
Faceva maledettamente caldo, la tuta non avrebbe ceduto, ma questo non significava che non si surriscaldasse e lei non aveva la stessa resistenza di Kara. Non doveva cedere, ora che l’aveva portato dove voleva e i tubi si stavano piegando sotto il loro peso.
«Cosa stai cercando di fare?»
Non prestò attenzione alle sue parole, si risollevò e prese a ripiegare quell’acciaio su di lui, in modo da intrappolarlo, almeno fino a che non fosse riuscito a liquefarlo tutto.
«Lena!»
Questa volta la voce non venne dal casco.
Tirò un sospiro di sollievo, forse ce l’avevano fatta. Si allontanò per consentire alla squadra di Alex di finire il lavoro.
Il loro compito era semplice, dovevano colpirlo tutti insieme, in modo da sovraccaricarlo fino a fargli fare il gran botto, detto in parole povere e l’agente aveva organizzato tutto per non fallire.
Raggiunse Kara che ancora non si era ripresa, le scostò tutti i detriti da dosso. Si inginocchiò, poggiò la sua testa sulla coscia e le accarezzò la fronte.
«È tutto finito ora.»
 
Finalmente dopo aver tolto di mezzo quell’alieno era tornata la tranquillità.
Entrò nell’appartamento di Kara e la trovò davanti alla finestra, aveva lo sguardo perso in un punto indefinito del cielo.
Aveva commesso un errore di valutazione. Forse la sorella non avrebbe mai ritrovato la tranquillità.
«Ehi…ho portato la cena.»
Kara non si mosse di un millimetro.
«Ciao Alex…grazie.»
Poggiò le buste sul tavolo e sospirò appena, già sapendo cosa stesse facendo.
«Dovresti smetterla, ne abbiamo parlato più volte.»
Solo in quel momento la bionda si voltò, mostrando un’espressione colpevole.
«Lo so, ma è più forte di me.», si lasciò cadere sulla sedia, come se fosse sfinita.
«È per il suo bene non avere più alcun contatto.»
Dopo che si riprese dalla kryptonite, scoprì che Lena aveva venduto la CatCo e da quel momento davvero non seppe più niente di lei.
«Se stesse bene, Alex…sta soffrendo, la sento quasi ogni sera.»
L’agente l’aveva compreso il motivo per cui Lena aveva deciso di tagliare ogni rapporto, ebbe la conferma ai suoi sospetti, quando la mora passò a controllare la sorella, dopo che le medicarono le ustioni che aveva riportato a causa della tuta.
«Devi lasciarla andare.»
Guardò ancora una volta fuori dalla finestra, socchiuse gli occhi, rassegnandosi all’idea che non c’era più niente che potesse fare.
 
Dopo che la sorella andò via, decise di andare a letto presto. Addormentarsi era l’unico modo che aveva per dare tregua alla sua mente. L’aver accettato che Lena aveva diritto a non voler avere più niente a che fare con lei, non significava che non fosse maledettamente difficile. Si era domandata più volte perché non riusciva ad accettare che finisse tutto così. Non era solo il senso di colpa che provava per averle fatto del male, forse era perché si era sempre sentita profondamente legata a lei. Nonostante avessero avuto delle vite completamente diverse, trovava che avessero delle anime affini.
No, non voleva ancora gettare la spugna, ma cosa avrebbe dovuto fare? Quanto ancora poteva imporsi su di lei? Lo sapeva fin troppo bene che una base fondamentale dei rapporti era la libertà... la base dell’amore era la libertà.
Si rigirò nel letto, non riusciva a prendere sonno. Non sapeva quanto tempo fosse passato, mentre era persa nella sua spirale senza fine di pensieri, ma all’improvviso qualcosa la fece scattare seduta.
Un tonfo e un gemito di dolore.
Subito si alzò, indossò una tuta nera e spiccò il volo.
Trovò Lena a terra tra due bottiglie di vino rotte con le mani tremanti e sanguinanti. Aveva gli occhi lucidi, immaginò che non fosse solo per quei pezzi di vetro che aveva conficcati nei palmi.
«Lena cosa hai combinato?»
Solo in quel momento la mora si accorse della sua presenza, le pupille si dilatarono ancora di più, era quasi un mese che non la vedeva. Anche se aveva bevuto qualche bicchiere di troppo, era ancora abbastanza lucida per rendersi conto che per essere lì, la bionda doveva averla...controllata.
«Perché fai sempre ciò che non devi?», le parole le uscirono un po’ biascicate.
Kara si accovacciò vicino a lei per capire l’entità del danno. Rimase un attimo colpita da quella domanda. Aveva agito di impulso un’altra volta.
Quando avrebbe imparato?
«Mi dispiace, non l’ho fatto di proposito, alle volte ti percepisco quasi inconsciamente.»
Già lo sapeva, glielo aveva detto Alex, quando le chiese come l’avessero trovata, ma in quel momento lo considerava lo stesso irritante, era la sua stessa presenza ad esserlo.
«Sai dire solo questo! Mi dispiace! Mi sono scocciata di sentirtelo dire.»
Provò a prenderle le mani, ma si scostò bruscamente, «Non mi toccare e vedi di andartene!»
Nel tentativo di alzarsi, perse nuovamente l’equilibrio per un giramento di testa, ma non ritoccò il pavimento, Kara la prese in braccio e la mise sul divano.
«Non posso lasciarti così.»
Un sorriso amaro si formò sul volto di Lena, «Hai fatto molto di peggio.»
«Allora permettimi di fare almeno una cosa buona.», e senza darle modo di ribattere, sparì dalla sua vista.
Lena erroneamente pensò che fosse andata via, invece se la ritrovò di nuovo davanti e la medicò così velocemente che non sentì quasi niente.
«Sei soddisfatta adesso?»
Kara evitò di incrociare il suo sguardo, quel tono era già abbastanza eloquente.
La mora si rialzò, questa volta facendo attenzione a non cadere e si diresse verso l’isola della cucina, dove c’era ancora una bottiglia di vino mezza piena. Si riempì il bicchiere e lo svuotò tutto d’un fiato.
Kara si limitò ad osservarla con espressione amareggiata.
«Non ti fa bene bere così tanto.»
Lena le scoccò un’occhiataccia, non avrebbe ancora retto a lungo, non sarebbe riuscita ad arginare tutto quello che stava provando. Quelle emozioni erano diventate così dense e viscose che stavano scivolando via al suo controllo.
«E chi sei tu per dirmi cosa mi fa bene o meno?», le puntò l’indice contro, mentre si avvicinava, «Chi sei tu per piombare qui in casa mia? Chi sei tu per controllarmi?», poi cercò di spingerla via, «Chi sei tu per avermi rovinato la vita?»
Kara fece un passo indietro e non replicò niente, quella era la prima volta che Lena le mostrava ciò che stesse realmente provando.
«Ti sei mai fermata a pensare alle conseguenze di quello che stavi facendo?», un altro spintone, «La verità è che di me non te ne è mai importato nulla!»
La bionda scosse violentemente la testa, «No! Questo non è vero! È dal primo momento che ti ho conosciuto che mi importa di te.»
Gli occhi di Lena ardevano, anche se iniziavano ad essere pieni di lacrime.
«Ed è per questo che hai fatto l’unica cosa che sapevi che non sarei mai riuscita a perdonarti?!»
Presa dall’impeto di rabbia e frustrazione, le diede dei piccoli pugni all’altezza delle spalle, «Perché? Perché hai dovuto distruggere tutto?», il tono era un continuo altalenare tra l’irato e il disperato.
Si morse il labbro inferiore per bloccare il tremore. Non l’aveva mai vista così. Lasciò che si sfogasse e non si sottrasse alla sua furia.
«Volevo dimostrarti che tutto ciò che credevi di te e degli altri non fosse vero, invece ho ottenuto il risultato opposto. Mi sono barricata dietro l’idea ferrea di volerti proteggere, perché avevo paura che, per come erano diventate le cose tra noi, potessi non accettare la verità e non volevo perderti. Sono stata una vigliacca e ho continuato a fingere.»
Lena si allontanò di qualche passo, stirò la mascella, «Ti odio.», fu quasi un sibilo.
«Lo so.», socchiuse gli occhi e deglutì, cercando di mandar giù quel nodo che aveva in gola.
«No, tu non sai niente. Non sai che significa quello che sto vivendo, non sai quanto sia difficile avere dentro di sé tutte queste emozioni da dover sopprimere per non crollare e avere davanti la persona che più detesti al mondo...che è anche quella che ami di più. Non sai quanto questo mi stia distruggendo, giorno dopo giorno.», la voce era incrinata.
Delle lacrime solcarono il viso di Kara, non era quello il modo in cui avrebbe voluto scoprire i sentimenti di Lena. Sarebbe dovuto essere tutto diverso. Inclinò la testa di lato e fissò per un attimo il vuoto, «Però so che significa perdere la persona che ami di più al mondo.», per la prima volta ammise a voce alta cosa realmente stesse distruggendo lei.
Lena si ammutolì, rendendosi conto sia di ciò che aveva detto, sia della risposta di Kara, ma era troppo tardi per tutto ciò. Loro non avevano più alcun senso.
«Vorrei non averti mai conosciuto.»
La bionda spalancò gli occhi, quella frase fu peggio di quando le disse che per lei non esisteva. Percepiva un peso al petto e faceva fatica a respirare. Sollevò di nuovo lo sguardo verso la mora e vide il suo stesso dolore riflesso sul suo volto.
«Quella è l’unica cosa che non cambierei mai e se potessi tornare indietro nel tempo, ti mostrerei fin da subito chi sono, così da poterti amare apertamente.», fece una breve pausa, «Perdonami se non sono riuscita a farti percepire niente di ciò che provassi, lasciandoti adesso solo sofferenza.»
Lena si coprì il volto tra le mani, iniziando a piangere, «Io non posso...non ce la faccio...il solo guardarti…smettila di torturarmi.»
Kara stava per poggiarle una mano sulla spalla, ma la ritirò prima di poterla toccare, lasciandola cadere lungo il fianco.
«Ti prometto che questa sarà l’ultima volta che mi vedrai...», anche lei ormai stava piangendo senza averne alcun controllo, «Addio Lena.»
Un lieve movimento d’aria le fece capire che era davvero andata via e solo in quel momento tutta la sua afflizione proruppe, «Addio Kara.»
Era già nel suo appartamento e quando le arrivò la sua voce rotta, cadde in ginocchio, completamente svuotata e persa.
 
Si svegliò con un terribile mal di testa, non era nemmeno riuscita ad arrivare al letto, si era buttata direttamente sul divano. La luce del sole le ferì gli occhi, mentre si stiracchiò. Era già tardi e doveva andare a lavoro, ma si sentiva senza forze e non aveva voglia di fare niente. Lo stomaco le brontolò...forse avrebbe dovuto mangiare qualcosa. C’era uno buon profumo di croissant, si girò stranita verso la cucina e vide sull’isola una colazione completa. L’aveva fatto di nuovo, ma era troppo stravolta per poter provare qualsiasi cosa, quindi decise di non sprecarla.
Andò a sedersi e notò un foglio di carta piegato. Dopo ieri notte, non credeva che potesse esserci scritto chissà cosa, in definitiva non c’era più niente da dire, ma la curiosità ebbe la meglio e lo aprì:
 
“I hope you
find it within you
to forgive every single person
who hurt you
who made you feel low
who caused tears in eyes that
only reflected light
and I hope you
find it within you
to pray for their wellbeing
to never let bitterness
cloud your mind
to never let negativity
darken you heart
and I hope you
find it within you
to keep loving despite being
taught that love kills
because you know
you are worthy
you deserve love
you always have been,
 
regardless of what they said
regardless of what they did.”
 
Una lacrima cadde sul foglio. Era ciò che sperava anche lei, ma non era sicura se ne sarebbe stata davvero capace e l’unica soluzione che aveva in mente, non sapeva se sarebbe bastata.
 
«Più tardi serata giochi?»
Si voltò verso la sorella che stava firmando le solite scartoffie per il DEO, non era per niente dell’umore per stare insieme a tutti gli altri e non sarebbe stata di compagnia, «Questa volta passo, domani mi devo svegliare presto.»
Alex sollevò lo sguardo, «Va bene, sarà per la prossima volta.»
Non aveva dubbi di cosa stesse pensando al momento la sorella: oggi erano otto mesi che Lena aveva lasciato National City.
«Allora ci vediamo domani.»
«A domani Kara.»
Andò verso casa a piedi, aveva bisogno di prendere aria, ma dopo qualche metro iniziò a piovere. Non se ne curò e continuò a camminare.
 
Dicono che la speranza cominci con il buio.
Il mio è iniziato in un giorno cupo come questo, soffocando però qualsiasi spiraglio di luce.
Così ho capito che non si riparte mai da zero, ogni domani si porta dietro il passato. Riecheggia sotto la mia pelle, bruciandomi.
Anche se le seconde possibilità dipendono dalle nostre scelte, ci sono cose che non si aggiustano solo perché noi lo vogliamo. Sono rotte e basta.
Resta intatta solo la tua memoria che mi tormenta ad ogni passo che faccio.
Alla fine, accolgo grata la notte, perché quando chiudo gli occhi ti vedo e mi nutro dell’illusione di poterti avere ancora accanto.
 
«Kara.»
Rimase immobile, non poteva essere vero, stava sicuramente sognando. La donna sotto a quell’ombrello nero, davanti a lei, sembrava Lena.
«Sei davvero tu?»
La donna si guardò attorno, lievemente divertita dall’espressione sbigottita della bionda.
«Non saprei chi altro potrei essere e sembra che tu abbia visto un fantasma.»
Per certi versi, era così; l’ultima cosa che si sarebbe aspettata era rivederla, dopo tutto quel tempo.
«Sei tornata?», la voce quasi le tremava.
Lena si fece più vicino e alzò di qualche centimetro l’ombrello in modo da poter coprire anche lei, che ormai era fradicia.
«Dipende, ancora non lo so.», rimase ad osservarla diversi secondi, «Non sono sicura di essere riuscita a perdonarti, ma con il passare dei mesi, mi sono resa conto che sentivo più la tua mancanza, che quella rabbia soffocante. Ho iniziato a pensare a tutte quelle piccole cose che non riuscivo a spiegarmi, perché erano in netto contrasto con quello che volevo credere di te. Come rischiare deliberatamente la tua vita per salvarmi o il percepirmi anche quando sei distratta o come questo foglio.», nel nominarlo, lo prese dalla tasca del cappotto.
Si tolse gli occhiali, erano bagnati e le davano fastidio, «Lo hai tenuto...»
«Ogni volta che provavo di nuovo...odio nei tuoi confronti, rileggevo ciò che mi scrivesti, perché nonostante tutto, dentro di me sapevo che non volevi che ne venissi consumata, ma che riuscissi invece ad andare avanti dando sempre valore alla mia persona.»
Finalmente smise di piovere e Lena poté chiudere l’ombrello.
«E poi c’è un’altra cosa...»
Kara rimase in silenzio, aveva paura che potesse rovinare di nuovo tutto e non voleva che quel momento finisse. Si limitò solo a guardarla intensamente.
Lena rimase un attimo catturata da quegli occhi, «È il modo in cui mi hai sempre guardata...e continui a farlo anche ora.»
«Come?»
«Come se fossi il tuo tutto.»
Inclinò la testa di lato accennando un mezzo sorriso, «Non saprei in che altro modo guardarti.»
Il suo sguardò si addolcì, «Quella notte mi dicesti che saresti voluta tornare indietro nel tempo, ma ciò che è stato non credo che sia possibile cambiarlo, possiamo solo imparare da esso per poter poi cambiare il futuro...vuoi provare a farlo?»
«Insieme?», il tono era alquanto incredulo.
«Sì, insieme.»
I pensieri le si annullarono e fece l’unica cosa di cui sentiva davvero il bisogno. Si avvicinò alla mora, socchiuse gli occhi e la baciò.
Lena per la sorpresa si scostò e la reazione della bionda non si fece attendere molto.
«Scusami…io non volevo…cioè, sì…non sono riuscita a trattenermi e…sono una frana…lo so…»
Scosse la testa sorridendo, «Non cambierai mai.», e zittì i suoi balbettii, baciandola a sua volta.
E in quel modo si accese la speranza che, liberandosi dei fardelli che si erano portate dietro, potevano finalmente lasciar vivere solo ciò che realmente contava: il loro reciproco amore.


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Nota: Spero che questa piccola storia vi sia piaciuta, sappiate che non è stato facile scriverla, l'angst mi aveva talmente preso che inizilamente il finale non era questo (Lena era stata via anni, nessun bacio e forse ora potevano lavorare per provare a rinconciliarsi realmente), quindi ringraziate la mia amica che era rimasta talmente shockata che poi mi ha convinto a cambiarlo XD Vi lascio con un a presto, anche se non so quando e se tornerò a pubblicare, ma nella vita non si sa mai, magari esce qualche altro sogno... chissà  ;)

 
   
 
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