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Autore: martos95    11/05/2020    1 recensioni
Artù é morto, e la pace, a Camelot, sembra destinata a perire sotto i colpi di scure di una terribile profezia che la dea Freya rivelerà ad Emrys. Ma il destino non può essere mutato, non senza conseguenze, ed a volte, per quanto dolorose siano, le profezie devono essere rispettate. Un nuovo lungo viaggio tra il dolore ed il coraggio attenderà Emrys, ora più che mai Albion reclama il suo legittimo re.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gaius, Gwen, Merlino, Principe Artù | Coppie: Gwen/Artù
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più stagioni, Contesto generale/vago
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Un grido squarciò una tiepida notte d'estate come tante. Era il momento. Finalmente.
“Coraggio, coraggio mia signora” disse Lyra, la nuova giovane serva di Gwen stringendole la mano più che poteva e  sorreggendole la testa con l’altra. “Ancora un po’” le sussurrò all’orecchio mentre Gwen urlava disperatamente in preda al dolore.

“Non ce la faccio, ti prego non ce la faccio” disse la regina piangendo, madida di sudore e con il fiato corto, volgendo il suo sguardo sfinito verso di lei quasi a implorarla di far cessare tutta quella sofferenza.
Con estremo strazio, Lyra adagiò Gwen su due cuscini, avvicinò un secchio con dell’acqua e le tamponò un panno bagnato sulla fronte continuando ad accarezzarle i capelli, come se quel gesto così intimo potesse alleviarle tutto quel dolore. “Forza mia signora, tra poco sarà tutto finito” disse guardando con aria sospesa l’altra donna lì con loro, quasi a chiederle, con gli occhi, di assicurarle che fosse vero.

L’altra, con la testa tra le gambe della regina e le mani sulle sue cosce, si assicurava che Gwen non perdesse la giusta posizione e tra un grido e l’altro, le chiedeva di spingere, di spingere e respirare, spingere e respirare. Era lei che solitamente aiutava le donne della città a partorire. Aveva fatto nascere quasi tutti i bambini di Camelot, compresi i suoi sei figli, compresa Gwen. Sapeva come funzionava: a volte tutto andava per il meglio, altre invece riusciva a salvare solo il bambino, o solo la madre. Talvolta, non troppo di rado, nessuno dei due. A Camelot era conosciuta da tutti, e tutti, almeno una volta, le avevano aperto le porte di casa propria perché fosse d’aiuto a qualche figlia, nipote o sorella. Una settimana prima, aveva aiutato la moglie di sir Lion a dare alla luce il loro bambino e si era presa cura di loro, con tutta la sua discrezione, fino al suo ritorno. Ed infatti fu proprio a lui che venne in mente di chiamarla appena Gwen ebbe i primi segnali dolorosi. Se c’era qualcuno nato per quel compito, quella era lei. In tarda serata, con il permesso di Ginevra, sir Lion aveva raggiunto Aghata nella sua dimora della città bassa e, chiedendole di coprirsi con un mantello perché nessuno la riconoscesse, l’aveva aiutata a salire sul cavallo, e con lei era partito alla volta del castello.

Gaius e Merlino non avrebbero potuto intervenire. Non era un compito da uomini, ma erano rimasti dietro la porta chiusa della stanza di Gwen ad attendere la lieta notizia. Come sempre in questi casi, sarebbero entrati subito dopo la nascita del bambino ed avrebbero somministrato alla partoriente qualche siero antidolorifico e distensivo. Quella volta però, pareva ci volesse più del solito. Era passato molto tempo, eppure, nulla era cambiato, nulla se non le grida di Gwen che andavano intensificandosi col tempo, ed erano così strazianti che a tratti, sembrava anche a loro di sentire quel dolore.

“ Gaius, non vi sembra sia passato troppo tempo?” Chiese Merlino preoccupato passeggiando nervosamente su e giù per il corridoio.

“non c’è motivo di preoccuparsi Merlino,Aghata sa quel che fa, è la persona migliore per cose come questa… anche volendo, non potremmo fare nulla” rispose Gaius cercando di mascherare, con la calma che lo caratterizzava, un’insolita agitazione che gli graffiava la voce. Qualcosa non andava, se ne rendeva conto, ma non voleva allarmare nessuno.

“Ancora niente?” chiese timidamente Sir Lion che, di tanto in tanto, li raggiungeva per avere notizie “è passato ormai…un po’”
“ecco vedete…lo dice anche sir Lion… Dovremmo fare qualcosa” rispose Merlino sbattendosi le mani sui lati delle cosce in segno di disappunto all’inerzia del suo maestro.

“Con mia moglie è stato…” si arrestò a cercare un aggettivo corretto “veloce?” disse con tono interrogativo rivolgendosi a Gaius,sperando vivamente di non aver sbagliato parola, ma ottenne in cambio solo 2 sguardi preoccupati ed impotenti.

Nessuno fece in tempo a replicare, che Agatha uscì dalla stanza della regina, toccò la spalla di Gaius e gli fece cenno di seguirla qualche passo più in là. “ Gaius…non ce la farà. La regina è stremata ed il bambino non è in posizione” disse a bassa voce , con tono pacato ma rassegnato.

“non è in posizione”? Chiese Gaius non sicuro di aver capito bene “come fate a saperlo?”

“ ho visto un piedino…” rispose lei, e quella sua espressione stanca lasciò presto spazio ad una cruda consapevolezza.

A Giaus mancò la terra sotto i piedi “e il bambino?” chiese, temendo la risposta.

“se facciamo in fretta, può vivere; va a prendere un siero di somnium mortis, io preparo i coltelli”. Aggiunse stringendogli il braccio con la mano in segno di vicinanza al suo dispiacere. “fa presto…” lo pregò e così dicendo, rientrò nella stanza di Gwen e chiuse le porte alle sue spalle lanciandogli un ultimo sguardo di pietà.

Gaius chiuse gli occhi per un istante, il tempo di realizzare. Li riaprì, si massaggiò la parte superiore della fronte con il pollice e l’indice e sospirò grave. Guardò Merlino e con aria affranta, scosse il capo. Dopo gli fece cenno di seguirlo. Avrebbero dovuto sbrigarsi. Si precipitarono per le scale, attraversarono i lunghi corridoi del castello e giunsero di corsa allo studio

“Gaius che succede?” chiese freneticamente Merlino più di una volta lungo tutto il percorso, senza però ricevere risposta. “Gaius…ditemelo!” e gli sbarrò con un braccio l’accesso alla porta.

“Per favore…”“Merlino, non c’è tempo…Aiutami a trovare un somnium mortis, quello….quello nero”.
“Cosa? Perché?... la ucciderà!!!”

“morirà comunque…”Urlò Gaius irritato da quelle domande incalzanti che gli impedivano una ricerca veloce. “ Merlino, abbiamo fretta…trova quel siero”.

 “ io potrei tentar..”

“ Merlino!!!…Allora le tue esperienze non ti hanno insegnato nulla?” Disse Gaius con un tono che a lui stesso sembrò eccessivo, poi, calmandosi, si avvicinò al giovane mago, aprì un cassetto e tirò fuori una lettera accuratamente sigillata con la ceralacca nera, quella che spesso usava Artù. “Ginevra se lo aspettava” disse facendogli ondeggiare quella busta davanti agli occhi. “Sua madre è morta di parto cercando di dare alla luce il suo ultimo figlio: il bambino che portava in grembo non era nella posizione corretta. Aghata, al tempo, fece quanto in suo potere per salvarle la vita, ma non vi riuscì. Morirono entrambi” Disse Gaius con tono serio.

Merlino si accasciò sullo sgabello dietro di lui col fiato corto, iniziando ad immaginare cosa ci fosse in quella busta, ma lasciò continuare Gaius:

“Ieri sera, Ginevra mi chiamò nelle sue stanze per darmi questa”. Disse Gaius consegnandogli la busta “Aveva paura accadesse lo stesso. Mi ha fatto promettere che, comunque fosse andata, io avrei salvato il bambino, che se avessi dovuto scegliere, in qualità di medico di corte, avrei scelto il bambino. In quella busta sono contenute tutte le sue volontà, compresa la persona a cui ha scelto di affidare il bambino.”

“ e voi glielo avete promesso”? Chiese Merlino rigirando quella busta su se stessa, come se, da un momento all’altro, si aspettasse di vedervi comparire qualcosa.

Gaius annuì con un cenno del capo e si congedò ad occhi bassi,recando in mano la boccetta che fino a pochi istanti prima aveva cercato.

Nulla. Merlino non ribattè nulla. E restò lì, ancora una volta. Si chiese se il suo destino fosse quello, fosse starsene seduto, con i suoi amici tra le braccia, a vederli morire uno dopo l’altro. Se il suo destino fosse rimanere impotente tutte le volte, fosse dover arrendersi all’idea che alcuni destini sono scritti, alcune storie sono predette, che la magia può aiutare, ma non cambiare le cose. Cosa avrebbe detto Artù, cosa avrebbe fatto…cosa gli avrebbe chiesto di fare? Battè i pugni al muro, urlò. Un’altra volta, un’altra volta quella situazione. Di nuovo lì, lui e la sua magia da una parte, la morte dall’altra, ed in mezzo il tempo, quello che gli sfuggiva tra le dita, come sabbia in un pugno aperto.

Ma nella sua disperazione, d’un tratto ebbe un’idea.

Corse per le scale sperando di raggiungere Gaius in tempo, sperando che quella boccetta non fosse già arrivata a destinazione. Le grida di Gwen non erano mai state così confortanti… almeno era ancora viva e sveglia, forse ce l’avrebbe fatta. Arrivò affaticato davanti le stanze della regina. Le urla strazianti di lei gli dilaniavano il cuore, ma stavolta, aveva un’idea. Stavolta, non sarebbe rimasto a guardare o, in quel caso, non sarebbe rimasto ad ascoltare dietro una porta. Aveva già visto come muore un amico, non si sarebbe arreso al tempo anche in questo caso, non senza averci almeno provato. Vide Gaius in procinto di bussare alla porta…”Gaius no, vi prego” riuscì ad urlargli in tempo mentre questi aveva appena appoggiato le nocche alla porta, pur senza bussare. “Fatemi provare. Ho già controllato una volta il potere della vita e della morte. Mi avete visto…Eravate con me sull’isola dei giusti quando ho sconfitto Nimueh. L’ho fatto una volta, posso farlo ancora….”

“E stavolta Merlino… che vita prenderai per una strappata alla morte?” rispose Gaius, accarezzando la porta che, fino ad un secondo prima era pronto a colpire per consegnare ad Aghata il siero.
“Nessuna, non morirà nessuno se il mio piano funziona. Lasciatemi provare, vi prego…un solo tentativo, non voglio che Gwen muoia”. Chiese con occhi pieni di speranza e decisione. Così tanto profondi che Gaius si sentì quasi rincuorato da un pensiero, da un’idea. Quel ragazzo era il mago più forte del mondo, probabilmente, se Ginevra aveva anche solo una possibilità, quella era lui. Ed un grido di Ginevra fu risposta che attendeva.

“ Finalmente ce l’hai fatta” disse Aghata aprendo la porta per controllare perché Gaius ci mettesse tanto. Gli strappò il siero dalle mani e disse “due gocce come mi hai insegnato, ed appena la vita inizierà ad abbandonarla io…”

Ma Gaius non volle ascoltarla. “Aghata, forse c’è un altro modo” disse interrompendola e guardandola dritta negli occhi. E sperando che Merlino sapesse cosa stava facendo.

“Gaius” rispose lei dolcemente, abituata a quella frase sentita centinaia di volte “mi piacerebbe tanto che tu avessi ragione, ma sappiamo entrambi che non è così”.

“ non per la scienza, certo, ma…forse questa volta possiamo tentare in un altro modo”.

Gwen urlò dallo strazio… ed Aghata si girò a guardarla, avevo vista nascere quella ragazza e suo fratello prima di lei, non ne poteva più di vederla così, era troppo anche per lei che, a quelle urla, ci era abituata ormai da un po’. “Quale è questo modo di cui parli?” chiese voltandosi nuovamente verso Gaius e guardandolo sperando ne valesse davvero la pena.

“Lascialo provare...” rispose lui spostando la sua ampia veste rosso mattone e rivelando, dietro la sua figura , quella di un ragazzo magro e gracilino con 2 determinati occhi neri.

Aghata strabuzzò gli occhi, guardò Gaius incredula indicando il ragazzo “lui?...oh no..non può entrare, cosa direbbe la regin…”

“Non so cosa direbbe la regina, la interruppe Merlino avvicinandosi a lei, “ma so cosa direbbe Artù se gliela consegnassimo prima del tempo”. E Gwen urlò di nuovo, un grido feroce e stanco, come quello d’una gazzella che s’arrende alla morte martoriata dal morso di un leone nel tentativo di salvare il suo piccolo.

Aghata abbassò gli occhi impotente, non aveva altra soluzione. “Molto bene ragazzo…” il peso di quella decisione gravava su quelle piccole e gracili spalle di una vecchietta che ormai, aveva forse perso le speranze. “Ma solo un tentativo, se non dovesse funzionare, la addormenteremo per sempre”.

Potente e risoluto fu il cenno di Merlino e quello di Gaius ed il giovane mago entrò nella stanza. “Aghata, Lyra, ho bisogno di voi…scopritele il ventre” prese a dire Merlino freneticamente riempiendo nuovamente il secchio con dell’acqua fresca ancora rimasta in una brocca. Si affacciò alla porta ed ordinò a Gaius e sir Lion di prendere delle bende pulite e dei cuscini. Si avvicinò a Gwen, la vide sfinita e con la disperazione nel cuore che si era piano piano impigliata tra le sue lunghe ciglia nere. Le prese la mano “non vi lascerò morire…fidatevi di me”.

“Merlino” disse lei con l’ultimo fiato che aveva in gola stendendo un braccio per averlo vicino. “Questo bambino è l’unica cosa che mi resta di Artù” pianse. “Se non dovessi vivere, voglio che tu te ne occupi” disse bianca in volto ormai sussurrando. Le sue labbra persero il loro colore solito e divennero secche, chiare. La vita le stava scivolando dagli occhi come lacrime e portava via con lei la luce di quel desiderio.

“Ginevra, avrete questo bambino, è una promessa” disse lui portandosi la sua mano sulle labbra per baciarla “Perdonatemi per quello che sto per fare…”. E così dicendo le strappò dal corsetto il vestito scoprendo il suo corpo completamente nudo. Freneticamente chiese a Lyra di sedersi dalla parte opposta del letto e di sorreggere col suo corpo la schiena della regina, in modo da tenerla in posizione eretta. “Lyra, posa le tue mani sul ventre, quando te lo chiederò, dovrai dirmi se senti qualcosa”. Gwen lo guardò al limite della vita, era ancora sveglia, sebbene non troppo vigile. Non le importava del pudore, dei regolamenti, il dolore era troppo perchè la mente potesse concepire altro. Le importava solo che smettesse.

“Aghata in posizione” urlò Merlino notando che Gwen cercava di non arrendersi alla morte, di combattere per quello che le restava di Artù. “coraggio Gwen…coraggio” disse a denti stretti lui accarezzandole delicatamente il volto e sentendo l’adrenalina che gli bolliva il sangue. Aghata afferrò velocemente le caviglie della regina e, con delicatezza, sollevò il corpo di lei portandole il bacino ai bordi del letto. Le aprì le gambe ed urlò “Ora ragazzo, Ora” e Merlino stendendo le sue mani sul ventre di Ginevra, a pochi centimetri dalla sua pelle pronunciò “ Vitae fata manu eversa. Fatum autem rex et in ventre matris” ed i suoi occhi si illuminarono d’oro.

“Niente” urlò Lyra disperata tra le lacrime con le mani premute sulla pancia di Gwen, “non ho sentito niente”.

“Ancora, ancora, fallo ancora” intimò Aghata non volendosi arrendere alla sconfitta. “Vitae fata manu eversa. Fatum autem rex et in ventre matris” ripetè nuovamente Merlino credendoci di più. E di nuovo gli occhi assunsero il colore dell’ambra. Niente. Non funzionava. Di nuovo. “Non funziona…” disse piano Merlino col terrore negli occhi, e lo sguardo perso nel vuoto. Poi guardò Ginevra con la sconfitta in volto, come chi pare condannato a consegnare alla morte i suoi amici. Anche lei ricambiò il suo sguardo afflitto con un’aria di estrema dolcezza e gratitudine, seppur incapace di dire qualcosa per il dolore che le stava consumando quel corpo ricolmo di vita, una vita che la consegnava alla morte sempre più in fretta. Con quell’ultimo battito di ciglia, Ginevra pareva volesse ringraziarlo per averci provato, e con le ultime forze che aveva il corpo gli toccò la spalla con la mano, ma non riuscì a proferir parola. I tratti del suo volto si stavano abbandonando ad un rilassamento più profondo del sonno, un rilassamento che solo la morte imprime alle membra.

“…dobbiamo fare presto” disse Aghata correndo a prendere il siero da Gaius “dobbiamo salvare il bambino, Merlino prendi il coltello”. Lyra continuava a piangere nascondendo il volto tra i capelli della regina, nuda ed inerme tra le sue braccia, stringendola sul petto. Merlino ebbe un leggero giramento di testa, e per un attimo dovette appoggiarsi ad un mobile lì nella stanza “ancora una volta” sentì dire ad una voce nella sua testa.

“cosa?” chiese Merlino guardando Lyra, ma lei lo guardò non capendo di cosa stesse parlando. “Hai detto qualcosa?” provò a richiedere lui. Ella fece cenno di no col capo, tra una lacrima e l’altra, aveva finito tutte le parole.

“Merlino! Ancora una volta, ti prego” sentì riecheggiare nel suo cervello. Quella voce…
Si girò intorno spaesato, il tempo pareva essersi fermato. Non c’erano più suoni, né rumori. Né i singhiozzi di Lyra, né i passi di Aghata che chiedeva a Gaius il filtro. Merlino si girò a guardare Ginevra, nuda, pallida e fragile come una bambola di vetro. Ma stavolta lui era lì. Artù era vicino al suo letto, esattamente dietro di Lyra…e lo stava guardando. “Ancora una volta Merlino” disse senza muovere le labbra, e Merlino udì quella sua voce nella testa quasi come fosse un pensiero. Nello stesso modo in cui, anni prima, aveva comunicato con Mordred.

“Bene, ancora una volta” disse guardando negli occhi il suo re; lo disse a voce alta, tanto che Lyra si chiese con chi stesse parlando, si avvicinò a Ginevra, mentre Aghata aveva appena varcato la soglia della porta con il siero tra le mani, distese le mani su di lei, e con quanta forza ebbe in corpo, con quanto fiato ebbe in gola urlò “Vitae fata manu eversa. Fatum autem rex et in ventre matris” ed una forza sovrumana si liberò nella stanza spaccando i vetri delle finestre e riversando a terra i mobili. Lyra che premeva le mani sul ventre della regina sentì qualcosa all’interno di esso. Qualcosa si era mosso in modo evidente. “l’ho sentito…l’ho sentito si è mosso” urlò lei euforica ma ansiosa

Ad Aghata cadde il siero dalle mani…corse tra le gambe di Ginevra che sembrava aver ripreso un po’ del suo colore, le buttò in faccia tutta l’acqua del secchio in cui venivano immerse le bende, e tanto bastò per permetterle di destarsi da quel sonno quasi mortale. I dolori erano ricominciati, ma non sarebbero durati ancora molto. Il bambino era in posizione. Qualche spinta ancora.

“coraggio mia cara, coraggio” disse Aghata visibilmente commossa sapendo di essere riusciti a strappare quella giovane alla morte, ci siamo quasi”. E Ginevra urlò, una, due, tre volte… alla quarta, un pianto coprì il suo dolore e Gwen sfinita, conobbe una nuova piccola vita.

“una femmina” urlò Aghata. “è una femmina!!!” E Gwen pianse di gioia, sembrandole il dolore un ricordo ormai lontano.
Incredibile, pensò Merlino sorridendo con il cuore in gola; per la prima volta qualcuno aveva fatto una magia più grande della sua: aveva donato una vita. Non poteva esservi magia più grande di quella che facesse una madre dando alla luce il proprio bambino, e commosso dall’intimità di quello spettacolo, alzò lo sguardo per guardare Artù, ma non lo vide. Lui non c’era.

“Artù?”, disse sottovoce cercandolo nella stanza con lo sguardo.

“Merlino, cosa stai facendo?” Chiese Aghata prendendo in braccio la neonata per avvolgerla in una coperta.

“Artù…lui..lui era qui prima che voi entraste…e…” bofonchiò confusamente il ragazzo

“ecco perché gli uomini non dovrebbero mai assistere ad un parto, cominciano ad avere le allucinazioni” disse sbigottita Aghata divertendo Lyra, che, dopo tanto pianto, si sciolse in un sorriso sincero stampando un bacio sulla fronte di Gwen.
Merlino non si trovò completamente in disaccordo e, stranito, pensò che qualche ora di sonno, gli avrebbe fatto sicuramente bene. Prima di lasciare la stanza con il loro permesso, si assicurò che le due donne non avessero bisogno di aiuto e che Gwen e la bambina stessero bene. Uscì e trovò Gaius e Sir Lion di cui, tra l’altro si era completamente dimenticato.

“allora?” chiese Sir Lion ansioso vedendo la sua faccia sconvolta e stranita…  

“ Voi c’eravate quando vostra moglie ha partorito Sir Lion?”

“No…sono arrivato subito dopo, perché?”

“Siete un uomo fortunato…Sir Lion” disse con un tono da ubriaco, “molto fortunato” concluse prima di vomitargli sulle scarpe. Suscitando l’ilarità di entrambi che iniziarono a ridere fragorosamente. “ Ed io che ero pronto a proporti come assistente di Aghata” scherzò sir Lion facendo ridere ancor di più Gaius che lo aiutò a trascinare Merlino dritto nel suo studio. Quel ragazzo, stavolta, avrebbe avuto bisogno di un bel sonnifero.

“ Voi lo avete visto Artù?” chiese Merlino con lo stesso tono da ubriaco di qualche minuto prima, mentre veniva trascinato dai suoi amici giù per le scale.

“oh si certo….certo Merlino, perchè scusa, Galvano non l'hai visto?” continuarono loro a prenderlo in giro e si allontanarono ridendo.
   
 
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