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Autore: Enchalott    12/05/2020    4 recensioni
Questa storia è depositata presso lo Studio Legale che mi tutela. Non consento "libere ispirazioni" e citazioni senza il mio permesso. Buona lettura a chi si appassionerà! :)
"Percepì il Crescente tatuato intorno all'ombelico: la sua salvezza, la sua condanna, il suo destino. Adara sollevò lo sguardo sull'uomo che la affiancava, il suo nemico più implacabile e crudele. Anthos sorrise di rimando e con quell'atto feroce privò il cielo del suo colore".
Genere: Avventura, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Accettare la sconfitta
 
“Dare Yoon! Siano ringraziati gli dei!” esclamò Dessri sollevata, asciugandosi rapidamente le mani con un telo bianco “Dov’è Aska Rei? Pensavo fosse con voi!”.
“Lo è stato fino a poco fa” rispose cordialmente il soldato “Sta studiando con Tarlach gli ultimi dettagli del viaggio per Neirstrin. Se lo conosco bene, rimarrà nella sua tenda finché non si riterrà pienamente soddisfatto”.
“Allora farà l’alba” sospirò lei accondiscendente, alzando gli occhi al cielo “Il nostro comandante è famoso per la sua scrupolosità. Ditemi almeno che sta bene e che l’antidoto ha svolto il pienamente suo compito!”.
“È in forma smagliante” sorrise l’elestoryano “Sono vivo solo grazie a lui”.
La guaritrice sgranò gli occhi color mandorla, a metà tra l’apprensione e il conforto. Qualcosa nel suo atteggiamento esprimeva tuttavia una perdurante infelicità. Si sfilò il grembiule con una mossa più scoraggiata che pratica.
“Raccontatemi quanto è accaduto, siate gentile” mormorò mesta “Devo comprendere che cos’è stato a uccidere davvero i miei pazienti. Non certo i fendenti ricevuti…”.
Dare Yoon annuì, corrugando la fronte e seguendola. All’interno del padiglione non c’era nessuno: evidentemente i feriti erano stati trasportati altrove. Oppure…
“Non sono sopravvissuti, vero?” domandò con scarsa aspettativa.
Lei si concesse un breve gesto affermativo e un’angoscia incontenibile le transitò nell’espressione. Si prese il viso tra le mani, scossa da un tremito impercettibile.
Il soldato le si avvicinò, intuendone lo stato d’animo.
“Sedetevi, Dessri” comandò garbatamente, sostenendola “Se siete proprio voi a farvi cogliere dall’avvilimento, che ne sarà dei vostri compagni?”.
“Scusatemi” sussurrò lei, accomodandosi tra i cuscini di lana “Avete ragione, ma…”.
Lacrime copiose e improvvise iniziarono a scendere sulle sue guance attraverso le dita che le celavano il volto, segno di una prostrazione insostenibile.
Dare Yoon sganciò la spada dal fianco, appoggiandola sul tappeto di pelo, e sedette difronte a lei a gambe incrociate, in educata attesa.
“Li ho persi…” singhiozzò la giovane “Non sono riuscita a…”
“Non avreste potuto fare nulla nemmeno disponendo di tutti i rimedi esistenti” asserì lui, schietto “Quelli che voi chiamate deamhan non danneggiano il fisico, bensì lo spirito. Ho assaggiato personalmente l’effetto del loro potere nefasto e ho corso il serio rischio di soccombere. Ho sentito la mia anima scricchiolare… come se non potesse opporsi alle parole persuasive che venivano rivolte a una parte di essa. Leggono i pensieri più segreti e li falsano, facendoli apparire terribilmente reali. Si insinuano nel passato di ciascuno e ne imprigionano gli irrisolti. Rei ed io abbiamo dovuto combattere insieme, ma anche così, se qualcosa non avesse richiamato all’improvviso quelle creature oscure, non sono certo che ce l’avremmo fatta. È stato un caso fortuito o una ritirata strategica a risparmiarci. Le persone che vi hanno affidato, con ogni probabilità, erano già morte interiormente. Non avete colpa”.
“Voi… anche voi allora…”.
“Sì. Sono caduto nel tramaglio dei loro inganni a causa di qualcosa che ritenevo superato da tempo. Addirittura dimenticato. Ma così non era. Non ho mai provato nulla del genere, ve lo assicuro” ammise lui “Smettete di piangere, Dessri… immagino che cosa vi passi per la mente, ma non potete permettervelo in questo momento”.
La guaritrice lo fissò, stupita, passandosi la mano sulle guance umide.
“Per la prima volta non so come agire!” esclamò, affranta “Ho giurato di dedicarmi al prossimo, sapere che sono inerme davanti a simili avversari mi fa impazzire! Sono un semplice essere umano, come farò a salvare la mia gente se non esiste opportunità alcuna? Se persino uomini valorosi come voi non riescono a reggere l’impatto di quelle creature maligne?”.
Dare Yoon scosse la testa e i riflessi del fuoco gli si riverberarono sulla chioma corvina e negli occhi blu mezzanotte.
“Non ne sono certo” affermò, pensieroso “Ma i Daimar con le iridi cremisi, quelli che non riusciamo a uccidere con l’acciaio, sembrano subire alcuni sentimenti umani. Prendetela come un’impressione personale e non come la soluzione definitiva”.
“Che intendete?”.
“Quando uno dei deamhan ha tentato di annichilire Rei usando come un’arma le sue emozioni e le sue fragilità, ha puntato sul suo rapporto con la donna che ha sposato, rivolgendoglielo contro. L’unico momento in cui quel bastardo non ha avuto gioco è stato quello in cui il capitano ha dichiarato apertamente di essere innamorato di lei. Il demone si è scostato a quelle parole, come se fosse rimasto ustionato. I sentimenti positivi non l’hanno certo dissolto, ma varrebbe la pena ragionarci”.
Dessri lo guardò con la mente impegnata in una veloce riflessione.
“È per questo che siete venuto a cercarmi? Per farmi sapere che l’amore per il prossimo è l’unica difesa utilizzabile? Se così fosse veramente, oggi non avrei visto perire nessuno… nessuno!”.
“Sono venuto semplicemente a restituirvi questa” replicò il soldato, impassibile, porgendole la spada “A ringraziarvi. E a salutarvi. Parto domattina alla prima luce”.
Lei trasalì, ma cercò di non darlo a vedere.
“No. Avreste potuto prendere commiato fuori dalla mia tenda e non avreste mancato in buona creanza” obiettò “È per ciò che vi ho raccontato ieri… vi siete trattenuto qui per mettermi in guardia da me stessa. Non negatelo!”.
“Siete una guaritrice, Dessri” affermò lui, pacato “È l’ufficio che avete scelto. Se l’unico antidoto praticabile contro il veleno dell’anima - che quegli esseri oscuri infondono senza pietà - si identifica in un cuore spalancato, non potrete mantenere il vostro serrato. Per voi stessa e per coloro che sarete chiamata ad assistere”.
“C-cosa!?”.
“Affrontate il vostro dolore. Liberatelo. Lasciatelo andare. Se non lo farete, l’ombra vi ammanterà e vi inghiottirà. Fidatevi delle mie parole. Fidatevi perché non avrei mai creduto di doverle pronunciare, da uomo realista e orgoglioso quale sono. Accettate le ferite… riconoscete la sconfitta”.
“Dovrei assolvermi per aver lasciato che Kaelen partisse? Per non essere stata sufficientemente presente nella sua vita?”.
“Posto che sia vero, sì. O le creature del buio useranno vostro fratello contro di voi e se vi troverete da sola come è accaduto a me…”.
La donna si sporse e gli posò la mano sul braccio destro, sconvolta.
“Che cosa hanno usato di voi per sconvolgere il vostro equilibrio? Come ci sono riusciti? A giudicarvi pare impossibile …”.
Dare Yoon strinse le palpebre, incupendosi, ma non abbassò lo sguardo.
“Non vale la pena parlarne, ora che ho compreso come reagire. Ma anche con tale consapevolezza non mi ritengo affatto al sicuro. Non posso darvi lezioni in merito”.
“Vi prego!” esclamò lei con la voce che tremava “Vi prego…”.
L’ufficiale rimase ostinatamente in silenzio, ma non si congedò.
Dessri si alzò con un sospiro e gettò un ciocco di legno nel focolare languente. Il ruggito delle fiamme che s’innalzavano riempì la tenda immersa nella quiete, mentre lei riprendeva il suo posto, pur con un aspetto meno teso.
“Mostratemi il polso” disse, professionale “Voglio controllare la medicazione. Anche se avete usato principalmente la destra in combattimento, preferirei saggiarne le condizioni prima che partiate. Il viaggio è lungo”.
Dare Yoon sganciò la fibbia che chiudeva il mantello, lasciando che scivolasse a terra e le porse il braccio senza obiettare.
“Suppongo sia superfluo raccomandarvi di non sforzare la sinistra” continuò la guaritrice, sciogliendo le bendature e saggiandogli l’arto leso “Sembrate uscito da un incontro di lotta più che da un duello di volontà”.
“Non posso promettervelo, considerando la persona che devo incontrare” ribatté lui.
“Oh! Avete mai intrapreso una missione che non fosse simile a un suicidio?”.
“Nella prossima vita. In questa non posso permettermi di scegliere. O di fallire”.
Dessri lo guardò negli occhi, attraverso la distanza ridotta che li divideva.
“È quanto mi avete suggerito poco fa. Accettare la sconfitta. Per voi non vale?”.
Il soldato accennò un sorriso furtivo e alzò le spalle.
“Ci sono eventi che non siamo in grado di controllare, tantomeno di prevedere. Quando anche le preghiere che abbiamo rivolto agli dei non vengono esaudite e se davvero non esiste soluzione, dobbiamo optare per la resa. Non significa subirla passivamente, bensì trasformare in forza la nostra disfatta… soprattutto se un tale atto, umiliante non lo nego, è destinato a farci sopravvivere”.
La guaritrice terminò la fasciatura e rimase inginocchiata lì accanto.
“Voi ci siete riuscito? Avete accolto pienamente il vostro peggiore insuccesso?”.
L’elestoryano glissò, puntando lo sguardo sul fuoco crepitante.
“Non occorre che rispondiate, Dare Yoon, siete un libro aperto”.
Lui si abbassò la manica con un gesto nervoso, ma la donna lo fermò con gentilezza.
“Osservate troppo spesso le fiamme” mormorò “Non vi sto giudicando, ma dovrei mettervi in guardia a mia volta, suggerendovi di imparare a perdonare… Se anche non desiderate confidarvi con me, io vi ringrazio di cuore, poiché siete stato comunque sincero. Mi avete offerto una prospettiva che il mio orgoglio e la mia rabbia rifiutavano di considerare e ora sento di poter affrontare la mia sconfitta più dolorosa con animo differente. Vi siete preoccupato per me, sebbene non mi doveste nulla. Ve ne sono infinitamente grata”.
Il soldato abbassò gli occhi, imbarazzato da tanta riconoscenza.
“Tenetela voi la spada di Kaelen, ne siete pienamente degno” continuò lei con un velo di malinconia “Così vi ricorderete di me”.
“Cosa?” sbottò lui “Non posso accettarla! E poi che significa?”.
“Non partirò per Elestorya con gli altri. Tarlach cerca qualcuno per informare il principe Anthos di quanto è avvenuto oggi e io mi sono offerta come latrice”.
“È una follia! Non posso consentirlo! Ho già lasciato una donna nelle mani di quella belva! Il vostro capitano troverà qualcun altro! Gli parlerò personalmente!”.
“No. Non rivedrò la mia decisione. I pochi soldati rimasti devono condurre la mia gente all’oceano e sono indispensabili, ne siete certo consapevole. Io me la caverò, non sottovalutatemi solo perché non sono un combattente”.
“Tsk! Che ne è del vostro sogno di studiare le arti curative degli Aethalas? Se rimarrete a Jarlath, non…”.
“Incontrerò il vostro amico alla fortezza, sarà più che sufficiente per me… e vi giuro che mi occuperò sia di lui sia della principessa Adara. So che siete in pena per lei. Consideratemi una risorsa, non un’aspirante suicida”.
L’ufficiale toccò la spada lucida, passando le dita sul fodero cesellato a motivi geometrici e sull’elsa dritta, tanto diversa dalla lavorazione tipica del Sud.
“Quanto avete esposto non è del tutto corretto” affermò più pacato “Perché sono io a essere in debito per le cure che mi avete prestato, Dessri. Per il confronto che c’è stato. E soprattutto per Rei. Ditemi almeno se c’è qualcosa che posso fare per voi”.
La guaritrice lo guardò con dolcezza e gli strinse il braccio con più intensità.
“È stato il destino a mandarvi da me, Dare Yoon. No, non dite nulla, so che non prestate fede nel prescritto. Non mi conoscete, eppure mi avete compresa più di chiunque altro e lo avete compiuto senza finto riserbo… forse perché voi ed io in qualche misura ci assomigliamo. Mi avete spronata a non rinunciare, a vivere pienamente, ad aprire il cuore, a non impedirmi di amare per timore della sofferenza… Adesso, aiutatemi a farlo, vi prego”.
Lui spalancò gli occhi, incerto.
“Ho imparato a non sottovalutare il cosiddetto caso” replicò “Ma non vedo come io possa perfezionare una persona già di valore come voi”.
“Il calore della vostra adorata terra, che vi scorre impetuoso nelle vene… la fedeltà alle promesse incisa sulla vostra pelle… la lealtà che alberga saldamente nel vostro animo… condividetele con me, se non vi pesa. Se non vi offende”.
Dare Yoon intuì la richiesta e sorrise per mascherare lo stupore e l’imbarazzo.
“Lungi dal considerarlo un oltraggio, ma non è da me approfittare di una donna, neppure se è lei a domandarlo con tanta grazia”.
“Donare e ricevere in uno, è solo questo che desidero spartire con voi per intero”.
Si sollevò sulle ginocchia e si sfilò il vestito, accompagnando le parole con l’azione. La sua carnagione candida, celata soltanto da un impalpabile sottoveste di lino bianco, rifulse alla luce del focolare, colorandosi d’arancio chiaro. I lunghi capelli color melograno risaltarono come una cascata di magma sul corpo snello e attraente.
Dare Yoon avvampò alla visione, forzandosi all’immobilità.
“Non voglio illudervi, Dessri” mormorò, faticando a controllare la fermezza della voce “Non provo per voi ciò che forse vi aspettate…”.
“Non mi aspetto nulla in tal senso, tantomeno lo pretendo” sussurrò lei sfiorandogli il volto e avvertendo la sua tensione dominata a stento “Vorrei che voi vi concedeste di perdonare, poiché sinora non è accaduto. Fatelo attraverso di me. Forse è necessaria una donna che avete appena incontrato per assolvere colei che nei vostri riguardi è stata manchevole. Per non offrire mai più il fianco ai deamhan”.
Gli occhi scuri di lui scintillarono, mentre la guaritrice si liberava anche dell’ultimo indumento, scavalcandolo e sedendoglisi in grembo.
Abbandonò le esitazioni, lasciando che lei gli slacciasse la camicia e gli accarezzasse il petto. Le sue dita affusolate indugiarono sul suo sole tatuato, percorrendone delicatamente i raggi.
Dare Yoon s’incendiò e la cinse in vita, attirandola a sé, ignorando l’impaccio del polso bendato e steccato, le sfiorò voluttuosamente il collo e la spalla con le labbra, percorrendo la sua pelle liscia e tiepida.
“Non sono in forma perfetta…” mormorò al suo orecchio, scostandole la chioma dal viso e rinunciando a usare la sinistra.
“Penserò io a voi…” sussurrò lei “Ci penserò io…”.
Si piegò su di lui e lo baciò, spingendolo dolcemente all’indietro, scivolando nel suo abbraccio dirompente e bruciante di desiderio.
 
Era ancora buio quando aprì gli occhi nella semioscurità della tenda. Le fiamme si erano estinte, le braci languenti del focolare emanavano un barbaglio tenue e quasi privo di calore. I tizzoni occhieggianti tra le ceneri gli rammentarono le iridi rosse dei Daimar e la situazione drammatica nella quale si era trovato giorno precedente.
Difficile a credersi, ancor più da accettare.
Dare Yoon incrociò le braccia dietro la nuca fissando la stoffa drappeggiata e spiegazzata del soffitto, con l’accortezza di non affaticare il polso offeso, così come gli era stato raccomandato: a ben vedere non era stato un intralcio eccessivamente frustrante mentre era impegnato con Dessri.
Avvertì il corpo nudo della guaritrice contro il suo, unico punto di calore nel freddo pungente, che riusciva a morderlo anche sotto le pellicce con cui era coperto.
Aveva compreso il motivo per cui gli aveva chiesto di passare la notte con lei: non era stata unicamente l’attrazione fisica a spingerla, bensì la volontà di sentirsi davvero viva, di capire quale fosse il punto di riavvio che aveva scelto di dimenticare o di negare; di toccare ancora con mano quanto fosse umano avere un’altra creatura cui darsi e dalla quale ricevere. Riconquistare quelle sensazioni, non solo per usarle come difesa dall’ombra, ma anche per perdere l’arrogante certezza di non ritenersi fallibile o fragile o bisognosa del prossimo. Lo aveva capito perché per lui, in un certo aspetto di sé, era la stessa cosa.
I brividi dovuti al rigore dall’ambiente gli incresparono l’epidermide e fu costretto a ritirare gli arti sotto le coltri. I suoi vestiti giacevano sparpagliati poco lontano, ma non voleva destarla. Non ancora. L’alba era comunque vicina e con essa il momento del commiato. Non era innamorato di Dessri ed era stato chiaro in merito, ma lasciarla in fretta poche ore dopo la notte trascorsa insieme gli appariva comunque un atto irrispettoso.
“Il gelo del Nord riesce a intaccare anche un uomo passionale come voi, allora” mormorò piano lei, sfiorandogli la pelle percorsa dal tremito dovuto al freddo.
“Non sono abituato a queste temperature” ammise lui con un sorriso accennato “Qual è la vostra scusa invece?”.
“Siete voi. Mi avete scombinata… e non alludo alla vostra prestanza fisica”.
Dare Yoon le lanciò un’occhiata divertita e parimenti condita da un’espressione scandalizzata per via della spudoratezza udita, ma colse perfettamente il punto.
“Le ragazze di Elestorya non sono così dirette?” domandò lei.
“Lo sono. Però io non riesco ad abituarmici”.
La guaritrice rise leggera e gli appoggiò il viso al petto, cingendolo e ascoltando il battito calmo del suo cuore. Poi si incupì.
“Siete uno che non mente” sospirò “Io invece non vi ho detto tutta la verità”.
“Che cosa?” sbottò l’ufficiale, mettendosi a sedere e fronteggiandola, serio.
Le pellicce gli scivolarono in grembo. Dessri si sollevò a sua volta, rammaricata.
“Kaelen…” continuò, mentre lui la fissava severo e adamantino.
“Spiegatevi”.
“I miei genitori lo hanno adottato quando è rimasto solo al mondo. Siamo cresciuti insieme, ma non avevamo lo stesso sangue. L’ho sempre considerato un fratello, finché un giorno mi sono accorta che non era più così. Né per me né per lui. Siamo dovuti fuggire lontano, incapaci di rimanere l’uno senza l’altro”.
Dare Yoon aggrottò la fronte, meditabondo ma meno inquieto.
“Perché scappare? Non c’è nessun male in questo”.
“Voi siete di Erinna e possedete una mentalità aperta. O solo del sano buonsenso. La nostra relazione ha destato scandalo nel piccolo villaggio in cui abitavamo, sebbene non fossimo parenti. Ci siamo trasferiti a Jarlath, dove nessuno ci conosceva e dove io avrei potuto migliorare le mie abilità di guaritrice. Kaelen si è arruolato nella Guardia perché non avevamo di che vivere. Un giorno non è più tornato”.
Si prese la fronte tra le mani, angosciata.
“Non avete mentito, il vostro è stato semplice riserbo” affermò l’ufficiale.
“Se io non gli avessi rivelato i miei sentimenti, se lui non avesse ceduto, se avessi continuato a considerarlo solamente un fratello, sarebbe ancora vivo! Dovrei gridare che lui è ancora l’amore della mia vita, l’unico! Che non posso dimenticarlo e che per questo mi sto difendendo, nascondendo e mi sono volontariamente chiusa in me stessa! Non perché Kaelen è morto… perché io lo sono! In questo non sono stata sincera con voi”.
“Lo siete ora… da viva, come mi siete onestamente sembrata poco fa” considerò Dare Yoon, piegando il capo “E vi ringrazio per la fiducia che mi state accordando nel rendermi partecipe. Per la seconda volta”.
Dessri sorrise con tristezza, specchiandosi nello sguardo limpido dell’elestoryano.
“Tutto il resto era vero” gli disse.
“Lo so”.
Il soldato tornò a sdraiarsi, tirandosi addosso le coperte di pelo e scrutando il buio. Espirò come davanti all’ineluttabile e socchiuse le palpebre, perso in quella contemplazione distante. La guaritrice gli si adagiò accanto in silenzio. Le sue dita corsero nuovamente all’altezza del cuore pulsante di lui, ma la mano dell’uomo le strinse, fermandole nel contatto con i sette raggi incisi sul suo petto. Come se la contiguità lo potesse ancorare brutalmente al presente.
“Aylike…” sussurrò, appena percettibile “La figlia del bailye degli Haltaki. Io non ero a conoscenza del suo rango, quando sono andato da lei per effigiare la mia pelle con il sole che state toccando. Sapevo solo che a Erinna era lei la più abile sia come tatuatrice sia come lettrice delle fiamme. Che era una donna del deserto bella e misteriosa, con un paio d’anni più di me. Ero poco più che un ragazzino quando l’ho incontrata e ne sono rimasto affascinato: ma questo non mi giustifica, perché ero già un soldato e avrei dovuto mostrarmi meno ingenuo, più refrattario nel concedere apertamente la mia fiducia. È lei che i Daimar hanno stanato nei miei ricordi”.
Dessri trattenne il fiato, come se un respiro più intenso avesse potuto interrompere il racconto remoto che lui stava faticosamente spremendo al proprio orgoglio.
“Le sette promesse vengono incise una alla volta, a fondo, dunque bisogna lasciare al corpo il tempo di guarire tra l’una e l’altra e alla mente quello di pensare. Perché poi non si possono più cancellare e divengono sacre agli dei. Il mio terzo raggio ha richiesto un tempo più lungo, perciò Aylike ha deciso di rimandare il quarto e quel giorno, per ripagarmi del mio viaggio a vuoto, ha innalzato le fiamme e mi ha convinto a farmi vaticinare il futuro. Ho accettato perché lei mi piaceva da impazzire e perché tra di noi si era instaurato un buon grado di confidenza. Non ho mai creduto alle predizioni… vi parrà strano che io sia giunto a Iomhar proprio per via della Profezia. Chiamatelo scherzo del destino, se volete. Adesso sono molto diverso rispetto a quando avevo vent’anni. Ma, allora, quello che lei mi ha rivelato mi è sembrato reale, possibile, così come quando mi ha confessato a bruciapelo di essersi innamorata di me e abbiamo consumato per la prima volta quell’amore incandescente che io ritenevo vero, contraccambiato. Esistente”.
“Che… che cosa vi ha detto?” mormorò timidamente Dessri.
“Fuoco e terra” rispose lui con rabbia vibrante “Acqua e vento. I primi due elementi mi appartengono, descrivono quello che io sono nel profondo”.
“Niente di più vero” constatò lei, gentile.
“Già” rimandò Dare Yoon con amarezza “Gli altri due fondamenti, invece, sarebbero appartenuti a colei che sarebbe stata mia per sempre. Alla donna della mia vita, la sola… e Aylike era come l’aria calda del deserto, come l’acqua sacra dell’oasi di Ebi, presso la quale gli Haltaki hanno frequente dimora e dove adorano Amathira. È stata lei stessa a dirlo, stretta a me come ora lo siete voi, ma non altrettanto sincera”.
Una ruga profonda gli si incuneò tra le sopracciglia scure, mentre cercava le parole opportune per continuare a descrivere ciò che ancora lo riempiva di risentimento.
“Il settimo raggio, l’ultimo, quello della fedeltà alla donna che amerò. Che amerò, perché costei non è certo Aylike. Colei che l’ha inciso, promettendo e ottenendo in cambio la mia parola d’onore, che quella notte ha voluto che ci unissimo ancora con sfrenata passione… non ha mantenuto il giuramento. Quando mi sono svegliato la mattina seguente, il sole rovente del Sud era già alto, ma lei se n’era andata. Mi girava la testa e ho faticato persino a ricordare dov’ero, figuratevi rientrare al quartiere… Aska Rei, benché fosse ancora un moccioso, era già più accorto di me e ha evitato che il comandante mi sbattesse in consegna a causa del ritardo. Ha anche capito che qualcuno mi aveva narcotizzato e che non si trattava di una sbornia da smaltire, ma non mi ha mai chiesto nulla”.
“È per questo che detestate le pozioni?”.
“Non che prima ne fossi entusiasta…”.
“Aska Rei dunque conosce la verità?”.
“No. Solo voi ed io”.
“Mi onorate immensamente, Dare Yoon” sussurrò Dessri, commossa “E… lei?”.
L’ufficiale scosse la testa, abbandonando la presa sulla sua mano.
“Non l’ho più vista. Dicevano che fosse tornata nel deserto, ma non l’ho mai cercata. Ho deciso di lasciarmela alle spalle e, fino a ieri, pensavo di esserci riuscito”.
“Non sarà certo stata l’unica donna per voi…”.
“No. Non sono un idiota, tantomeno un asceta. Evidentemente avevo un insoluto”.
“Diversamente non sareste stato umano”.
Lui corrugò la fronte, tutt’altro che placato o remissivo.
“Dimenticare non significa assolvere” riprese la guaritrice “E viceversa. Voi…”.
“Lo farò” ribatté lui secco “Prima o poi lo farò. Adesso le incombenze sono altre”.
Si sollevò dal giaciglio con un colpo di addominali, mettendosi a sedere. Allungò il braccio per raccogliere gli abiti che aveva gettato a terra con foga la sera precedente.
“Mancano ancora alcune ore all’alba, non serve che vi affrettiate” suggerì Dessri “Avvaletevene per riposare ancora un po’”.
“Non sono stanco in verità”.
“Ordini del medico” rimandò lei con un sorriso sagace.
“Se la mettete così” replicò Dare Yoon, appoggiandosi sul gomito destro e ribaltandola tra le coltri con una mossa tattica e sensuale “Riposerò solo lo spirito, evitando parimenti di prendere freddo. Che ne pensate?”.
“È la migliore delle prescrizioni” sussurrò lei.
 
Il chiarore delle prime ore del giorno era offuscato dalla pioggia battente e lattiginosa che infieriva sullo spiazzo infangato dell’accampamento. I rifugiati stavano lentamente facendo fagotto dei loro miseri averi dopo l’ordine perentorio di Tarlach, che aveva comunicato l’imminente partenza per Neirstrin.
Nessuno aveva obiettato, poiché la fiducia riposta in lui superava forse quella dovuta agli dei, eppure gli sguardi dei cittadini di Iomhar erano spauriti e scettici. Alcuni di loro non avevano mai visto il Pelopi e nutrivano per esso un timore reverenziale, che tuttavia era minore di quello provato difronte ai deamhan. Così la paura dell’ignoto veniva sconfitta da un’altra ancora più grande.
Il comandante della Guardia di Jarlath osservò la scena in silenzio: era imperativo partire subito, prima che la rassegnazione risultasse l’unica vincitrice sull’umanità.
“Ci vediamo al porto tra due settimane” disse Aska Rei, tendendogli la mano.
“Grazie per il vostro aiuto, capitano” ribatté questi “Vi terrò aggiornato”.
Si girò verso Dare Yoon, già in sella a un roano vigoroso, e gli rivolse un ulteriore saluto. Il soldato ricambiò con un movimento del capo, riparato dal mantello cerato.
Poco distante Dessri, riconoscibile tra gli astanti dall’abito chiaro, sollevò la mano nella sua direzione, rivolgendogli un sorriso, e lui le restituì garbatamente il cenno. Poi strinse i talloni sui fianchi del cavallo e lo fece voltare in direzione sud, seguito immediatamente dal compagno.
Il sentiero andò subito in pendenza e i due giovani furono costretti a procedere al passo e a redine corta per evitare di far slittare gli animali nella mota.
“Che cosa c’è stato tra te e la guaritrice?” domandò Rei, interrompendo il silenzio ovattato intorno a loro “Pareva molto dispiaciuta che tu lasciassi Taavin”.
“Soltanto reciproco rispetto”.
“Ah, si chiama così adesso?” sogghignò furbescamente il capitano.
La bocca di Dare Yoon si increspò lievemente, ma non raccolse la provocazione.
“E… quella spada?” insistette lui.
“La mia si è spezzata, questa è una valida sostituta” rimandò il primo, asettico.
Aska Rei alzò gli occhi al cielo a fronte della risoluta reticenza dell’amico.
“La faremo consacrare da una sacerdotessa una volta giunti a Elestorya” scherzò.
“È già benedetta” replicò il compagno, questa volta meno scontroso “Dalla speranza”.
 
 
Eudiya, seguita a un passo da Dionissa e da Phylana, entrò nella sala delle udienze con passo frettoloso ma elegante. La folta treccia nera ondeggiava ritmicamente sulla spalla sinistra, trattenuta da un laccio dorato e priva di altri vezzi, poiché la regina del Sud continuava a esibire il guardaroba guerriero tipico della sua tribù. Sulla sua fronte abbronzata spiccava tuttavia il punto tracciato con il colore bianco, segno luttuoso dovuto al matrimonio contratto dalla figlia minore.
Sedette sul trono, scostando a lato il mantello vermiglio e fissando i visitatori annunciati poco prima. I tre uomini giovanissimi, abbigliati con gli abiti e gli ornamenti singolari dei Rhevia, si genuflessero al suo cospetto.
Il primo, quello che portava la fascia rossa e oro di bailye, era un ragazzo affascinante con una lunga coda castana chiara, che scivolò in avanti nell’atto ossequioso. Sul suo petto scoperto, vestito della casacca scollata della sua tribù, spiccava un lungo segno scarlatto non ancora del tutto rimarginato. Anche gli altri due, meno attraenti del compagno ma altrettanto decisi nell’espressione, portavano sul volto e sulle braccia le vestigia di uno scontro concluso solo di recente. O forse ancora in atto.
“Recate notizie del reggente?” domandò, ansiosa.
“Sì, maestà” rispose il portavoce “Mi chiamo Anshar e vengo dall’oasi di Zerf, presso la quale il nostro sovrano ha guidato cinque delle genti del deserto in un’aspra battaglia. Siamo stati da lui scelti come latori di notizie funeste, purtroppo”.
Dionissa strinse le mani una contro l’altra ed esalò un sospiro amaro, attendendo con tragica consapevolezza il resto del rapporto.
“Chi ha osato attaccare mio marito?” sbottò Eudiya, adombrata.
“Vorrei rispondervi che sono stati gli Anskelisia, ma purtroppo non sono in grado di comprendere dove la tribù dei reietti finisca, per lasciare spazio all’oscurità. Altezza, la masnada degli Angeli è ora controllata dalle creature chiamate Daimar… molti membri di quella banda di criminali si sono votati di loro spontanea volontà alla seduzione maligna”.
“Cosa?!” esclamò la regina, incredula “Fatico a credere alle tue parole, Anshar!”.
Lui sollevò gli occhi striati di giada, puliti, sinceri e infinitamente tristi.
“Ne abbiamo catturato uno e tutti i legittimi dubbi sono venuti meno” disse pacato “La minaccia che ci ha rivolto riguardava un attacco diretto a Erinna, è per questo che il principe Stelio mi ha inviato da voi. Teme per la vostra incolumità… mia signora, le spade e le frecce non sono in grado di sconfiggere quegli esseri sorti dalle tenebre”.
Eudiya sbarrò gli occhi e rabbrividì nonostante il caldo.
“Non può essere altrimenti, madre” intervenne Dionissa, parimenti sconvolta ma più pronta ad accettare una verità che già conosceva “Il Traditore ha preso forma e le essenze più nere del creato si sono schierate al suo fianco. È così, bailye?”.
Anshar piegò il capo, arrossendo alla visione della sacerdotessa Kalah, la cui bellezza superava di gran lunga tutte le descrizioni di lei che aveva udito tra le dune.
“Così crediamo, principessa” affermò.
Raccontò brevemente dell’interrogatorio effettuato da Eisen e dei risultati praticamente nulli ottenuti dalle veggenti che avevano esaminato il demone Rona.
“Devo contattare Màrsali” asserì Dionissa “La soluzione che avete individuato è precaria, ma potrebbe salvare delle vite finché mia sorella e suo marito non avranno ragione del Nemico. Quello che governa le orde dei demoni dell’ombra”.
“Sei davvero convinta che Anthos interverrà? O che non si alleerà con il male che tanto gli assomiglia?” domandò stancamente la regina.
“No. Ma è ciò che ho intenzione di scoprire. Adara non lo consentirà, ne sono certa”.
“Sia come tu dici” sospirò la donna, mettendosi in piedi e rivolgendosi nuovamente ai Rhevia “Quali altri ordini vi ha impartito il reggente?”
“Nessun ordine, maestà” sorrise Anshar con fierezza “Mi ha chiesto di consegnarvi questo e di riferirvi di non cedere. I suoi pensieri sono tutti rivolti a voi”.
Aprì la mano e sul palmo scintillò il prezioso anello d’oro del re.
   
 
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