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Autore: MC_Gramma    12/05/2020    0 recensioni
In tre anni gli erano passati tanti corpi sotto gli occhi e tra le mani, nessuno gli era mai interessato al di là della fedele riproduzione su carta eppure, appena l’aveva vista entrare, la domanda era sorta spontanea: «Chi è quella?» tuttavia si era imposto di non darle voce e gli era rimasta incastrata in gola, procurandogli un fastidioso grattino.
Sapeva benissimo che era la sostituta...

Hunter Clarington e Marley Rose si incontrano così: lui studente della succursale di belle arti, lei modella di nudo. Le loro vite si intrecciano, in classe e fuori, ma si congiungeranno in un'unica strada o sarà solo un susseguirsi di incroci?
(Nota sul titolo: equivale al nostro "col senno di poi", 2020 è il modo inglese per dire dieci decimi. Non fatevi trarre in inganno!)
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, FemSlash, Crack Pairing | Personaggi: Blaine Anderson, Hunter Clarington, Marley Rose, Rachel Berry, Wesley Montgomery | Coppie: Blaine/Rachel
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo
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A/N: credo/spero di aggiornare ogni martedì le nuove storie e ogni due settimane le vecchie a rotazione.
N2: SAIC = School of the Arts Institute of Chicago (si tratta di un istituto privato, anche se non credo esista una succursale sfigata come quella dove si tengono le lezioni)
 


Ay flaquita, yo quiero ser lo que tú respiras
Vivir en tu piel todo el día
Morenita, derrites todo en mí con tu risa
Que me paraliza si me ves así
(Marco Mares - Ay Flaquita)



 

La voce gli era tremata un poco quando l’aveva fermata davanti alle macchinette.
“Ferma. Non muoverti.”
Non c’era traccia di urgenza né di punti esclamativi, solo una leggerissima vibrazione nel tono che tradiva deferenza, se non devozione. 

A cosa esattamente non lo aveva capito, né era interessata a scoprirlo. In teoria doveva essere già altrove ma Santana era in ritardo, come suo solito! Per questo Marley si trovava ancora all’interno della succursale della SAIC, ingannando l'attesa con un espresso amaro come il fiele ma caldo. 

Non lo aveva neanche visto, seduto al tavolino seminascosto dal distributore di merendine, finché non aveva aperto bocca.
Hunter Clarington la stava osservando con la sua tipica espressione neutra che lo faceva apparire perennemente annoiato, un peccato dal momento che non era affatto brutto. Però doveva far pace col rasoio! Era uno di quegli uomini a cui manca la fisionomia adatta anche per una barba di pochi giorni. 

“La mia ora di posa è finita” gli fece notare, completando il gesto di portare il bicchierino alle labbra “quindi mi muovo quanto voglio.”

Prese un sorso sostenendo il suo sguardo, con la speranza che interpretasse la sua smorfia di disgusto nel modo sbagliato.

“Quanto vuoi per posare per me?”

Marley emise uno sbuffo divertito e sparò alto, tre volte quello che le davano per quattro ore a settimana. Le sessioni private dovevano costare di più! E poi, sperava di farlo desistere. 

Per quanto i soldi le servissero non era disposta a svendersi completamente: un conto era spogliarsi davanti a dieci persone in un’aula, ben altro farlo davanti a un uomo. Non sembrava tanto più grande di lei tuttavia non riusciva a considerarlo un ragazzo. 

Hunter non batté ciglio. Stava già mettendo mano al portafogli quando il suo “Intendi adesso?” gli fece riportare l'attenzione su di lei.

“Perché, hai da fare?”

“Sto aspettando una persona.”

“Quando arriva?”

“Tra un quarto d'ora anzi, dieci minuti.”

“Basteranno.” sentenziò, contando le banconote.

La sua insistenza la gettò in un familiare senso di panico e umiliazione a cui si rifiutò di cedere. Ne aveva abbastanza di uomini che provavano a interporre i loro bisogni ai suoi! Sentì montare una rabbia tale da soffocare tutto il resto.

“Non ti aspetterai che mi spogli qui, davanti alle macchinette, vero?”

Le sue sopracciglia si sollevarono con evidente sorpresa, a quanto pare era riuscita a smuoverlo dalla sua consueta apatia.

“Mi hai frainteso, Rose. Non mi aspetto che tu faccia niente a parte sorseggiare… qualsiasi cosa tu abbia preso… muovendoti il meno possibile.”

Il modo in cui pronunciò quel «Rose» la fece arrossire più della vergogna, non riuscì nemmeno a fargli notare l’errore (non era il primo a confonderlo col suo nome). Afferrò i soldi che le porgeva e rimase lì, immobile, sentendosi una stupida. Forse le sue vecchie compagne di scuola non sbagliavano a definirla tronfia e spocchiosa, forse anche lui lo pensava. 

Molto lentamente, prese un altro sorso di quell’orribile caffé. Per punirsi. Credeva di aver superato l’ossessione di piacere a tutti. Erano anni che non prestava più attenzione a quello che la gente pensava di lei, perché ricominciare adesso? Per fortuna l’arrivo di Santana interruppe il suo rimuginio.

Hunter raccolse le sue cose e passò loro accanto senza guardarla, senza nemmeno un saluto.

“Qualcosa non va?” chiese l’ispanica, sentendola irrigidirsi.

Lei fece spallucce con aria evasiva, decisa ad affrontare l’argomento soltanto dopo aver messo in pancia qualcosa di più sostanzioso. 

Chiacchierando percorrevano chilometri ma per mangiare invece dovevano stare sedute. Se lo erano imposto come regola! 

L’intenzione era gustare le loro insalate greche vicino alla targa commemorativa di Milton L. Olive III, sull’onda patriottica che ancora avvolgeva la città dopo il Veterans’ Day. Stavano a malapena percorrendo Addams Memorial Park quando il vento risalì dalla spiaggia e le portò via il cappello. Santana fu lesta nell’acchiapparlo al volo! 

Marley si era appena sbagliata, chiamandola mi reina invece di mi superheroína, nel momento in cui fece per infilarlo in tasca trovò un foglietto dalla dubbia provenienza: conteneva lo sketch per cui Hunter aveva pagato uno sproposito, corredato di un numero di telefono. 

“Chiunque sia il tuo ammiratore, dovresti chiamarlo. Una donna che prende il numero fa una promessa!”

“Veramente me l’ha lasciato di nascosto.” ribatté lei, sedendosi sulla panchina più vicina e iniziando a mangiare “Che coniglio!”

“Che audacia, vorrai dire!”

Tra un boccone e l’altro le raccontò l’accaduto, sperando di farle cambiare idea, invece il sorriso dell’amica si fece via via più ampio.

“Pensi ancora che dovrei chiamarlo?” 

“Scherzi? Hai trovato la proverbiale gallina dalle uova d’oro! Stavo giusto pianificando di farti inciampare davanti allo yacht club, così il primo riccone che ti avesse raccolto da terra si sarebbe subito invaghito di te…”

“Non mi ci vedo come moglie trofeo.”

“Ti esibiranno entrambi, in un modo o nell’altro.”

Santana aveva ragione. E poi, avrebbe guadagnato di più così piuttosto che destreggiandosi tra le pose e le pulizie negli uffici o almeno era quello che si ripeteva. 

C’era dell’altro, Marley non sapeva esattamente cosa ma se lo sentiva. Fugace, come un fischio alle orecchie. Impossibile da ignorare, come per la nonna! Qualcosa le diceva di aspettare a segnare il suo compleanno sulla nuova agenda e Morgane Rose era mancata entro la fine dell’anno. Davanti a quel pezzo di carta provava lo stesso vago presentimento, impossibile stabilire se fosse positivo o meno. 

Ay flaquita…” sospirò Santana, al vederle mettere da parte il pranzo “Mi abuela diceva che, se qualcuno ti fa perdere l’appetito, sei fregata!”

“L’ultima volta non è finita bene, ricordi?”

Risero, attirando gli sguardi degli avventori del parco.

“Quell’idiota non ti capiva per un cazzo” sospirò Santana, infilzando un cubetto di feta “eppure non è così difficile! Sei per metà trasparente.”

E l’altra metà? Avrebbe voluto chiederle come era, forse a specchio.

“Solo per te!”

“Perché io ti ascolto.”

Era vero. E Marley amava profondamente Santana perché era di capace di comprendere le sue parole e i suoi silenzi. Al pensiero che, con l’arrivo del vero freddo, sarebbe volata verso climi più temperati e non si sarebbero viste per mesi, sentiva fisicamente male.

L’ispanica intuì dove fossero orientati i suoi pensieri.
“Mi mancherai da morire, flaquita.” disse, passandole un braccio attorno.

Le schioccò un bacio sulla guancia in risposta, pensando che il loro rapporto era molto meglio di una stupida relazione romantica.

Da sempre le loro vite scorrevano su binari paralleli. Avevano perso il conto delle coincidenze! Per esempio, tutte e due avevano fatto a tira e molla con un Puckerman e avevano provato a farsi bionde con scarsi risultati! Ed entrambe, a un certo punto, si erano sentite sbagliate. Lei perché non provava attrazione per nessuno, maschio o femmina che fosse, ma aveva comunque il desiderio di innamorarsi. L’altra perché la sua vagina non faceva distinzioni di genere mentre il suo cuore si scaldava solo per il suo stesso sesso. 

Per ironia si erano conosciute in uno spogliatoio, luogo che lei aborriva da sempre, e parlando con l’ispanica, guardandola negli occhi, per la prima volta Marley si era sentita incantevole e più di tutto normale. Santana Lopez era uno specchio in cui lei si vedeva per come era, senza giudizi. La amava per questo, di un amore platonico pienamente ricambiato. 

Mentre finiva di comporre il numero osservò la figura a mezzo busto. Stentava a riconoscersi nei tratti appena abbozzati, contorno sfocato alla mano che stringeva il bicchierino. Lui la vedeva così?

Alzò il volume al massimo perché anche l'amica potesse ascoltare e scoppiarono di nuovo a ridere nel sentire Hunter rispondere in un modo assurdo - “Moshimoshi?” - Marley però smise subito per non sembrare ancora più stupida. Non sapeva neanche perché le importasse!

“Pronto?” lo sentì riprovare “Rose, sei tu?”

“Sì.” esclamò, tappando la bocca all’amica “Mhm. Sì.”

“Ascolta, Rose, non voglio metterti a disagio ma ho bisogno di vederti.” proseguì e forse era il telefono ma la sua voce non aveva un’intonazione precisa “Oggi, se possibile. Dobbiamo chiarire questa storia delle pose, delle circostanze e delle discordanze... Credo sia opportuno parlarne di persona.” 

Le due si scambiarono un'occhiata. Marley cercava il sostegno dell'amica, il suo consiglio per svicolarsi da una situazione potenzialmente pericolosa, ma gli occhi di Santana le rivolgevano solo uno sguardo d'intesa.

“Dimmi dove sei.” concluse e poteva essere tanto un ordine quanto una preghiera “O dove ti fa comodo incontrarci. Ti raggiungerò in un lampo.”

“E io posso sempre accompagnarti!” mormorò l’ispanica, scostando la sua mano.

Come sempre le leggeva dentro.
Sapeva che stava cercando una scappatoia da una decisione che aveva già preso e che avrebbe portato avanti, senza ripensamenti, a dispetto del risultato finale.
  
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