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Autore: Isabelle_Mavis    12/05/2020    2 recensioni
-Significa che sono tuo, per sempre- disse Embry, guardandomi dritto negli occhi.
Fu come se una mano invisibile stesse grattando contro il fondo della mia anima.
-Mio, per sempre- ripetei, come in trance.
Embry annuì, distogliendo lo sguardo e indirizzandolo verso il cielo. Si ritrovò a dover stringere un po' gli occhi, a causa del sole.
-Potrei essere qualsiasi cosa per te. Qualsiasi cosa di cui tu abbia bisogno-
La stessa mano invisibile di prima ora si era spostata verso lo stomaco, afferrandolo e attorcigliandolo.
Embry tornò a guardarmi, questa volta con le sopracciglia aggrottate, come se dovesse faticare per trovare le parole giuste per esprimersi.
-Un fratello, un protettore, un amico...-
La mano viaggiò verso il cuore, stritolandolo.
Embry si chinò verso di me, il suo viso a un soffio dal mio.
-... Un'amante- mi sussurrò.
La mano salì ancora e si fermò una volta arrivata alle corde vocali, che strappò senza esitazione.
Aprii leggermente la bocca per parlare, ma non avevo niente da dire. Gli occhi di Embry si erano mangiati tutte le mie parole. Due pozzi scuri che ardevano di quella stessa fiamma che animava tutti i lupi.
Genere: Drammatico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Embry Call, Jacob Black, Nuovo personaggio, Quileute | Coppie: Bella/Edward, Jacob/Renesmee
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più libri/film
Capitoli:
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2- Scomode Verità

 

Gennaio arrivò in un baleno.
I mesi erano passati velocemente, senza che me accorgessi. Avevo deciso di mettermi sotto con lo studio, dopo il richiamo di Mr Thompson, non solo nella sua materia ma anche in tutte le altre. I risultati non si erano fatti attendere. I miei genitori ne erano rimasti piacevolmente sorpresi, pensando che forse mi ero finalmente decisa a impegnarmi per ottenere la borsa di studio. In realtà, cercavo solo di pensare poco e di stancarmi il più possibile. Così facendo, non avrei dovuto trascorrere l'intera notte ad agitarmi nel letto. Avevo scoperto che la fatica era un buon rimedio contro i sogni indesiderati. Tutto sommato stancarsi di giorno per stare tranquilla la notte era un buon compromesso. Questo perché i miei sogni si erano fatti più intensi del solito. Non sapevo stabilire un motivo preciso, così come mi era impossibile ricordare quando fossero iniziati. Era così e basta. Nonostante ce la mettessi tutta per evitarlo, qualche volta mi capitava ancora di finire in quel mondo onirico fatto di boschi e lupi. E quando accadeva mi ritrovavo automaticamente con un mal di testa così forte da spaccarmi il cranio. Avevo smesso da un pezzo di interrogarmi sul perché.
Non l'avevo detto a nessuno, pensando che fosse troppo strano. Ci pensava già Leah a dare noie alla mia famiglia. Parlarne con i ragazzi, invece, sembrava allettante. Tuttavia, ogni volta che pensavo di essere pronta e aprivo la bocca poi ci ripensavo. Il problema non era che avessi paura delle loro prese in giro, oppure che, peggio ancora, non mi fidassi di loro. Il problema ero io. Sentivo di non poterlo fare perché era un segreto soltanto mio. Dopo ogni occasione persa di parlarne con loro mi davo della stupida e giuravo a me stessa che la volta successiva sarebbe stata quella decisiva. Cercavo di autoconvincermi e di infondermi coraggio, ma era inutile. Tornavo sempre al punto di partenza. Così, semplicemente, avevo rinunciato. 
I ragazzi, dal canto loro, avevano notato che qualcosa non andava, ma erano sempre stati molto discreti nelle domande. Mi conoscevano troppo bene, perciò sapevano che se avessi voluto parlare con loro, lo avrei fatto senza problemi al momento più opportuno. Perciò continuavano a comportarsi normalmente.

-....invitarla a uscire- stava dicendo Quil, di fronte a me.
Se ne stava seduto a cavalcioni sulla sedia di plastica della mensa, i gomiti sullo schienale. Con lo sguardo puntava una ragazza poco distante, che parlottava con le sue amiche. Carina, ma decisamente fuori dalla portata di Quil. Embry, al mio fianco, scosse la testa.
-Lascia perdere- gli disse, facendo eco ai miei pensieri.
Quil sbuffò, continuando a guardare la povera malcapitata. Era così, lui. Gli piaceva una ragazza diversa ogni settimana.
-Io dico che andrà bene. Me lo sento, è la volta buona-
Jacob lo guardò dubbioso. 
-L'hai detto anche l'ultima volta- gli fece notare.
-Ora è diverso- insistette, non dandosi per vinto.
Un'idea si fece strada nella mia mente. Sarebbero state risate assicurate.
-Scommettiamo, allora- proposi. Tre paia di occhi si posarono su di me. Era troppo facile attirare la loro attenzione.
-Io scommetto che non lo guarda neanche- disse Jacob, con un ghigno.
-Per me gli molla un bel due di picche, invece- rilanciò Embry, incrociando le braccia e rilassandosi sullo schienale della sedia. Se avesse vinto un'altra scommessa non avrei sopportato quel suo sorrisetto strafottente.
-Grazie tante per la fiducia- borbottò Quil, -begli amici-
Gli sorrisi, sporgendomi verso di lui sul tavolo.
-Io punto su di te, campione. Cinque dollari che riesci a farla ridere-
Quil si alzò in piedi, travolto dall'emozione.
-Andata. Auguratemi buona fortuna-
Lo vidi avvicinarsi al tavolo occupato dalla ragazza e dalle sue amiche. Non si resero minimamente conto di lui, neanche quando si fermò proprio lì davanti.
-Ho vinto io- affermò Jacob.
-Aspetta a dirlo- fece Embry, dal momento che alla fine una delle ragazze lo aveva notato, avvisando le sue compagne dando loro dei colpetti con un piede.
Quil si schiarì la voce, o almeno supposi che lo avesse fatto. Ero troppo lontana per sentire. Dovevo concentrarmi per leggere il labiale.
-Ecco che glielo chiede...- commentai.
La ragazza gli disse qualcosa con un'espressione imbarazzata sul viso.
Vidi Quil alzare le spalle e rispondere con il sorriso stampato sulle labbra.
La ragazza guardò le sue amiche come se non avesse creduto alle sue orecchie, e poi scoppiò a ridere. Gli disse qualcos'altro, ma a quel punto non mi interessava più.
-I soldi, prego- mi vantai, mostrando il palmo aperto della mia mano ai miei amici. Jacob alzò gli occhi al cielo, Embry invece mi sorrise enigmatico.
-Non cantare vittoria-
Quil ritornò al nostro tavolo e si sedette.
-Non è andata tanto male-
Jacob lo guardò sorpreso -Ti ha detto di sì?-
Qui scosse la testa, sconsolato -Lo avrebbe fatto, se non avesse già un ragazzo-
Sapevo, senza neanche guardare, che Embry stava ridendo sotto ai baffi.
-Però l'hai fatta ridere- constatai.
Quil fece spallucce -Bhe, sì, ma...-
Mi bastava. Mi voltai verso Embry, per affrontarlo.
-È un pareggio-
Embry sbuffò -Sei perfida-
Sentii Jacob ridacchiare, dicendo che ci avrebbe offerto qualcosa al negozio, la prossima volta che ci saremmo andati, per ripagare il suo debito.
-Ora ti tocca sperare che il suo ragazzo non lo venga mai a sapere- disse Embry.
-O che non sia un tipo geloso- continua io.
-O che non sia il doppio di te- concluse Jacob.
Quil ci guardò storto uno per uno, prima di tornare a far vagare lo sguardo in giro per la mensa. Forse in cerca di un'altra ragazza.
Avevamo finito di mangiare da un pezzo, ma non andava a nessuno di noi di andare già in classe. Personalmente, le due ore di trigonometria che mi aspettavano non mi entusiasmavano molto. Era uno dei pochi corsi che non avevo in comune con nessuno dei miei amici.
-Will- mi chiamò Quil, d'un tratto di nuovo allegro - per caso Paul Lahote ha una cotta per te?-
Lo guardai scandalizzata, spalancando gli occhi.
-Ma come ti viene in mente?-
-È da un po' che non ti toglie gli occhi di dosso- constatò, facendomi l'occhiolino.
Jaboc fece finta di vomitare, Embry invece guardò in direzione del tavolo solitamente occupato da Paul e Jared. Lo trovai facilmente anche io. Era quello più vicino alle finestre. Con loro c'era anche Kim, la ragazza di Jared. Se ne stavano vicini, lei e Jared, sussurrando a turno qualcosa nell'orecchio dell'altro. Erano una strana coppia. Sapevo per certo che Kim era segretamente innamorata di lui da molto tempo, ma Jared non l'aveva mai neanche degnata di uno sguardo, nonostante fosse la sua compagna di banco. Poi un giorno li avevo visti insieme, lui con un braccio sulle spalle di lei. Per uno che fino al giorno prima non si era mai neppure preso la briga di presentarsi, quello sguardo innamorato era alquanto strano. Forse addirittura anomalo. La guardava come se fosse la sua unica ragione di vita. Se da una parte lo trovavo terribilmente sdolcinato e nauseante, dall'altra mi chiedevo come ci si sentisse a essere guardati in quel modo. Sicuramente non come mi sentivo in quel momento, con lo sguardo di Paul che lanciava scintille verso di noi. Nonostante fossero passati mesi, evidentemente non aveva dimenticato la mancata rissa.
-Sicuro che stia guardando Will? Secondo me è te che punta- ipotizzò Jacob, -vorrà pareggiare i conti-
Quil si scrocchiò le dite -Che si faccia avanti, non ho paura-
Embry esibì una smorfia contrariata.
-Non sono cose da prendere alla leggera, queste. Ho sentito dire che qualche settimana fa si sono sbarazzati di quel tizio che spacciava droga-
Jacob annuì, pensieroso.
-Sì, l'ho sentito dire da mio padre-
Quil si sporse verso di lui, curioso.
-E che ha detto?-
Jacob alzò le spalle, sospirando. 
-Il solito. Secondo lui, Sam e i suoi sono come la manna dal cielo- 
Il suo volto rifletteva alla perfezione le nostre espressioni disgustate.
-Già- mormorai -Il consiglio li considera dei "protettori", o una cosa del genere- 
Mio padre la pensava esattamente come Billy, il padre di Jake. Facevano entrambi parte del consiglio degli anziani del villaggio. Nonostante quel ragazzo avesse spezzato il cuore di sua figlia, rimaneva ugualmente una specie di supereroe per lui. Incredibile.
Proprio in quel momento suonò la campanella, cancellando da ognuno di noi la stessa espressione assorta. Mettemmo in ordine, prima di alzarci. Presi il mio zaino e seguii gli altri fuori dalla mensa.
-Ci vediamo da te, Jake?- chiese Quil.
Jacob scosse la testa -Ho da fare con Billy-
-Anche io non ci sono oggi, ho promesso a Seth che lo avrei aiutato a studiare biologia- esclamai, portandomi una mano sulla fronte. L'avevo ricordato proprio in quel momento.
-Allora ci vediamo domani- decretò Embry.
Ci salutammo e ci dividemmo, ognuno diretto verso la propria aula.
Una volta entrata in quella di trigonometria, occupai il mio solito posto. Presi il libro e iniziai a ripetere qualcosa. Quel giorno avremmo fatto esercitazione, perciò il prof ci avrebbe chiamati a turno alla lavagna.
Tuttavia, mi ritrovai a pensare a Paul, a come ci aveva giardati. Che avesse una cotta per me, come sosteneva Quil, era escluso. Il suo sguardo, più che innamorato, sembrava scocciato. Come se non riuscisse a capire qualcosa. Era un'enorme seccatura. Sperai che mi stessero alla larga, lui e i suoi compari. Avevo problemi più seri a cui pensare. 
Quella volta in cui il lupo grigio del mio sogno si era avvicinato avevo pensato solo a correre via. Ero scappata, perché mi ero sentita tremendamente fuori posto. Da quella volta non era più accaduto, ma non ero comunque tranquilla. I lupi non avevano mai fatto caso a me, cos'era cambiato? 

***

Aiutare mio fratello a studiare si rivelò essere più difficile del previsto.
Iperattivo e con la concentrazione che volava via ogni tre secondi, era un'impresa anche solo tenerlo fermo sulla sedia, chinato sui libri. 
-Siamo qui da ore- si lamentò -facciamo una pausa?- 
-Prima devi finire il capitolo- fui intransigente. Lo vidi sbiancare
-Ma non sono neanche a metà!- esclamò. 
-Allora cerca di sbrigarti. Come pretendi che ti aiuti a ripetere se non hai studiato la teoria?-
Seth sbuffò.
Appoggiò il mento sul palmo della mano e riprese a leggere da dove si era interrotto.
Ci eravamo sistemati sul tavolo della cucina, per stare più comodi. Anche io avevo portato qualcosa da studiare, ma ero riuscita a fare anche meno di Seth. Alzavo continuamente lo sguardo dal libro per controllare che stesse studiando e a intervalli regolari lui mi chiamava per spiegargli qualche passaggio più complesso. Mi ero fatta convincere ad aiutarlo, intenerita dalla sua espressione da cucciolo in difficoltà, ma se si fosse trattato di un'altra materia probabilmente gli avrei detto di no. Invece biologia mi piaceva, e anche tanto. La trovavo interessante, a differenza di letteratura o trigonometria. Mia madre mi chiedeva spesso se per caso non volessi studiare proprio quello, una volta al college. Sarebbe stata orgogliosa se mi fossi specializzata nell'ambito scientifico, visto che lei per prima era un'infermiera. Non avevo mai pensato troppo seriamente al futuro, mi consideravo troppo giovane ancora. Avevo sedici anni, dopotutto, non diciotto. Potevo ancora permettermi il lusso di cambiare e ricambiare idea finché non avessi trovato la cosa giusta per me. Al momento, mi piaceva vivere giorno dopo giorno.
All'improvviso iniziò a squillare il telefono di casa. Vidi Seth scattare, sollevato che ci fosse una scusa per distogliere l'attenzione dallo studio.
-Vado io, tu studia- gli raccomandai. Mio fratello si fece ricadere sulla sedia, sconsolato. Il telefono era in soggiorno, quando lo raggiunsi era già al quarto squillo.
-Pronto?-
-Ciao, Willow-
Sentii il sangue congelarmi nelle vene. Perché aveva chiamato? 
-Ciao, Emily-
Seth tornò a ignorare il libro per guardarmi. Anche lui, come me, era preoccupato. Questa volta non lo rimproverai per essersi distratto.
-Disturbo? - mi chiese mia cugina, gentilmente.
-N-no, no, figurati. Stavo aiutando Seth con lo studio- risposi. Non sapevo mai come comportarmi con lei. Essere troppo gentile mi faceva sentire in colpa nei confronti di Leah, ma Emily rimaneva mia cugina. Non potevo trattarla come un'estranea. Eravamo molto legate, prima che si fidanzasse con Sam.
-Oh, immagino la fatica allora- la sentii ridacchiare dall'altro capo del telefono. Poi si schiarì la voce.
-Senti... Leah è in casa?-
Aveva esitato, come se si stesse avventurando in territorio nemico, pieno di esplosivi. 
-Sì, perché?-
Seguì un breve silenzio. 
-Potresti passarmela, per favore?-
Ecco che invece aveva sganciato la bomba.
-Emily, non credo sia il caso...-
Seth si fece guardingo. Probabilmente si stava chiedendo cosa avesse detto Emily. 
La sentii sospirare. 
-Will, ti prego, è importante- 
Esitai. Non sapevo davvero cosa fare. Emily ormai chiamava poco, e si presentava a casa nostra raramente. Voleva lasciare a Leah lo spazio di cui aveva bisogno per riprendersi. Nonostante ciò, tentava spesso di riallacciare i rapporti. Mi ero chiesta spesso se stare con Sam fosse valso il magnifico rapporto che aveva avuto con Leah, un tempo. 
Guardai Seth, mordendomi il labbro, insicura. Lo vidi annuire. Seth era tante cose ma non stupido, e sicuramente non insensibile. Se c'era una persona in famiglia che cercava sempre di far stare bene tutti, quello era lui. 
-Va bene, le porto il telefono- 
-Grazie, Will-
Non potevo vederla, ovviamente, ma ero sicura che stesse sorridendo. Provai a immaginarmela, quella pelle lucida tesa per lo sforzo di sorridere. Emily era stata molto bella, prima dell'incidente con l'orso. Ricordo di aver sentito da mio padre che Sam era quasi impazzito dal dolore. Doveva amarla molto. Era stata guarita da mia madre. La cicatrice non sarebbe mai sparita, come un monito inquietante. Mi chiesi se fosse stata una specie di punizione per ciò che avevano fatto a mia sorella. Mi resi conto di non volerci pensare.
Salii le scale e bussai alla porta di Leah. Nessuna risposta. Bussai di nuovo, ma questa volta aspettai solo qualche secondo prima di aprire direttamente la porta. Mia sorella era seduta alla scrivania, la testa china sui libri di scuola. 
-Se non ho risposto non è perché non ho sentito- sottolineò lei. 
Non mi feci intimidire. 
-Leah, c'è una persona per te al telefono-
Leah si voltò subito verso di me, gli occhi ridotti a due fessure. 
-Dille che non voglio parlare con lei- 
Ovviamente, aveva già capito chi fosse al telefono, senza che glielo dicessi. Scossi la testa.
-Dice che è importante- insistetti. 
Leah alzò un sopracciglio, come a dire "e a me che importa?". 
Rimasi lì, immobile, porgendole il telefono. 
Lei sostenne il mio sguardo finché poté, poi si arrese. Allungò una mano e afferrò il telefono, portandoselo all'orecchio. Mi fece segno di andare via. Per quanto ne sapevo, avrebbe anche potuto chiudere la chiamata appena mi fossi girata. La guardai con sospetto, ma non sembrava avere cattive intenzioni. Così uscii dalla stanza, chiudendomi la porta alle spalle. Per poco non mi venne un colpo quando trovai mio fratello spalmato contro il muro, che cercava di origliare. 
-Che diavolo ci fai tu qui?- bisbigliai, per evitare che Leah mi sentisse. 
Seth mi guardò come se fossi stupida. 
-A te cosa sembra?- 
Gli tirai un pugno sulla spalla. 
-Dovresti essere giù a studiare. Forza, andiamo-
Seth scosse la testa. 
-Questo è cento volte più interessante-
Accidenti, aveva ragione. Avrei potuto comportarmi da brava sorella responsabile e costringerlo a scendere al piano di sotto, oppure avrei potuto mandare al diavolo tutti i miei buoni proposito e imitare Seth. Non ci fu bisogno di pensarci troppo. Accostai l'orecchio al legno della porta. Cercai di non fare caso al sorriso soddisfatto di mio fratello, concentrandomi sui suoni all'interno della stanza. Per quanto mi sforzassi, riuscì a captare solo frasi sconnesse. 
-Ma non mi dire!- 
Questo, invece, visto il tono furioso di Leah, lo sentii benissimo. Seth aveva perso il sorriso. 
Ciò che seguì furono dei borbottii incomprensibili e frasi di convenzione, che in alcun modo mi aiutavano a capire la situazione. 
Alla fine, dopo quelli che erano sembrati minuti interminabili, Leah salutò e chiuse la chiamata. Sentii i suoi passi svelti. Prima che potessi afferrare Seth e scappare di sotto, la porta si aprì. 
-Sapevo di trovarvi qui, ficcanaso- disse Leah, appoggiandosi allo stipite, con le braccia incrociate. Non sembrava arrabbiata, ma esausta. 
-È andata tanto male?- chiese Seth, facendosi piccolo piccolo al mio fianco. 
Leah guardò prima lui e poi me. Infine, il suo sguardo si posò sul pavimento. 
-Si sposano- 
Se gli occhi avessero potuto uscirmi fuori dalle orbite dalla sorpresa, avrei potuto considerarmi praticamente cieca. 
-C-cosa?- balbettai.
Leah sospirò e annuì. 
-Emily ha chiamato per questo. Voleva dirmelo di persona- 
Mia sorella sembrava calma, ma in un modo inquietante. Come se ormai nulla fosse in grado di scalfirla. Sentii il mio cuore incrinarsi. La ragazza che conoscevo avrebbe urlato e pianto. Non riuscivo ad associare quel guscio vuoto a mia sorella. 
-C'è dell'altro, vero?- intuii. 
Leah annuì, senza guardarci. 
-Mi ha chiesto di farle da damigella d'onore- 
Seth, che fino a quel momento era rimasto in silenzio a metabolizzare la notizia, questa volta reagì. 
-Ma... non è giusto! Come ha potuto chiederti una cosa del genere?- 
Leah alzò lo sguardo e lo puntò sul viso di Seth, ma sembrava guardarci attraverso. 
-Sarà un giorno importante per lei, vuole avere le persone che ama al suo fianco-
-Quando?- chiesi solamente. 
Leah alzò le spalle -Non l'hanno ancora deciso- 
Seth spostò il peso del suo corpo da un piedi all'altro, a disagio. 
-Tu cosa le hai risposto?-
Mia sorella prese un bel respiro. 
-Le ho detto che mi serve un po' di tempo per pensarci-
Restammo in silenzio per un po', poi non ce la feci più. 
-Tu... tu come stai?- le chiesi, stringendo le labbra subito dopo. Mi aspettavo che Leah rispondesse che non erano affari nostri, sbattendoci la porta in faccia, invece distese le labbra in quello che sembrava il tentativo di un sorriso. Ma non rispose. Forse perché neanche lei lo sapeva. Così, senza neanche pensarci due volte, l'abbracciai. All'inizio sentii Leah irrigidirsi, e temetti che volesse spingermi via. Poi però mi circondò le spalle, stringendomi.
Mi separai solo per agguantare Seth e trascinarlo nell'abbraccio con noi.
-Oh, dai!- si lamentò.
Lo strinsi più forte.
-Sta' zitto, Seth-

L'argomento "matrimonio" non fu più toccato, neanche a cena con i nostri genitori. Anche se, dalle occhiate ansiose che lanciavano a Leah, sospettavo che ne fossero già a conoscenza. Leah, dal canto suo, fece del suo meglio per comportarsi normalmente. Seth e io la assecondammo, decidendo di fare finta che nulla fosse mai successo.
Non fu una cena particolarmente loquace. Mangiammo velocemente, per poi filare ognuno nelle proprie stanze.
Cercai di leggere un po' il libro che ci avevano assegnato a scuola: Il mercante di Venezia, di Shakespeare. Tentativo fallito miseramente. Mi addormentai quasi subito, sopra le coperte, con i vestiti e la luce accesa. Non seppi definire quanto tempo passò, ma venni svegliata da mia madre, che si premurò di farmi indossare il pigiama e di chiudermi la luce. Con gli occhi che mi si chiudevano, ricordai di tutte le volte che da piccoli raccontava a me e ai miei fratelli le antiche leggende Quileute per farci addormentare, e poi ci dava un bacio sulla fronte ciascuno, prima di augurarci la buona notte. Aveva sempre avuto un buon profumo, mia madre. 
Prima che mi addormentassi definitivamente la sentii bussare alla porta della camera di Leah, entrando subito dopo. Chissà se...


***
 

Il giorno seguente andai da Jacob. 
Avevo aspettato che finisse di piovere, per non dover chiedere a mio padre di accompagnarmi. Ero sicura che avrebbe colto l'occasione per salutare Billy, finendo per rimanere più del necessario, ed era un problema dal momento che Embry mi aveva promesso un giro sulla sua moto. Aveva preso la patente da poco ed era su di giri all'idea di poter guidare finalmente la moto su cui lui e Jacob avevano lavorato ogni tanto. 
Tuttavia, mi ero pentita della mia decisione alla vista dei miei scarponcini sporchi di fango. 
Quando vidi la casa di Jacob, sospirai sollevata. 
-Hey, Will!- 
Mi guardai intorno, sentendomi chiamare. 
Proprio in quel momento Embry e Quil stavano scendendo dalla moto. Che tempismo. 
Mentre Embry abbassava il cavalletto, Quil si tolse il casco e mi venne incontro. 
-Com'è?- chiesi, indicando con il mento la moto. 
-Da paura!- rispose Quil, euforico. 
-Dopo tocca a te- disse Embry, infilandosi le chiavi in tasca. 
-Ci conto- gli sorrisi. Vidi Quil alzare gli occhi al cielo. Poi, all'improvviso, si fece serio. 
-Ma Billy non si era sbarazzato del pick up?- 
Lo notai solo in quel momento. Un vecchio pick up di un rosso sbiadito era parcheggiato sul vialetto di casa Black. Lo riconobbi anch'io. 
-Sì, l'aveva venduto a Charlie- concordò Embry. 
-Charlie l'aveva comprato come regalo di benvenuto per la figlia- feci notare. Quando arrivarono alle mie stesse conclusioni spalancarono gli occhi dalla sorpresa. 
Senza dire più una parola andammo spediti verso il capanno devi attrezzi. 
-Jacob?- gridai, sperando che mi sentisse -Jake, sei lì?-
Quil mi guardò con un sopracciglio alzato. 
Mi strinsi nella spalle -È meglio avvisarli della nostra presenza. Non si sa mai- 
Embry sembrò arrossire un po', in imbarazzo.  Quil, invece, sghignazzò. 
Sentimmo la voce di Jacob che ci rispondeva con un semplice "Sì!".
Così, entrammo. 
Jacob ere impegnato a smontare i pezzi di una Harley rossa abbastanza vecchie e malridotta. 
Poco distante, sul sedile della Golf di Jacob, c'era Bella Swan. L'avevo vista una volta sola, di sfuggita, ma ricordavo i suoi capelli scuri e la pelle chiarissima. Quello che non ricordavo era quello sguardo ottenebrato. 
Sembrava meno in imbarazzo di Jacob, comunque. 
-Ciao, ragazzi- salutò il mio amico, senza entusiasmo. 
-Ciao, Jake- disse Quil, fissando Bella come un cane fissa un osso. Le fece pure l'occhiolino. Alzai gli occhi al cielo. Embry, invece, faceva settare lo sguardo tra i due. 
-Questa è la mia amica Bella- presentò Jacob -Bella, loro sono i miei amici Quil, Embry e Will- 
Quil non perse tempo e strinse la mano della ragazza, facendo flettere i muscoli del braccio. Guardai Embry, stupida. Lui mi rispose con un'alzata di spalle. 
-Io mi chiamo Quil Ateara- 
-Piacere di conoscerti, Quil-
Quil tornò vicino a noi, continuando a mettere in mostra i muscoli. Gli diedi un pizzicotto sul fianco, ma lui sembrò non notarlo neppure. 
Embry la salutò con la mano, infilandola in tasca subito dopo. Era sempre un po' timido con le ragazze che non conosceva.
-Io sono Embry, Embry Call. Ma a questo punto l'avrai capito da te- 
Bella rispose che era un piacere conoscere anche lui, poi posò il suo sguardo su di me. 
-Ciao, Bella. Io sono... - 
-Willow Clearwater, la figlia di Harry- completò. 
Io le sorrisi -Esatto!- 
La vidi annuire, con un mezzo sorriso. 
-Mi ricordo di te- 
Quil, che evidentemente si sentiva escluso dalla conversazione, si fece avanti. 
-Che stavate facendo di bello, ragazzi?-
A quel punto i ragazzi iniziarono a parlare di moto, euforici. All'inizio cercai di stare loro dietro, ma non ero abbastanza esperta di motori per inserirmi nella conversazione. Così mi avvicinai a Bella, che sembrava nella mia stessa situazione. 
-Posso giurati che non fanno sempre così- 
Lei mi guardò come se non ci credesse. Poi tornò a guardare i ragazzi. Notai che il suo sguardo sembrava cercare sempre Jacob, involontariamente. Come se volesse accertarsi che fosse ancora lì. Dava l'impressione di una che non era ancora uscita del tutto da un brutto periodo. 
-Quindi sei all'ultimo anno?- le chiesi, per rompere il ghiaccio. 
-Sì. Tu invece al secondo, come Jacob, giusto?-
Annuii, poggiandomi al fianco della macchina. Parlammo un po' di scuola, dell'amicizia che legava i nostri padri, della sua passione per la lettura, dei miei fratelli, della mia amicizia con i ragazzi. Era facile parlare con lei. Non era poi così riservata come avevo pensato all'inizio. Bisognava solo prenderla dal verso giusto. Nonostante ciò, continuavo a pensare che ci fosse qualcosa che non andava. 
-Come mai da queste parti?- le chiesi, alla fine, - se pensi che La Push sia meno noiosa di Forks, allora rimarrai delusa-
Abbozzò un sorriso -Sarà, ma almeno le persone sono più simpatiche-
Ricambia il sorriso. Probabilmente era un modo un po' strano per dire che ci trovava simpatici, tutto sommato. Mi chiesi che razza di amici dovesse avere a Forks.
-Perciò...- iniziai -...tu e Jake siete solo amici?- 
Bella alzò gli occhi di colpo, fissandomi stupita. 
-Certo, cosa dovremmo essere altrimenti?-
Alzai le spalle, sorridendo sorniona. Aveva colto perfettamente la mia allusione. Si sistemò meglio sul sedile. Bingo. L'argomento "ragazzi" era un tasto dolente. Mi chiesi se fosse per colpa del suo ragazzo, quel Cullen. Forse si erano lasciati, per questo sembrava così giù di morale. Non feci più domande, non volevo girare il coltello nella piaga o peggio sembrare invadente. 
-E che mi dici di te?- mi chiese, d'un tratto. 
-Come?- feci, confusa. 
Lei guardò i ragazzi davanti a noi, immersi ancora nella conversazione sulle moto. 
-Jacob ha parlato di voi, prima che arrivaste. Dice che tu sei un po' la mascotte del gruppo-
-Ha detto così?- domandai, sorpresa. Lei annuì. 
-Testuali parole: senza di te non saprebbero dove sbattere la testa-
Mi venne spontaneo sorridere, guardando a mia volta i ragazzi. Volevo loro un bene indescrivibile. In tanti anni di amicizia, tuttavia, non era mai successo che ce lo dicessimo esplicitamente. Tra noi era così, le cose si dimostravano con i fatti, non c'era spazio per le parole. Era stato così quando mi ero rotta il braccio cadendo da un albero, quando alcuni bulli avevano preso di mira Embry perché non si sapeva chi fosse suo padre, o ancora dopo la morte del padre di Quil e della madre di Jacob. C'eravamo sempre stati gli uni per gli altri, e sarebbe stato così anche in futuro. Ne ero sicura.
-Jacob esagera sempre- dissi, però.
-Esagerava anche quando diceva che uno di loro ha un cotta per te?-
Per poco non mi prese un colpo. Mi girai verso di lei, con gli occhi sgranati e la bocca spalancata.
-Cosa?-
Bella si girò a guardarmi, mortificata.
-Non dirgli che te l'ho detto-
Io risi, incrociando le braccia al petto.
-Non gli dirò niente perché non c'è niente da dire, è tutto falso-
Bella tornò a guardare i ragazzi. Sembrò analizzarli uno per uno, scavando dentro di loro, nel profondo. Mi fece quasi paura. 
-Non mi ha detto chi, ma io scommetto su Embry-
Questa volta sbuffai.
-Che cosa ridicola- commentai, scuotendo la testa.
-Invece penso che sia vero. Da come mi guardava, non penso che a Quil piaccia seriamente una ragazza. Non per più di un minuto, intendo. E Jacob... bhe, è Jacob, l'avrei capito mentre parlava se fosse stato lui. Perciò è abbastanza logico che sia Embry-
Il suo ragionamento non faceva una piega. Filava liscio come l'olio, ma proprio per questo era assurdo.
-Se a Embry fosse piaciuta una ragazza, l'avrei saputo- risposi, come se fosse la cosa più ovvia del mondo. 
Bella sorrise -Ne sei sicura?-
Questa volta non aprii bocca. Mi era appena tornata in mente quella volta in cui, qualche mese prima, in quello stesso casotto, io e i ragazzi avevamo parlato proprio di questo. Mi sforzai di ricordare. Quil stava dando consigli a Embry sulle ragazze, ma non aveva specificato il perché. Mi ricordai le loro facce imbarazzate quando ero entrata. Non aveva il minimo senso. No, era semplicemente impossibile. Doveva esserlo. Ne valeva della nostra amicizia.
All'improvviso Bella guardò l'ora e si alzò.
Jacob lo notò subito e iniziò a scusarsi per averci fatto annoiare, ma Bella lo bloccò subito.
-Invece mi sono divertita. È stato bello parlare tra ragazze- mi sorrise. Cercai di ricambiare, ma ero troppo sconvolta.
Jacob e Bella si misero d'accordo per vedersi il giorno seguente, ma le loro parole venivano filtrate dalle mie orecchie. Vidi solamente Embry e Quil scambiarsi occhiate che la dicevano lunga.  Quil si sporse per sussurrare qualcosa a Embry. A quel punto Jacob lo colpì alla nuca, rimproverando entrambi. Vidi Bella sorridere in imbarazzo e salutare tutti con un gesto della mano, prima di andare via. Appena varcò la porta i ragazzi presero ad azzuffarsi, come al solito.
Mi riscossi solo quando Quil passò una mano davanti al mio viso.
-Terra chiama Will- disse -pronto, ci sei?-
Lo spinsi via, ritornando in me -Idiota-
Quil sghignazzò -Tranquilla, Bella ha fatto questo effetto a tutti. Dico bene, Jake?-
Jacob scattò per colpirlo di nuovo, ma Quil fu più veloce, scartandolo in modo tale che la moto fosse tra loro. 
-Scherzo, scherzo!- disse, per poi borbottare un "o forse no". 
Embry trattenne a stento le risate solo per via dello sguardo fiammeggiante di Jacob. Poi si risolse a me, curioso. 
-Hey, Will, che ti prende?- 
Arrossii un po' al pensiero di quello che mi aveva detto Bella, ma cercai di non darlo a vedere. Insomma, era sempre il solito Embry, giusto? 
-Niente, cosa vuoi che mi prenda?- quasi sbottai.  Mi pentiti subito del mio tono, simile a quello di Leah in modo inquietante, guardando l'espressione confusa e anche po' ferita di Embry.
Quil fischiò -Ho capito. Ora che Bella e Jake stanno insieme, hai paura di non avere più l'esclusiva come ragazza del gruppo- 
Alzai un sopracciglio. Certo che straparlava quel ragazzo. Jacob lo guardò minaccioso. Il messaggio era molto chiaro. 
Decisi di dare un taglio a quella commedia. 
-Okay, è ora anche per me di tornare a casa. Ci vediamo- li salutai, cercando di svignarmela il più in fretta possibile. Era la prima volta che scappavo da loro. Sperai che fosse anche l'ultima, mi sentivo tremendamente sbagliata. 
Embry tirò le chiavi della moto fuori dalla tasca. 
-Ti accompagno. Dovevo farti fare un giro, no?-
Sentii lo stomaco attorcigliarsi. Lo guardai dubbiosa. 
-A quest'ora i miei saranno già a casa...- tentai, giocandomi la carte dei genitori contrari alla moto. 
Embry fece spallucce -Ti lascio sul viale- 
Eccomi lì, con le spalle al muro. Non avevo più nessuna scusa. Rifiutare sarebbe stato come ammettere che c'era qualcosa che non andava. 
Così, sospirai -Va bene, ma non ho il casco- 
-Quil ti darà il suo- rispose, tranquillo. 
Quil, sentendosi chiamato in causa, annuì. Afferrò il casco e me lo porse. Me lo rigirai tra le mani, poi salutai Jacob e Quil, uscendo dal casotto. Con la coda dell'occhio li vidi scambiarsi un'occhiata. Lo stomaco mi si strinse ancora di più. Sperai di non vomitare lungo il tragitto. 


Nonostante tutto, dovetti ammettere che Embry guidava benissimo, come se non avesse fatto altro nella vita.
All'inizio l'imbarazzo di sentirmi così vicina a lui mi fece irrigidire, ma in poco tempo mi rilassai, tanto da farmi chiudere gli occhi per godermi la sensazione del vento e della velocità. Mi ritrovai a stringere la giacca di Embry. Quello che aveva detto Bella non aveva smesso di tormentarmi. Non riuscivo a considerare plausibile la possibilità che potessi piacere a Embry. Ci conoscevamo da troppo tempo perché mi notasse di punto in bianco. Ai miei occhi lui era il solito Embry, lo stesso bambino che esibiva un sorriso sdentato ogni qual volta facesse uno scherzo. Ai suoi occhi, invece, io ero cambiata? Non ero più la bambina con le trecce spettinate che si comportava come un maschiaccio? 
Ci eravamo sempre detti tutto, perciò avevo dato per scontato che avremmo parlato di qualsiasi cosa senza problemi. Mi ritrovai a pensare che, forse, aveva fatto bene a non dirmi niente. Se l'avesse fatto il nostro rapporto sarebbe inevitabilmente cambiato, e questa possibilità mi spaventava così tanto da farmi tremare le ginocchia. Sarebbe stato imbarazzante essere consapevoli dei reciproci sentimenti, di qualsiasi tipo essi fossero. Qualcosa si sarebbe incrinato. Non saremmo stati più i soliti Embry e Will, e ne avrebbero risentito anche Quil e Jacob. Sentii mancarmi l'aria. 
-Will, siamo arrivati-
Aprii di colpo gli occhi. Non mi ero minimamente resa conto del fatto che Embry si fosse fermato, spegnendo addirittura il motore. Poco distante si intravedeva la mia casa, nascosta parzialmente dagli alberi. Embry aveva scelto un ottimo posto: da lì i miei genitori non mi avrebbero mai vista. C'era la loro macchina, perciò erano già tornati. 
Mi staccai da Embry, ricordandomi di avere ancora la sua giacca stretta tra le mani. Scesi cautamente dalla moto. Sfilai il casco, imitando Embry.
-Ti eri addormentata?- chiese, sorridendo. 
Scossi la testa, non sapendo dove posare lo sguardo. Alla fine decisi che fare finta di studiare la moto fosse era una saggia scelta. Embry seguì il mio sguardo. 
-Allora, cosa ne pensi?- chiese, esitante. 
Alzai lo sguardo, incrociando il suo. Mi sentii in colpa per aver cercato di evitarlo. Presi un bel respiro profondo. 
-È forte, ci sai fare- ammisi, con un sorriso timido. Embry sembrò rianimarsi di colpo, gli occhi che brillavano. Non potevo sopportare quel peso, perciò mi feci forza. 
-Embry, senti...- iniziai, spostando il peso del corpo da un piede all'altro, a disagio.
Lui mi guardò, in attesa. 
-Se ti piacesse qualcuno, me lo diresti, vero?- 
Vidi il suo sorriso vacillare un po'. 
-Come ti viene in mente proprio ora?-
-Dai, rispondi- insistetti. 
Embry giocò con le chiavi della moto, ancora attaccate. 
-Sì, certo che te lo direi- 
-Perciò se non mi hai detto niente è perché per ora non ti piace nessuno, giusto?- 
Ora era lui a evitare il mio sguardo. Mi agitai.
-Ti piace qualcuno, Embry?- chiesi, senza giri di parole. 
Embry mi guardò, allarmato. 
-Non ha importanza- rispose, eludendo la domanda. 
-Ne ha per me- dissi. 
Embry sospirò.
-Se ti dicessi che, sì, mi piace una ragazza, avremmo risolto qualcosa?- 
Esitai, mordendomi l'interno della guancia. 
-Dipende da chi è la ragazza-
Embry strinse le labbra, sbuffando. 
-Davvero non lo capisci?- 
Strinsi i pugni, avvicinandomi a lui. 
-No, devi dirmelo tu-
Embry distolse lo sguardo, puntandolo lontano, tra gli alberi. 
-Fidati, non vorresti saperlo-
Mi si bloccò il respiro. Potevo considerarla una conferma? 
-L'unica cosa che non voglio, Embry, è che le cose tra di noi cambino- 
Embry sorrise, ma era un sorriso triste.
-Appunto. Facciamo finta che questa conversazione non ci sia mai stata, d'accordo?- disse, prima di infilarsi il casco.
-Embry...-
-Ciao, Will- mi salutò, accendendo il motore della moto e scappando letteralmente via da me. Fu come se un uncino immaginario attaccato alla moto mi stesse tirando dall'ombelico. Tuttavia, rimasi immobile.
-Embry!- urlai, ma ormai era solo un puntino nero in mezzo agli alberi.

Quando entrai in casa non salutai nessuno, cercando di correre direttamente in camera mia. Avevo lo stomaco chiuso, perciò quella sera avrei fatto volentieri a meno della cena. Mia madre, però, aveva come sempre un ottimo fiuto per certe cose.
-Will, sei tornata- commentò, comparendo dalla cucina.
Io annuii, senza allegria.
-Sì, sono stata da Jake-
Lei studiò il mio viso. Avrei voluto avere la stessa espressione di certe statute greche.
-Tutto bene? Ti sei divertita?-
Acconsentii nuovamente con un cenno del capo.
-C'era anche Bella Swan-
Quella notizia sembrò sorprenderla. Forse l'avevo distratta abbastanza.
-Ho sentito dire da Charlie che non è un bel periodo per lei. Mi fa piacere che sia stata un po' con voi-
Abbozzai uno dei sorrisi più falsi della storia, prima di tentare nuovamente la fuga. La voce di mia madre mi arrivò forte e chiara proprio mentre salivo il primo scalino.
-È un casco per la moto, quello che hai in mano?-
Abbassai lo sguardo. Avevo ancora il casco di Quil stretto tra le mani. Mi ero dimenticata di restituirlo a Embry.
Oh, no. 

   
 
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