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Autore: Apollonia Storie    13/05/2020    3 recensioni
Lily. Harry. Ania. Draco. Voldemort.
Gli scacchi principali di questo gioco mortale.
Ania aspettava da anni di conoscere finalmente il grande Harry Potter, eppure, da quel momento in poi una serie di eventi agitano acque pericolose.
Draco non sa cosa ci vede in quella lí, sa solo che lo scava dentro, che é fragile e pericolosa allo stesso tempo, e che a lui i giochi pericolosi sono sempre piaciuti.
E il Signore Oscuro pensa davvero di conoscere bene il suo servitore Severus? E se il piú grande segreto dell'uomo fosse una figlioccia maledetta, per cui darebbe la vita?
Genere: Avventura, Fantasy, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Nuovo personaggio
Note: Lemon, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Pansy, voodoo doll, pic by me



 
 XXXI
 
Nessun mortale è saggio.
Nessun mortale è padrone del proprio essere.
 
Ania non lo era.
Non più, almeno.
 
Forse saggia non lo era mai stata,  ma solo
    silenziosa.
E ora invece sentiva una forte rabbia urlare a squarciagola dentro il suo petto giovane, e rimbombare tra le pareti del bagno del primo piano.
 
I suoi pensieri neri presero forma, assunsero forza e come un ombra invisibile spinsero la porta del bagno cosi forte da farla sbattere rumorosamente, da far tremare i candelabri.
La serratura scattò, Pansy rise.
 
- Ah, davvero Ninna Nanna? – esclamò divertita, voltandosi a guardarla, inconscia di cosa stesse per accadere.
-  Se vuoi giocare dovresti farlo con le bambole, tesorino, sono più alla tua port… -
 
Portata.
Pansy stava per dire “portata”, ma non lo fece. Non ci riuscì.
Quella parola rimase in sospeso tra le sue corde vocali, risucchiata via con tutto l’ossigeno presente nella stanza.
 
Sei tu la mia bambola dei giochi, Pansy.
 
Quelle parole sfiorarono la mente di Ania, mentre sulle sue labbra si dipingeva un sussurro orrido.
 
“Sicca ore”
 
La gola di Pansy prese a gonfiarsi, cosi tanto che le tonsille sfiorarono la mandibola.
Le vene del collo colorarono di azzurro e viola la sua pelle,  il suo volto divenne paonazzo, nel disperato tentativo di racimolare aria nei polmoni.
Si accasciò contro la parete fredda, le mani strette al collo e gli occhi colmi di lacrime di dolore.
 
Quando alzò lo sguardo verso di lei, Ania vide la paura dilatare le sue iridi scure, sgorgare sulle sue gote perfette e spalancare la sua bocca carnosa in un urlo senza suono.
E sapete una cosa?
Ania sentì il sangue di suo padre ribollire di piacere nelle vene, darle un brivido lungo la schiena e si sentì viva e forte come mai prima di allora.
 
Abbassò la bacchetta,  appena prima che Pansy perdesse i sensi.
 
Pansy respirò rumorosamente, mescolando gridolini e affanni mentre con le lacrime agli occhi riprendeva un colorito normale.
 
- tu! – esclamò con fatica, iraconda.
- tu… tu non sai cosa …questa è… -
- Magia Oscura, si… pericolosa, certo, ma sei fortunata. La padroneggio bene, non ti avrei lasciato morire. – disse Ania dolcemente, come se le avesse appena promesso di farle copiare i compiti di Trasfigurazione.
 
- TU sei PAZZA! – gridò Pansy, ancora inginocchiata sul pavimento sporco del bagno
- Oh no Pansyti sbagli - sussurrò Ania.
Ania si accovacciò affianco a lei, faccia a faccia, e Pansy si ritrasse di repente contro la parete, con uno squittio.
- …no. Sono perfettamente lucida, per tua fortuna. Oh, prima che mi dimentichi, ecco il mio consiglio… Stammi lontana o ti prometto che quello che ho appena fatto, lo rifarò, perché mi riesce davvero bene e perché mi diverte da morire vederti strisciare. –
 
La sua voce era calma, docile, ma quelle parole sussurrate fecero rizzare i peli sul collo di Pansy.
 
Ania si alzò in piedi e si diresse verso la porta.
 
- Ah e Pansy… Buon Natale. –

Con un’ultima intensa occhiata, Ania varcò la soglia, lasciando dietro di sé il fantasma di una se stessa, che ora non esisteva più.
 
 
 
XXXII
 
- Con permesso! –
 
Con un profondo respiro superò i tre ragazzini del primo anno che le impedivano l’accesso al binario.
Era giunto, finalmente, il giorno di lasciare Hogwarts, ed Ania non era mai stata più felice in vita sua di farlo.
 
Nella giornata appena trascorsa, Ania aveva visto crollare ogni singolo pezzo della sua vita ad Hogwarts.
Dopo l’incontro con Pansy, si era diretta verso la Sala Comune dei Serpeverde, ma appena prima delle segrete aveva intravisto Harry marciare nell’atrio ad occhi bassi.
Ania avrebbe voluto parlargli, sentiva la necessità di farlo, ma appena i loro occhi si erano incrociati, Harry aveva voltato le spalle ed era andato via, spalleggiato da un’indispettita Hermione Granger.
 
Lontano da lei.
Certo.
Comprensibile.
Era davvero troppo da digerire, per lui.
Prima lo schock dello scoprirla figlia di Mangiamorte, poi quello dell’aver fatto sesso con Malfoy.
Perché doveva averlo saputo, ovviamente, come tutto il resto della scuola.
 
Lei provava solo disgusto.
Per tutto.
Anche per se stessa, che per qualche momento aveva persino pensato di poter essere felice per una volta nella sua vita.
Illusa.
E l’amarezza si era fatta ancora più aspra quando era entrata nella sua camera in Dormitorio.
 
Tra i tendaggi verde smeraldo e le valigie sparse per la stanza, Millicent la stava aspettando nervosamente, dondolandosi sul posto e mordendosi le guance.
 
- Mi dispiace per questa faccenda di Malfoy – aveva detto appena l’aveva vista entrare.
- Già… perlomeno non si vede granchè nelle foto. Sto persino sperando di non essere davvero io… -
- Si invece! – aveva sbottato Millicent.  - Sei tu al cento per cento Ania, Malfoy l’aveva detto che avrebbe dato le foto a Blaise come prova per…-
- Malfoy, cosa? – Ania si era voltata di scatto, il cuore a trecento e il sangue in ebollizione. – Tu lo sapevi Millicent? –
- Io, io ero lì, era al tuo compleanno, quando hanno fatto quella roba della torta e… -
- Tu sapevi di questa schifosissima scommessa su di me, e non mi hai detto niente? –
 
Millicent l’aveva guardata come un cucciolo beccato a mordere le ciabatte, ma in Ania non era sorta nessuna pietà o compassione.
Non aveva mai considerato la loro una grande amicizia, ma nonostante tutto, provava un moto di lealtà nei confronti dell’unica persona con cui aveva stretto un rapporto li dentro.
Evidentemente, per Millicent, non era lo stesso.
Nessuno era dalla sua parte, alla fine.
 
Il treno soffiò rumorosamente, riportandola al presente.
Sbuffò ancora mentre un gruppo di ragazze strepitanti le bloccava l’ingresso al suo solito vagone.
 
Oh, diavolo!
 
Le ragazze si abbracciavano e ridacchiavano, e nonostante il treno fosse in procinto di partire, non accennavano minimamente a darsi una mossa.
 
Ania rinunciò ad aspettare e , valigia alla mano, si incamminò furiosamente verso il fondo del treno, sperando vivamente di trovare meno persone ad affollarle il cammino.
Una folata di vento e polvere la costrinse a chiudere gli occhi e per poco non inciampò su una gabbia di Gufo abbandonata sul marciapiede.
 
La borsa che portava in spalla le scivolò per terra, costringendola a fermarsi ancora.
 
- ANIA! –
 
Raccolse velocemente le poche cose cadute e riprese velocemente a camminare, sperando che quella voce sparisse tra le voci frenetiche della folla.
 
- DANNAZIONE WOOL, FRENA! –
- Lasciami in pace! –
- Il treno non è immenso, posso sempre cercarti negli scompartimenti se non ti fermi ORA. –
 
Prima che potesse anche solo pensare di replicare, Draco le fu davanti, bloccandole la corsa.
Dio che  bambino viziato!
Per la seconda volta in tre giorni le sbarrava il cammino e per la seconda volta in tre giorni Ania ebbe una gran voglia di infilzarlo con la limetta per le unghie.
 
- Che c’è? Vuoi qualche altra foto ricordo? Non ti bastano quelle che hai già? – sbottò, tentando di superarlo.
- Io non ho NESSUNISSIMA foto ricordo di te – replicò quello bloccandole di nuovo il passaggio  con fastidiosa facilità  - Quella nelle foto che girano è Pansy!  –
- Oh, e l’altro invece è Paciock , immagino… –
- No, l’altro sono io, non lo nego, ma diamine non ti riconosci nemmeno? Si vede che non sei tu! – disse velocemente Draco cacciando una polaroid dalla tasca dei pantoloni.
Gliela sbattè tra le mani ed Ania la guardò contro voglia.
Non era la stessa foto che le aveva mostrato Pansy.
L’angolazione era la stessa ma le pose erano diverse.
 
In questa la ragazza stava sopra, a cavalcioni, e osservandola bene, si poteva notare un taglio corto lontano anni luce dalla lunga chioma di Ania.
Era vero, chiaro come la luce del sole che non poteva essere lei.
Ma un altro dettaglio attirò l’attenzione di Ania.
Nella foto Draco faceva scivolare voracemente le mani sulla schiena nuda e biancastra di quella ragazza senza volto, in un gesto così familiare che il ricordo di quelle stesse mani le bruciò sulla schiena.
 
- ridicolo -
- Si, esatto, è quello che sto cercando di dire… -
- Tu sei assolutamente, ridicolo. –
 
Draco la guardò con le sopracciglia crucciate, probabilmente cercando di capire quale parte della sua difesa non fosse chiara alla ragazza.
 
- Hai capito qualcosa di quello che ti ho detto o no? -
- Sai una cosa Draco. – disse Ania alzando lo sguardo, il nervoso che le faceva tremare la voce.
- Per un momento, l’altra sera ho pensato davvero che io e te avessimo qualcosa da condividere. Ma noi non siamo uguali, no… io so bastare a me stessa. Tu invece, senza questo, non sei niente! . –
 
In un gesto veloce gli puntò la foto in petto, iniettando tutto il disgusto di cui era capace in quel rapido cenno.
E se ne andò.
E questa volta non si mise nemmeno a correre.
Draco non l’avrebbe seguita, perché forse ora la considerava una presuntuosa o forse perché, invece,  aveva capito anche lui una cosa fondamentale.
 
Ania aveva chiuso.
Aveva chiuso con quel binario, con quel castello.
Aveva chiuso con l’essere educata e con l’essere buona.
E soprattutto
Aveva chiuso con chiunque, anche solo per un momento, l’aveva fatta sentire
Felice
Ad Hogwarts.
 
 
 
 
 
   
 
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