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Autore: ONLYKORINE    13/05/2020    2 recensioni
Allison deve lavorare al progetto per la Sunfun in tre giorni. E dovrebbe farlo con Joe, ma lei pensa che Joe sia come gli altri dello studio, che lasciano a lei tutto il lavoro. Invece Joe è molto carino e quando lei si ammala decide di presentarsi a casa sua per lavorare insieme.
Doveva essere una Os per un concorso su traccia... ma vabbè, questa è un'altra storia... :-)
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Il progetto migliore di sempre

-

“Ho fame” disse il ragazzo dopo quella che a tutti e due era sembrata un’eternità. Non avevano ancora finito.

“Hai ragione. Anch’io ho fame.”

Allison sbadigliò e prese il cellulare. “Ordiniamo una pizza?” Quando lui annuì inviò la chiamata e poco dopo gli richiese: “Peperoni, Joe?” Lui annuì ancora, guardando lo schermo del computer e girandosi poi di scatto di verso di lei.

“Che c’è? Se non ti piacciono i peperoni, puoi dire di no” disse, alzando le spalle.

“No, è che… Mi hai chiamato… Niente, lascia stare…” Allison finì la chiamata e tornò a sedersi sul tappeto, vicino a lui. Ormai si erano accampati, lui aveva le maniche della camicia tirate su e si era tolto le scarpe da un bel po’.

“Non è male, sai? È bello questo gioco di colori che hai fatto qui…” disse, indicando lo schermo.

“Hai detto di non usare il fucsia…” Joe alzò le spalle. Allison annuì.

Si toccò la fronte e capì che la febbre stava salendo di nuovo. “Sì, a loro non piace… Speriamo che venga il vecchio, venerdì. Il figlio dell’amministratore è uno schifoso, mi guarda sempre il culo…”

Joe le lanciò un’occhiata di sottecchi e disse: “È perché ha buon gusto”, e tornò a guardare lo schermo.

“Non ho la forza di ribattere a un commento sessista, Parker, mi sta salendo la febbre” brontolò, sedendosi sul divano un po’ pesantemente e sentì da sola di avere un po’ trascinato le parole.

“Perché non dormi un po’? Ti sveglio quando arriva la pizza. Comunque era un complimento…” Si girò verso di lei, ma ad Allison si erano chiusi gli occhi e non riuscì a rispondere.

***

La pizza giaceva fredda ormai da un po’ e due tazze di caffè erano posate sul tavolino, appoggiate sopra a foglietti e al cartone della pizzeria, lasciando cerchi olimpici qua e là.

“No, no. Spostalo di più. Oppure… Aspetta, mettilo in un’altra slide.”

“Non saranno troppe?”

“No, vanno bene. Sostituisci quell’immagine con quella della bambina con il cane. No, l’altra.”

“L’altra c’è già tre slide più indietro, non possiamo metterla doppia.”

“Sicuro? Non mi sembra che… Oh, hai ragione…” Allison sbatté gli occhi quando si accorse che faceva fatica a mettere a fuoco. Anche Joe aveva il viso stanco. Buttò un’occhiata all’orologio.

“Dovremmo fare una pausa…”

“Se apro la finestra posso fumare?” le chiese il ragazzo. Allison sorrise: le era piaciuto che lui le avesse chiesto il permesso. Annuì e lui si alzò, prese la sua giacca dalla sedia vicino al tavolo dove si era seduto a mangiare quasi un giorno prima e prese le sigarette, dirigendosi verso la finestra del salottino. Tirò fuori il cellulare e iniziò a smanettare sul display. La ragazza distolse lo sguardo e guardò il proprio cellulare: niente. Nessuno le aveva mandato niente. Solo sua madre, all’ora di cena, le aveva chiesto come stava e lei le aveva risposto. Niente notifiche dai social, non notifiche importanti, comunque. Vabbé.

Alzò le spalle, si sedette al pc e Joe la sgridò: “Avevamo detto di fare una pausa”.

La ragazza alzò le spalle. “Mi sto addormentando nonostante il caffè… Pensavo di cercare un po’ di musica. Così… Da svegliarmi…” Era brutto dire che si era sentita sola, quando lui si era messo a messaggiare con… Con chi si stava scrivendo? La sua ragazza?

Joe si avvicinò a lei dopo aver spento la sigaretta e le consigliò qualche brano da cercare. Allison si meravigliò: aveva buon gusto. Quando partì, nel random di una playlist, una canzone un po’ vecchia ma che le piaceva particolarmente, alzò il volume e si tirò su dalla sedia dicendo: “Questa la ballavo al college!”

Joe rise e disse che la conosceva anche lui e ballò con lei sul tappeto del salotto. Cantarono quasi a squarciagola, finché non sentirono delle voci sotto il pavimento e dei rumori inconfondibili: il vicino stava picchiando la scopa contro il soffitto e stava gridando loro che era notte e voleva dormire.

Joe e Allison scoppiarono a ridere e lui si avvicinò al pc per abbassare il volume della canzone. Lei lo raggiunse e, ancora ridacchiando, gli chiese quanti anni avesse: ventiquattro. Oh, solo due meno di lei. Pensava fosse più giovane, così lo squadrò, per capire se le stesse mentendo.

Cavolo, non lo aveva mai guardato bene, ma quel ragazzo era veramente carino! I suoi occhi, che ora stavano controllando lo schermo del pc per riprendere il lavoro, erano stanchi, ma di un colore chiaro bellissimo, fra il grigio e l’azzurro, e con la camicia celeste risaltavano in modo fantastico. Abbassò gli occhi quando lui volse lo sguardo verso di lei e continuò a osservarlo: la camicia era stropicciata e aperta sotto il collo, con le maniche tirate su, non era per niente elegante come in ufficio, ma Allison sentì un brivido mentre correva con lo sguardo lungo il collo, le spalle e le braccia. Si morse l’interno della guancia mentre si immaginava di toccare con la punta delle dite ciò che stava vedendo, sentendo il calore sotto la pelle come se lo stesse facendo davvero.

Quando lui disse qualcosa, si sentì beccata sul fatto e tornò a guardarlo in viso: altro errore! Lei non riusciva a togliere lo sguardo dalla sua bocca, mentre lui si passava la mano sulla guancia e sul mento. Aveva un lieve accenno di barba, come era? Era ruvida? O le avrebbe solleticato la pelle se ci avesse posato sopra le labbra?

 “Come? Cosa hai detto?” chiese, ma senza convinzione, mentre continuava a salire con lo sguardo lungo la linea del viso, oltre  le guance e fermandosi sui corti capelli castani. Beh, non erano proprio cortissimi. Ed erano anche spettinati: dei ciuffi gli cadevano qua e là, senza un ordine preciso e lei dovette frenare il desiderio di allungare le mani per sistemarglieli. E non solo.

“Scusa, ora lo metto via.”

Come? Allison tornò con i piedi per terra prima di allungare le mani verso la testa del ragazzo. “Cosa metti via?”

“Il cellulare. So che odi la gente che lavora con il cellulare sotto il naso… Volevo solo tranquillizzare mia madre e…” Il ragazzo stava ancora messaggiando

Oh. Cavolo. Quindi si stava scrivendo con sua madre?  Beh, non era così terribile, allora. Non dopo quello che aveva pensato. “Non odio la gente… E scusami tu. Certo che puoi scrivere a tua madre. Non mi sognerei mai di…” Venne interrotta dalla vibrazione del cellulare del ragazzo per una chiamata in arrivo. ‘Elaine’ diceva il display. Tolse lo sguardo dal telefono, in imbarazzo e quando lui disse che doveva rispondere, lei si avviò verso il bagno. L’ultima cosa che voleva fare era ascoltare la conversazione e il suo appartamento non era molto grande. Di sicuro non era sua madre che gli stava telefonando a quell’ora. E poi le avrebbe fatto bene sciacquarsi il viso con l’acqua. Acqua fredda. Molta acqua fredda.

Quando uscì dal bagno lui era girato verso la finestra e non la vide arrivare.

“Smettila, Linnie. Non è divertente…” Sentì che parlava al telefono con la tale Elaine, che però aveva chiamato con un nomignolo affettuoso. Storse il naso. Non le piacevano i nomignoli. Non i nomignoli degli altri, comunque. E poi, cosa non era divertente? Stare lì con lei? “No. No. Ti ho detto che…” Il ragazzo si interruppe e sbuffò rumorosamente, girandosi appena. Allison lo vide chiaramente alzare gli occhi al soffitto. “Non è come pensi, stiamo lavorando davvero!”. Quando la mano di Joe passò fra i suoi capelli, Allison capì che era imbarazzato. Probabilmente fare tardi a casa sua lo aveva messo nei guai con la sua... ragazza? Sì, ancora più probabile.

Quando terminò la chiamata, si girò verso di lei. “È il caso che tu vada” gli disse. Lo sguardo del ragazzo si rabbuiò quando capì che lei aveva sentito parte della conversazione.

“Mi spiace. Hai sentito? Io non…” si interruppe e si passò di nuovo la mano fra i capelli. Allison alzò le spalle.

“Spiace a me. Avrei dovuto lasciarti andare prima…”

“Come?” Lo sguardo di Joe era strano e poi annuì, come se da solo fosse arrivato a chissà quale conclusione. “Ah. Pensavi che… Non hai sentito… Ok…”

Cosa stava blaterando? Comunque erano stanchi tutti e due ed era molto tardi. Ormai sragionava anche lei. “Io non origlio. Ma non voglio che litighi con la tua ragazza. La Sunfun non se lo merita. Posso finire io o…”

“Non ho una ragazza. Era Elaine, mia sorella. Lei… Mi prende in giro… Ricordi quanto ho detto che ho due sorelle maggiori?” Joe si mise le mani in tasca, visibilmente imbarazzato. Allison capì velocemente: anche lei aveva una sorella più grande. Sorrise.

“Le tue sorelle ti prendono in giro?” Non riuscì a trattenere una risatina.

“Sono il più piccolo… Non finirà mai, mi sa…”

Allison rise forte. “Vero. Anche mia sorella mi prende in giro ancora adesso. Penso che se i tuoi fratelli maggiori non ti hanno mai preso in giro, non fanno parte veramente della tua famiglia” disse, ridacchiando. “Scusami… Sono stanca e dico cose senza senso…”

Ma anche Joe rise. “No, ho capito benissimo”. Si guardò intorno e si avvicinò alla giacca, posata ordinatamente tempo prima. “Torno domani mattina” disse, prima di chinarsi per prendere le scarpe.

“Mmm… Veramente è già domani mattina…” disse Allison, guardando l’orologio.

Joe sorrise e disse: “Torno fra sei ore. Così puoi dormire e io…”

“E tu?”

“Io ho bisogno di farmi una doccia e di cambiarmi” disse, con una smorfia, guardandosi la camicia appiccicata al torace. Allison annuì e distolse lo sguardo, prima di farsi venire altri pensieri peccaminosi, visto che non era per niente convinta che lui fosse così terribile da guardare.

“E magari dimostrerò a mia madre che sono ancora in vita…” La sua smorfia divertita fece sorridere la ragazza, che lo aiutò a prendere le sue cose.

“Abiti con i tuoi?”

“Sì. Con mia madre e una delle mie sorelle… Ma se il progetto che presenteremo venerdì andrà bene sarà assunto in modo permanente e potrò trasferirmi. Ho già visto un posto…” Joe si bloccò quando si rese conto di parlare troppo e ad Allison fece tanta tenerezza mista a tristezza.

“Ecco perché è così importante per te, questo progetto…” disse, sovrappensiero. Ecco perché aveva fatto tutte quelle cose, mica perché fosse interessato a lei… Allison si sentì un po’ stupida. C’erano stati momenti in cui le attenzioni che aveva avuto lui nei suoi confronti l’avevano sì messa in imbarazzo, ma erano state… Ecco, sì, piacevoli.

Invece lui voleva solo che andasse bene per poter andarsene di casa e poter vivere da solo. Vabbé…

Joe uscì dall’appartamento e Allison decise di farsi anche lei la doccia. Annusandosi sentiva l’odore di quella notte e non era niente di buono, probabilmente anche per tutte le medicine che stava prendendo per stare su, non l’aiutavano affatto in quel frangente.

Si fece la doccia e si mise a letto, ma puntò la sveglia mezz’ora prima dell’ora in cui Joe sarebbe arrivato: non voleva farsi trovare di nuovo mezza addormentata.

 

***

Il suono del campanello, questa volta, non la colse di sorpresa e Allison aprì la porta a un Joe sorridente, che teneva in mano un sacchetto di croissant e due caffè d’asporto.

Fecero colazione insieme, sempre davanti al pc, dove Joe ormai aveva preso possesso, e lavorarono di buona sorta tutta la mattina.

“Niente, 37.5” dichiarò Allison all’ultima prova della temperatura.

“Beh, proprio niente no…”

“Oh, voi uomini fate un melodramma appena si sfiora i 37. Io ieri ho lavorato con quasi 39 di febbre, ero uno straccio ambulante e non ho fatto una piega!” Joe alzò un sopracciglio ridendo e Allison gli tirò uno dei cuscini del divano. “Non ridere! Ho lavorato davvero!”

“Lo so, lo so, non ridevo per quello…”

“E per cosa ridevi?” chiese, stupita.

Joe si passò una mano fra i capelli, visibilmente in imbarazzo. “Ma niente…”Allison sbuffò e si alzò per riporre il termometro in cucina. “Comunque devi stare attenta, domani potrebbe tornarti la febbre…”

“Domani presentiamo il progetto alla Sunfun e io devo stare bene. Al massimo tornerò a casa subito dopo” disse ancora.

“Subito dopo aver passato la febbre a tutti?” chiese Joe, alzando, questa volta, tutte e due le sopracciglia.

“Spiritoso. Starò lontano da tutti. Ma voglio proprio vedere la loro reazione. Penso sia la campagna più bella che realizzeremo per loro.”

“Dici?” domandò il ragazzo entusiasta.

“Sì, dico dico” confermò lei, avvicinandosi a lui e accarezzandogli i capelli. Quando si accorse di quello che stava facendo, si bloccò e tolse subito la mano. “Dai, guardiamo le cornici, ormai dovremmo aver finito”.

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