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Autore: Dike_Nike    10/08/2009    8 recensioni
Komui si diresse saltellando allegramente al centro della stanza.
Tirò fuori -dal nulla- un microfono e salì su un palchetto -appena apparso-. «Il vostro adorato supervisore ha avuto un’idea geniale!», disse gongolando.
«Sono felice di annunciarvi la Settimana del teatro.»

Mio primo lavoro su questo fandom. Non ho grandi pretese. Ovviamente dedicato a Yuri <3
•Primo Atto: La bella addormentata nel bosco• [LavixKanda]
Genere: Romantico, Parodia, Demenziale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Allen Walker, Komui Lee, Lenalee Lee | Coppie: Rabi/Kanda
Note: OOC, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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• PRIMO ATTO •

† La bella addormentata nel bosco †

 

«Siete pronti?», chiese Komui, ignorando bellamente i lamenti che ricevette in risposta. «Allora, azione!»

«C’era un volta, tanto tempo fa, un castello in mezzo ad una radura rigogliosa e piena di fiori. I regnanti di quel Paese erano persone giuste, ma sfortunatamente non avevano avuto ancora degli eredi. Finché, in un giorno d’inverno, nacque una bambina di straordinaria bellezza e grazia.», lesse in modo piatto Bookman, che, in quella situazione assurda, si era ritrovato a far da narratore. Grazie al suo sesto senso da panda, riuscì ad evitare in tempo un pezzo di legno –forse un albero della scenografia?-. Sapeva chi era stato e non poteva dargli torto. Sospirò e proseguì: « La bimba venne chiamata Yuu-chan », e questa volta l’esorcista dovette schivare un tavolo – altro pezzo della scenografia?-. «I genitori, per la felicità, diedero subito una grande festa a cui invitarono le tre fatine buone».

A quelle parole, comparvero le tre fatine buone: Cross, Miranda e Lavi.

L’esiguo pubblico, composto perlopiù dai membri della sezione scientifica, stentò a credere ai propri occhi.

Il generale Cross indossava un grazioso vestitino in raso blu, intonato con un nastro che portava legato al solito e logoro capello nero. Ovviamente, non poteva mancare la sigaretta in bocca e la pistola in mano, tanto per dare l’idea della madrina ideale.

Il caposezione Reever si chiese come Komui fosse riuscito a trascinare il generale in una simile messinscena.

Miranda, invece, era vestita con un semplice abito nero e, più che una fatina, sembrava l’imitazione in gonnella del Mietitore.

Lavi si guardò attorno, sorridendo felice. Vestiva uno splendido completo rosa confetto; due piccole ali con brillantini rosa spuntavano dalla sua schiena, mentre faceva ruotare un bacchetta rosa e piena di fronzoli. La benda all’occhio destro, per l’occasione, era a forma di cuore e rosa. Saltellava di qua e di là, eccitato come un bambino. Forse lui era davvero l’unico che si divertiva, lì dentro.

«Le fatine erano giunte per portare i loro regali alla principessa… », raccontò il narratore.

Peccato che di principesse, sul palco, non ce ne fosse traccia.

Bookman si schiarì la voce e ripeté «alla principessa».

Non successe nulla, finché Lavi non decise di andare dietro alle quinte e di recuperare l’assolutamente adorabile Yuu-chan, che scalciava e bestemmiava come un dannato.

«Stupido coniglio, lasciami andare! Dannato!», urlò davvero poco elegantemente il giovane dai capelli neri. Ma fu tutto inutile, visto che si ritrovò nel bel mezzo del palco, con un costume da donna pieno di pizzi e di merletti. E l’abito era arancione, il colore che più odiava in assoluto; per non parlare poi di come era stato truccato ed acconciato – aveva un orribile diadema in testa- . Una vena cominciò a pulsargli sulla fronte.

«Yuu-chan, sei davvero carino!», esclamò la tenera fatina Lavi, sbattendo le ciglia del suo unico occhio.

«Taci!», gridò fuori di sé Kanda, andando verso l’esorcista e caricando un pugno degno di un pugile provetto. Tuttavia, Lavi riuscì ad uscirne indenne.

Il povero Bookman sospirò. «Le fatine erano giunte per portare i loro regali. La prima fu la fatina blu, che le donò-»

«I miei debiti», disse con noncuranza il generale, facendo svenire sotto un masso qualcuno dietro le quinte.

«La madrina dall’abito nero le regalò-», continuò il narratore esasperato, ma venne di nuovo interrotto.

«I-io non s-sono capace di f-fare regali… Sono una b-buona a n-nulla… », cominciò a sussurrare tra sé il Mietitore in gonnella, dondolando accucciata a terra e facendo scendere un’atmosfera cupa sul palco.

«E la terza…»

«Yuu-chan, io ti dono tutto il mio amore» disse esultante il confetto ambulante, sprizzando cuoricini a destra e a manca. Con questa frase, saltò addosso alla principessa, che prontamente gli sferrò un calcio in pieno viso, accompagnato da uno «Stupido coniglio! Non chiamarmi così!»

Così, Lavi e Kanda cominciarono ad azzuffarsi, o meglio, Lavi cercava di baciare Yuu e quest’ultimo tentava di ucciderlo. Fu in quel mentre che, favoriti dalla confusione, Johnny e Tap trascinarono diligentemente Cross e Miranda, l’ultima in preda ad una crisi depressiva, lontano dalla scena.

«Per vari inconvenienti, la fatina rosa svolse il ruolo anche delle altre due.», aggiunse il narratore, ad un cenno del regista. «Intanto, mentre i festeggiamenti si svolgevano in armonia e gioia… » Il vecchio panda si schiarì la voce, vedendo la madrina e la principessa darsele di santa ragione. «Apparve la strega cattiva, che non era stata invitata».

All’improvviso, Crowley entrò in scena con un enorme balzo.

«Sono il conte Dracula!», urlò con un tono che doveva essere minaccioso, ma che sembrava più quello di un bambino che fa i capricci.

Johnny storse il naso: il conte non aveva avuto la necessità di un costume, visto che era già un vampiro. Eppure lui aveva in mente tanti di quegli abiti da confezionare… Infondo, fare il costumista era il suo sogno nel cassetto. Considerava questo lavoro emozionante, appagante e pericoloso, specialmente se si aveva a che fare con uno stizzito Yuu-chan, che pretendeva un fodero per Mugen nella sua tenuta. Il fatto che dovesse interpretare un’indifesa fanciulla, era un dettaglio secondario.

Bookman fissò confuso il libretto davanti a sé; non gli sembrava che ci fosse menzionato Dracula.

«Kuro-chaaaan!», gridò esaltato Lavi, abbandonando momentaneamente la principessa e correndo incontro all’uomo. «Sei anche tu una fatina? Però non hai le ali… », rifletté il confetto gigante, per poi voltare il capo e fissare le proprie splendide e rosee ali. Peccato che non riuscisse a vederle bene, così si girò leggermente su se stesso in modo da avere un visuale completa. Risultato: cominciò a ruotare su se stesso, come fa un cane che cerca di afferrare –invano- la propria coda –pardon, ali-.

Crowley sorrise mesto e una grossa lacrima gli scese lungo la guancia. «Anch’io voglio le ali! Non sono il cattivo! Non ho mai avuto degli amici, ma io sono buono… Eliade…», cominciò a lagnarsi il conte, scoppiando a piangere.

«Bravo Crowley! Così, voglio sentimento!», esclamò con ammirazione il supervisore, mentre Lavi, smettendo per un momento di girare, si avvicinava all’uomo e gli poggiava una mano sulla spalla, cercando di consolarlo.

«Dai Kuro-chan, chiederò a Johnny di farti un paio di ali grandi grandi e luccicose», propose la fatina, riuscendo a far smettere di piangere il vampiro.

Bookman scosse la testa sconsolato, per l’ennesima volta; alla sua età, questi sforzi non facevano per niente bene.

«La strega cattiva… », ripeté il narratore, nella speranza che quest’ultima apparisse.

Finalmente Linalee entrò in scena, con il corpo avvolto da un magnifico e suntuoso abito di tulle bianco. Sembrava una piccola nuvoletta di zucchero filato, con un sorriso angelico che le curvava le labbra. Aveva perfino in mano una lunga bacchetta, che sembrava fatta di zucchero. Era semplicemente… vomitevole, pensò Yuu-chan, mentre cercava disperatamente di andarsene da lì, approfittando del momento di confusione. Tuttavia, non riuscì nemmeno a muovere un passo, visto che inciampò nel suo stesso costume e sbatté la faccia contro il pavimento. Infatti, non aveva solo la gonna –umiliazione più che sufficiente- a impedirgli i movimenti; no, aveva anche delle scarpe con i tacchi – altissimi, perlopiù-.

«Yuu-chan, stai bene?», si preoccupò subito Lavi, abbandonando il depresso Kuro-chan. Per tutta risposta, alla sempre controllata principessa cominciò a fumare la testa. Tra poco avrebbe cominciato ad abbaiare dalla rabbia, constatò il caposezione Reveer.

«Linaleeeee!», gridò Komui piangendo, mentre mordeva e tirava un fazzoletto. «La mia dolce Linalee! E’ bellissima, non è vero?», gridò, mentre uno stuolo di stelline gli ruotavano attorno alla testa.

«Sì, è davvero stupenda.», asserì Bak, di cui nessuno aveva notato la presenza prima d’ora.

Non appena il radar del supervisore captò questo complimento, il Cinese si ritrovò addosso un pazzo furioso, che sputava fuoco dalla bocca. Delle piccole ed inquietanti corna spuntavano dai capelli scuri.

«Non ti lascerò portare via la mia Linalee, maniaco! Nessuno metterà mai le mani sulla mia bellissima sorellina!», continuava a ripetere Komui, mentre Reveer, Johnny e Tap lo trattenevano dal commettere un omicidio –per il bene di Linalee, avrebbe aggiunto il supervisore-.

Bookman sospirò sconsolato.

«La strega era perfida-». L’anziano si fermò, fissando la ragazzina. «Ehm, era non proprio perfida.»

Linalee deglutì a fatica, pronta a pronunciare la sua unica battuta. «K-kanda-kun… Tu m-morirai.», mormorò, sentendo gli occhi umidi. Infatti, poco dopo, il palco venne allagato da una graziosa fontanella di lacrime. «M-mi dispiace, io n-non volevo…»

Tutti si fermarono a fissarla. Komui cominciò ad agitarsi nella stretta ferrea dei membri della scientifica – a forza di trattenere quel pazzo, avevano fatto dei muscoli da titani-. «Linalee, non piangere… », singhiozzò l’uomo, facendo lo stesso a sua volta.

Per farli smettere entrambi, dovettero, alla prima, assicurare che, no, Kanda-kun non sarebbe morto e, al secondo, che, no, Linalee non lo avrebbe mai lasciato per sposarsi.

«La strega cattiva pose una terribile maledizione sulla principessa: sarebbe morta pungendosi un dito con un fuso.», fu costretto a spiegare Bookman, visto l’interpretazione molto intensa di Linalee. «Per fortuna, la fatina riuscì a rimediare in qualche modo.»

Lavi fece un sorriso a trentadue denti, mentre bloccava con la mano un pugno di Kanda.

«Yuu-chan, visto che ti voglio tanto –ma tanto, eh!- bene, ti faccio un altro regalo.», disse Lavi tutto felice, allungandosi per dare un bacio alla sua principessa.

Kanda grugnì qualcosa di non molto carino, tentando in tutti i modi di scrollarsi di dosso quell’enorme distributore di cuoricini rosa. Il ragazzo si domandò se ci fosse qualcosa, oltre ai capelli rossi di Lavi, che non fosse di quel colore zuccherino e, quindi, assolutamente vomitevole. Sì, odiava proprio i dolci. Ma forse, detestava di più la mammoletta. E qualcuno, nel retro palco, starnutì.

«Non morirai, ma ti addormenterai per cento anni. Finché non riceverai un bacio dalla fat-», pronunciò la madrina con voce solenne, strusciando la guancia contro quella dell’altro esorcista.

La fatina rosa venne interrotta da un tacco a spillo piantato sulla fronte, che la mise definitivamente a terra.

«Stupido coniglio!», imprecò con la classe di uno scaricatore di porto Yuu-chan. Forse,               quei tacchi a spillo, come arma, non erano per niente male, ponderò il ragazzo.

«Finché la principessa non avrebbe ricevuto un bacio dal principe azzurro.», terminò il narratore che, nello stesso momento, cercava di far rinsavire il suo stupido e rosa discepolo.

Dopo qualche tentativo, il giovane si riprese alla grande, tanto da sprizzare, oltre ai soliti cuoricini, anche stelline.

A quel punto, fece la sua breve apparizione Chaoji, porgendo con un rispettoso «Kanda-sempai» un fuso, per poi sparire nel retroscena.

Kanda squadrò l’oggetto. Quindi, lui doveva morire così? In un modo talmente pietoso e da… mammoletta- poco distante, qualcuno starnutì per l’ennesima volta-?

La pazienza della dolce Yuu-chan andò completamente in fumo, e ben due vene cominciarono a pulsarle sulla fronte. Fissava in modo truce il povero fuso, che veniva stritolato dalle sue mani.

«La principessa, però, si punse con il fuso e cadde in un lungo sonno.», proseguì Bookman, incrociando le dita, affinché andasse tutto bene. Tuttavia si dovette ricredere subito.

Un’aura cupa e tesa circondava Kanda, ancora intento a riversare il suo odio su quel povero fuso, che di colpe non ne aveva.

«Tsk. Non se ne parla neanche.», ribatté il ragazzo con una calma inquietante.

La fatina rosa tornò vicino alla principessina, inginocchiandosi accanto a quest’ultima. Il suo unico occhio verde brillava in modo sinistro, mentre guardava quel gingillo appuntito.

«Yuu-chan, ma tu non dovresti pungerti con questo?», chiese dondolando Lavi, assomigliando in modo terrificante ad un bambino curioso. E si sa, la curiosità non è mai un bene. Solo allora l’esorcista si accorse della leggera irritazione di Kanda. Forse aveva paura del sangue! Sì, doveva essere proprio così: il suo adorabile Yuu-chan  era terribilmente spaventato e per questo non voleva pungersi il dito. (Vedi episodio 33 e 34).

Lavi batté un pugno sull’altra mano, illuminato da un’idea geniale. Fece un sorriso rassicurante alla principessa, che, in quel momento, era troppo presa dai suoi piani omicidi verso Komui.

«Vedi, Yuu-chan, non c’è niente di cui aver paura!», esclamò convinto, mentre premeva l’indice sulla punta del fuso. Istantaneamente, il confetto rosa cadde con un tonfo su Kanda, russando come un  ghiro e sbavando.

«Idiota! Non dovevi pungerti tu!», gridò frustrato l’anziano narratore, non riuscendo più a trattenersi.

Kanda smise di interessarsi al suo acerrimo nemico –il fuso-, per concentrarsi sul peso morto che gli gravava addosso e che lo abbracciava, riempiendolo di bava. Forse, prima di uccidere il supervisore, avrebbe dovuto ritagliare un momento per Lavi. Proprio mentre stava per colpire in testa la fatina con una gentile carezza – ovvero un pugno in grado di disintegrare un masso-, sentì un lieve dolorino al capo. Subito dopo, cominciò a vedere tanti confetti rosa girargli attorno alla testa, per poi stramazzare al suolo, con Lavi ancora attaccato a lui.

Komui fece l’occhiolino a Bookman, con ancora in mano l’enorme martello usato per mettere a nanna la protagonista, che ora presentava un enorme bernoccolo in testa.

Il vecchio panda si passò stancamente una mano sul viso. Aveva bisogno di una lunga vacanza. Molto lunga.

«Fu così che, dopo cento anni di sonno, giunse un impavido cavaliere, deciso a salvare la principessa. Egli aveva nobili origini; era fiero, bello e coraggioso.», continuò il narratore.

Un ciuffo di capelli bianchi sbucò da un lato del teatro, seguito a ruota da un paio di occhi grigi. Diede solo una sbirciata, per poi rintanarsi nel buio delle quinte, tremante come una foglia.

«I-io non ci v-vado lì fuori!», esclamò convinto il misterioso personaggio – che poi tanto misterioso non era-.

Bookman fece roteare gli occhi.

Poco dopo riapparve la zazzera candida, scomparendo subito dopo. Sembrava che l’attore fosse un pochino restio ad uscire fuori. Infatti, qualcuno lo stava spingendo fuori, mentre il ragazzo si teneva saldamente ad un palo. Dopo una decina di strattoni, accompagnati da urla e strepiti, il malcapitato venne spedito al centro della scena con un elegante calcio sul fondoschiena.

Il povero principe si ritrovò con la faccia a terra, in una posa non molto eroica e con le gambe all’aria.

Allen si rialzò dolorante, massaggiandosi la testa con una mano. Voltò leggermente il viso, trovandosi davanti un numeroso pubblico – tre gatti in fila-. Del sudore iniziò ad imperlargli il volto pallido, mentre i suoi occhi si muovevano freneticamente alla ricerca di aiuto.

«Ehm… Scusate, credo di aver sba-», si scusò il ragazzo con una risatina nervosa, facendosi piccolo piccolo. Tuttavia, il rumore poco rassicurante di un trapano lo fece desistere dalla fuga.

«Il principe aveva viaggiato per miglia e miglia, solo per poter baciare la fanciulla addormentata.», proseguì il cantore improvvisato, non sapendo più che santo invocare.

Allen che, se fino ad allora, era rimasto calmo, a quell’affermazione ebbe uno spiacevole tremito. Sgranò spaventato gli occhi, puntando incredulo verso di sé l’indice.

«I-io?», chiese con un filo di voce.

Il silenzio che seguì fu abbastanza esplicativo. L’esorcista sbiancò e per poco non svenne.

«No.», disse con decisione, scuotendo il capo. Il solo pensiero di baciare il dolce e mite Kanda eguagliava il suo terrore per il debiti del maestro. Per non parlare delle conseguenze funeste che ci sarebbero state… «Vi prego, p-parliamone…», cercò di trattare Allen, ma il rumore metallico di una trivella tornò a scuotere l’aria. «Almeno aspettate un attimo.», assentì infine sconsolato, estraendo dalla giacca azzurra carta e penna – come mai avesse una piuma d’oca e un calamaio con sé, nessuno se lo seppe spiegare-.

Tutti lo fissarono incuriositi, mentre cominciava a scarabocchiare il foglio.

«Che c’è di strano? Sto solo preparando il mio testamento.», rispose con ovvietà Allen, ricordandosi solo allora di essere su un palco. Riprese a tremare, tanto che la penna gli cadde più volte.

Tutti asserirono, convenendo che fosse un buona idea.

Allen cominciò a pensare; a chi poteva lasciare tutti i propri beni? Sorrise diabolicamente, mentre le sue labbra si arcuavano in un sorriso leggermente folle.

«Al mio carissimo maestro Cross, in cambio di tutte le cure prestatemi, lascio la mia valigetta, con tutto il suo contenuto.», annunciò soddisfatto, mentre scriveva. 

Sulla sala cadde un silenzio teso. Stranamente, tutti immaginavano cosa ci fosse in quella valigia: debiti. Ringraziarono il cielo di non dover essere loro ad andare in bancarotta per saldare quei conti.

Restava solo un’ultima cosa, al ragazzo, da dare in consegna. Tirò fuori da una tasca della sua splendida giubba ricamata Timcampi, che andò a posarsi sulla sua spalla. Allen, nel vedere il suo piccolo –tutto è soggettivo, no?- golem dorato, cominciò a piangere a dirotto. Anche Tim imitò il padrone, strusciandosi triste contro la sua guancia.

«Tiiim!», piagnucolò, per poi calmarsi un po’.«Lascio il mio adorato Timcampi», un’altra lacrimuccia scese, «a Linalee.», disse.

Il golem sobbalzò e morse contrariato l’orecchio dell’esorcista; Allen allargò gli occhi dal dolore.

«No, forse è meglio di no. Non vorrei mai vederti vestito da donna.», concordò il ragazzo, lanciando un’occhiata alla principessina addormentata che lo attendeva –per trapassarlo da parte a parte, aggiunse mentalmente-. «Allora, lascio Tim a Lavi; sono sicuro che ne avrà cura.», decise infine. Guardò la fatina rosa che dormiva beata, avvinghiata saldamente al suo Yuu-chan. Spalancò di nuovo gli occhi, sentendo i denti affilati di Timcampi molto vicini al suo povero orecchio. «Ripensandoci, moriresti di fame con lui. Ah, è vero non mangi… », fece mente locale.

Chi altri rimaneva? Escluse Kanda a priori; avrebbe potuto usare il golem come bersaglio per Mugen. Rabbrividì al solo pensiero. Alla fine, venne illuminato da una splendida idea.

«Lascio Timcampi a Timcampi stesso», concluse, sapendo di aver fatto un’ottima scelta. Probabilmente doveva pensarla così anche Tim, visto la lunga leccata che dedicò ad Allen.

«Così il principe, dopo aver superato difficili prove, poté baciare la bella addormentata.», proseguì il narratore, consolato di essere ad una delle ultime battute.

Con passo da automa, Allen si avvicinò alla principessa completamente assopita, deglutendo rumorosamente.

«Io-vi-salverò,-o-mia-principessa!», declamò il principe con voce meccanica.

Il caposezione Reveer si passò una mano sul volto, cercando di ignorare la pessima interpretazione di Allen. L’esorcista era rigido come una tavola di legno e sembrava un animale braccato; in poche parole, soffriva di paura da palcoscenico.

Il giovane dai capelli bianchi si bloccò, non ricordandosi più le battute. Tossì imbarazzato.

«Vi sveglierò, cosicché potremo cercare di ucciderci a vicenda di nuovo. Voglio vedere ancora una volta il vostro viso iracondo ed essere chiamato da voi con quel nomignolo che detesto.», improvvisò, dicendo le prime cose che gli vennero in mente riguardo a Kanda.

Il pubblico ammutolì, non sapendo se ridere o piangere. Lo sguardo omicida di Allen li costrinse a starsene semplicemente zitti.

«Questa è la passione! Continua così Allen-kun!», urlò esaltato il supervisore, brandendo il tanto temuto trapano.

Il principe sospirò, avvicinando il volto a quello di Kanda. Un sorriso spontaneo gli si dipinse sulla labbra, nel vedere il mostro rabbioso così innocuo e carino. Allen urlò, scioccato dal suo stesso pensiero. Kanda non poteva essere carino! Insomma, lui era violento e quell’aggettivo non poteva essere assolutamente associato a lui. Però…

 Si ritrasse bruscamente, accucciandosi in un angolo buio, tremante di paura.

«Non posso averlo pensato. Non posso averlo pensato.», continuava a ripetersi, preso dal panico.  Intanto Timcampi, per far rinsavire Allen, aprì la bocca e si attaccò saldamente alla sua testa, diventando un grazioso cappellino munito di denti aguzzi. Il risultato fu di mettere l’esorcista definitivamente fuori combattimento, tanto che il ragazzo crollò a terra, delirando riguardo a un certo mostro carino.

Lavi, destato dal grido disumano di Allen, si stropicciò assonnato gli occhi, sbadigliando rumorosamente. Si guardò attorno confuso, non ricordandosi più dove si trovasse. Solo allora si rese conto di star abbracciando la vita del suo adorato Yuu-chan. Il confetto rosa ricominciò a sprizzare cuoricini, tutto contento. E, come se niente fosse, si chinò su Kanda e gli posò un bacio stampo sulle labbra.

I membri della sezione scientifica ammutolirono di colpo, interrompendo i primi soccorsi che stavano prestando al principe.

Bookman si schiarì la voce, facendo finta di nulla. Dopo avrebbe picchiato il suo allievo, poco ma sicuro.

«Fu così che la fatina baciò la principessa e le tolse la maledizione.»

Non appena il narratore ebbe terminato di parlare, Lavi si ritrovò con la lama affilata di Mugen puntata alla gola, mentre un irritato Kanda emanava desiderio omicida da tutti i pori.

«Stupido coniglio… Hai osato baciarmi?!», urlò pieno d’ira, mentre ben tre vene pulsavano sulla sua fronte.

La madrina sorrise felice, annuendo soddisfatta.

«Yuu-chan, non devi ringraziarmi. Lo sai che ti amo taaaanto», disse contenta la fatina, sporgendosi per dare un altro bacio alla sua principessina.

Il pubblico era impietrito.

Yuu-chan ghignò in modo poco rassicurante; finalmente aveva la possibilità di sfogare tutta la sua frustrazione.

Qualche secondo dopo, la stanza adibita a teatro crollò in cumulo di macerie, per colpa della spada di una certa persona.

«In questo modo, la fatina e la principessa vissero per sempre felici, in infermeria.», terminò con un sospiro di sollievo Bookman, uscendo dal guscio di protezione formato dai suoi aghi.

Ogni favola ha il suo lieto fine, giusto?

 

• FINE •

 

 

~~~

Note dell’autrice strampalata e complessata.

Buona sera a tutti!

Questo è uno dei miei primi lavori su D.Gray-Man e per di più è una parodia… Insomma, sono da fustigare xD

Non è niente di che; ho intenzione di raccogliere alcune one shot basate su delle favole/testi teatrali. Credo che saranno tutti più o meno su Lavi e Kanda, ma probabilmente ci ripenserò.

So che questo capitolo è OOC (Lavi non esprimerebbe mai i suoi sentimenti davanti a Bookman), ma ho dovuto farlo per renderlo parodia. Spero non vi dispiaccia >.<

Inoltre il mio stile non è il massimo, ma sto cercando di fare progressi. Magari, da questo delirio, tirerò fuori qualcosa di buono *O*

Dedico tutto questo alla mia sorellona Yuri, che mi sprona sempre a dare il massimo. Grazie <3

Un altro grazie speciale va Caterina, che mi sopporta sempre quando sclero.

Aspetto come sempre consigli, suggerimenti, critiche o anche solo un salutino. Spero di aggiornare con frequenza e non troppo lentamente, ispirazione permettendo.

Bacioni,

Nike <3

  
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