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Autore: Doux_Ange    14/05/2020    2 recensioni
Viste le numerose incongruenze della dodicesima stagione (particolarmente negli ultimi tre episodi), insieme al disastroso finale, io e la mia partner in crime Martina abbiamo pensavo di sviluppare quella che, secondo noi, avrebbe potuto essere l'edizione numero dodici della celebre fiction.
Speriamo vi piaccia!
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Anna Olivieri, Marco Nardi
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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NON DIRE FALSA TESTIMONIANZA
 
Toc toc!
C’è nessuno? Ehilà...!
Sono due mesi e mezzo che parlo da sola, Anna non mi ascolta più... mi sento ignorata!
Sul serio, ho disperatamente bisogno di poter interagire con qualcuno, perché siamo ad agosto, e non ho nessuna intenzione di essere spedita alla neuro vestita da Babbo Natale, dopo aver scampato la prima ammissione. Pure Grillo la pensa come me.
Qui a Spoleto, comunque, va tutto bene.
Cioè, è tutto calmo. Molto calmo... troppo calmo.
Insomma, si può avere un pochino di brio? Che so, Ghisoni che viene ingiustamente incolpato da Cecchini per non aver messo in ordine lo schedario? Ché ultimamente nemmeno quello succede, sono tutti diligenti perché temono di indispettire Anna e doversela vedere con Marco, poi. Pure i delinquenti se ne sono andati in vacanza. E beati loro, almeno si divertono, mentre io mi sto annoiando da matti, senza fare niente. Mi sento disoccupata.
E poi fa un caldo, ma un caldo...! Un agosto più afoso di questo non me lo ricordo, e io ho una memoria formidabile!
Perché sì, sarà successo poco in termini ‘lavorativi’, ma di altri fatti importanti ce ne sono stati parecchi, e quelli sì che me li ricordo bene!
Ahhh, cosa sento? Volete sapere anche voi cos’è accaduto in quel di Spoleto in questi lunghi giorni di assenza?
Beh, modestamente, non avreste potuto scegliere narratrice migliore di me!
Pronti?
Dovete sapere che, da quando Elisa e il maresciallo hanno fatto pace, nella vita di Anna e Marco tutto è tornato alla normalità. Un clima così sereno non si viveva da mesi, e il piccolo Nardi - okay, okay, baby Nardi, come ormai lo chiamiamo tutti - cresce, settimana dopo settimana, sotto gli occhi attenti di mamma e papà. Io c’ero, col mio posto in prima fila, insieme a Grillo. Ce li siamo guadagnati, per poter assistere a ogni novità!
Certo, zia Chiara avrebbe parecchio da ridire su questo.
Eh sì, perché è parecchio crucciata, dopo aver ricevuto un secco ‘stop’ riguardo agli acquisti per il/la nipote in arrivo.
Perché? Facile: nonostante le sue pressanti insistenze, che hanno portato a qualche sbotto nervoso di Anna, i futuri genitori hanno preso una decisione che lei non ha apprezzato molto, e che ha contestato.
Quale...? Non vogliono conoscere in anticipo il sesso del nascituro.
Questa scelta ha stupito un po’ tutti, in realtà, tranne ovviamente me e Grillo, che sappiamo sempre tutto, prima di tutti, perfino prima di Anna e Marco! Infatti, la creatura in arrivo sarà... *rullo di tamburi*...
Va bene, proprio questo non lo sappiamo nemmeno noi, MA di sicuro siamo a conoscenza del perché i due non vogliano saperlo.
Anna e Marco hanno stretto una strana scommessa, in una tarda sera di luglio, durante una delle loro lunghe passeggiate in maggiolino per le colline dell’Umbria.
In quell’occasione, hanno deciso di affrontare il tema ‘nomi’.
Che ve lo dico a fare, hanno battibeccato come al solito, incapaci di trovare un buon compromesso, ed è stata Anna a proporre la scommessa al suo fidanzato.
Qual è la scommessa?
Quando arriverà il grande giorno, se sarà maschio, il nome lo sceglierà lei; se sarà femmina, toccherà a papà Marco.
Anna spera sia un maschietto (non che il contrario non le piacerebbe, anzi... solo che così zia Chiara non potrà tentare di trasformarlo nella sua copia tanto facilmente), mentre Marco vorrebbe una femminuccia, perché sogna di poterla sentire un giorno parlare di lui come fa Anna di suo padre Carlo.
Strano,vero? Considerata l’avversione di Marco nei confronti del gentil sesso fino a qualche anno fa... come cambiano le cose!
Ognuno tira acqua al suo mulino, diciamo, anche se Grillo mi ha rivelato che Marco è convinto che in realtà la scommessa, alla fine, la vincerà Anna. Da buon genovese, proprio perché desidera fortemente una femmina, è certo che la sua solita fortuna gli porterà un maschio. Il massimo che potrà insegnargli sarà giocare a calcio come una pippa, ma di sicuro si divertiranno moltissimo insieme. Su questo non ci sono dubbi.
A parte questa piccola digressione, comunque (non dite niente a quei due, o bandiscono me e Grillo a vita!), zia Chiara non ha nessuna intenzione di arrendersi, e si è convinta che Anna in realtà le stia nascondendo il sesso del bebè solo per impedirle di fare shopping per la creatura. Le sorelle Olivieri, infatti, si sono beccate parecchio sull’argomento - povero Marco - talmente tanto che, dopo l’ecografia all’inizio del secondo trimestre, Anna aveva quasi ceduto affinché Chiara non la stressasse più.
... Peccato solo che baby Nardi abbia evidentemente altre idee, e si sia rifiutato categoricamente di far vedere alcunché. Sia quella volta, che per i controlli successivi.
Anna sperava che, a quel punto, sua sorella avrebbe desistito, interpretando tutto come un segno a sostegno della loro volontà di non sapere.
Naturalmente Chiara mica le ha dato retta: da brava amante delle credenze popolari, ha interpretato la ‘timidezza’ della creatura come la dimostrazione inequivocabile che sia, di fatto, una femminuccia, alimentando in un colpo solo sia la sua euforia che le speranze di papà Marco.
Per il quale i bookmaker ormai non danno nemmeno più le quote dell’esito ‘palo in piena faccia’, talmente è scontato.
Non che per il resto non ne abbia uno già bell’e pronto all’orizzonte.
Dopo il suo ultimo incontro con Coso (non chiedetemi di chiamarlo per nome perché mi rifiuto), il giovanotto sembra aver imparato la lezione e compreso di dover stare nel suo, dedicandosi solo alla figlioletta.
Il che è stato un bene, ovviamente, perché il loro legame si è evoluto verso la direzione giusta.
Sebbene Marco sia molto legato a Ines, e viceversa, giorno dopo giorno la piccola lo vede sempre meno come una figura paterna, avendo trovato quella reale (anche perché il test del DNA non mente), e lui sta soffrendo abbastanza questo lento distanziarsi da lei. È in parte anche per questo che spera il suo bebè sia una bimba.
Per quanto vorrebbe che il loro legame non si spezzasse mai, sa bene che deve mettere da parte il suo orgoglio, per il bene di Ines, e concorda con Anna sul fatto che la piccola abbia tutto il diritto di passare più tempo con Coso... suo padre, che con lui, o loro due.
Marco si fida ciecamente dell’istinto della sua futura moglie, e per questo da qualche settimana ha iniziato a discutere con gli assistenti sociali in merito alla possibilità di concedere a Coso un parziale affidamento, per poter assecondare il desiderio di Ines di poter stare più con lui. Non sarà un percorso facile, non che finora lo sia stato, ma è il passo successivo da fare, ed è inevitabile.
Per quanto riguarda gli altri, i nonni sono incredibilmente tutti calmi.
Nonna Elisa è in viaggio, e forse è meglio così per tutti visto che, insieme a zia Chiara, è come avere a portata di mano una bomba a orologeria. Nonno Eugenio fa spola tra Roma e Spoleto, cercando pian piano di ricostruire un rapporto con il figlio e la nuora, e devo dire che il tentativo sta dando ottimi frutti, da quanto mi riferisce Grillo.
E poi, pe-
 
Vocina? Con chi stai parlando?
 
ANNA! Sei tornata!
Non sai quanto sono felice di poter parlare di nuovo con te!
Dimmi, sono tutta orecchi.
 
Anna’s pov
 
Stamattina mi sono svegliata con uno strano ronzio in testa, quasi come se la mia vocina stesse parlando con qualcuno che non fossi io. Probabilmente era solo una zanzara, in realtà, perché già è preoccupante che io parli con la mia testa, ma la mia coscienza che fa i discorsi da sé è pure peggio.
Dicevo, non escluderei si sia trattato di uno di quei fastidiosissimi insetti, e tra loro e il caldo, questo agosto è davvero invivibile.
Col pancino che cresce, non è che sia proprio bello.
La nostra creatura ha iniziato a farsi sentire, per la gioia mia e di Marco.
Ho sentito i primi movimenti una decina di giorni fa, una sera, mentre eravamo seduti sul divano. Subito, mi sembrava di aver frainteso, perché non vedevo l’ora e pensavo di averlo immaginato, invece poi ha ripreso, e non ho avuto dubbi.
Adesso, riesco a riconoscere i suoi calcetti, ed è sempre una sensazione stranissima ma meravigliosa. Adesso  che sembra reale.
Certo, abbiamo da lavorare sul ritmo sonno/sveglia invertito, e stamattina ha deciso che doveva scalciare alle 5.30. Non sono riuscita a rimettermi a dormire, e più che mai, quando mi sono alzata, ho avvertito l’irritazione nel sapere che la mia divisa, appesa alla sua gruccia, resterà chiusa nell’armadio mentre io andrò a lavoro, come succede ormai da un paio di mesi a questa parte.
Fa ancora uno strano effetto, ma so che è necessario, e ne sono felice, felicissima.
Solo che certe volte, i movimenti del mio bambino mi ricordano soltanto che sta crescendo, e che presto anch’io sarò costretta a rimanere a casa, come la mia divisa.
E per una come me, che ha sempre vissuto in funzione del lavoro, non è facile accettarlo. Sono momenti sporadici, ma la malinconia a volte arriva, nonostante io cerchi di mandarla giù.
Comunque sia, è la mia nuova realtà, e mentre mi vesto, soffermandomi ad osservare allo specchio per qualche istante il mio corpo cambiato, penso che in fondo si tratta solo di paura. Che, quando avrò il nostro scricciolo tra le braccia, tutti quegli aspetti della mia vita che per il momento mi costa dover mettere da parte, passerà completamente in secondo piano, e questi dubbi mi sembreranno sciocchi.
 
Proprio adesso sto aspettando Cecchini all’esterno di un locale abbandonato, appena fuori Spoleto.
Fosse stata una circostanza diversa, avrei già agito insieme ai miei uomini, in prima fila, ma per ovvi motivi devo starmene qui in attesa del via libera da parte del maresciallo. Senza contare che Marco mi ha avvertita di non fare niente di avventato, e tutti gli altri ne sono stati informati.
Inutile dire che la cosa mi renda un po’ nervosa.
Respira, vedrai che è questione di minut- oh, eccolo.
Ecco Cecchini, che si scusa per il ritardo, perché ha dovuto accompagnare una sua zia suora in canonica, presso la quale sarà ospite per qualche giorno.
Spero inutilmente di potermi dedicare al lavoro, visto che abbiamo già perso abbastanza tempo, ma il maresciallo mi chiede di mia madre.
Con mia grande gioia (e non è un eufemismo), non è ancora rientrata dal suo ultimo viaggio che, ironia della sorte, aveva come destinazione il Pakistan.
Rido ancora pensando alla faccia di Marco, quando ti ha sentita pronunciare le parole ‘viaggio’ e ‘Pakistan’ nella stessa frase, al telefono, e non sapeva che il tuo interlocutore fosse lei! Poverino, era diventato bianco come un lenzuolo!
Smettila, vocina!
Quello che mi stupisce in realtà, è che il biscottino sia così felice del suo ritardo.
In effetti... non è che ha qualche strano piano in mente, vero?
Comunque, blocco qualsiasi altra domanda a dopo, spiegandogli perché siamo qui.
Lui, ovviamente, si affretta a dirmi che devo restare fuori dallo stabile, ma io non mi lascio fermare.
“Se lo può scordare. Sappiamo che non c’è pericolo, starò attenta, e se pensate che starò sotto una campana di vetro, avete sbagliato soggetto.”
“Va bene, va bene,” concede lui, “ma deve stare attaccata a me. In effetti se resta fuori da sola può essere peggio... non si sa mai.”
Mi trattengo dallo sbuffare all’osservazione, ricordando le scarse qualità di Cecchini come cecchino, a dispetto del cognome, ma faccio come dice.
All’interno, comunque, non troviamo niente di pericoloso, come previsto... solo Don Matteo (mi pareva strano, che non lo avessimo visto...) e una donna priva di sensi.
Io e il maresciallo ci scambiamo un’occhiata confusa.
 
Lo seguiamo in ospedale, con la donna in coma non possiamo far altro che aspettare.
Lì ci raggiunge però una ragazzina, la figlia della donna aggredita, che non ha dubbi riguardo al colpevole: lo stesso Don Matteo.
Ma la cosa più sconvolgente non è tanto questa, quanto la ragione dietro... afferma che il prete sia suo padre.
Quelle che fa contro di lui sono accuse pesantissime, ma Don Matteo sta rifiutando di difendersi, e io e Marco siamo costretti a dargli il fermo.
Cecchini è furioso, più con sé stesso che altro, ma non c’è niente che possiamo fare, purtroppo.
Avremmo voluto, ma il suo mutismo ce l’ha impedito.
Non ho mai amato particolarmente Don Matteo, ma col tempo ci ho fatto più o meno l’abitudine a quella sua costante presenza in mezzo alle indagini, e il suo aiuto - anche se mai lo ammetterò ad alta voce - è spesso stato indispensabile.
Solo che se lui nasconde qualcosa, io ho le mani legate. Ma non ci credo, alla storia di quella ragazzina. Troppe incognite, e lei un po’ troppo prepotente, ma per il momento il fermo è da disporre.
Lo accompagniamo giù e Cecchini va via deluso, nonostante io e Marco gli assicuriamo che siamo d’accordo sull’innocenza del parroco e che faremo il possibile per tirarlo fuori dai guai.
Faccio per tornare su in ufficio, quando Marco mi blocca davanti alla caserma.
 
Marco’s pov
 
Prima di rientrare e proseguire con il lavoro, voglio approfittarne per chiedere una cosa ad Anna.
“Amore, aspetta... volevo chiedertelo stamattina, ma poi ti hanno chiamata qui dalla caserma, e ho dovuto posticipare. Pensavo che... potremmo andare fuori a cena, stasera... sai, per i nostri primi tre anni insieme...” le propongo.
Qualche giorno fa è stato il nostro anniversario, ma per diverse ragioni di lavoro, non abbiamo potuto festeggiarlo come si deve.
In realtà, nessuno dei due ritiene sia d’obbligo farlo, non cade il mondo, ma è comunque un momento importante, e credo che una cena possiamo concedercela.
“Sempre per la teoria che è banale seguire la massa ed è più divertente festeggiare a modo nostro, come il San Valentino per la prima volta che ci siamo trovati d’accordo?” scherza Anna, facendomi rilasciare un sospiro di sollievo.
“Certo! Dopotutto, anche in questo caso, festeggeremmo il nostro esserci vestiti da Babbo Natale ad agosto, con tanto di nevicata!” le strizzo l’occhio.
Lei ride. “Non avevo dubbi... e cena sia!” accetta, rendendomi felicissimo.
So già dove portarla: al ristorante ‘Mezzomare’. Perfetto, e un po’ ironico, con lei incinta...
Ahhh, adesso ho capito! Ma le cozze pelose le prendiamo, stavolta?
Ovviamente no, vocina.
 
Nel pomeriggio, Cecchini torna in caserma dopo aver parlato con Don Matteo, ma la sua posizione si aggrava solamente.
Per quanto io e Anna vorremmo poter fare qualcosa, il suo mutismo non ci aiuta, e non possiamo ignorare le prove contro di lui.
Dai tabulati emerge però un numero sospetto, e Cecchini è sicuro non sia quello del prete. Forse è una nuova pista da vagliare, così chiedo ad Anna di tenermi informato, facendo per andare in tribunale, quando il suo cellulare squilla.
Il nome sul display, che leggo al contrario, mi trattiene sul posto: Sergio.
Anna è stupita: era da un po’ che non la chiamava, preferendo presentarsi direttamente in caserma quando sapeva ci fossi io, così da parlare direttamente con me per Ines.
Ha evidentemente recepito il messaggio, non che io gli avessi reso la vita facile, pur permettendogli di incontrare la figlia.
Anna è ovviamente intervenuta, facendo da mediatore e portandomi ad essere ragionevole. Mi ci era voluto un po’, ma avevo allentato la presa.
La chiamata comunque è strana: lui le ha telefonato solo perché non ha il mio numero, e ha bisogno di chiedermi una cosa, ma non essendo in zona non poteva passare da qui.
Ines, sembra, gli ha chiesto di accompagnarla a visitare la centrale idroelettrica per un progetto scolastico, ma Sergio sa benissimo che per ogni cosa, deve ottenere prima il mio consenso. Anna lo mette in attesa, per parlarne con me e verificare che la storia della gita sia vera e, seppur reticente, acconsento. Lei lo richiama per dargli conferma che può andare con la bambina.
È stato tutto molto formale e conciso. Mah, meglio così.
Saluto la mia fidanzata con un bacio, prima di avviarmi finalmente verso il tribunale, in ritardo.
 
Anna’s pov
 
Dopo l’attento lavoro dei miei uomini, siamo riusciti a venire a capo del proprietario del numero ricorrente nei tabulati, in merito alle chiamate ricevute dalla donna in coma: l’allenatore della figlia, con il quale la signora ha una relazione. Nessuno però sa chi sia il padre biologico della ragazzina, il che non aiuta a scagionare Don Matteo. Sto per chiedere al maresciallo se ha qualche suggerimento su come procedere, ma lui corre via dicendo di avere le lodi.
Cos’è, con Don Matteo in carcere lui, in qualità di suo migliore amico, lo sostituisce in chiesa?
Comunque sia, nonostante gli sforzi non riusciamo a venire a capo della situazione, così poco dopo le 18, rientro a casa.
 
Cosa ti è saltato in mente, quando hai detto a Chiara della cena di stasera col tuo fidanzato, durante la vostra telefonata a pranzo?
Me lo chiedo anch’io, vocina.
In camera da letto, dove siamo adesso, sembra essere esplosa una bomba: ci sono vestiti dappertutto, con mia sorella intenta a tirare fuori quelli, secondo lei, più adatti per l’occasione, e tutti puntualmente bocciati non appena lei me li suggerisce.
“Quello mi va stretto... Troppo corto, adesso, sei impazzita?... Quello non sapevo nemmeno di averlo nell’armadio, ma è il mio?” chiedo, quando me ne mostra uno che non ricordavo affatto.
La sua occhiataccia offesa mi fa capire che me lo aveva sicuramente regalato lei.
Mi siedo sul letto sbuffando, sconsolata, una mano a sfiorare l’addome, con la mia creaturina che ha appena dato un calcetto.
“Mi sa che mi devo arrendere e andare a fare shopping premaman seriamente, non come ho fatto finora,” mormoro, perché sono passata da un negozio qualche settimana fa, e ho preso giusto il minimo indispensabile, ma è evidente che mi serva altro.
Al quinto mese di gravidanza, ormai mi vanno stretti quasi tutti gli indumenti che posseggo.
“Come se non bastasse, sabato ci sarà pure la festa al comune,” continuo, infastidita. “Preferirei non andare, ma sono il Capitano della caserma di Spoleto, Marco è il PM, e non possiamo non esserci...”
“Anna, seriamente, devi smetterla di soffermarti su queste cose come se fossero una più negativa dell’altra,” sbotta mia sorella, con un cipiglio indispettito. “Pensa a goderti questo momento, invece! Aspetti una bambina - sì, per me è femmina e non fare smorfie - stai benissimo, ed è bellissimo vedere il tuo pancino che cresce... Tra qualche mese diventerai mamma, e poco dopo anche moglie, e non hai dovuto rinunciare a niente per avere tutto questo! Nemmeno alla tua carriera, come invece diceva sempre mamma. Ogni piccolo sacrificio che fai adesso, verrà ripagato quando avrai tua figlia, ne sono certa. E so che anche tu lo sai, che hai paura, ma è normalissimo... Io sarei molto più spaventata di te, perché non riuscirei a essere così razionale come sei tu,” scherza. “Così come sono convinta che nel tuo armadio c’è un vestito che per stasera andrà benissimo. Non sarà il tubino nero della vostra ‘prima’ cena, ma Marco ti ‘troverà bene’ comunque.”
La sua battuta mi fa ridere: Marco ha detto che andremo in quello stesso ristornante in cui siamo andati quella famosa sera, con Cecchini che aveva organizzato tutto fregando entrambi. All’epoca, aveva fatto credere a Marco che io fossi incinta per convincerlo a uscire con me, mentre stavolta, incinta lo sono davvero, del nostro bambino.
La costante in entrambi i casi, è che anche allora lui sarebbe stato al mio fianco, nonostante non fossimo niente, e anche se il piano G del maresciallo non era andato come voleva, un risultato lo aveva avuto, migliore di quello previsto: io e Marco eravamo passati dall’essere solo colleghi, a diventare amici fino a innamorarci, e adesso siamo fidanzati e tra non molto ci sposeremo e diventeremo perfino genitori.
Lo strillo di Chiara mi riporta alla realtà: ha trovato il vestito giusto. Non ricordavo nemmeno di averlo nell’armadio, ma credo abbia ragione lei.
Quando riemergo dal bagno, mia sorella mi scruta soddisfatta, prima di farmi accomodare su una sedia per dedicarsi ai miei capelli e al trucco.
Osservo i cambiamenti allo specchio: ormai l’abbiamo appurato, queste cose non sono da me, e non fanno per me in genere, ma oggi, stranamente, ne sentivo quasi il bisogno per sentirmi più femminile.
Chiara, come al solito, deve aver intuito i miei pensieri.
“Sempre a rimuginarci sopra, mh?” domanda. “Dai, dov’è finita la donna sicura di sé, quella a cui non è mai importato se la divisa faceva scappare gli uomini? Mia sorella, quella convinta che prima o dopo, avrebbe trovato l’uomo che l’avrebbe amata per ciò che è: una rompiscatole, puntigliosa, precisina... ma anche dolce, sensibile, intelligente... Marco ti ama proprio perché tu sei così, e davvero non capisco perché tu ti stia facendo tutte queste paranoie, visto che non ne hai motivo. Per la cena sarai bellissima, per sabato uno schianto, e te lo dico perché ti ci porto io, a fare shopping per trovare l’abito più adatto a te, così non puoi cercare scuse. Da principessa, se è quello che hai bisogno ora, ma che non ti renderà meno Zorro perché quello lo sei fino in fondo.”
Attendo che finisca il suo lavoro, prima di alzarmi e abbracciarla forte.
Certi giorni la strozzeresti, ma non sarebbe lo stesso, senza di lei.
Una volta terminato di prepararmi, raggiungo Marco, intento ad aspettarmi sul pianerottolo.
Probabilmente si sarà stufato di stare a sentire Cecchini, visto che nel mentre era andato da lui, che lo avrà tempestato di domande e consigli su cosa possiamo o non possiamo fare.
Adoro il maresciallo, ma è davvero troppo iperprotettivo con me. So benissimo cosa mi sia concesso o meno di fare, non ho bisogno della balia.
Comunque, quando Marco si accorge della mia presenza, passa un minuto buono ad ammirarmi.
Per un secondo mi è tornata in mente quella volta su questo stesso pianerottolo, quando mia sorella voleva convincermi a leggere quell’assurdo libro sulle geishe, e il mio allora collega stava uscendo da casa del maresciallo, come ora, e beccò me in una mise che faceva a pugni con il mio modo di vestire abituale, ma che mi aveva fatto guadagnare un mormorio d’approvazione da parte sua.
Certo, un po’ meno accentuato come sta facendo adesso, non che mi dispiaccia.
Ehm ehm,” fa Chiara, fingendo un colpo di tosse per richiamare l’attenzione del mio fidanzato, che arrossisce per essere stato colto in flagranza.
Suvvia, è il tuo futuro marito. Considerato l’esserino che scalcia, direi che ha già visto ben più di una scollatura, no?
VOCINA!!
 
Giunti al ristorante, Marco si dimostra essere come sempre un cavaliere e un fidanzato premuroso, e sposta la sedia per farmi accomodare, prima di prendere il suo posto di fronte a me, al tavolo.
Il cameriere sta accendendo la candela al centro, con un’immancabile rosa bianca a decorare il tutto.
Certo che questo posto non è cambiato affatto, dopo tre anni... Non ci siamo più venuti qui dopo quella sera, le nostre cene romantiche sono state quasi sempre casalinghe, con l’uno o l’altra a cucinare per l’occasione.
Mi sono un po’ persa nei miei pensieri, per cui Marco opta per il suo umorismo per richiamare la mia attenzione.
“Dici che Cecchini si arrabbia, se prendo le cozze pelose? Dopo che mi ha fatto una testa così, mentre tu ti preparavi, dicendomi di evitarle come la peste... io, non tu.”
Mi trattengo dallo scoppiare a ridere. Tipico di Cecchini.
Ordiniamo, e tutto trascorre tranquillamente, e parliamo del più e del meno, compreso il lavoro perché in fondo non riusciremmo mai a staccare veramente.
Dopo aver cenato, visto che è ancora abbastanza presto, decidiamo di approfittare della bella serata non eccessivamente afosa per far fare una passeggiata a Patatino.
Io amo questi momenti, queste sere in cui possiamo stare in giro per le vie semi-deserte di Spoleto, nonostante siamo nel pieno della stagione turistica.
Visto comunque il caldo che si fa sentire, Marco mi propone di prendere un gelato.
Mentirei, se dicessi che non avevo rifiutato il dolce, al ristorante, proprio nella speranza che succedesse esattamente questo.
Come fa a sapere sempre ciò di cui hai bisogno? Ha ragione tua sorella, il tuo fidanzato è proprio un panda.
 
La passeggiata ieri sera si è conclusa intorno alle 23, quando la lunga giornata di lavoro ha iniziato a farsi sentire, nonostante Marco e Cecchini mi impediscano di fare buona parte dei sopralluoghi, relegandomi al mio ufficio in caserma il più possibile.
Comunque stamattina mi sono svegliata presto e di buon umore, cosa insolita ma apprezzata.
La serata volta a suggellare i tre anni d’amore con il mio Marco era proprio quello che mi serviva, così come le ore insieme a mia sorella, nonostante il caos per trovare il vestito che mi andasse bene.
 
Comunque, in caserma continuiamo le indagini, con Sara e Marco che giungono a seguito di alcuni fatti emersi in merito al caso. Il marito della donna aggredita si è presentato spontaneamente, affermando di essere anche il padre della ragazzina, facendo cadere i dubbi sulla presunta paternità di Don Matteo.
Scopriamo anche, grazie alle informazioni fornite dal marito, si era creata una falsa identità, e c’è anche una denuncia a suo carico per rapimento della figlia, della quale non ha la custodia. Questo spiega il perché non riuscissimo a trovare informazioni su di lei, ma non scagiona completamente il prete, perché nonostante tutto lui si ostina a difendere una donna che ha rapito la figlia.
Qualcosa non torna, e tocca a noi scoprirlo.
 
Marco’s pov
 
Terminato il briefing, Anna e Cecchini stanno per lasciare la caserma per andare a parlare con Don Matteo, quando Sara li blocca.
“Ah, dimenticato, prima che tu vada via, Anna... Verrete alla festa del comune, vero?”
Anna le rivolge un’occhiata nervosa.
“Certo,” biascica, palesemente irritata, prima di andare via in fretta, trascinandosi dietro il maresciallo, e lasciando me e Sara da soli.
Lei si gira a guardarmi, confusa.
“Ma... ho detto qualcosa di male? Mi è sembrata infastidita...”
Io faccio spallucce.
“Sinceramente, non so cosa le sia preso, andava tutto bene fino a poco fa... anzi, scusala, a proposito... Sono sicuro che non era sua intenzione. Ci veniamo, al comune, sabato, sappiamo quanto il sindaco ci tenga, ad avere le cariche cittadine presenti, inclusi noi.”
Sara annuisce. “Non ti preoccupare per Anna, figurati... Anzi, se è per il motivo che immagino, la capisco. Nemmeno io amo molto questo tipo di eventi, ma so che fa parte del mio lavoro presenziare e assicurarmi che i miei collaboratori partecipino, per dare quell’immagine di unità che il comune vuole far trasparire nelle manifestazioni pubbliche...”
Mi viene da sorridere perché è vero, in questo lei e Anna si somigliano moltissimo: entrambe amanti del proprio lavoro, nessuna delle due apprezza questo tipo di ‘dimostrazioni di compiacimento’. Anna, quando è capitato altre volte, non ha fatto che ripetermi come non sia entrata nell’Arma per dedicarsi a inaugurazioni varie od ostentare il suo grado davanti agli altri, così come detesta dover fare da giudice nelle gare di beneficenza.
Forse ha ragione Sara, l’idea la infastidisce e magari si è innervosita per questo.
Magari sì, ma potrebbe esserci sotto anche dell’altro, che al momento non saprei definire, ma prima o dopo magari ci vengo a capo.
 
Anna e Cecchini sono rientrati da poco dalla loro visita a Don Matteo, e hanno scoperto che la donna non ha davvero rapito la figlia, semplicemente è scappata con lei per proteggerla perché il padre e la famiglia sembrano essere coinvolti nella malavita, e la donna ha avuto paura che potesse succedere qualcosa alla figlia. Addirittura, il nonno potrebbe avere perfino a che fare con un omicidio.
Appena è arrivata, mi ha chiesto di disporre il rilascio del prete, prima di rimettersi al lavoro.
Ma una pausa se la prende mai? Sempre dietro quella scrivania sta!
Mh.
Mi avvicino, cercando con cautela di avere delucidazioni in merito alla sua reazione di qualche ora fa.
“Amore... ti posso chiedere una cosa, un momento?”
Lei solleva lo sguardo su di me, confusa.
“Certo!”
“Ecco... prima, con Sara, mi sei sembrata... nervosa, le hai dato quella risposta sbrigativa... è successo qualcosa?” tento, anche se ho il timore di aver peggiorato le cose.
 
Anna’s pov
 
Avrei dovuto aspettarmela, questa domanda.
E che avrebbero notato la mia irritazione anche.
Vorrei evitare di discuterne con lui perché ho già affrontato l’argomento con Chiara, ieri sera, ma so anche che Marco non lascerà stare finché non scoprirà perché l’idea della festa di sabato mi dia così fastidio.
Non posso svegliarmi e scoprire che quel ballo non esiste?
Evidentemente no.
Mi appoggio alla scrivania e, dopo un lungo sospiro, mi decido a dire a Marco cosa mi turba.
“No, è che... non mi entusiasma l’idea di doverci andare, alla festa. Il problema è che... anche per via del vestito che dovrò mettere, mi troverò a dovere essere al centro dell’attenzione. Sia perché è il primo evento pubblico a cui prendiamo parte da quando ho scoperto di essere incinta, e quindi i curiosi che non si sapranno fare gli affari propri ci saranno, perché ormai, che io sia in dolce attesa, si vede chiaramente; sia per il fatto che questo genere di eventi mi indispone a prescindere. Il dress code non aiuta, e poi non sono diventata un Capitano dei Carabinieri per andare alle feste, ma per rendere giustizia alle persone che hanno subito un torto,” sbuffo, inquieta, come una bambina che non vuole fare ciò che i genitori le hanno imposto.
Marco, alla fine del mio discorso, non sembra affatto stupito. Anzi, ridacchia appena al mio comportamento, facendomi leggermente irritare.
Ti conoscerà meglio delle sue tasche, ma sfidare la sorte quando sei nervosetta non lo spaventa affatto, eh? Impavido, il ragazzo.
Gli lancio un’occhiataccia delle mie, e lui solleva le mani in segno di resa, prima di avvicinarsi ancora a me, abbracciandomi.
Io lo lascio fare, docile.
“Ehi... lo capisco, questo tuo stato d’animo, ma davvero vorrei che tu riuscissi a vivere questo momento in modo più sereno. So che tutte le restrizioni su cosa puoi o non puoi fare ti pesano, che vorresti essere più libera, ma non possiamo riavvolgere il nastro e dire al nostro bimbo di ripassare un’altra volta, perché non siamo pronti ad affrontare quel che viene, no? Io, purtroppo, non posso fare molto, oltre che starti accanto, perché in questa fase sei tu a... dover ‘fare tutto’, diciamo, ma sono certo che quando il nostro bebè nascerà, tutte le ansie, le paure, i dubbi passeranno, magari rideremo perfino di questi momenti di inquietudine. Cioè, probabilmente saremo troppo impegnati a capire quando dormire, all’inizio, per poter pensare ad altro, però... ne varrà la pena, anche quello.”
Alle sue parole, io lo abbraccio più forte che posso. Non smetterà mai di stupirmi, solo lui riesce a calmarmi così. Ha ragione su tutto. Sembra quasi che, a distanza di anni, adesso sia lui a dover aiutare me a superare quel groviglio di incertezze che ti assalgono quando arriva un evento che ti cambia la vita. E so bene che ogni cosa che faccio è volta alla giusta causa.
Davvero, a parte tutto, non vedo l’ora che arrivi il momento in cui potrò tenere il mio bambino tra le braccia per la prima volta, con la consapevolezza di essere diventata mamma, e certa dell’amore dell’uomo di cui altrettanto presto diventerò moglie.
Forse aveva ragione mia madre, quando mi diceva che, nonostante la mia testardaggine, sarebbe arrivato un momento nella mia vita in cui avrei sentito il bisogno di avere una famiglia, e che i momenti di sconforto li abbiamo tutti, ma ne vale sempre la pena e adesso, tra le braccia del mio Marco, non ho nessun dubbio sul fatto che sia così.
Il nostro momento, come spesso accade, è interrotto dall’arrivo di Cecchini e Zappavigna che ci portano novità sul caso.
Effettivamente, la famiglia paterna della ragazzina risulta davvero avere rapporti con la malavita, ma non abbiamo abbastanza prove per procedere, anche perché di quel presunto omicidio non esistono tracce.
Proprio per questo, non abbiamo in mano niente che ci permetta di agire contro di loro, sebbene tutti pensiamo che l’aggressore possa essere stato l’ex marito della donna.
Le incognite sono però ancora troppe, dobbiamo continuare a cercare.
 
Sono seduta sul divano a guardare la tv con Marco.
Abbiamo finito di cenare presto, e sono passate da poco le 20,30 quando il campanello suona.
Convinta sia Cecchini, come al solito, vado ad aprire, trovandomi invece davanti mia sorella e Sara.
Prima che io possa dire niente, Chiara prende la parola.
“Prendi la borsa e sbrigati, è arrivato il momento della nostra serata tra donne.” annuncia.
“Come... che-?” faccio per chiedere, più confusa che mai quando vedo il mio fidanzato venirmi incontro e porgermi la borsa e una giacca leggera.
“Tu lo sapevi?” gli domando allora, con le sopracciglia corrugate.
Lui mi rivolge un sorriso timido.
“In effetti, le ho chiamate io,” ammette, portandosi una mano dietro la nuca, in imbarazzo, “per organizzarsi per una serata tra voi. L’ho detto a Chiara pomeriggio, e visto il poco preavviso, per la cena era impossibile, ma hanno accettato di portarti a fare una passeggiata, o non lo so, altro... La mia unica richiesta è stata di farti distrarre un po’, per goderti qualche ora con le tue amiche.”
L’ho già detto, che sei fortunata? È vero che vi beccate spesso, ma quando fa così... awww!
Non dico nulla, basta il mio bacio a fargli capire quanto io gli sia grata.
Alle nostre spalle, arriva pronto il commento. Ma mentre Sara si limita a un verso d’affettuosa approvazione, mia sorella scuote la testa.
“Oh, se preferite un cambio di piano, noi ce ne andiamo, eh!” scherza con una risatina.
Saluto allora Marco, seguendo le mie amiche giù in strada, tutte e tre intente a ridere al fatto che il mio fidanzato passerà anche lui una ‘serata tra uomini’... con Patatino.
 
Dopo una lunga passeggiata rilassante e chiacchiere varie, torniamo in piazza per andare a prendere qualcosa da Spartaco, a conclusione della bella serata.
Marco aveva proprio ragione, ti ha fatto bene rinfrescare la mente e non pensare a sabat- ops.
Dannatissima vocina, ero riuscita a non pensarci, me lo dovevi giusto ricordare adesso?
Così mi ritrovo a fissare il mio bicchiere di succo di frutta, corrucciata, mentre Chiara e Sara discutono di qualcosa, non so più quale sia l’argomento perché ho perso il filo del discorso.
“... vero? Tu che ne pensi, Anna? ... Anna?” mi chiede allora mia sorella, schioccandomi le dita davanti agli occhi e ridestandomi.
“Scusate, mi sono distratta... cosa mi stavi dicendo?”
Chiara mi scruta un attimo.
“Niente di importante. Piuttosto, tu sei sempre più nell’aria, negli ultimi giorni. C’è qualcos’altro che non va, o è per la storia di ieri? Marco mi ha detto che ne hai parlato anche con lui... pensavo avessimo risolto.”
Io le rivolgo uno sguardo colpevole.
“Sì, lo so... hai ragione. Continuate tutti a dirmi che è normale essere ansiosa e che passerà, ma io non riesco a non pensarci. Lo sai come sono fatta, che rimugino mille volte sulla stessa cosa e se non trovo una risposta soddisfacente è peggio. È questo che mi irrita.”
Sara mi osserva a lungo, prima di fare un piccolo sorriso.
“Ti capisco, sai?” mormora. “Anch’io ho passato settimane, anzi mesi, a pensare agli eventi che mi erano capitati, e alla dura scoperta di non poter avere figli... ma proprio perché ti capisco, forse meglio di altri, ti dico che devi fidarti perché non ne vale la pena, logorarsi così. Finisci per credere che il problema in realtà sei tu, il modo in cui sei fatta, e che pensi troppo e che questo potrebbe portare gli altri ad allontanarsi. Ma io sono convinta che dovresti cercare di focalizzarti sugli aspetti positivi, goderti il momento e imparare piano piano, e con l’aiuto di chi ti ama, che se il destino sceglie per noi una determinata strada, mettendoci anche a dura prova, lo fa per un motivo. E se il fato ha deciso che tu e Marco foste pronti per questo passo, è perché siete in grado di compierlo. Insieme.”
Chiara, che per tutto il tempo ha stretto le mani di entrambe - anche lei a conoscenza della storia di Sara - prende a sua volta la parola.
“Sono d’accordo. Condivido anche le virgole, lo sai.”
Hanno pienamente ragione. Mi sono ripromessa mille volte di ascoltare meno il cervello e fare più affidamento sulle emozioni, e forse ora più che mai è giusto provarci.
La nostra serata si conclude una mezz’oretta dopo, quando ci salutiamo sotto casa mia, con loro che mi promettono di portarmi a fare shopping per la festa del comune. Mia sorella ha convinto anche Sara a prendere il suo nella stessa occasione, e già non vede l’ora.
Quando rientro in appartamento, trovo Marco appisolato sul divano con la tv ancora accesa, e Patatino che sonnecchia ai suoi piedi.
Quando si dice che il cane assomiglia al padrone.
 
La mattina, ci sono novità sul caso. Don Matteo ha spiegato a Cecchini che i Laganà non possono aver scoperto dal telegiornale dell’aggressione della donna. Non avrebbero avuto il tempo di arrivare da Milano a Spoleto: tra il servizio al tg e il loro presentarsi in caserma per raccontare la storia del rapimento della figlia, quattordici anni prima, il lasso di tempo è stato troppo breve. Comunque sia, non ci serviva l’intervento del prete, perché noi avevamo già scoperto che i Laganà erano giunti a Spoleto la sera prima dell’aggressione. L’ex marito della donna è qui per essere risentito, e del suo interrogatorio ci occupiamo io e il maresciallo: lui si professa innocente, affermando di voler solo recuperare il rapporto con sua figlia. Quando finalmente giungono anche Marco e Sara, spieghiamo loro quanto abbiamo scoperto.
 
Marco’s pov
 
Nonostante la coincidenza sospetta dei tempi dell’aggressione alla donna e l’arrivo a Spoleto dei Laganà, Anna mi fa notare che non abbiamo niente di concreto per incastrare l’uomo, perché nessuno può testimoniare la sua presenza sulla scena del crimine. Anche Sara è confusa, perché abbiamo tanti indizi, poche certezze ma nessun colpevole. Questo caso è più complicato del previsto.
Anna suggerisce comunque di sondare la nuova pista fornita dal sospettato, legata a un ricatto per conoscere la nuova residenza della figlia, sparita anni prima.
Cecchini si occupa delle verifiche necessarie sul gestore dell’area di servizio che avrebbe ritirato la somma di denaro per le informazioni, e tutti siamo preoccupati perché non riusciamo a venire a capo di nulla, quando Zappavigna entra per chiedere conferma della nostra presenza alla festa del comune.
Tutti e tre annuiamo, e il vice brigadiere va via. Sara si alza per andarsene a sua volta, ricordando ad Anna del loro appuntamento per lo shopping, l’indomani pomeriggio, proprio in vista della festa.
Una volta rimasti soli, la mia fidanzata mi si avvicina, intrecciando le nostre dita.
“Lo so che te l’ho già detto, ma... Grazie per ieri sera...” mormora, con un sorriso. “Mi serviva proprio, passare del tempo con loro.”
“Era il minimo che potessi fare,” replico, posandole un leggero bacio sulle labbra.
All’improvviso mi ricordo che avevo bisogno di farle una domanda.
“Ah, dimenticavo... La gita a cui Sergio doveva accompagnare Ines è oggi o domani? Perché ho un incontro con gli assistenti sociali tra poco, per parlare della formalizzazione del rapporto, anche se mi hanno accennato che gli concederanno qualcosa a patto che si cerchi una casa vera, naturalmente. Dovrò dir loro della gita, ma non mi ricordo più quando...” biascico.
Per mia fortuna, la mia fidanzata ha una memoria decisamente migliore della mia per certe cose.
“Stamattina... che c’è?” mi chiede però, notando il mio volto farsi cupo.
“Niente, è solo che... Beh, che Sergio non mi piaccia non è un mistero, e lo so che bisogna comunque dargli questa possibilità, però ho sempre l’impressione che ci sia qualcosa che ci sfugge, sul suo conto.” le spiego. La mia è solo una sensazione, ma non riesco a scrollarmela di dosso.
Lei mi rivolge uno sguardo comprensivo. “Purtroppo non possiamo prevedere tutto, e per verificare certe cose, bisogna prima che accadano... Ma cerca di non preoccuparti troppo, vedrai che andrà tutto bene, alla gita. Tu hai fatto tutto quello che potevi, sei stato un tutore perfetto per Ines.”  
“È merito tuo, fosse stato per me, avrei già bloccato tutto da tempo... forse hai ragione, mi sto facendo solo paranoie inutili, ma quello che conta è che Ines sia felice. So solo che, se per caso dovessimo scoprire che Sergio ha intenzioni losche, per qualsiasi motivo, non risponderei di me... Spero davvero di sbagliarmi.”
Getto un’occhiata all’orologio, accorgendomi di essere quasi in ritardo, come al mio solito.
“Devo andare... rientrerò più tardi stasera, credo.”
“Va bene, non c’è problema... ma... come mai?”
“Ho promesso a Ines che l’avrei portata a trovare sua nonna... avevamo rimandato più volte, tra il lavoro e gli incontri con i servizi sociali... Non avevo più avuto l’occasione di accompagnarla. Qualche giorno fa mi ha pregato di andarci insieme e le ho detto di sì, per oggi, Avevo dimenticato di dirtelo.”
Anna accenna un sorriso, poi annuisce.
“Salutate nonna Rosa da parte mia.”
La lascio lavorare, andando via dopo un bacio a lei e una carezza al nostro baby Nardi.
 
Anna’s pov   
 
In serata, è arrivato l’identikit fatto dal gestore dell’area di servizio: l’uomo che gli ha chiesto di ritirare i soldi di Laganà e fornire le informazioni al padre della ragazzina altri non è che il suo allenatore di nuoto, che come se non bastasse ha una relazione con la donna aggredita.
Quando andiamo a parlare con l’uomo, però, ci accorgiamo di essere arrivati in ritardo: qualcuno lo ha ucciso.
 
Ieri sera non ho avuto modo di parlare con Marco del caso, visto che alla fine io sono rientrata più tardi di lui, che già dormiva.
Riesco a dirgli tutto solo la mattina, in ufficio: l’allenatore aveva venduto le informazioni all’ex marito della donna, mentendo tra l’altro, perché inizialmente sosteneva di non sapere neppure chi fosse il padre della ragazza. Pensiamo potrebbe essere stato lui ad aggredire la donna, ma Cecchini ci fa giustamente notare che non ci sarebbe un buon motivo per la sua uccisione, se così fosse.
Il telefono suona, e dopo la frustrazione per i pochi risultati, arriva una notizia positiva: la donna si è risvegliata.
Vado in ospedale con il maresciallo, per parlarle.
Lei rivela che, nell’edificio in cui l’abbiamo trovata, avrebbe dovuto incontrare Don Matteo, ma in realtà si era presentato anche Rudy, l’allenatore. Avevano litigato, e lei aveva accidentalmente perso l’equilibrio ed era caduta sbattendo la testa.
Lascio che sia Cecchini a dirle che Rudy è stato ucciso, quando lei chiede di lui. A peggiorare il tutto, in quel momento arriva la figlia Chiara, accompagnata dal padre. La donna, Grazia, cerca dal dissuaderla dal seguirlo, ma lei non l’ascolta, andando via con l’uomo.
Non c’è nient’altro che possiamo fare, per cui anche io e il maresciallo andiamo via poco dopo.
 
Rientrati in caserma, spiego a Marco cosa abbiamo scoperto: ci rimane da capire chi abbia ucciso Rudy, adesso.
Cecchini, nel frattempo, è scappato di corsa perché a quanto pare la sua vecchia zia suora si è sentita male ed è stata ricoverata.
Giusto per alimentare il via vai in caserma, oggi, è arrivata anche mia madre, che dopo aver salutato il suo biscottino, ha raggiunto me e Marco nel mio ufficio per vedere di persona come procede la mia gravidanza prima di tornare a casa.
Incredibilmente, il viaggio e forse la stanchezza del rientro l’han fatta calmare un po’, e meno male. Per la mia sanità mentale, intendo.
Anche Chiara ha recepito il messaggio, soprattutto dopo gli ultimi giorni.
Dopo averci raccontato a grandi linee del suo viaggio, mamma ci saluta per lasciarci lavorare.
“E mi raccomando, tesoro, non esagerare e non ti stancare troppo!” rimarca, come fa ogni volta che ci vediamo o sentiamo.
La mamma è sempre la mamma.
“Non si preoccupi, Elisa. Ci penso io, a tenerla d’occhio,” la rassicura prontamente il mio fidanzato.
Lei, che lo adora e si fida di lui più di quanto non faccia di me - siamo a questi livelli, sì - va via più tranquilla.
 
Marco’s pov
 
Nel primo pomeriggio, sono in canonica con Ines.
Ieri, quando l’ho accompagnata dalla nonna, mi ha pregato di aiutarla con un cartellone legato alla produzione di energia, per la scuola, visto che Sergio non poteva.
Ho accettato volentieri. Adoro questo scricciolo, così le sto dando una mano a incollare le foto che ha scattato ieri mentre lei mi racconta di nuovo della gita.
È ancora euforica per l’esperienza. Lo ammetto, sono un po’ geloso del rapporto che sta creando con suo padre. So che non dovrei, che è giusto che succeda, ma mi mancano i giorni in cui cercava solo me, mi correva incontro in piazza, per salutarmi, chiacchierare o giocare insieme.
So che arriverà il momento in cui potrò farlo con mio figlio, o figlia, ma è ancora lontano, e nel frattempo non mi dispiacerebbe dedicare ancora parte del mio tempo a Ines.
Lei mi ridesta toccandomi il braccio.
“Ci possiamo andare di nuovo, alla centrale, qualche volta? Tutti insieme, io, tu, Anna e pure il vostro bambino. Quando sarà più grande, così gli posso spiegare tutto io!” esclama, felice.
Le rivolgo un sorriso affettuoso, commosso dalla sua richiesta.
“Mi sembra un’idea bellissima, Ines. Sono sicuro che anche Anna la pensa così. Ci andremo, sicuro.”
Lei sembra soddisfatta della mia risposta, così continua a incollare le immagini, prima di pormi un’altra domanda alquanto curiosa.
“Tu lo sai che cos’è un tesamento?”
“Un tesamento? No, c-un testamento, vuoi dire?” le chiedo, intuendo si tratti di una delle sue storpiature.
“Sì, quello, bravo!” si complimenta lei, continuando a colorare.
Mi fa sempre ridere con queste sue risposte.
“Grazie! Ma non sei un po’ piccola per fare testamento? Perché lo vuoi sapere?” Le chiedo, incerto.
“Ho promesso a papà di non dirlo a nessuno,” mi spiega, e questa cosa mi inquieta ancora di più. “Ma se non so cosa devo dire, come faccio a mantenere il segreto?”
“Ma scusami, che cosa hai promesso di non dire esattamente?”
“Se te lo dico non è più un segreto,” mi dice giustamente Ines, al che cambio tattica.
“Ho capito, però io sono un avvocato, lo puoi dire a me, no?” cerco di convincerla.
Questa cosa del ‘segreto’ non mi piace affatto.
“E va bene!” cede, dimostrando di fidarsi di me. “Stavamo nello studio di Don Matteo, e papà ha preso un foglio con su scritto tesamento.”
 
Aspetto che termini il cartellone e torni nella sua cameretta prima di cercare di capire meglio che sta succedendo. So di averle promesso che non ne farò parola con nessuno, ma è stata una menzogna a fin di bene. Devo vederci chiaro, in questa storia.
Trovo la carpetta in cui avrebbe dovuto trovarsi quel foglio, come mi ha spiegato lei, solo per scoprire che è vuota.
Un problema in più, perché non so cosa ci fosse scritto.
Mi raggiunge Cecchini, vestito da... da prete?! Qualcosa mi dice che io in questa storia non ci voglio entrare, almeno per una volta, così gli spiego cosa ci faccio io qui.
“Devo necessariamente parlare con Anna. Sergio ha rubato il testamento della mamma di Ines, e poi ha detto a Ines di non dire assolutamente niente a nessuno.”
Anche lui concorda con me che Sergio ha in mente qualcosa di losco, per sfruttare la bimba e fregare i beni della famiglia probabilmente, e che è urgente che anche Anna lo sappia, così da agire in fretta.
Non mi importa se Sergio si caccia nei guai, non sarebbe una novità vista la sua fedina penale, ma non deve assolutamente permettersi di usare Ines, né tantomeno di renderla infelice in alcun modo, e se non l’ha capito dopo il mio famoso discorso, allora varrà la pena rinfrescargli la memoria.
 
Quando arrivo in caserma, l’ufficio è vuoto.
Mi ricordo solo ora che Anna aveva appuntamento con Chiara e Sara per acquistare con loro l’abito per domani. Non vorrei disturbarla, ma ho bisogno di parlare con lei di questa storia. So che dovrei provare a fidarmi di Sergio, ma su quel testamento potrebbe esserci scritta qualunque cosa, ed è meglio intervenire in fretta.
La chiamo, pregandola di raggiungermi in caserma appena può, perché ho scoperto qualcosa sul padre di Ines che le spiegherò meglio al suo arrivo. Lei mi dice che è questione di qualche minuto, perché aveva terminato con le ragazze e stava già per rientrare.
Quando arriva, non perdo altro tempo e le spiego tutto.
Lei cerca di mettere ordine nel caos della situazione.
“Cerchiamo di ragionare un attimo: magari c’è una spiegazione plausibile che non stiamo calcolando, e non è detto che voglia necessariamente appropriarsi dei beni della famiglia, ammesso che ne abbiano, ma in ogni caso è meglio verificare. Io direi di convocarlo qui in caserma per vedere cosa ha da dire in merito, con calma, però. E dopo agiremo di conseguenza.” precisa, rivolgendomi un’occhiata di sbieco.
Io accetto, seppur riluttante.
Alla richiesta telefonica di Anna, Sergio dice che non riuscirà a venire prima delle 18, quando stacca dal turno di lavoro, così nel frattempo ci occupiamo del caso.
Parliamo con la figlia della donna aggredita, che stando alle indagini di Zappavigna, è stata vista litigare col suo allenatore prima che questi venisse aggredito.
Conduce Anna l’interrogatorio, egregiamente come sempre. La giovane, per fortuna, sembra fidarsi di lei e inizia a parlare, quando fanno irruzione nell’ufficio il padre e il nonno, affermando che non abbiamo nulla di concreto contro la ragazzina.
Siamo costretti a rilasciarla, anche se Cecchini ha ragione sul fatto che quei due siano da tenere d’occhio.
È in questo momento che ci raggiunge Sergio.
Beh, perlomeno non ha mentito sulla questione dell’orario.
Entra col suo solito sorrisetto strafottente e la battuta pronta.
Anna, però, non perde tempo in convenevoli.
“Sappiamo del testamento,” dice soltanto. “quello della mamma di Ines. Perché l’hai preso?”
Lui spalanca appena gli occhi, il sorrisetto che lascia spazio all’espressione di chi è stato beccato. Resta in silenzio, così Anna insiste.
“Cosa vuoi fare, appropriarti dell’eredità? Ti sai occupando di Ines per questo?”
“È questo che pensate?” domanda allora lui decidendosi a rispondere, prima di mettere una mano in tasca, tirandone fuori una scatolina stretta e lunga.
“Dunque, il testamento è tornato a posto, dentro c’erano le istruzioni per trovare questo qui. Stava in una cassetta di sicurezza: è un braccialetto, vale pochi euro, però valeva moltissimo per la mamma di Ines e ci teneva tanto che lo avesse sua figlia. Lo sapevo perché Irene stessa me ne aveva parlato, ma avevo bisogno delle coordinate della cassetta per recuperarlo.” spiega. “Se volevate sapere solo questo, posso andare, o dovete arrestarmi?” chiede, in tono leggermente irritato.
Io e Anna ci scambiamo uno sguardo.
“No, puoi andare,” mormora la mia fidanzata. “Scusaci se ti abbiamo accusato ingiustamente, ma capirai che è nostro dovere controllare.”
Lui annuisce, sparendo senza aggiungere altro.
“Ma veramente gli credete?” ci domanda Cecchini esterrefatto, una volta soli.
“Non proprio,” replico io, “magari avrà anche detto la verità, ma vale la pena verificare.”
Notiamo in questo istante, dalla finestra, Sergio che consegna il braccialetto alla figlia. Lei lo abbraccia, felice, e proprio per questo spero di essermi sbagliato, su di lui. Ines non si merita di essere usata da nessuno, soprattutto non da suo padre.
 
La mattina dopo, mentre Anna si occupa di risolvere i problemi di Don Nino (sì, abbiamo scoperto il suo piano, insieme al rapimento di tre bimbi africani attuato da sua zia suora), io provvedo a verificare la versione di Sergio.
Sono passato prima dalla canonica, per leggere il testamento: sul foglio in realtà non c’è scritto molto, parla solo di un bracciale, come ha detto lui. Viste le condizioni in cui la bimba viveva con la nonna, non penso possedessero chissà cosa da poterle lasciare in eredità, però... se il bracciale non valeva nulla, perché conservarlo addirittura in una cassetta di sicurezza? È strano.
Mi reco dunque alla banca presso la quale era conservato, dove però mi comunicano che sì, un certo Sergio La Cava è stato qui, ieri, per prelevare il gioiello, ma l’accesso allo stesso gli era stato negato poiché, come richiesto da Irene, avrebbe potuto ritirarlo solo Ines una volta raggiunta la maggiore età, oppure un suo tutore legale.
Inquieto, spiego di essere di fatto il tutore della bambina, con tanto di prove, e richiedo di poter vedere il bracciale.
Loro acconsentono, così quando me lo mostrano scatto una foto, ringraziando poi l’impiegato e tornando in caserma, dove chiedo a Zappavigna di indagare sull’oggetto.
Lui ottiene informazioni già nel primo pomeriggio: a quanto pare, il braccialetto vale qualche migliaio di euro, e questo spiega perché sia custodito in banca. Inoltre, sorprendentemente, il prezioso fa parte di una refurtiva di gioielli per i quali era stata sporta denuncia circa sette anni fa.
Tombola.
Spiego tutto ad Anna, che ci è rimasta male perché sperava davvero nella redenzione di Sergio, e decidiamo di andare da lui per farlo parlare.
Giunti al suo camper, Anna mi impone di mantenere la calma, e se lei non fosse incinta, avrei tranquillamente disobbedito. Ma ci manca solo che Sergio reagisca e scoppi una mezza rissa e lei ci vada di mezzo.
Accetto, così lei bussa.
Sergio esce dopo qualche istante, senza mostrarsi sorpreso per la nostra visita.
“In realtà pensavo non ci fossi,” osserva la mia fidanzata. “dovresti essere al lavoro, a quest’ora.”
“Non mi sembra io debba rendere conto a te di cosa faccio,” replica però lui, arrogantemente.
Ah, il santo ha perso l’aureola, a quanto pare.
“Ti ricordo che stai parlando a due rappresentanti della legge, e anche se Anna non porta la divisa, siamo entrambi in servizio. Non ti conviene peggiorare la tua posizione,” lo avverto.
Sergio mi guarda male, prima di chiederci perché siamo lì.
“Vista l’accoglienza che ci hai riservato, immagino tu lo sappia già,” rispondo, stupendolo. “Penso tu abbia la memoria corta, e faccio questo mestiere da troppi anni per farmi fregare da uno come te, quindi se vuoi te la rinfresco io,” continuo, quando vedo che lui non accenna a parlare.
Gli spiego tutto quello che abbiamo scoperto, del fatto che fosse stato lui l’esecutore materiale del furto dei gioielli, e che Irene lo sapeva ma aveva tenuto da parte il bracciale per avere qualcosa da passare a sua figlia, perché era l’unico oggetto di valore che poteva lasciarle. Lui lo sapeva, e per questo aveva cercato il testamento, sperava di poterci ricavare dei soldi per lasciare Spoleto.
Quando gli chiedo conferma, lui si ostina a restare nel suo mutismo.
“Sergio, non risolverai niente se non ci dici come stanno le cose,” pressa Anna, tesa.
Lui sembra sbloccarsi di colpo. “Avete ragione. È andata esattamente così,” confessa allora, freddamente.
“Perché? Perché hai tentato di fare una cosa così?” gli chiede la mia fidanzata, delusa dal suo comportamento. So che ci aveva sperato, forse più di tutti.
“Io ti avevo sempre detto che ti sbagliavi, a vedere qualcosa di buono in me.” replica Sergio. “Solo che a forza di ripetermelo, ho iniziato a crederci anch’io. Ho rivisto Irene, in te, nelle tue parole... Ti somigliava molto, e per questo all’inizio mi sono avvicinato, e mi sono innamorato di te, mi ricordavi lei,” afferma poi. Alle sue parole, il ribrezzo nei suoi confronti aumenta: anche Anna, per lui, sarebbe stata solo un diversivo, un rimpiazzo... Sono pronto a dirgliene quattro, ma lui continua, cambiando argomento. “Ed era come dicevo io, Ines non si merita un padre come me. Non sarò mai all’altezza del mio compito, nonostante il test del DNA dica che sono suo padre, non lo sarò mai veramente. Il mio passato mi perseguiterà sempre, Ines mi odierà quando sarà abbastanza grande da capire, e si vergognerà di me. Per questo ho cercato il bracciale. Ho quel lavoro, ma comunque non ho i soldi per andarmene da qui, e speravo di venderlo per avere qualcosa in più.”
Nonostante ce lo aspettassimo, né io né Anna ci capacitiamo di ciò che abbiamo appena sentito. Sergio era... è pronto a sparire di nuovo dalla vita di sua figlia, ad abbandonarla un’altra volta...
Senza rendermene conto, inizio a insultarlo, chiedendogli che razza di uomo sia, come possa anche solo pensare di fare del male a Ines, ora che lei si fida di lui, che finalmente lo ha ritrovato.
Lui mi dice solo che per quanto la ami, è meglio per lei che gli stia lontano.
Faccio un passo verso di lui, quando Anna mi richiama, pregandomi di calmarmi.
“Beh, quello che volevi lo hai ottenuto,” affermo soltanto, col respiro affannato per la tensione. “Per tua sfortuna, il tuo piano è andato male e non hai ricavato un soldo, ma se volevi allontanare Ines dalla tua vita, ce l’hai fatta. I servizi sociali saranno immediatamente informati di questa storia, e molto probabilmente non ti lasceranno più nemmeno vederla. Congratulazioni, davvero,” mi complimento sarcasticamente, mentre lui impallidisce.
Non c’è altro da dire né da fare, così io e Anna andiamo via, profondamente delusi, lasciando Sergio da solo, a riflettere su quanto abbia perso.
 
Anna’s pov
 
Non riesco davvero a capacitarmi del comportamento di Sergio.
Di ciò che era pronto a fare, del risvolto degli eventi.
Che volesse usare anche me, non è importante, a questo punto, perché non ci sarebbe riuscito comunque, ma Ines non si meritava questo nuovo dolore, e sarà difficile adesso spiegarle perché non potrà più vedere suo padre.
Marco ha già contattato i servizi sociali e, come previsto, hanno già disposto il divieto per lui di vederla. Adesso resta da capire se la bambina potrà comunque restare da Don Matteo, sotto la tutela di Marco o altro. Sapremo a breve cosa decideranno.
 
Siamo rientrati in caserma da qualche ora, ed è primo pomeriggio. Abbiamo scoperto che l’allenatore aveva deciso di dopare la figlia della compagna per migliorare le sue prestazioni in vista delle Olimpiadi, ma non solo lei, anche la sua amica.
Quando siamo andati in piscina a parlare con quest’ultima, abbiamo trovato Don Matteo con lei.
È stata lei a uccidere l’allenatore, per difendersi dalla sua aggressione. La ragazzina infatti aveva scoperto che l’uomo dopava sia lei che Chiara, quando era andata da lui per cedere il suo posto alle Olimpiadi all’amica. Aveva minacciato di denunciarlo e lui aveva tentato di metterla a tacere. Lei si era solo difesa, colpendolo con un oggetto, ma si era spaventata e non aveva avuto il coraggio di confessare l’accaduto, preferendo mentire sul doping per permettere a Chiara di gareggiare.
La dinamica dei fatti è semplice, si tratta di legittima difesa, è Marco è d’accordo nel credere che il giudice la penserà come noi.
Il caso è stato finalmente risolto e non avrebbe potuto concludersi in modo migliore.
Anche se vorrei tanto fosse già domenica, visto che domani c’è ancora il ballo.
 
Sabato mattina è passato abbastanza tranquillamente, anche se Marco ha dovuto fare i conti con una Ines molto imbronciata, perché il papà l’aveva chiamata per dirle che non sarebbe potuto andarla a trovare per un po’. Non potendole dire la verità, ha provato a spiegarle che il padre è dovuto andar via da Spoleto per lavoro, ma che tornerà, in attesa di notizie da parte degli assistenti sociali.
La bimba si è tranquillizzata solo dopo aver preso un gelato col suo tatuatore nel pomeriggio.
Quando Marco rientra a casa, io mi sto già preparando per la festa, con Sara che si è offerta di aiutarmi per trucco e acconciatura, visto che mia sorella non poteva, così da recarci poi tutti e tre insieme al comune.
Assomigli veramente a una principessa con questo vestito, sai?
Una volte uscite dalla stanza, il mio fidanzato non esita a complimentarsi per la nostra bellezza.
Nemmeno lui scherza, guarda quanto sta bene con quel papillon! Certo, farebbe un effetto migliore se non sbavasse ogni volta che ti vede così elegante... ma lo perdoniamo volentieri!
Sara fa una risata.
“Fossi in te, starei attento a espormi così tanto con dei complimenti per un’altra donna. Qualcuno potrebbe ingelosirsi,” scherza, riferendosi a me, che le reggo il gioco, divertita.
“Esatto, quindi vedi di non provarci, questo panda è solo mio,” la ammonisco in tono fintamente geloso, prima di scoppiare a ridere, coinvolgendo anche loro.
Una volta accertato che fossimo entrambe pronte, ci avviamo.
 
Giunti al salone in cui si sta tenendo la festa, incontriamo il resto dei carabinieri con le rispettive fidanzate, tutti intenti a ridere del look di Cecchini: mia madre lo ha costretto a vestirsi da pinguino, visto che per il galà era riuscito a svignarsela, come una sorta di punizione.
Tua madre certe cose se le lega proprio al dito, non c’è che dire.
Dopo un breve saluto, io e Marco ci siamo prestati ai convenevoli del caso: ci tocca, in quanto PM e Capitano. A un certo punto, a noi è tornata ad aggiungersi Sara, riemersa dalla folla in cui l’avevamo persa di vista una volta entrati, e che ha colto l’occasione per presentarmi a un giudice che aveva più volte chiesto a lei e Marco di complimentarsi con me per il modo eccellente di condurre le indagini.
Ho accettato volentieri i suoi complimenti, dopo le presentazioni. È un uomo simpatico, anche se avrei evitato le miriadi di domande sulla mia gravidanza, ma per fortuna è stato l’unico a impicciarsi.
Nonostante infatti il mio vestito mostri ormai chiaramente il mio stato, pochissimi altri hanno fatto domande, con mio enorme piacere, anzi si sono limitati a fare gli auguri a me e il mio fidanzato, cosa che abbiamo apprezzato di buon grado.
Per tutta la serata, ho avuto accanto il mio Marco in versione perfetto principe azzurro, attento e premuroso come sempre.
Contrariamente alle mie aspettative, devo dire che mi sono divertita.
Sta per concludersi tutto quando Marco decide che non vuole perdere l’occasione di mostrare i suoi miglioramenti come ballerino, in vista del matrimonio, soprattutto a mia madre.
Lei infatti, pur adorandolo, gli ha fatto notare più volte che ‘a ballare sembra un cavallo, per citare Dalla che la sapeva lunga’, e al mio fidanzato questo rimprovero non è andato particolarmente giù.
Accetto il suo invito a ballare, giusto per accontentarlo, perché non è esattamente una cosa che mi piace molto fare - non in pubblico, in ogni caso.
Ehi, ma è migliorato davvero, il ragazzo! Caspita, che disinvoltura!
Eccome, vocina... sono sorpresa anch’io.
Una volta finito il ballo e raggiunti mia madre e Cecchini, scopro che il mio fidanzato è migliorato perché, per citare lui, “mia suocera mi ha dato qualche lezione, di tanto in tanto”.
Io sono ancora ferma al fatto che vadano così tanto d’accordo, e ‘sti due addirittura tramano alle tue spalle e ti nascondono ‘ste cose. Wow, sono impressionata.
 
È mezzanotte, quando rientriamo a casa.
Che puntualità, nemmeno fosse Cenerentola, con l’incantesimo che finisce.
Ridacchio quando, non appena chiudiamo la porta, Marco non perde un secondo per sfilarsi giacca e papillon, rilasciando un sospiro di sollievo.
So che non lo ammetterà mai, ma anche lui detesta questo tipo di eventi formali.
Una volta in camera da letto, faccio per aprire l’armadio, quando mi soffermo ad osservare la mia immagine riflessa allo specchio.
Il vestito rosa che mia sorella ha scelto per me è davvero bello... mi sono veramente sentita una principessa, anche grazie al miglior cavaliere che potessi desiderare al mio fianco.
Un calcetto mi ricorda che il merito è anche suo, e non potrei essere più d’accordo.
Mi sfioro la pancia, sovrappensiero, lì dove ho sentito scalciare il mio bimbo, quando Marco mi si avvicina, chiedendomi se va tutto bene.
“Sì, sì... qualcuno ha pensato bene di farsi sentire... ecco,” lo informo con un sorriso, prendendogli la mano e posandola sul punto in cui il piccolo continua a dare calcetti.
Marco, come ogni volta, è entusiasta. Passerebbe ore a bearsi dei movimenti del nostro bambino.
“Sai, pensavo che, quello di stasera, è stato probabilmente l’ultimo evento a cui prenderemo parte prima della nascita di nostro figlio,” commento dopo qualche istante. “Anche se dico sempre di sentirmi più Zorro che Cenerentola, quando siamo rientrati, poco fa, è stato come se l’incantesimo si fosse sciolto anche per me.” Alla sua occhiata curiosa, elaboro meglio il mio pensiero.
“Quello che ho addosso è l’ultimo abito elegante che indosserò da nubile,” preciso, con un sorriso felice. “Perché il prossimo sarà il mio vestito da sposa... Quando arriverà quel giorno, sarà già cambiato tutto, e io non vedo l’ora.”
 
Ciao!
Questo ottavo episodio è stato un po’ complicato da modificare, potete benissimo immaginare perché.
Comunque sia, abbiamo visto un salto temporale (non potevamo certo ricoprire tutti i mesi, gli episodi a disposizione sono dieci!) - a proposito, vi è piaciuto l’inizio? - in cui la nostra super Vocina ci ha raccontato quello che è successo nel frattempo.
Siamo a metà agosto, più o meno, come avrete intuito, e va tutto, finalmente, bene.
Anna sembra essersi tranquillizzata, grazie all’aiuto di sua sorella e Sara, e del suo Marco, ovvio.
Sergio... beh, quella storia del braccialetto a noi non è mai andata giù (siamo dell’idea che la sua vera risoluzione faccia parte delle scene tagliate, perché messa in quel modo ha davvero poco senso), e stavolta è proprio caduto in basso.
Quindi... bye bye Coso? Vedremo.
Vi è piaciuto? Diteci un po’! Io e Martina siamo sempre curiose di conoscere i vostri commenti in merito.
Ci vediamo giovedì prossimo per il penultimo appuntamento!
 
Mari
   
 
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