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Autore: Dream89    16/05/2020    1 recensioni
Non è sempre facile essere dei ventenni, non si sa quello che potrebbe riservare il futuro e ci si sente sballottato dagli eventi. La vita è imprevedibile, certo, e niente è sotto controllo; ma fintanto che si è con le persone giuste, ce la si può fare.
Fanfiction au senza pretese, in cui i grandi eroi e le gentil dame sono stati trasformati in giovani studenti universitari alle prese con problematiche comuni, amicizie, amori e dissapori.
Coppie:Faramir/Eowyn; Arwen/Aragorn; più accenni di altre varie ed eventuali coppie.
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aragorn, Eowyn, Faramir, Legolas
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Buon giorno a tutti e buon weekend!
Eccomi di nuovo ad aggiornare, ci stiamo avvicinando inesorabilmente verso il finale.
Spero che questo nuovo capitolo vi piaccia. 
Niente, che dire? BUONA LETTURA!!

Un bacio!


Verso metà agosto, il caldo si era accentuato; la città si era spopolata da tutti i suoi abitanti, i quali cercavano un po’ di relax al mare o in montagna. La compagnia non era da meno. Era finalmente giunto anche per gli otto amici il momento di concedersi una meritata vacanza; in quattro e quattr’otto avevano fatto i bagagli, prenotato un appartamento e preso il primo treno; direzione: mare. Più precisamente erano diretti verso la Baia di Belfalas. 

Il pomeriggio del primo giorno lo avevano dedicato a sistemarsi nell’alloggio e a fare la spesa.

L’appartamento che avevano trovato era davvero carino: situato al secondo piano di una vecchia palazzina, era provvisto di balcone, tre camere più un divano-letto, una moderna cucina con tutto il necessario e due bagni.

Ci fu una piccola disputa per chi dovesse dormire sul divano e alla fine si tirò a sorte, mettendo dei bigliettini con tutti i nomi in un sacchetto. Venne pescato il nome di Eowyn, la quale sbuffò con disappunto.

Al supermercato l’intero gruppo creò il caos tra gli scaffali.

Si erano accordati di prendere solo le cose essenziali, in maniera tale da non sprecare i soldi; tuttavia ognuno aveva la sua personale idea di essenzialità.

E fu così che Aragorn, avvicinandosi al carrello con in mano del latte, lo trovò ricolmo di superalcolici, vino, birra, patatine e merendine assortite. Legolas, nel mentre, stava razziando il reparto della frutta e della verdura e riponeva nel carrello ogni genere di ortaggio.

Arwen si avvicinò al suo ragazzo.

“Ma tu credi che ci serviranno cinque bottiglie di rum?” Chiese, divertita e incredula della mancanza di misura degli amici.

Aragorn scosse la testa, sospirando.

“Rimettiamo a posto qualcosa! E Legolas, per l’amor del cielo, basta pomodori, ce ne sono già due sacchetti.”

Il biondo ripose sullo scaffale la confezione di ciliegini con aria mogia.

Mentre uscivano dal negozio, i ragazzi si lamentarono a gran voce per le rinunce che avevano dovuto fare.

“Vi dico che un terzo barattolo di Nutella era essenziale.” Affermò Boromir, supportato dal fratello che annuiva.

“E la birra? La mia dolce, preziosa birra?” Aggiunse Gimli avvilito.

“Ma se abbiamo preso due dozzine di bottiglie!” Ribatté Legolas, che ce l’aveva ancora con tutti perché, secondo lui, non avevano comprato abbastanza frutta fresca.

“Ragazzi!- esclamò Eowyn, sgranando gli occhi in un lampo di improvvisa realizzazione- non abbiamo preso la carta igienica!”

 

 

Il secondo giorno furono tutti concordi di andare alla spiaggia.

La zona che avevano scelto era splendida: una piccola baia protetta da due alti promontori; sopra uno di essi, uomini di altri tempi avevano costruito un castello dalle bianche mura, il quale si ergeva ancora austero, testimone di epoche passate. 

Il mare era limpido e pulito, l’ideale per fare immersioni e vedere le meraviglie del fondale.

Gli occhi di Legolas  si illuminarono non appena vide la distesa di acqua salata; abbandonò subito zaino e vestiti sulla riva e andò a tuffarsi.

Riemergendo con la testa dall’acqua lanciò uno sguardo verso la riva, verso i suoi amici. Pensò che teneva terribilmente a loro, e forse non lo dimostrava abbastanza. Non era mai stato facile per lui affezionarsi e riuscire a fidarsi di qualcuno completamente. La sua riservatezza era anche stata accentuata dall’educazione rigida che suo padre gli aveva impartito, e negli anni aveva eretto un muro attorno a sé; ‘era un ragazzo strano’ dicevano tutti; bello, ma strano.

Il primo che aveva abbattuto le sue barriere era stato Aragorn. Per un po’ erano stati solo loro due; poi, unendosi alla squadra di basket, avevano conosciuto Boromir, Eomer e Gimli.

Da lontano vide Eowyn che spintonava il fratello, Aragorn stava affettuosamente spalmando la crema solare sulle spalle della fidanzata, Gimli e Boromir erano invece intenti a fare pari o dispari per decidere chi sarebbe dovuto stare sotto l’ombrellone, visto che entrambi si scottavano con una facilità incredibile; Faramir era già disteso sul suo telo e, ignorando quello che gli succedeva intorno, si era immerso nella lettura di un romanzo.

Legolas sorrise con affetto nel vedere quelle scene.

Prese un bel respiro e si immerse di nuovo. Nuotò più in profondità che potè, fino a che non sentì più alcun suono e i raggi del sole si affievolirono. Amava il mare e rimpiangeva il fatto di non poterci andare più spesso. La calma che c’era sotto l’acqua non l’aveva mai trovata da nessun’altra parte, era come se tutti i pensieri scomparissero e in lui restasse solo un profondo senso di pace e connessione con la natura.

Rimase sott’acqua fino a che i polmoni non cominciarono a bruciare, allorché nuotò verso la superficie e si lasciò semplicemente galleggiare a pancia in su.

Quando le dita delle mani cominciarono a raggrinzirsi, si decise ad uscire dall’acqua.

Mentre si avvicinava al gruppo, notò che era stato Boromir ad accaparrasi tutta l’ombra dell’ombrellone.

Si sedette sul suo telo, accanto a Gimli che si stava rosolando sotto il sole cocente.

“Hai messo la crema?” Chiese mentre tirava fuori dal suo zaino il flacone della crema solare e iniziava a spalmarsela addosso.

“I veri uomini non si mettono la crema.” Borbottò l’altro.

Il biondo sollevò un sopracciglio e scosse la testa.

“Certo, ovvio. I veri uomini preferiscono prendersi un' ustione di secondo grado e farsi nascere dei melanomi sulla pelle.” Fece ironicamente.

L’amico mugugno qualcosa che era sospettosamente simile a  un ‘gni-gni-gni’,  così ben riuscito che nemmeno Frodo e i suo amichetti avrebbero potuto fare di meglio.

Legolas, guardandosi intorno, notò che Eowyn osservava di sottecchi Faramir.

Era dalla serata in discoteca che i due si comportavano in maniera strana; sembravano evitare le occasioni in cui erano soli, ma insistevano a lanciarsi occhiate furtive quando credevano che l’altro non lo notasse.

Lui era solito farsi i fatti suoi, ma quei due avevano bisogno di darsi una bella svegliata.

“Legolas, vieni a giocare a briscola.” Lo chiamò Aragorn, mentre mescolava un mazzo di carte che poi distribuì a lui, Boromir e Faramir.

Cominciarono a giocare: Legolas e Aragorn contro i due fratelli.

“Bro, non farmi perdere- stava dicendo il maggiore.- Se hai un carico, mettilo.”

All’ultima mano, Legolas fece un cenno impercettibile al suo alleato: aveva tre briscole in mano, la vittoria era palesemente loro.

“Avete barato!” Protestò Boromir, dopo che ebbero contato i punti.

“No. Si chiama bravura questa.” Lo canzonò con un sorriso Aragorn.

“Ragazzi,- intervenne Eowyn- secondo voi chi ci abitava in quel castello lassù?” E indicò la fortezza in cima al promontorio.

“L’avranno usato dei soldati. La sua posizione è strategica: da là in alto si sarebbe potuto vedere presto se fossero giunti dei predoni dal mare.” Rispose Faramir, sfoggiando le sue conoscenze storiche.

“In realtà esiste una bella leggenda su quel castello.” Affermò Legolas distrattamente.

Un coro di ‘qual è’ e ‘raccontacela’ si levò dal gruppo; così il ragazzo iniziò a parlare.

“Si narra che in quel castello avvenne una battaglia epica: un tempo esso era provvisto di mura, bianche e lucenti, intorno alle quali fu schierato uno dei più grandi eserciti mai visti. Le guardie del castello stavano quasi per soccombere, infatti gli assalitori, provvisti di enormi macchine da guerra, erano dotati di una forza e di una malignità inimmaginabili; tuttavia un aiuto insperato giunse da nord: un esercito di prodi cavalieri. Ciò permise ai castellani di rinnovare la speranza. Ma la battaglia era lungi dall’essere vinta. La sconfitta sembrava essere vicina per una seconda volta quando, dal mare, furono avvistate delle navi, le quali recavano il vessillo dell’esercito nemico.” 

Il ragazzo fece una pausa ad effetto, il gruppo restò col fiato sospeso.

“I signori del castello e i cavalieri si disperarono, avevano infatti già subito pesanti perdite.

Tuttavia dalle navi non sbarcarono nemici; ma un uomo solo che, sguainando la sua lunga spada, fece comparire un esercito di non-morti che distrusse quello degli invasori. Egli era l’ultimo erede di un’antica casata, il quale aveva a lungo negato le sue origini; solo a lui rispondevano le armate degli spettri. La rocca fu così salvata. E il prode capitano dell’esercito di fantasmi divenne il re della regione. Fine.”

“Te la sei inventata, vero?” Domandò Gimli.

“Assolutamente no, l’ho letta su un sito magico chiamato Wikipedia.”

“Sapete, io ci vedrei bene in un racconto simile.- Affermò Eomer- Nobili cavalieri e gentil dame che compiono imprese eroiche e salvano il mondo.”

Si persero così ad immaginare chi sarebbero stati in un’altra epoca e che cosa avrebbero fatto.

Ad un certo punto, dopo aver visto l’ora, Aragorn suggerì che era arrivato il momento di tornare al loro appartamento, darsi una ripulita e andare a cena.

“Io faccio la doccia per primo!” Si prenotò Gimli mentre si avviavano verso la casa.

“Assolutamente no! Tu lasci sempre il bagno in condizioni disastrose. Vado io.” Si oppose fermamente Legolas, che dopo tre anni di convivenza con l’amico aveva imparato molte cose sul suo conto.

“Scusate, ma perché non fate i galanti e lasciate andare me ed Eowyn per prime?” Suggerì Arwen, cercando di usare un tono convincente e ragionevole.

“Ma come? Non fate che parlare di femminismo e parità dei sessi e ora volete che vi si ceda il posto per galanteria?” Saltò su Boromir, Eomer al suo fianco annuiva in maniera risoluta.

“Ma il primo turno per bagno è una cosa che va al di là di tutto!” Si intromise Eowyn.

“Ragazzi, basta! Io sono il più grande, andrò io.” Affermò allora Aragorn, suscitando altre proteste da parte degli amici.

Nel mentre che discutevano, erano arrivati nel loro alloggio. Faramir, ignorando tutti loro, che ancora non avevano deciso i turni, molto silenziosamente prese il necessario per la doccia e si chiuse dentro il bagno.

Non appena l’intero gruppo sentì il rumore della serratura della porta che si chiudeva, si zittì.

“Faramir, maledetto!” Al ruggito di Boromir, seguirono altri urli di disappunto da parte dell’intero gruppo. Il ragazzo, già intento a lavarsi, sorrise sotto i baffi.

 

La mattina dopo la casa restò silenziosa ed immersa nel buio fino a tardi; la sera prima i ragazzi erano stati a ballare ed essendo tornati ad un orario indecente, non si svegliarono prima di mezzogiorno.

Eowyn si alzò e, ancora piena di sonno, si diresse in bagno, che trovò fortunatamente vuoto.

Mentre si lavava i denti si guardò allo specchio, il suo volto riportava i segni della serata precedente con occhiaie e residui di trucco sbavato.

Quando ebbe finito, aprì la porta del bagno e quasi si scontrò con Faramir.

“Ehi, scusa.” Esclamò, sussultando. 

I due si fissarono per un solo attimo imbarazzati, poi lei chinò il capo oltrepassandolo, e si diresse svelta verso la cucina.

Il ritmo del suo cuore un po’ accelerato. 

Il mattino dopo la serata in discoteca, avvenuta settimane prima, aveva pensato di chiamarlo, per parlare. Tuttavia si era detta che quello non era il momento giusto, poiché doveva assolutamente andare al maneggio, poi doveva pranzare, fare da babysitter a Frodo e Sam e fare anche la spesa.

Così rimandò e rimandò ancora; ‘come se ti fosse impossibile parlare mentre scegli che tipo di biscotti comprare’ aveva osservato acida una vocina dentro la mente della ragazza.

Accumulando una scusa sopra all’altra, il giorno passò, e poi ne passò un altro e un altro ancora.

Nel frattempo il ragazzo l’aveva cercata un paio di volte, ma lei aveva ignorato le chiamate, fissando, con un nodo allo stomaco, lo schermo illuminato del telefono come se quello potesse esplodere da un momento all’altro.

Si era comportata da vigliacca, evitando il confronto diretto, lo sapeva e si biasimava per questo. Ma il timore di scoprire quello che lui aveva da dire era più forte di ogni altra cosa.

Non voleva sapere, non era pronta; meglio lasciare le cose come stavano, in un limbo di detto e non detto.

Aprì il frigo e prese un succo di frutta. Pensò che forse avrebbe dovuto chiedere aiuto ad Arwen sulla sua situazione, l’amica probabilmente le avrebbe dato un buon consiglio.

 

Aragorn e Arwen stavano preparando il pranzo per tutti, Eowyn nel mentre apparecchiava la tavola. Gimli si stava premurando di distribuire agli amici birre belle fresche, il ragazzo era fermamente convinto che in vacanza non si dovesse essere mai troppo sobri.

Eomer, Boromir e Faramir erano stravaccati e guardavano pigramente una partita di calcio in tv, commentando talvolta le azioni dei giocatori. Legolas era sul terrazzo e parlava al telefono con suo padre.

“E’ pronto!” Dichiarò Aragorn ad alta voce, la sua ragazza si avvicinò al tavolo con un gran pentolone ricolmo di pasta al sugo e cominciò a riempire i piatti.

Tutti si precipitarono a tavola senza farselo ripetere due volte.

“Vi siete lavati le mani?” Chiese Arwen, riponendo pentola e pattine.

“Ma chi sei, Biancaneve?”*
“Boromir, sono semplici norme di igiene, capito? I-ge-ne.” Rispose lei, scandendo bene le parole, come per far capire un concetto estremamente semplice ad un alunno un po’ ottuso.

“Ma Legolas dov’è?” Fece Eomer, guardandosi intorno; il biondo che subito mancava all’appello, apparve proprio in quel momento, infilandosi una maglietta arancione.

Gimli lo fissò, scrutandolo attentamente. 

“Che c’è? Ho la faccia sporca?” Chiese il ragazzo messo lievemente in soggezione.

“Perché indossi quella maglia?” 

“Cos’ha che non va?”

“Beh, è arancione! E tu non sei arancione, tu sei verde.”

Legolas lo fissava con gli occhi spalancati, temendo seriamente per la salute mentale dell’amico.

“Ma sei ubriaco?”

Tuttavia anche Aragorn si era messo a fissarlo, socchiudendo gli occhi.

“Amico, effettivamente lui non ha tutti i torti. Tu sei proprio verde; è il primo colore che mi viene in mente se penso a te.”

“Quindi, secondo questa logica, tu saresti…oro?”

“Sì, esattamente così. -Gimli annuì entusiasta -Anche se a me viene in mente il rosso per Aragorn.”

Gli altri stavano seguendo la conversazione mentre mangiavano, divertiti da questo nuovo gioco.

“Ragazzi, qual è il mio colore?” Domandò Boromir.

“Nero.” Risposero Arwen e Legolas.

“No, lui è color rame” Affermò Faramir.

“Per me è blu.” Si intromise Aragorn.

“Ma cosa dici? Faramir è blu.” Ribatté convinto Eomer.

“Ma secondo voi Arwen che colore è? Perché io non saprei..” Domandò Eowyn, fissando l’amica.
“Io direi bianc…no, lilla.” Rispose il fratello, mentre prendeva un sorso di birra.

“No, lei è palesemente argento.” Esclamò Aragorn, voltandosi verso la ragazza e carezzandole una guancia.

Il gioco continuò così per un po’, con ognuno che assegnava i colori all’altro e contraddicendosi a vicenda, tra risate ed esclamazioni.

 

Le ragazze passarono poi un altro pomeriggio in riva al mare, sperando di abbronzarsi in maniera decente, mentre i ragazzi vollero andare a fare un’escursione per le colline vicino alla spiaggia.

 

Quella stessa sera gli otto amici, ancora una volta tutti in tiro, si dirigevano allegri e spensierati verso uno dei locali che erano stati consigliati loro da un abitante del posto; a quanto pareva quella era la discoteca più rinomata della città.

La struttura era composta da tre piani, dove in ognuno risuonava un genere di musica diverso, e una terrazza in cima; era un ambiente abbastanza elegante.

Qualche ora e svariati drink più tardi erano tutti nuovamente un po’ brilli e si muovevano nella folla a ritmo della musica, nella semioscurità del locale.

Ad un certo punto Boromir avvertì gli altri che sarebbe uscito un minuto a fumare ed Eowyn, accaldata e stanca, lo seguì per prendere una boccata d’aria.

Fecero promettere agli amici che li avrebbero aspettati prima di prendere ancora da bere e si diressero verso l’uscita del locale. 

All’esterno, davanti all’ingresso, si era assembrata una piccola folla di fumatori; così i due si allontanarono di qualche metro, camminando fino all’angolo dell’edificio, dove c’era l’ingresso di un vicolo buio.

Il ragazzo offrì all’amica una sigaretta ma lei rifiutò.

“Quindi, che mi racconti? Com’è andata la gita oggi?” Si informò la ragazza.
“E’ stato bello, a me piace molto fare passeggiate. Tuttavia avrei fatto a meno di fermarmi ogni quattro passi per colpa di Legolas e Gimli. Quei due hanno fatto a gara a chi sapesse più cose sulla natura; il primo battezzava ogni pianta che incontravamo, e il secondo non faceva che bloccarsi per raccogliere sassi e dirci il nome dei minerali che li componevano. Giuro che non ho mai sentito tanti nomi così strani in tutta la mia vita. ”

Eowyn rise, quei ragazzi erano incredibili, si volevano un gran bene ma sembravano costantemente in competizione.

“E Faramir?” Chiese, sperando di aver mantenuto un tono leggero e casuale.

“Cosa vuoi sapere?”

“Come sta…Se si sta divertendo.” 

“Lui ora è felice, solo…solo che potrebbe esserlo di più.”

La bionda si scostò i capelli dal viso e gli rivolse un’occhiata interrogativa; a quel punto il ragazzo si decise a parlare con franchezza.

“Ascolta, mio fratello non è sempre sicuro e calmo come vuole far credere. Ma io ho imparato a notare i suoi stati d’animo. Da quando siamo stati a ballare qualche settimana fa, lo vedo diverso. Inizialmente sembrava contento e ottimista ma poi, pian piano, ha smesso di esserlo. L’ho spinto a confidarsi con me, cioè in realtà, più che altro l’ho obbligato ma ehi, era per il suo bene! Comunque alla fine mi ha raccontato quello che era successo, ha anche aggiunto che aveva l’impressione che lo stessi evitando.”

Eowyn sospirò, lo sguardo perso nel vuoto, si morse un labbro nervosamente.

“Io…volevo chiamarlo; sapevo che la cosa più giusta da fare era parlare ma…non lo so…Ho paura che se io affrontassi il discorso, lui mi rifiuterebbe. E se quello che è successo non volesse dire niente e mi fossi fatta un film mentale e…”

“Amica mia, ti capisco, sul serio. Comprendo la tua confusione e la tua insicurezza. Non fare quella faccia, non sono un idiota insensibile come tutti credono.”

Fece un tiro di sigaretta e riprese il discorso.

“Tuttavia, se posso darti un parere, ti assicuro che sono preoccupazioni del tutto vane. Ho notato gli sguardi che ti lancia. Mio fratello ora ha paura di essere stato lui ad aver frainteso le tue azioni. Fagli capire che, in realtà, non è così. Sai, Faramir è la persona a cui voglio più bene a questo mondo, e non sopporterei che qualcuno potesse ferirlo, ma sento di star facendo la cosa giusta spronandovi a parlare. Insomma la vita è una sola, e dobbiamo decidere cosa fare col tempo che ci viene concesso.**”

La ragazza stava per rispondere quando sentirono dei rumori provenire dal vicolo alle loro spalle, e improvvisamente delle mani la afferrarono per le spalle.

 

Nel frattempo, all’interno della discoteca i ragazzi avevano continuato a divertirsi, mentre aspettavano gli amici per fare un terzo giro di drink.

“Ma dove sono finiti mio fratello ed Eowyn?” Chiese all’improvviso Faramir.

“Erano usciti un attimo. Però è stato almeno mezz’ora fa. Ora provo a chiamarli.” Rispose Aragorn; provò a telefonare ad entrambi gli amici, ma nessuno dei due rispose, sul suo viso si fece strada un’espressione preoccupata.

“Dovremmo andare a cercarli?” Suggerì Arwen, anche lei era in apprensione.

“Secondo me sì, ho come un brutto presentimento.” Intervenne Legolas.

I ragazzi nel corso degli anni avevano imparato a fidarsi delle sensazioni del biondo, che si erano rivelate più volte premonitrici.

Eomer guardò l’amico, inquieto.

“Spero con tutto il cuore che stavolta ti stia sbagliando.”

Il gruppo si divise: Aragorn, Legolas e Gimli perlustrarono i primi due piani del locale, mentre Arwen, Eomer e Faramir si occupavano del terzo e della terrazza.

Eomer camminava svelto, spingendo le persone per farsi spazio tra la calca, il suo sguardo perlustrava ogni angolo, ogni anfratto, cercando, fra la marea di gente, una testa bionda. Chiamava la sorella urlando il suo nome, anche se era inutile, a causa della musica alta. Il suo cuore martellava nel petto, e aveva il respiro corto, se le fosse accaduto qualcosa… Si sforzò di mantenere la calma.

Dieci minuti dopo si riunirono al piano terra.

“Niente?” Domandò Aragorn con ansia crescente. Gli altri cossero la testa; continuavano a guardarsi attorno, sperando di vederli ricompare tra la folla, sorridenti, che si giustificavano dichiarando di averci messo tanto a tornare poiché avevano ordinato da bere.

“Ancora non rispondono al telefono.” Esclamò Faramir, che aveva provato a richiamarli, con una punta di panico nella voce.

Aragorn imprecò.

“Usciamo! Andiamo a controllare fuori!”

Uscirono in fretta dal locale e si guardarono attorno freneticamente, li chiamarono a gran voce, ma niente da fare.

“Ragazzi!” Arwen urlò ad un certo punto per richiamare l’attenzione degli amici. La ragazza si trovava di fronte all’entrata del vicolo adiacente alla discoteca, era deserto e immerso nell’oscurità, ma ella aveva notato il profilo di due corpi per terra. Gli altri la raggiunsero velocemente, e si fermarono accanto a lei, col fiato sospeso.

“Secondo voi sono…” 

Aragorn non le lasciò finire la frase e si precipitò verso le due sagome, seguito a ruota dagli altri.

“NO!” L’urlo di Eomer spezzò l’aria.

 

 

 

 

 

* Avete presente quella scena in cui Biancaneve spedisce i nani a lavarsi? Lo spunto viene da lì.

**Frase da La compagnia dell’anello.

 

Una breve nota per spiegare la scena dei colori, affinché non mi si prenda per pazza.

L’assegnare ad una persona un colore era una specie di gioco che facevamo io e la mia compagna di banco in quinta superiore (a onor del vero, devo dire che noi assegnavamo anche il colore alle varie materie), in seguito allo studio di questa poesia di Rimbaud:

 

A nera, E bianca, I rossa, U verde, O blu: vocali,

Io dirò un giorno le vostre nascite latenti:

A, nero corsetto villoso di mosche splendenti

Che ronzano intorno a crudeli fetori,

 

Golfi d'ombra; E, candori di vapori e tende,

Lance di fieri ghiacciai, bianchi re, brividi d'umbelle;

I, porpora, sangue sputato, risata di belle labbra

Nella collera o nelle ubriachezze penitenti;

 

U, cicli, vibrazioni divine dei verdi mari,

Pace di pascoli seminati d'animali, pace di rughe

Che l'alchimia imprime nelle ampie fronti studiose;

 

O, suprema Tromba piena di strani stridori,

Silenzi attraversati da Angeli e Mondi:

- O l'Omega, raggio viola dei suoi Occhi!

 

Rimbaud accosta i suoni (vocalici) ad alcuni colori facendo intervenire sensazioni di origine diversa (sinestesia). Ogni colore richiama alcune situazioni o oggetti, indicando i rapporti profondi che legano tutte le cose.

Una scena simile a quella narrata in questo capitolo, non so perché, mi venne in mente (anche se inizialmente era leggermente diversa) mentre pensavo a che titolo dare a questa fanficion, ed è da qui che essa prende il nome. Ora che l’ho effettivamente scritta mi fa uno strano effetto, spero che la cosa non risulti troppo stupida e/o senza senso.
Tuttavia ci tenevo a chiarire poichè le persone mi guardano sempre stralunate quando spiego questo giochino mentale.

 
   
 
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