Anime & Manga > Mo Dao Zu Shi
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Autore: Sarah_lilith    16/05/2020    1 recensioni
E se una fan di Mo Dao Zu Shi si ritrovasse catapultata nel novel, trovandosi davanti alla possibilità di conoscere e vivere con i suoi personaggi preferiti?
E se si accorgesse di essere lì per una ragione, di essere capitata non in un punto imprecisato, in cui i fatti sono ancora in corso, ma quando tutta la trama si è svolta e la storia procede lenta verso un "vissero felici e contenti"?
E se scoprisse di dover dare il lieto fine a personaggi che non l'hanno avuto, o rendere giustizia e ridare dignità a persone che non l'hanno ricevuta?
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Un nuovo nemico si avvicina e la storia decide di prendere vita per proteggere se stessa e i suoi protagonisti, richiamando un'eroina da un'altro mondo, perché nessuno potrebbe mai eguagliare la sua forza di spirito nel cercare di salvare i personaggi che ama.
Non che lei sia d'accordo...
Genere: Avventura, Comico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Jiang Wanyin/Jiang Cheng, Jin Ling/Jin Rulan, Lan XiChen/Lan Huan, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Non possiamo semplicemente arrenderci?

 

 

Quella notte prenotammo due stanze nella prima locanda disponibile, troppo stanchi e infreddoliti per trovarci una sistemazione migliore.

Jin Ling mi tenne stretta tutto il tempo, mentre suo zio pagava l’oste e salivamo le scale per raggiungere le camere. Mi lasciò sulla soglia con un ultimo abbraccio, strofinandomi la guancia paffuta sui capelli ancora bagnati.

-Sono nella camera vicino- disse guardandomi negli occhi prima di proseguire per il corridoio, il mantello zuppo che strisciava sul pavimento di legno. I capelli gli si erano bagnati con la pioggia, e ora aderivano al collo e al viso come delle alghe scure.

Se ti serve conforto, era la frase sottintesa che aleggiava ancora nell’aria, non detta solo perché troppo ovvia. Forse non si fidava delle doti rassicuranti dello zio, e non gli davo torto.

Oltrepassai l’uscio della mia stanza con la stanchezza che ormai mi appesantiva il passo e, non appena vidi il letto, l’unico mio pensiero fu quello di buttarmici dentro e dormire per un’intera settimana.

Quando fummo soli, Jiang Cheng si liberò della spada con calma, spogliandosi del mantello e della cintura per poi dirigersi verso il paravento nell’angolo destro della stanza. Ci diede una veloce occhiata dietro e poi si voltò verso di me.

-Vuoi che ti prepari un bagno?- mi domandò co voce pacata, in una tonalità premurosa che rare volte gli avevo sentito usare -Sarebbe meglio che tu ti lavassi prima di andare a letto- spiegò razionale, come se volesse placare un animale messo alle strette.

Almeno si sta impegnando, mi dissi con sincero divertimento.

-No, voglio solo dormire- gli risposi liberandomi del mantello e dalla veste fradici. Si ammucchiarono ai miei piedi in un informe ammasso bagnato.

Per asciugarmi presi un telo da sopra una delle cassettiere in legno che dovevano fungere anche da comodini e da armadi, dato che erano gli unici mobili presenti. Mi tamponai i capelli e la pelle come potevo, tremando di stanchezza e di freddo. 

Quand’ebbi finito, rivolsi a Jiang Cheng un sorriso stanco.

-Non guardarmi così, è inquietante- lo avvertii, agitando una mano in aria come a voler cancellare l’espressione premurosa dal suo viso -Sto bene… va molto meglio ora- mi corressi quando lo vidi sollevare un sopracciglio, scettico.

Il cultore mi si avvicinò con cautela e fece per carezzarmi la guancia, ma all’ultimo secondo si ritrasse, sfiorandomi lo zigomo con le punte delle dita. Sussultai per il tepore che mi avevano procurato, e lui si allontanò ancora, temendo di avermi spaventata.

Sembrava che mi considerasse d’un tratto di vetro, come se il mio sfogo di poche ore prima mi avesse svuotato di ogni forza. Forse era vero, ma non volevo in ogni caso che mi considerasse una bambolina da coccolare.

Se continua in questo modo crollerò davvero, pensai ansiosa.

Gli rivolsi un’occhiata amara, arrabbiata con me stessa per il modo in cui la mia reazione lo aveva costretto a trattarmi. Distolsi lo sguardo dalle sue iridi lillà e mi sfilai gli stivali e i calzoni.

-Andiamo a dormire, domani abbiamo degli impegni- gli intimai, ricordandomi della nostra missione solo mentre pronunciavo quelle parole. Con tutto quello che era successo, lo scopo del nostro viaggio mi era sfuggito di mente.

Il suo sguardo si indurì all’improvviso, come se all’interno di quelle pozze viola fosse passata un’ombra poco rassicurante. Ma durò un attimo, perché il secondo dopo tornò in sé.

Forse cedette alla stanchezza anche lui, o forse capì qualcosa dai miei occhi che nemmeno io sapevo esprimere a parole, ma d’un tratto scrollò le spalle e si diede da fare per prepararsi per la notte.

Tirò le tende per far calare la camera in un buio confortevole adatto al mio desiderio di riposo, dato che il sole era ormai sorto oltre le mura della città e illuminava le strade. Poi si spogliò del tutto, pronto per andare a letto, ma un momento prima di coricarsi esitò con un ginocchio appoggiato al materasso.

Spostò il peso prima in avanti, stropicciando le coperte di cotone e sporgendosi come a volersi sdraiare, poi ci ripensò e mi diede le spalle, recuperando la sottoveste bianca dal comodino. 

Se la rinfilò e tornò verso di me.

Io, seduta al centro del letto, scivolai in silenzio sotto le lenzuola fresche e mi avvolsi nelle coperte, anche se tenni la testa sollevata dal guanciale per non cedere subito al sonno.

-Lo sai che potevi anche rimanere nudo, vero?- gli domandai fingendomi indifferente, anche se dentro di me repressi un brivido che non centrava nulla col freddo.

Jiang Cheng si appoggiò al materasso con una coscia sola, per metà seduto e per metà no. Mi venne un po’ più vicino e si morse il labbro inferiore, trattenendo una smorfia.

-Non volevo… spaventarti- tentennò sull’ultima parola, impossibilitato a scegliere altri termini che descrivessero a pieno quello che per lui dovevo provare in quel momento. 

Sapeva che non prendevo bene le accuse di codardia.

Fui sul punto di dire che non ero spaventata, ma mi fermai. Le proteste mi morirono sulle labbra mentre la voce di Elisa mi rimbombava nella mente.

Sai, ci tiene tanto a te, aveva detto una notte, rannicchiata nel mio letto dopo avermi costretto a condividerlo, e ne è terrorizzato. Era convinta al cento per cento che Jiang Cheng tenesse più a me che alla maggior parte delle persone che conosceva.

Non potevo darle tutti i torti.

-Vieni qui- gli ordinai, allungando le mani verso di lui e lasciandomi abbracciare, anche se sbuffai esasperata quando lo sentii trattenersi dallo stringermi sul serio.

Per tutta risposta, lo spinsi disteso sulle coperte candide e mi accoccolai al suo fianco.

-Sicura di riuscire a dormire?- chiese, ancora indeciso su come doveva trattarmi. In compenso, prese ad accarezzarmi la schiena con le dita, disegnando figure immaginarie tra le mie scapole.

Invece che parlare, sbuffai di nuovo, chiudendo gli occhi e respirando il suo profumo. 

Vediamo chi cede per primo allora, romanticone.

Jiang Cheng si mosse un po’ per trovare una posizione che gli permettesse allo stesso tempo di stringermi e di stare comodo. Dopo qualche avvitamento si fermò, affondando il viso nei miei capelli e sussurrandomi che avrebbe aspettato finché non avessi preso sonno.

Per sua fortuna, crollai addormentata quasi subito.

 

 

Mi svegliai al tramonto, anche se per capire che ora fosse dovetti strisciare fuori dalla stretta ferrea di Jiang Cheng, che mi aveva intrappolato fra le sue braccia nel sonno.

Saggiai il pavimento freddo con le piante dei piedi e rabbrividii mentre scostavo la tenda quel tanto che bastava da intravedere l’esterno. La luce rossa del sole morente era così fioca che non mi disturbò, nonostante mi fossi appena alzata.

Dietro di me, il cultore emise un lamento gutturale mentre, ancora nel dormiveglia, tastava il mio posto vuoto. Mi affrettai a ritornare da lui prima che si accorgesse che me n’ero andata.

Lasciarmi riavvolgere dal suo calore fu bello, ma mi resi conto che sarebbe stato meglio se avessimo sfruttato la notte incombente per cercare indizi. Dovevo svegliarlo.

-Ehi, è ora di alzarsi- sussurrai dandogli un buffetto sul naso e ridendo nel vederlo fare una smorfia infastidita.

Ignorando il suo evidente desiderio di continuare a dormire, presi ad accarezzargli i capelli e a baciargli il viso con scocchi rumorosi, mentre l’uomo serrava le palpebre e si cercava di rigirare. Ridacchiando, lo spinsi di lato facendolo cadere dal letto.

-Che cazzo…?- grugnì balzando in piedi, la veste stropicciata e i capelli scompigliati sulle spalle -CRISTINA!!- gridò irritato quando capì cos’era capitato.

Io alzai le spalle e soppressi una risata mordendomi le labbra, conscia che non avrebbe aiutato a calmarlo ridergli in faccia, in quel momento.

-Non ti svegliavi, che altro dovevo fare?- scherzai rivolgendo i palmi verso l’alto, innocente fino a prova contraria.

Jiang Cheng gemette esasperato e mi indicò la porta, lanciandomi la veste perché la indossassi. Io ridacchiai mentre me la infilavo, insieme ai pantaloni e agli stivali, che ormai si erano asciugati.

-Vai a chiamare Jin Ling, abbiamo del lavoro da fare- mi ordinò l’uomo, passandosi una mano sul viso per riprendere la calma.

-Agli ordini, principessina- lo salutai, scivolando leggera oltre la porta e allacciandomi la tunica, mentre gli facevo un cenno divertito.

Prima di uscire, lo sentii brontolare qualcosa che suonava come "Se mai trovassi il coraggio di insultare una donna, lei sarebbe la prima".

Mi ci vollero almeno dieci minuti per convincere Rulan ad alzarsi, anche se dal suo sguardo assonnato dedussi che sveglio sveglio non era. Si trascinò dietro di me per le scale come se avesse tutta l’intenzione di addormentarsi su di uno scalino.

Quando raggiungemmo Jiang Cheng al piano inferiore, lui ci stava attendendo con le braccia incrociate ed un cipiglio irritato. Ci guardò di sfuggita e fece un cenno verso la porta, invitandoci ad uscire.

Una volta all’esterno, il cultore di Yunmeng prese a spiegarci ciò che aveva scoperto nei minuti di chiacchierata con il locandiere.

-A quanto pare girano delle voci sullo spostamento dell’energia maligna verso sud, ma non ci crede quasi nessuno… eppure la sorveglianza è aumentata: ci sono più guardie in giro- mormorò, incrociando le braccia e facendosi pensieroso. Rifletté in silenzio per un attimo e poi guardò suo nipote -Voglio che raccogliate informazioni dai soldati che pattugliano la zona, anche se dubito risponderanno a domande dirette- gli disse, facendogli un cenno con il mento come a dire "portati dietro lei", cosa per cui lo ricompensai pestandogli un piede.

A quel gesto, mi scoccò un’occhiata truce e si avvicinò a me con aria minacciosa. Nonostante il brivido che mi serpeggiò lungo la spina dorsale, mantenni gli occhi fissi sui suoi, il mento alto e un’espressione fiera in viso. 

Al posto di ricambiare il calcio punzecchiandomi i fianchi o caricandomi in spalle come aveva già fatto in altre occasioni, questa volta si limitò a sistemarmi la cintura e sfiorare il campanello che mi aveva donato con le dita, nascondendolo tra le pieghe del mantello.

-Non fatevi riconoscere- aggiunse, sapendo bene che eravamo a conoscenza dei rischi che correvamo.

-Tu invece cosa farai, zio?- domandò curioso Rulan, esprimendo una perplessità che mi ero posta anche io quando aveva accennato al fatto che dovevamo separarci.

-Ho i miei affari da sbrigare- gli rispose Jiang Cheng criptico, procedendo a piedi e lasciando un buffetto sul muso di Principessa. Sparì tra la gente che si affrettava verso casa prima che calasse la notte, facendoci un saluto di spalle.

Io e Jin Ling ci scambiammo un’occhiata confusa e decidemmo di ignorare quella sua stranezza. Seguendo la strada dalla parte opposta rispetto alla direzione presa dal Gran Maestro di Yunmeng, ci avviammo in cerca di informazioni.

Il ragazzino trovò quasi all’instante uno dei locali in cui si riunivano i soldati e le guardie del luogo, quindi ci accomodammo ad uno sei tavoli più in disparte. Non volevamo attirare troppe attenzioni.

A quell’ora tarda c’erano abbastanza clienti, eppure il posto era tranquillo e le voci si distinguevano bene. Mi ero immaginata una baraonda insopportabile, invece quell’osteria era molto rilassante.

Scoprii però presto che lo spionaggio non faceva per me.

Mi annoiai a morte stando zitta e ferma nello stesso punto per ore, senza la possibilità di chiacchierare con Rulan. Se ci avessero scoperto, sarebbe saltato tutto.

Quando fui sul punto di scattare in piedi e mandare il piano alle ortiche, da uno dei tavoli si alzarono due guardie, armate e pronte a riprendere le loro posizioni. Io e Jin Ling allungammo le orecchie per capire di che stavano parlando.

Poi dovemmo fingere di concentrarci sulle tazze che avevamo di fronte per non essere notati.

Da dov’eravamo appostati, io e Rulan potemmo vedere senza sforzo i due soldati camminare verso l’uscita, fermarsi e pagare ciò che avevano bevuto. Intanto, si misero a chiacchierare.

-Ho sentito che a sud si stanno radunando un sacco di cadaveri- sentii dire da quello più alto, che teneva il polso sinistro mollemente appoggiato all’elsa della spada -Mio cugino è stato spedito in ricognizione e ha detto che l’energia maligna dei boschi in quelle terre è quasi soffocante- continuò, agitando una specie di tavoletta di legno davanti all’oste, che prese un registro e ci segnò sopra qualcosa.

Doveva essere una tessera di riconoscimento. Così come avevo visto fare nei piccoli negozi di paese del mio tempo, l’addebito del conto sarebbe stato pagato alla fine del mese, un modo per non doversi portare sempre i soldi in tasca.

-Ah, tutte stronzate!- gli rispose il compagno, sistemandosi le maniche della veste scura con attenzione -Se davvero fosse così grave ci avrebbero avvertito di sicuro… o come minimo avrebbero mandato i cultori Maggiori a vedere come va, no?- domandò retorico, tormentando il nastro scuro che gli teneva i capelli legati.

Lo osservai mentre si allungava in direzione dell’amico e gli aggiustava il colletto della divisa, che nei movimenti si era spiegazzato da un lato. L’uomo più alto scacciò quelle attenzioni come se fossero una mosca fastidiosa.

Il suono della collisione delle mani dei due soldati mi giuste forte all’orecchio, facendomi sussultare. Sperai che non mi stesse cambiando l’udito grazie ai miei poteri spirituali o cose simili, altrimenti sarebbe stato un altro casino da sistemare.

Non ora, ok? pregai tra me e me.

-Ah, toglimi le mani di dosso, sembri mia moglie- gli grugnì in faccia, facendo qualche passo verso l’uscita -E comunque, se quei ricconi non fossero impegnati a organizzare banchetti e gare di caccia, forse avrebbero tempo per proteggerci. Ma lo sai come sono i nobili- commentò con voce amara.

-Mh, vada come vada, speriamo di uscire vivi- gli rispose l’amico. Si era ritratto dopo il rifiuto, ma ora sembrò intenzionato a ritentare, allungando le dita sottili verso la stoffa stropicciata che copriva il collo dell’altro. 

A questo tentativo, il soldato scorbutico non provò a sottrarsi. Anzi, si fermò sulla soglia della locanda per agevolargli il compito, anche se guardava lontano.

-Avremmo qualche possibilità, se solo tutto questo non mi sembrasse opera della Sacerdotessa Nera- disse mentre il più basso gli sistemava la veste -Mi vengono i brividi al solo pensiero- aggiunse facendosi sfuggire una smorfia. 

Rivolsi a Jin Ling uno sguardo interrogativo, che lui ricambiò con altrettanta sorpresa negli occhi.

Sacerdotessa Nera?

 

 

 

 

ANGOLINO D’AUTRICE
Ah, sono tornata… so che sono ritardataria in questi ultimi tempi, ma questa quarantena mi tiene molto impegnata, per non parlare delle altre mille fan fiction che mi sto impegnando a scrivere. Mi dispiace, cercherò di essere più presente.
Devo ciò: come vi sembra? So che le parti di Cry stanno diventando un pochino pensati, senza molto umorismo o altro, ma serve per la trama. I neeeeeeed this.
Grazie per aver letto fino a qui, ci si risente.

Baci a tutti, Sarah_lilith

   
 
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