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Autore: Voglioungufo    16/05/2020    6 recensioni
TimeTravel!AU
Naruto finisce indietro nel tempo e decide che tutto merita un'altra possibilità.
"Nessuno ucciderà nessuno!" sbottò con stizza, incrociò le braccia e guardò il cielo con esasperazione. "Vorrei evitare di avere Uchiha emotivamente isterici in questa linea temporale, è chiedere troppo?!"
Oppure: Obito voleva solo distruggere il mondo, Naruto glielo ha impedito e ora si trova a essere un padre di famiglia e Shisui gli chiede consigli d'amore.
Genere: Avventura, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Itachi, Kakashi Hatake, Naruto Uzumaki, Obito Uchiha, Shisui/Itachi | Coppie: Asuma/Kurenai, Naruto/Sasuke
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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Ciao meraviglie! Prima di lasciarvi al capitolo, vi faccio un piccolo specchietto sulle età dei vari personaggi ^^
·         Nel canon l’arrivo di Kaguya avviene la notte del 17esimo compleanno di Naruto. In questa storia ci sono voluti quasi due anni per il completamente del sigillo, quindi quando Naruto torna indietro nel tempo ha 19 anni.
·         Si incontra con Obito che ha 20 anni (sei anni dopo l’attacco del Kyūbi, avvenuto quando lui ne aveva 14).
·         Da qui passa un anno e mezzo prima che Jiraiya li trovi e succede in primavera, quindi Naruto/Nozomi ha 21 anni mentre Obito ne ha fatti 22 a Febbraio (idealmente Jiraiya li trova a metà  Marzo).
·         Quando arrivano a Konoha è estate, più precisamente siamo a fine Giugno, e a Ottobre saranno otto anni dall’attacco del Kyūbi. Da questo deriva che i personaggi principali hanno rispettivamente:
Nozomi: 21 quasi 22.
Obito: 22.
Kakashi: 21, saranno 22 anni a Settembre.
Naruto: 7 anni, saranno 8 anni a Ottobre.
Sasuke: 7 anni, saranno 8 anni a fine Luglio.
Sakura: ha già 8 anni (è nata a Marzo).
Shisui: 15 anni, a Ottobre saranno 16.
Itachi: a Giugno ha compiuto 13 anni.
Yamato: 17 anni, ad Agosto saranno 18 (lo so, è praticamente un bimbo lol)
Iruka: a maggio ha compiuto 18 anni (non sappiamo canonicamente quando sia diventato maestro all’Accademia, ma lo è già da un anno nella storia).
Gai: a Gennaio ha compiuto 22 anni.
 
Okay, questi più o meno sono i principali, giusto per darvi un po’ di linee guida. Ovviamente non mi metto a calcolare l’età di personaggi come Fugaku, Hiruzen o Jiraiya xD tanto sappiamo tutti che sono più vecchi di Nozomi.

 

 

 

 

 

 

 

Capitolo 5
La scommessa di Obito
 
 
 
«I see the children in the rain like the parade before the pain
I see the love; I see the hate; I see this world that we can make!»
(Young – Hollywood Undead)

 

 

 
Naruto era seduto sopra lo scivolo e osservava nascosto il gruppo di bambini sul campetto in terra rossa. Stavano facendo le squadre per giocare a baseball, ma erano in numero dispari e quindi stavano litigando per come fare, perché ovviamente nessuna squadra voleva essere in svantaggio. Pensò che se si fosse unito allora sarebbero diventati pari e non ci sarebbero stati svantaggi, magari gli avrebbero permesso di giocare con loro questa volta.
Titubante spostò gli occhi sui genitori. Erano un poco in disparte, abbastanza vicini da poter controllare i figli e intervenire se fosse successo qualcosa. Ma sembravano anche molto impegnati nei loro discorsi, forse non si sarebbero accorti che si era aggiunto ai loro figlioletti.
Sì, poteva funzionare.
Deciso a farsi finalmente degli amici, scese dallo scivolo veloce e corse verso i bambini.
“Ehi, vi manca un giocatore?!” chiese sprizzando ottimismo. “Posso giocare io se volete”.
Si voltarono tutti verso di lui e un improvviso silenzio calò sul parco, in netto contrasto con le risate e le voci squillanti di prima. Lo fissavano quasi increduli che fosse andato a parlare con loro e alcuni avevano anche fatto un passo indietro. Naruto sentì il coraggio che aveva racimolato sgonfiarsi, ma non si diede per vinto.
“Non ci manca un giocatore” disse finalmente uno dei bambini più grandi.
Si corrucciò, perché ormai aveva imparato a contare e quindi sapeva che stava mentendo.
“Non è vero, siete in sette!”
Ora anche gli altri bambini cominciarono a farsi nervosi e i genitori si erano zittiti, accorgendosi che aveva raggiunto i loro figli. Avevano smesso di parlare felici per sussurrare tra loro frasi troppo basse perché le potesse sentire, ma anche così poteva indovinarle.
“Noi non vogliamo giocare con una nullità come te” dichiarò quindi il primo che aveva parlato, facendo anche un passo minaccioso in avanti.
A quella dimostrazione di forza anche gli altri bambini si animarono.
“Sì, non vogliamo giocare con te!”
Una ragazzina puntò il dito verso il suo viso. “Guarda che cicatrici, fai schifo!”
Quell’ultimo commento lo umiliò e avvilito provò a girarsi per correre via, ma i bambini lo avevano circondato dentro a un cerchio.
“Sembra un animale” concordò un altro. “È proprio un mostro”.
“Non sorprende che nessuno lo voglia!”
“Scommetto che i suoi genitori lo hanno lasciato perché è brutto”.
Quello fu un colpo basso che fece sgranare gli occhi Naruto. Si chiese se fosse vero, se fosse per quello che non aveva dei genitori, del resto Jiji non gli rispondeva mai quando chiedeva dove fossero. Magari lo avevano davvero abbandonato perché gli faceva schifo, come a tutti.
Provò a protestare in qualche modo, ma il gruppo sovrastò la sua voce fievole facendosi sempre più stretto. Cominciò ad avere paura, quindi reagì d’istinto e colpì qualcuno che si era avvicinato troppo.
“Ahia, mi ha morso!” strillò una bambina.
La guardò sconvolto. Non era vero, aveva solo spintonato perché gli stesse lontano. Ma il suo strillo acuto catturò del tutto l’attenzione dei genitori.
“Brutto demone, cosa credi di fare?!” sputò la madre avvicinando la bambina a sé, come a volerla proteggere da lui.
“Mi ha fatto male, mamma” pianse quella.
Anche gli altri genitori si avvicinarono prendendo i propri figli e allontanandoli, come se avessero davvero paura che li mordesse. Naruto sentì i loro occhi su di sé e tremò. Tremò perché non sapeva fare altro davanti a quegli occhi freddi e rancorosi che lo accusavano di qualcosa che non capiva.
“Non l’ho morsa…” protestò.
“Stai lontano dai nostri figli!” lo interruppe un genitore furioso.
“Non devi giocare con loro” lo rimproverò severamente un altro.
“Ma…”
Non capiva quella cattiveria, non capiva perché tutti ce l’avessero con lui. Non aveva fatto niente, aveva solo chiesto di poter giocare con loro.
“Non vogliamo un demone come te!” abbagliarono ancora.
Si sentì arrabbiato. Dalla confusione, paura e tristezza esplose anche quest’ultima emozione: la rabbia. Gli bruciò lo stomaco e gli fece venire gli occhi lucidi, perché non era giusto che lo trattassero così, non lo meritava. Strinse le mani a pugno e urlò:
“Non sono un demone! Sono Uzumaki Naruto e diventerò Hokage, credici!”
Ci fu un piccolo silenzio di sgomento tra gli adulti, finché uno non si riprese e parve furioso di sentirlo dire una cosa del genere. Tremò ancor di più quando lo vide avvicinarsi, una mano alzata. Conosceva quella posa tesa, stava per arrivare una sberla.
“Tu, fottuto…”
Prima che potesse colpirlo, qualcuno si materializzò al suo fianco e afferrò il braccio dell’adulto, impedendogli di calare la mano sulla sua guancia.
Naruto trattenne il fiato e osservò lo sconosciuto, chiedendosi quando fosse arrivato. Era alto, molto più del genitore, e indossava abiti scuri da shinobi, ma non aveva il segno distintivo della Foglia. Aveva afferrato saldamente il polso dell’uomo e lo teneva sollevato in alto, lo sguardo così serio e pericoloso da far accapponare la pelle.
“Cosa credi di fare?” sibilò inclinando la testa.
Solo il quel momento Naruto si accorse delle cicatrici che frastagliavano tutto il lato destro del viso. Forse era quello che aveva fatto spalancare gli occhi del genitore inorridito. Provò infatti ad allontanarsi, ma lo shinobi lo teneva saldo al polso, così forte che Naruto ebbe quasi il sospetto gli stesse per rompere il braccio.
“Chi cazzo sei?” sputò quindi il genitore.
Lo shinobi non rispose, aumentò solo la presa facendo sbiancare ancora di più l’uomo. Ora i bambini sembravano davvero spaventati e si nascondevano dietro alle gambe dei genitori inorriditi.
“Ohi…” balbettò uno preoccupato.
Naruto scattò in piedi e gli si aggrappò addosso, spaventato.
“Lascialo andare” lo pregò. “Gli stai facendo male”.
Gli occhi dello shinobi sconosciuto si posarono su di lui e rabbrividì rendendosi conto che uno mancava e l’altro era rosso sangue, in quel viso deformato dalla cicatrici faceva ancor più paura.
Lo shinobi però lo fissò solo incuriosito, senza una vera sorpresa, e lo ascoltò. Lasciò andare il civile come se fosse un’inutile formica e lo guardò con disprezzo mentre arretrava.
Si stava tenendo il polso e ora che era stato liberato lo fissava oltraggiato.
“Non lo ringrazi?” chiese il ninja calmo. Aveva una voce strana, consumata, come se le sue corde vocali non funzionassero bene, come quando si piange troppo.
Naruto non stava più capendo niente.
Non capiva perché quel ninja spaventoso stesse prendendo le sue difese, né perché sembrasse avercela così tanto con quel civile. Inoltre non lo aveva mai visto in giro, sicuramente non era di Konoha.
Quella domanda sembrò far imbestialire il genitore, che fece una smorfia risentita.
“Dovrei ringraziare questo mostro? Tu sei pazzo…”
Lo shinobi fece un passo minaccioso in avanti, ma successe un’altra cosa strana. Comparve un altro ninja, questo con i capelli bianchi più spettinati dei suoi e la divisa di Konoha, che bloccò il primo mettendogli una mano sulla spalla.
“Maaa” disse con tono leggero, “ci sono problemi?”
Davvero, Naruto non ci stava più capendo niente!
 
 Kakashi era sollevato di aver deciso di seguire Obito. Appena era stato licenziato dall’Hokage li aveva seguiti a distanza fino al complesso Namikaze, dove voleva proporsi di aiutare a mettere in ordine. Ma poi aveva visto Obito far cadere la loro guardia ANBU in un genjutsu e sgattaiolare via. Era stato molto incuriosito da quel comportamento, quindi aveva deciso di seguirlo. Era stato titubante se intervenire o meno quando lo aveva visto accorgersi della presenza di Naruto, ma visto che non aveva provato ad avvicinarlo aveva lasciato perdere. Del resto quello che aveva visto era solo un bambino biondo scansato dalle persone. Un bambino biondo che assomigliava particolarmente al loro sensei e al suo compagno di viaggio, ma comunque aveva scrollato le spalle e lo aveva osservato curioso senza intervenire.
Fino a quella scena del parco.
“Maaa, ci sono problemi?” chiese sfoderando il suo tono più tranquillizzante, nonostante tutto la presa salda sulla spalla di Obito. Cosa voleva fare? Aggredire un civile?
“Shinobi-san!” sbraitò il civile vedendo la possibilità di far valere la propria ragione. “Questo Uchiha mi ha quasi spezzato il braccio!”
Vide Obito irrigidirsi e stringere l’occhio.
“Sono ancora in tempo per farlo” minacciò gutturale e Kakashi vide l’uomo sussultare e indietreggiare ancora un po’.
“Perché non tornate a casa?” propose tranquillo. “Ci penso io qui”.
Fortunatamente non dovette insistere troppo, alla prima sollecitazione il civile se ne andò e con lui anche tutti gli altri genitori accompagnati dai figli. Quest’ultimi lanciarono alcuni sguardi indietro con confusione e terrore.
Bene, questo è fatto.
Si voltò quindi verso il figlio del sensei, ma cercò di evitare di guardarlo direttamente. La sua somiglianza con Minato faceva male e gli ricordava quanto fosse un fallimento.
“Vai a casa, ne?” propose gentile.
Ma il bambino fissava ancora sorpreso Obito, come se stesse cercando di metabolizzare quello che era appena successo. I suoi occhi azzurri osservavano corrucciati le cicatrici.
“Allora?” insistette preoccupato e il suo tono lo fece sussultare.
“Io…” provò, strinse le labbra e si accigliò. “Grazie” offrì in un bofonchio a Obito prima di voltarsi e correre via, dalla parte opposta dove si erano diretti i civili.
Aspettò che se si fosse allontanato abbastanza, poi sospirò e convocò l’ANBU che avrebbe dovuto sorvegliare il bambino, che avrebbe dovuto proteggerlo.
“Perché non sei intervenuto?” chiese mettendo le mani in tasca.
L’ANBU indossava la maschera di un topo e sembrava un ragazzino, forse era una delle prime reclute. Ma del resto sorvegliare il Jinchūrike era il dovere dei nuovi arrivati.
“Erano civili, signore” spiegò nervoso.
Sospirò, suo malgrado rassegnato e sapendo bene di non poterlo rimproverare più di tanto. Aveva ragione, erano civili, non potevano attaccarli.
“La prossima volta fa’ in modo che non si verifichi una cosa del genere”.
“Sì, signore”.
Lo licenziò perché potesse tornare a seguire il bambino, quindi si voltò verso Obito. Fu sorpreso di trovarlo ancora lì, si era quasi rassegnato all’idea che se ne fosse andato.
“È sempre così?” chiese bellicoso.
Qualcosa dal suo sguardo gli fece capire che aveva capito perfettamente chi fosse quel bambino.
“Purtroppo” rispose riluttante.
Non gli piaceva ammettere che per quanto riuscissero a proteggerlo dalle minacce esterne non riuscivano lo stesso con quelle interne.
Obito sembrò infuriarsi ancor di più.
“E li hai lasciati semplicemente andare?” sibilò.
“Erano civili”.
Si sentì patetico a ripetere la stessa giustificazione dell’ANBU, ma purtroppo era proprio quello il fatto: non potevano attaccare i civili.
Si sentì fissato con incredulità, quasi non fosse sicuro di averlo sentito davvero. Ma poi scosse la testa con una risata fredda e disgustata.
“Sei sempre la solita feccia”.
“Io…”
“È il figlio di Minato e Kushina e tu permetti che lo trattino in questo modo? Perché sono civili?!” ringhiò l’ultima parola.
“Sono gli ordini dell’Hokage, non posso…”
“Certo, fa’ pure” lo interruppe ancora una volta. “Nasconditi ancora dietro gli ordini. Vedo che le cose non cambiano, le regole sono ancora più importanti delle persone per te”.
Provò a ribattere, perché non era più vero, non era più quel bambino scontroso e freddo. Ma Obito si teletrasportò prima che potesse farlo.

 

֎

 

Il Sandaime stava finendo di leggere il rapporto che gli aveva lasciato Jiraiya, riguardo tutto quello che aveva trovato su Nozomi e Obito a testimonianza della loro onestà, quando quest’ultimo piombò nel suo ufficio. Spalancò le porte di colpo e ignorò l’assistente che stava inutilmente cercando di fermarlo.
Hiruzen si accigliò per quella bruschezza, ma preferì rivolgere un cenno gentile.
“Obito,” salutò non nascondendo la sorpresa, “c’è qualche problema?”
“Sì, Uzumaki Naruto”.
Fu davvero difficile non congelare a quella risposta fin troppo diretta, ma fece del suo meglio per non mostrarsi turbato. Lo fissò quindi perplesso, lo sguardo interrogativo e un’aria pacifica.
“Chi?”
Obito non ci cascò e strinse solo di più gli occhi. “Il figlio di Minato”.
Quello era un problema.
Abbandonò l’espressione da vecchio confuso e rivolse un chiaro segnale all’assistente, che uscì dalla stanza chiudendo la porta, subito dopo sentì i sigilli di privacy venire attivati.
Prese la propria pipa e iniziò ad armeggiarci per accenderla.
“Quindi?” chiese. “Come l’hai scoperto?”
Obito fece una smorfia. “Credo sia inevitabile vista la sua somiglianza con Minato” gli fece notare. “Ho avvertito il suo chakra e ho voluto controllare”.
Sospirò, aveva sperato che i due non si incrociassero ma quanto pare era stato troppo ottimista. Era ovvio che lo avrebbe riconosciuto, visto che era stato un allievo di Minato.
“Vedi, lui è…”
“Il Jinchūrike del Kyūbi,” incrociò le braccia al petto, “me ne sono accorto”.
Quella conversazione poteva solo peggiorare, tutti i suoi intenti di segretezza erano saltati in pochissime ore. Non c’era che accertarsi di un’ultima cosa:
“Nozomi-san lo sa?”
Obito gli lanciò un’occhiata strana, come se stesse valutando la risposta.
“Non ancora” risolse alla fine.
“Gradirei non glielo dicessi” smascherò il suo ordine in una forma di cortesia.
Per tutta risposta ricevette uno sguardo sbieco.
“Perché dovrei farlo? Perché lei non gli ha detto del figlio di suo fratello?” aggiunse più incisivo.
“La vostra situazione è ancora delicata e sotto osservazione” decise di essere altrettanto schietto. “Prima di dire qualsiasi cosa, vogliamo essere sicuri di fidarci di lui, per la stessa sicurezza di Naruto…”
“Sicurezza?” ripeté divertito. “Nonostante quello che a quanto pare subisce ogni giorno? Vi state davvero preoccupando della sua sicurezza?”
“Guardie ANBU lo sorvegliano ogni…” iniziò a spiegare, ma fu nuovamente interrotto. Quel ragazzo aveva una seria incapacità di lasciare che gli altri finissero le proprie frasi, pensò.
“Ho notato, ma a cosa servono se non intervengono?” sbottò. “Un abuso emotivo è pericoloso quanto una ferita fisica e lei lascia che gli abitanti del villaggio lo trattino in quel modo!”
Non dovette chiedere a cosa si riferisse, bastava che il piccolo Naruto uscisse di casa perché si trovasse al centro di sguardi malevoli o qualche ingiuria e purtroppo lo sapeva bene.
“Naruto diventerà uno shinobi, deve imparare a essere forte”.
Seguì un lungo silenzio, in cui si trovò a sottostare allo sguardo sconvolto di Obito che diventava sempre più sprezzante.
“Certo, ovvio” tremò alla fine di rabbia mal contenuta. “Cos’altro mi aspettavo dall’Hokage che mandava i bambini in guerra?”
Questa volta si trovò a stringere gli occhi. Oltre al fatto che non gli piaceva quel tono, non apprezzava nemmeno che gli rinfacciasse le sue scelte passate. Scelte difficili e dolorose, è vero, ma erano in tempo di guerra e nessuna scelta era semplice. Lui aveva sempre agito per il bene di Konoha, cercando di limitare i danni il più possibile. Sapeva di aver fatto molti errori, per cui aveva chiesto ammenda come meglio poteva, ma non tollerava che un subordinato che aveva disertato per anni gli facesse il processo.
“Provi rancore nei miei confronti?” riuscì comunque a chiedere con tono calmo.
Obito gli lanciò un’occhiata strana e la risposta distaccata lo lasciò molto stupito.
“Nel mondo, non in lei in particolar modo”. Rimase in silenzio per un secondo, poi chiese: “Chi si occupa di Naruto?”
“Gli ANBU a rotazione”.
“Intendo con chi vive”.
Accese la pipa e la portò alle labbra prima di rispondere, pensando già al tornado che sarebbe scoppiato alla sua risposta.
“Nessuno”.
Obito ci mise qualche secondo a reagire, ma non si infuriò come si aspettava. Scosse semplicemente la testa.
“Questa sera io e Nozomi andiamo a prenderlo”.
Non gli piacque quel tono definitivo e si alzò dalla sua sedia.
“Questo vi è proibito e ti è proibito parlare a Nozomi di Naruto!”
“È suo nipote!” ringhiò. “E possiamo proteggerlo meglio di quanto stiano facendo le tue patetiche guardie ANBU. È un bambino di neanche otto anni e tu lasci che viva da solo!”
Hiruzen si chiese se Obito si fosse reso conto di aver sfoderato la sharingan, ma quella era solo l’ultima mancanza di rispetto nei suoi confronti.
“La mia pazienza non è infinita” lo avvisò vibrante di autorità, con il tono che faceva indietreggiare perfino Danzo. Ma non Obito, lui non abbassò nemmeno lo sguardo e rimase a fissarlo con sfida.
“Nemmeno la mia” disse in una chiara minaccia.
Hiruzen poteva sentire i suoi ANBU fremere per intervenire a un suo segnale, ma non voleva arrivare a quel punto. Se ci fosse stato uno scontro, la loro posizione a Konoha sarebbe stato compromessa e, nonostante tutto, lui voleva che Obito restasse a Konoha, a casa, e di potersi fidare di Nozomi.
Fortunatamente, anche Obito parve rendersi conto di essere vicino a un punto di non ritorno e decise di fare un passo indietro. La sua figura smise di vibrare minacciosa e ritrasse perfino lo sharingan, non abbandonò però lo sguardo torvo.
“Fra due giorni”, iniziò lento, “all’incontro le dimostreremo che siamo in grado di proteggere il vostro prezioso Jinchūriki. Se vinceremo, verrà a vivere con Nozomi” terminò con la voce che ribolliva come lava incandescente.
Hiruzen aumentò l’espressione accigliata, infastidito dal modo in cui aveva sottolineato Jinchūriki con il tono sprezzante. Naruto non era solo il Jinchūriki, non era solo quello il motivo per cui aveva il dovere di proteggerlo: era il figlio di Minato e Kushina. Questo valeva più di ogni altra cosa ed era per questo che non poteva cederlo facilmente.
“Non è la vostra incapacità di proteggerlo che temo” tuonò. “Non so se posso fidarmi di voi”.
Ricevette un’altra occhiata indecifrabile. “Forse fa bene a non fidarsi di me” disse apparentemente calmo, come un mare piatto che sotto celava invisibili vortici marini. “Ma sbaglia a non fidarsi di Nozomi e glielo dimostrerò”.
Avvertì il senso di minaccia, come di ultimatum che si avvicinava.
“Fra due giorni all’incontro”, ripeté con la stessa lentezza, “io proverò a uccidere Kakashi e non ci riuscirò, perché Nozomi mi fermerà appena se ne renderà conto. Quando succederà, perché andrà così, lei capirà che può fidarsi di lui e gli dirà di suo nipote”.
Rimase a fissarlo, chiedendosi se ora fosse il caso di chiamare gli ANBU. Obito stava minacciando di uccidere uno dei suoi migliori shinobi senza battere ciglio e poteva vedere che lo avrebbe fatto, che non era una vuota minaccia. Ma riusciva anche a vedere la sicurezza che aveva nel sapere che sarebbe stato fermato, la consapevolezza che Nozomi si sarebbe intromesso e lo avrebbe combattuto in favore di uno sconosciuto.
Non era una minaccia: era una scommessa.
“E se non ti ferma?” chiese calmo.
Uno strano sbuffo uscì dal suo naso, come se trovasse anche solo assurdo pensarlo.
“Mi fermerà e mi prenderà a calci in culo. Può starne certo”.
“No” disse comunque, perché non era un rischio che poteva prendersi. “Tu non…”
“Non era una proposta” lo interruppe tranquillo. “Le ho solo descritto cosa succederà fra due giorni. Magari può provare a fermarmi adesso, ma se ci prova prenderò Naruto, ce ne andremo e lei perderà ogni shinobi che metterà sulle nostre tracce”.
Non era uno scenario che poteva accettare, ma non poteva nemmeno cedere in quel modo a una minaccia, era pur sempre l’Hokage. Si trovò in uno stallo terribile, perché sapeva che al suo minimo cenno negativo Obito lo avrebbe fatto, poteva leggerglielo in viso. Jiraiya gli aveva detto che possedeva una tecnica spazio-temporale, se l’avesse usata per rapire Naruto sarebbe stato difficile rintracciarlo.
“È un ultimatum rischioso” commentò.
“Non è un ultimatum” lo contraddisse. “È una scommessa: fidatevi di Nozomi”.
“Ma se non lo faremo, tu rapirai Naruto” osservò. “Questo è un ricatto”.
Obito sembrava aver perso la pazienza.
“Lo chiami con le pare” replicò con un tono definitivo, si allontanò dalla scrivania senza smettere di fissarlo in volto. “Mi aspetto solo che il Professore di Konoha sappia qual è la scelta più saggia”.
Non rispose a quell’ultima provocazione, lo fissò con lo stesso sguardo di ammonimento mentre lo vedeva lasciare la stanza. Fino alla fine tentennò se dare il segnale agli ANBU, ma alla fine la sua incertezza gli permise di andarsene.
Sospirò e si sentì stanco, troppo stanco per poter reggere ancora quel cappello sul capo. Guardò il quadro di Minato e provò un sottile rimpianto.
“Hai sentito?” chiese quindi.
Jiraiya si mostrò subito nella stanza, le braccia incrociate e un’espressione scura in viso.
“Sì” ammise e sembrò voler aggiungere altro, magari un insulto. Invece disse: “Hai fatto bene a lasciarlo andare. Se avessi provato a fermarlo avrebbe preso Naruto”.
Quello non lo fece stare meglio, anzi aumentò la sua preoccupazione. Se perfino Jiraiya prendeva seriamente le sue minacce significava che farsi nemico Obito era estremamente pericoloso.
“Che ne pensi?” chiese quindi.
“Per quanto sia una testa calda e meriterebbe di essere preso a sberle più volte” iniziò infastidito, “temo abbia ragione”.
Inarcò un sopracciglio curioso, anche se non doveva essere stupito. Non poche ore prima Jiraiya aveva sostenuto l’idea di parlare a Nozomi di Naruto. Doveva fidarsi molto del fratello di Minato, ma temeva fosse per via di sentimentalismo.
“Se davvero proverà a uccidere Kakashi, Nozomi interverrà sicuramente a fermarlo”.
“Mi chiedo il perché di questa fiducia”.
“Nel viaggio verso Konoha ho avuto modo di osservare… la loro dinamica” spiegò, “e Pa’ l’ha confermata parlandomi di Nozomi. Sa che Obito prova molto rancore, ma non permetterà che lo condizioni e non permetterà che uccida un amico. Nozomi è più forte, sia nella forza che nella volontà, perciò alla fine Obito finisce per ascoltarlo sempre”.
“Quindi è quello che ha detto Fukasaku-san” considerò. “Devo avere la fedeltà di Nozomi per avere quella di Obito”.
“Precisamente” confermò.
“E la fedeltà che Nozomi deve a Obito?” chiese quindi.
Da quello che aveva visto, Obito non gli sembrava una persona disposta ad accettare un rapporto puramente servile, doveva esserci parità fra loro, fiducia reciproca.
Jiraiya sorride. “Fedeltà non implica lasciare che un amico faccia qualcosa di sbagliato. Essere fedeli significa anche correggere gli errori dell’altro”.
Corrucciò lo sguardo e non commentò. Lo sapeva ovviamente, era una lezione che aveva insegnato lui ai suoi allievi, non serviva gliela ricordasse.
“Non avrebbe dovuto incontrare Naruto, avevo dato un preciso ordine” sospirò. “Dovrò parlarne con la squadra ANBU e dare una bella strigliata. Sai cos’è successo?”
Scosse la testa. “Posso immaginare che abbia visto come viene solitamente trattato Naruto”.
Poteva cogliere una leggera ironia nelle sue parole.
“Vedo che anche tu la pensi come lui” sospirò.
“Non ne ho mai fatto mistero” disse.
Il che era vero, ma non si pentiva della sua decisione. Se Jiraiya fosse rimasto al villaggio, avrebbe anche potuto pensare di affidarlo a lui, ma così non era stato. Non era sicuro per Naruto vivere fuori dal villaggio, in mezzo a tutti i pericoli in cui viveva Jiraiya nelle sue azioni di spionaggio. Mikoto a suo tempo si era proposta di accudire il figlio della migliore amica, ma offrire il Kyūbi agli Uchiha quando erano sospettati dell’attacco era fuori discussione. L’unica altra persona alla quale avrebbe potuto affidarlo era Kakashi, ma era ancora un ragazzo dalle preoccupanti spinte suicide. Certo, forse se avesse avuto Naruto come ragione di vita avrebbe smesso di buttarsi nell’azione con l’intenzione di morire, ma restava la sua giovane età, all’epoca aveva solo quattordici anni.
Effettivamente, se Nozomi si fosse mostrata una brava persona… Scosse la testa, non volendo sperarci troppo. Il comportamento di Obito era stato già fin troppo pericoloso, doveva essere più cauto del previsto che lasciarsi andare a fantasticherie.
“Quindi, cosa farai?” lo riscosse Jiraiya.
“Per ora starò al suo gioco” spiegò critico. “Vedremo come andrà questo scontro fra due giorni. Dirò agli ANBU di tenersi pronti nel caso le cose si mettessero male. Ma rimanderò ogni decisione a quel momento, puoi capire molte cose di una persona da come combatte”.
Jiraiya annuì in accordo, gli parve perfino di vederlo sollevato. Ancora una volta si chiese perché ci tenesse così tanto a quei due. Ancora una volta la risposta la trovò nel suo affetto per Minato: uno ne era il fratello, l’altro l’allievo; era scontato che provasse un senso di vicinanza.
“Danzō” risolse alla fine e catturò l’attenzione del Sannin. Sapeva che gli era mai stato simpatico, ma si chiese perché improvvisamente sospettasse così tanto del suo vecchio amico. “Dovrò incontrarlo più tardi e dirgli dei nostri ospiti. Non apprezzerà di essere stato escluso dalla decisione”.
“Danzō ha sempre detestato Minato, lo sai,” gli fece notare, “e diffida di tutti gli Uchiha. Si sarebbe opposto con ogni argomento, ora invece non può far altro che accettare la tua decisione”.
“Mhh” ronzò. “Mi chiede se sia solo questo il motivo…”

 

֎

 

Kakashi si sentì molto stupido ad andare al monumento commemorativo. Obito era vivo, non occorreva che andasse a trovarlo, se voleva parlargli poteva andare direttamente da lui. Ma la verità è che dopo il loro ultimo confronto non aveva molto voglia di rivederlo, sarebbe stato come ricevere altri mille pugni allo stomaco.
Kakashi guardò il nome di Minato e sospirò: “Sensei, continuo a non sapere come parlare con Obito” ammise.
Si credeva cambiato, in tutti quegli anni aveva vissuto per i compagni di Konoha, impedendo ai suoi compagni di morire, mettendoli nello stesso piano delle missioni… Non c’era riuscito sempre, ma era quello che tentava di fare. Aveva tentato di proteggere i suoi compagni anche a costo di morire.
Sperando di morire.
Scacciò quella vocina che lo correggeva, non era importante. Non sarebbe morto perché Konoha aveva bisogno di lui, ma se fosse successo… be’, lo avrebbe accettato senza piangere troppe lacrime.  
Ma Obito aveva appena dimostrato che si era sempre sbagliato. Aveva ancora una volta abbandonato qualcuno davanti a un ordine.
A essere onesti, aveva accettato la decisione dell’Hokage di non potersi avvicinare a Naruto anche con una sorta di sollievo, senza protestare. Si era detto che era meglio così, che aveva solo quattordici anni, che la sua vita nell’ANBU non gli permetteva di badare a un neonato e che tutte le persone che gli si avvicinavano prima o poi morivano. Si era limitato a osservarlo come ANBU da lontano per assicurarsi che nessuno lo rapisse, non si era mai avvicinato e non gli aveva dato modo di intendere la sua presenza. Agli occhi di Naruto non valeva come il fratello maggiore che Minato aveva voluto diventasse, era solo un estraneo. Si era nascosto dietro a un ordine perché aveva paura delle conseguenze di avvicinarsi al bambino.
Ancora una volta, si era nascosto dietro un ordine per paura di fallire come aveva fatto suo padre.
“Hai ragione, sensei” sospirò come se tutto quel discorso fosse stato dibattuto dal fantasma di Minato, non dalla sua coscienza. “Le regole non sono tutto” ripeté quello che gli aveva detto spesso da bambino.
Si rizzò con la schiena e guardò il cielo. Era tardi, il sole si era già tuffato oltre la cinta di mura per il tramonto. Se fosse stato veloce, avrebbe trovato ancora un fruttivendolo aperto.
Tornò al villaggio, attorno a lui i negozi chiudevano ma arrivò in tempo per fare la sua commissione, anche se la verdura rimasta era davvero poca. Quindi, con il suo bel cesto di frutta e verdura saltò sui tetti, diretto verso una zona un po’ periferica e sporca, con le case che si arrampicavano le une sugli altri come nelle costruzioni per bambini. Si fermò in equilibrio sul davanzale di una di esse e appoggiò il cesto su di esso in modo che non cadesse, poi bussò alla finestra.
Avvertì uno spostamento all’interno della casa, ma saltò prontamente sul tetto. Il vento si era alzato durante la giornata, trasportando con sé foglie e polvere. Vide delle manine afferrare il cesto, poi una testa bionda guardare a destra e sinistra.
Sotto la maschera sorrise.
Un passo alla volta, si disse prima di saltare lontano dalla casa.

 

֎

 
Obito non tornò subito a casa, ne approfittò per osservare com’era cambiata Konoha dalla sua infanzia. Cercò soprattutto l’entrata di Root, nella speranza che non fosse troppo nascosta. Secondo Nozomi, era stata “chiusa” solo dopo la strage degli Uchiha, quando l’Hokage aveva perso tutta la sua fiducia per Danzō. Quindi in quel momento non agiva segretamente e immaginava avesse una propria struttura. Infatti riuscì a trovare l’edificio che portava alla struttura sotterranea in meno tempo del previsto. Rimase in osservazione per ore, studiando la sicurezza e gli ANBU all’entrata. La cosa migliore da fare era trovare un modo per conoscere la planimetria interna, ma anche se il suo Kamui glielo avrebbe permesso non ne aveva il tempo. Doveva tornare da Nozomi prima che l’ANBU alle loro costole venisse cambiato e si accorgessero del genjutsu. Aveva ancora molte notti per tentare di conoscere tutto quello che c’era da sapere su Root e Danzō. Mancava ancora un anno alla strage Uchiha, avevano tempo per lavorarci ed era meglio iniziare a farlo una volta che l’Hokage avesse smesso di essere un bastone in culo.
Con una smorfia pensò che forse provocarlo come aveva fatto quel giorno non era andato a vantaggio del loro piano.
Non importa, Nozomi userà quella sua strana magia che lo fa diventare amico di chiunque e risolveremo i problemi di fiducia.
Quando tornò quindi al complesso Namikaze era molto tardi e trovò ben cinque cloni a maledirlo per aver lasciato che Nozomi cenasse da solo. Ne eliminò uno senza troppo rimpianto: gli stava gridando nelle orecchie e in quel modo avrebbe fatto sapere all’altro del suo arrivo.
Infatti non aspettò molto prima di vederlo spuntare da una delle stanze. Aveva alzato i capelli con una bandana, teneva in mano una scopa in perfetto stile casalinga ed era sporco di polvere e ragnatele.
“Ti aspettavo da ore! Dove sei stato?” sbottò petulante.
“Ho osservato Root e ho litigato con l’Hokage”.
“Oh e cosa hai scope… Cosa?!” strepitò realizzando l’ultima parte. “In che senso litigato?”
“Ti ho visto” spiegò, poi capì che doveva specificare: “Ho visto Naruto”.
La reazione fu immediata quanto inaspettata, non immaginava che a quella menzione si zittisse e commentasse solo: “Oh”.
Non seppe come interpretarlo, il che era strano. Aveva imparato a capire Nozomi come un libro aperto in quei due anni, erano rari i momenti in cui gli risultava incomprensibile. Soprattutto era raro vedere quell’espressione un po’ amara, rabbuiata. Probabilmente stava pensando al modo in cui veniva trattato da piccolo.
Corrucciò lo sguardo e lo fissò come se fosse un complicato rebus.
Quando Naruto gli parlava della sua infanzia, l’aveva sempre paragonata alla sua, credendo che gli abitanti del villaggio lo trattassero come lui veniva trattato dagli Uchiha: una persona indesiderata, non voluta da nessuno. Ma lui aveva avuto Rin, che era sempre stata gentile con lui, e anche gli altri ragazzi dell’Accademia lo consideravano un amico, senza contare l’importante presenza di sua nonna.
Eppure, nonostante questo, si era sempre sentito tremendamente solo e svalutato. Qualsiasi cosa facesse, agli occhi del clan era sempre un perdente goffo e stupido. Non immaginava come dovesse essersi sentito Nozomi senza nemmeno la sicurezza di poche persone che lo sostenevano.
“Come fai a non arrabbiarti?” chiese senza rendersene conto.
Nozomi distolse lo sguardo e appoggiò la scopa contro il muro.
“Ma io sono stato arrabbiato per tantissimo tempo, c’era sempre una pezzo di me che voleva distruggere tutto” ammise. “Poi… l’ho accettato”.
“L’hai accettato” ripeté scettico e appena incredulo.
Fece spallucce. “Non potevo tornare indietro e cambiare il fatto che mi odiassero, potevo solo lavorare perché mi accettassero. E poi… non posso biasimarli, c’è sempre stata una grande confusione sui Jinchūriki e i Bijū, nessuno ha mai spiegato a dovere cosa significasse. Credevano che fossi il Kyūbi e be’… Kurama ha ucciso un sacco di persone quella sera. Credevano le avessi uccise io, è ovvio che fossero arrabbiati con me”.
C’erano così tante cose sbagliate in quel discorso a cui voleva replicare, ma riuscì a riassumete il tutto in una sola frase:
“Quando fai così mi fa incazzare a morte”.
Nozomi inarcò un sopracciglio quindi si spiegò allargando le braccia.
L’ho accettato” gli fece il verso. “Col cazzo, a me sembra invece tu stia sopprimendo la tua rabbia solo perché un maestro morto e delirante ti ha detto che devi spezzare il circolo dell’odio”.
Nozomi non apprezzò per nulla il riferimento a Jiraiya e il modo sprezzante con cui aveva parlato, ma assottigliò solo gli occhi permettendogli di continuare.
“Questa cosa non può essere sana, prima o poi quella rabbia esploderà e non puoi nascondere che non ci sia. L’hai accettato. Dei, come puoi dire una cosa così tranquillamente? Non bisogna accettare che dei bambini vengano trattati così!”
Sarebbe come accettare che Rin doveva essere uccisa da Kakashi, ma questo non osò dirlo ad alta voce.
“Io non accetto che cose del genere possano succedere” ringhiò. “Ho accettato che sia successo a me, perché non posso cambiarlo e… quindi? Dovrei prendermela con loro? Ucciderli? La vendetta non è qualcosa che fa per me” scosse la testa. “Preferisco dirigere la mia rabbia nel progetto di un mondo dove nessun altro lo subirà. Preferisco guardare avanti e occuparmi della pace”.
“Questo è impossibile. Non puoi cancellare tutto il dolore dal mondo”.
“Ora parli come Nagato”.
“Qualcuno lo avrà pur indotto a pensarlo. Oh, aspetta: sono stato io”.
Nozomi gli rivolse un gestaccio. “Odio quando vomiti il tuo pessimismo cosmico”.
Sospirò. “Io odio quando fai il Buddha”.
“Non sto facendo il Buddha” lo contraddisse togliendosi la fascia e i ciuffi della frangia calarono sulla sua fronte. “Sto facendo quello che ritengo giusto, quello che il mio maestro mi ha insegnato. E lo farò fino alla fine, dattebayo!”
“Il Buddha, appunto” brontolò.
Nozomi questa volta rise, in quel modo l’aria si stemprò subito e anche Obito smise di sentirsi teso. Ogni volta si chiedeva come fosse possibile, come Nozomi riuscisse con un solo gesto innocuo a spazzare via tutta la tensione.
“Allora, cos’hai detto a Jiji?”
Alzò gli occhi al cielo, faticava ancora a credere che chiamasse uno dei signori più potenti delle nazioni ninja in quel modo infantile. Incrociò quindi le braccia e si appoggiò con la schiena alla parete dietro di lui.
“Niente. Gli ho detto di fidarsi di te e di parlarti del moccioso”.
“E?” non si lasciò incantare.
“…E potrei aver minacciato di rapire Naruto se non lo farà”.
Si aspettava che si arrabbiasse e lo colpisse con la scopa, invece si limitò a sospirare.
“Con Jiraiya avevamo deciso di non parlare di me… di Naruto” si corresse. “Avremmo aspettato che si fidasse di noi senza spingerlo, per non apparire pericolosi”.
Sapeva cosa avevano deciso, ma lui non aveva mai detto di essere d’accordo.
“Be’, ero incazzato” tagliò corto.
“Speriamo solo di non trovarci alla porta un esercito di ANBU con l’accusa di minaccia all’Hokage solo perché ti sei incazzato. Non penso l’accettino come spiegazione” scherzò.
“Come se tu non potessi portarci via con l’hiraishin”.
“E diventare ufficialmente nukenin?” mormorò un po’ amaramente. “Preferirei… ecco…”
“Lo so” replicò togliendogli il peso di dover continuare.
Nozomi voleva restare a Konoha, voleva la sua casa. Forse Konan aveva davvero ragione, qualsiasi cosa fosse successa alla fine Nozomi si sarebbe rivelato uno shinobi di Konoha fino all’osso, e forse questo poteva essere pericoloso...
“Domani resto ad aiutarti con la casa” disse, come a voler chiudere quel discorso.
Nozomi annuì. “Io ho sistemato la cucina, il bagno e la nostra camera, ho anche già cenato. Adesso vado a farmi la doccia, poi mi raggiungi a letto?” propose cominciando ad allontanarsi.
“Non ho bisogno di dormire” gli ricordò.
“Chi ha detto che è per dormire?” gli arrivò dal corridoio con una risatina.
Obito inarcò un sopracciglio e stese le labbra un ghigno di apprezzamento. Si staccò dalla parete e lo raggiunse direttamente nel bagno.
 
 
 
 
Ciaaaao!
Pubblico il capitolo questo weekend perché non avrò la possibilità di farlo per tutta la prossima settimana e preferisco lasciar passe un tempo più lungo tra questo e il prossimo capitolo, visto che nel prossimo capitolo andiamo direttamente allo scontro con Kakashi e Yamato ^^
Ma pensiamo a questo capitolo, dove finalmente Naruto chibi ha avuto il suo pov *coriandoli* Che ne pensate del suo primo incontro con Obito? E la conversazione che ha avuto con Sarutobi? Spero come sempre di essere il più IC possibile ^^’
Vi ringrazio tantissimo per le recensioni che avete lasciato :33 Ci vediamo con il prossimo capitolo, che vi dico subito che è infinito e sarà pieno di azione >.<
 
Hatta.
   
 
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