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Autore: Lupoide    17/05/2020    8 recensioni
Cosa sarebbe successo se, poco prima della nascita di Harry Potter, Regulus Black fosse riuscito a sopravvivere in quell'incauta notte in cui scoprì dell'esistenza degli Horcrux? Come sarebbe andata la storia da lì in poi? Un bivio, un crocevia che porterà una famiglia a riunirsi? Tutto questo avrà risvolti sulla vita del prescelto?
Genere: Angst, Azione, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: I Malandrini, Regulus Black, Sirius Black
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Violenza | Contesto: Più contesti
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Quando Albus Silente, poche ore dopo, si smaterializzò da Hogsmeade a Godric’s Hollow non sapeva ancora a cosa sarebbe andato incontro. E questo per il suo orgoglio era al pari d’uno smacco. Il doversi muovere senza un piano già ben delineato in mente continuava a far avvampare in lui l’agitazione. Eppure, appena giunto di fronte la casa dei Potter, non poté far altro che fermarsi e guardarsi intorno.

Quel posto. Quel maledetto posto non gli consentiva di essere sereno. Un vento gelido e carico di ricordi gli sferzò il viso, proiettandovi una lunga e malinconica ombra.

Per un attimo gli parve di sentire una risata acuta, femminile, in lontananza. Di questo, così come succedeva ogni volta che metteva piede a Godric’s Hollow, si vergognò moltissimo. Scrollò lievemente la testa, pensando a quanti ricordi avrebbe stipato nel Pensatoio, una volta tornato al suo ufficio, per liberarsi di quella pressione che lo stava opprimendo da dentro.

Attese una manciata di secondi, cosicché tutta quella nostalgia lo liberasse dalla morsa, poi richiamò a sé la sua più consueta lucidità e bussò delicatamente alla porta dei Potter.

- Buonasera Lily. Buonasera James. O dovrei dire meglio quello che rimane di questa sera. Ho ricevuto il vostro gufo urgente e non ho atteso oltre per venire a farvi visita.

- Ha fatto bene, professore. La ringrazio per la sua tempestività ma la situazione la necessita, venga le faccio strada. - James si mosse immediatamente dopo aver terminato la frase, conducendo il preside della scuola nel loro soggiorno. Al centro della stanza, seduti a terra e poggiati schiena contro schiena, c’erano i fratelli Black. Quando li mise a fuoco, da dietro le lenti a mezzaluna, Silente sentì salire un groppo alla gola. Si accorse subito che uno dei due era incatenato con la magia e che l’altro invece lo stava fissando con il suo solito sardonico ghigno.

- Questo cane di mio fratello ha deciso di farsi vivo proprio stasera, professore. - proferì Sirius rompendo quel momento di studio. Regulus, dal canto suo, non alzò nemmeno lo sguardo verso il suo vecchio preside, fissando un punto tra i suoi piedi con un tale insistenza che mal celava il suo imbarazzo.

- Buonasera Sirius. E buonasera Regulus.

- Salve professore. - fu la risposta del più piccolo dei Black, pur continuando a nascondere il suo sguardo.

- Sirius, James, Lily. Posso parlarvi un momento in privato?

I membri dell’Ordine si spostarono tutti insieme verso la cucina, lasciando Regulus lì dov’era incatenato. Quando furono soli e chiusi all’interno della stanza, il preside continuò:

- Devo chiedervi una cortesia. Vorrei avere modo di parlare con Regulus da solo.

- Certo professore, non c’è alcun problema.

- Ottimo. Ora, cosa sta succedendo precisamente?

Fu Sirius a rispondere ai quesiti del vecchio professore, ridacchiando con quel suo modo di fare sempre pieno di ironia.

- Vuole sapere che sta succedendo, professore? Quello sciocco di mio fratello si è presentato qui poche ore fa, chiedendo aiuto e protezione da Lord Voldemort perché pare che stanotte l’abbia tradito. Tutto questo millantando d’averci portato un pezzo dell’anima del suo Signore.

Con un rapido movimento della mano, Sirius fece penzolare il medaglione davanti gli occhi del professore. Alla vista di quell’oggetto, Silente aggrottò le sopracciglia dimostrando tutto il suo turbamento in merito.

- Magia oscura. Molto oscura. - disse poi stringendo il medaglione in mano.

Ne poteva percepire il potere, stretto nella morsa delle sue dita, talmente forte da ricordargli una vecchia magia su un libro della sezione proibita di Hogwarts. Mai avrebbe pensato, neanche nelle sue più recondite fantasie, che qualcuno sarebbe stato in grado di replicarla. Era sbigottito, furente e allo stesso tempo con il morale a terra. Quello era solo l’ultima conferma che riceveva su Lord Voldemort e su ciò che era intenzionato a fare. Un ultimo fallimento per lui, che in fondo qualche speranza di redimerlo la nutriva ancora.

- Perdonatemi, è giunto il momento che conferisca con Regulus.

Con quella frase Silente sancì la fine di quella breve riunione dell’Ordine improvvisata, lasciando loro il tempo di salire al piano di sopra e chiudersi in una stanza, così che lui e il giovane Mangiamorte avessero l’intimità richiesta dal preside.

L’anziano professore si portò davanti al ragazzo, e gli sorrise con il suo solito fare benevolo prima di iniziare a parlare:

- È molto tempo che non ci incontriamo, Regulus. Devo dire che non ho mai abbandonato le speranze di rivederti dopo che lasciasti Hogwarts.

Con un movimento della bacchetta lo liberò dalle sue catene, un gesto così repentino e inaspettato che portò il giovane a cadere carponi sul pavimento ancor prima di riuscire a realizzare d’essere libero. Con il suo modo di fare calmo e placido, questi s’alzò lentamente, scrollandosi la polvere dai lunghi abiti neri.

- Sono lieto di rivederla anch’io, professor Silente.

- Non è un segreto che ponessi aspettative molto alte sulla tua persona, sin da quando varcasti la soglia della scuola e devo dire che, sia da studente che da cercatore, le hai sempre rispettate portando onore alla tua antica famiglia.

- Professore, non c’è bisogno di essere così zelanti. Capisco che in questo momento voglia farmi capire che posso fidarmi di lei ma le assicuro che non ce n’è bisogno, altrimenti non sarei qui ora.

Il volto del preside si sollevò di un paio di centimetri, l’unico gesto che tradì la sua sorpresa nel sentire quelle parole così piene di sagacia e brillantezza. Nonostante fossero trascorsi soltanto tre anni, aveva dimenticato quanto Regulus si fosse sempre distinto nella sua scuola per intelletto durante tutto il periodo in cui vi aveva soggiornato. O meglio, non l’aveva completamente dimenticato ma fu comunque piuttosto stupefacente poterne avere un’ulteriore riprova così concreta.

Gli sorrise in risposta.

- Sai bene quanto io ami la diplomazia e i convenevoli, e sai altrettanto bene quanto possa farmi sinceramente piacere rivederti questa sera. Per quanto inaspettato e spaventoso, è comunque un lieto evento. Ti spiacerebbe, dunque, spiegarmi le vicende che ti portano qui?

Per un momento, solo un momento e niente di più, Regulus diffidò di quelle parole. Gli sembrò troppo semplice. Poteva essere così? Era la fine delle ritorsioni per le scelte che aveva intrapreso in gioventù? Niente catene e Veritaserum?

Fu il suo istinto a rispondergli, quel vecchio mago l’aveva avuto sotto gli occhi per sette anni, quelli che l’avevano portato al cospetto del Signore Oscuro, eppure non aveva mai manifestato il suo dissenso per le oculate scelte del suo percorso. Anzi, per tutto quel tempo aveva sentito il sostegno di Silente come vento a favor di vela, per quanto sapesse che i lidi che verso cui navigava il giovane Regulus erano oscuri.

- Dunque è così, professore. Lei continua a fidarsi di me.

- Perché non dovrei farlo, Regulus. Come hai detto tu poco fa, altrimenti per quali motivo saresti qui? Per tradirci e consegnarci tutti a Voldemort? No. Di questo sono certo. Ho sempre visto in te ben oltre il buio e, per quanto apparisse fioca e oscurata, so bene che in te c’è ancora tanta luce che vuole emergere.

Lo fece trasalire. Gli anni trascorsi nell’ombra e gli eventi di quella notte l’avevano forgiato, ma non era minimamente pronto a quel tipo di trattamento. Finalmente, dopo tanto tempo, si riaccese una scintilla in Regulus.

- Sa professore, quello che ho fatto stanotte non è altro che il frutto d’un pensiero che cresceva in me da tempo. Non ho mai avuto il tempo di ragionare su ciò che stessi facendo poiché v’era sempre qualcuno a dirmi quello che dovevo fare. Prima mio padre. Mia madre. Tutta la mia famiglia. Fino a giungere al Signore Oscuro. Eppure… eppure non ho mai sentito mia la figura che mi è stata cucita addosso. Regulus, il figlio perfetto prima e il servitore devoto poi. Cominciai a domandarmi se era questo effettivamente il ruolo che desideravo, mentre tutt’attorno a me non vedevo che morte e sofferenza. Non posso dirle di quali atroci crimini sono macchiate le mie mani, tutto per render merito a quelle stesse persone che, mentre mi lusingavano, chiedevano sempre di più. Sono stanco, professore. Esausto. E quando questa sera ho visto Kreacher… beh, non sono più riuscito a resistere.

- Cosa gli è successo?

- L’aveva abbandonato. Lì. In quella grotta a morire. Solo per mettere alla prova le difese ch’egli stesso aveva pensato per quello stupido medaglione. - ruggì l’ultima frase, Regulus, scattando in avanti con i nervi a fior di pelle. Inspirò rumorosamente con la bocca, poi, e ad occhi chiusi. Quindi riprese: - Non è che una pedina nelle sue mani. Così come lo sono io. Non potevo più accettarlo così gliel’ho rubato, sostituendolo con un falso, e sono fuggito insieme a Kreacher.

Fu interrotto bruscamente da un singhiozzo che ruppe il silenzio nato da quell’ultima frase. Un colpo. Poi un altro. La porta del piccolo ripostiglio presente nel soggiorno tremò e fece scricchiolare i cardini.

Silente levò la bacchetta in quella direzione, puntandola direttamente verso la sorgente di quei tonfi secchi. Per lo stupore di entrambi i maghi, questa però s’aprì lentamente, cigolando e rivelando al suo interno un elfo domestico.

- K-Kreacher non è degno. Non è che lo sporco di un’unghia di padron Regulus. - singhiozzava rumorosamente mentre lacrime copiose gli bagnavano il viso. Una testata alla porta del ripostiglio la fece vibrare di nuovo, dando una ragione ai colpi che prima avevano riempito l’aria del soggiorno. Ripresosi immediatamente dalla botta, l’elfo ricominciò a piangere e a lagnarsi: - Kreacher non merita l’amore del padrone! Padron Regulus ha rischiato la vita per Kreacher! Padron Regulus sta rischiando la vita per Kreacher!

Prima che l’elfo domestico potesse riprendere a testate la porta del ripostiglio, il giovane Black levò una mano nella sua direzione e lo interruppe:

- Fermati. Ti prego, Kreacher. Fermati.

- Voi non capite padrone, Kreacher non è che un sudicio elfo domestico del padrone. Kreacher deve punirsi.

Regulus approfittò di quel momento di pace per avvicinarsi all’elfo, per poi chinarsi sulle ginocchia per poterlo guardare più da vicino.

- Tu non devi punirti, Kreacher. Se non fosse stato per te io sarei già morto. E tutto questo perché non ti sei limitato a essere un semplice elfo domestico. No. Se fosse stato semplicemente così avresti obbedito ai miei ordini e a quelli di Lord Voldemort. Invece tu hai fatto molto di più, amico mio, tu mi hai salvato.

A quelle parole, Kreacher spalancò la bocca e sembrò paralizzarsi come sotto gli effetti di un Pietrificus Totalus, poi levò uno stridio acutissimo ed esplose in un pianto convulso, cercando di nascondere il volto con le mani. Crollò in ginocchio, esasperato dalla commozione che ne stava scuotendo il corpicino.

- NON È DEGNO! KREACHER NON È DEGNO! - cominciò quindi a strillare, prendendo la rincorsa per un’altra testata alla porta del ripostiglio. Fu la mano di Regulus sulla sua ossuta spalla ad arrestarne la corsa.

- Non è vero, Kreacher. Sono io a non essere degno di te. Ti chiedo scusa per quello che ti ho fatto passare stanotte ma ti prego smettila di dire così. Che ne dici se la smettiamo entrambi con questa storia degli indegni e ricominciamo daccapo, eh? Come una coppia di vecchi amici che non si vede da un po’.

Terminò la frase accompagnandola con il palmo della mano destra aperta, a volerla offrire a Kreacher così da suggellare una resa che potesse recare pace a entrambi. Le condizioni erano semplici: le scuse dell’uno per aver attentato alla vita dell’elfo domestico, e quelle dell’altro per la reazione che aveva avuto a trovarsi sullo stesso piano del padrone.

La mano di Kreacher strinse quella di Regulus, bagnandola delle stesse lacrime che gli coprivano il viso.

- Ora fammi un favore, raggiungi Sirius e gli altri di sopra. Quando avrò terminato la conversazione con il professor Silente verrò a chiamarti.

- Sì, padron Regulus. Tutto quello che vuole il padron Regulus. Anche se Kreacher dovrà condividere la camera con padron Sirius, Kreacher lo farà per padron Regulus.

Gli scappò una risata. Quegli ultimi istanti erano stati così forti che Regulus non riuscì a trattenersi. Erano anni che non si sentiva così.

Osservò l’elfo domestico corre fino alle scale e solo allora incontrò nuovamente lo sguardo di Silente.

- Visto? Tanta luce da illuminare una stanza. - gli disse con il suo solito tono paterno.

Fu in quel momento che il giovane Black sentì montare un groppo in gola, gli occhi si offuscarono per il velo di lacrime che l’aveva inumiditi e dovette impegnarsi notevolmente per restituire un singhiozzo al suo petto che minacciava di farlo prorompere dalle labbra.

- Voglio essere sincero con te, ragazzo. Sei una posizione difficile. Da una parte c’è la coscienza del gesto che hai commesso stanotte, le conseguenze che ti tormenteranno d’ora in poi e una vita da braccato, esattamente come quella di tuo fratello. Dall’altra però, permetti che sia io a gettare un po’ di luce sulle ombre che ti attanagliano in questo momento. Se guardi bene, sai che non sei solo, per quanto tu possa sembrarlo e sentirti così. Tutto dipenderà da cosa deciderai di fare stanotte, io non ti fermerò né ti incatenerò così com’è successo poco fa ma sappi che se sceglierai di tornare al cospetto di Lord Voldemort, sarai tu il carceriere di te stesso.

- No, professore, non lo farò. Sono qui per restare.

- Bene. Ciò mi rende sinceramente felice, Regulus. Ora, tornando a noi, ti spiace raccontarmi cos’è successo oggi?

Lo fece. Gli raccontò tutto. Per filo e per segno. Di come Lord Voldemort gli aveva chiesto in prestito Kreacher, di come l’avesse usato per mettere alla prova le difese al medaglione, del lago buio, della barca, dei corpi morti che aveva scorto nell’acqua, della pozione e infine di com’era giunto lì.

Silente rimase ad ascoltarlo senza proferir parola fino alla fine. Poi lo guardò negli occhi e sollevò quello stesso medaglione davanti a lui.

- Quindi anche tu pensi ciò che avevo immaginato io. Un Horcrux.

- Sì, professore.

- Puoi attendermi un minuto?

- Certamente.

Silente salì le scale e sparì dalla vista di Regulus per un minuto, quando riapparve non era più solo. C’era Sirius con lui. Questi lanciò una lunga occhiata al fratello, per poi smaterializzarsi in una frazione di secondo.

- Devo chiederti di avere un ulteriore momento di pazienza. Ho fatto mandare a chiamare una persona per avvalermi dei suoi servizi di consulenza.

Regulus annuì semplicemente, riservando al silenzio la risposta.

L’attesa non fu lunga, una manciata di minuti dopo Sirius riapparve al centro del soggiorno e con lui c’era un altro uomo.

- Regulus, ti presento un vecchio amico e un Auror formidabile, Frank Paciock.

- Ci conosciamo già, Albus. Ci siamo incontrati più di una volta in questi ultimi anni, vero Regulus?

- È un piacere rivederti, Frank.

I toni freddi di quella brevissima conversazione facevano perfettamente trasparire i motivi per cui si erano incontrati negli ultimi tempi. Difatti, questo era accaduto solo durante gli scontri tra Auror e Mangiamorte e Frank godeva di una certa popolarità tra quest’ultimi. Ovviamente, non in senso positivo, anzi. Troppe volte il suo nome passava di bocca in bocca tra i Mangiamorte quando v’erano nuovi arresti tra le loro fila.

- Frank, ti chiedo scusa per averti buttato giù dal letto a quest’ora ma mi piacerebbe che tenessi in custodia quest’oggetto e che lo studiassi per me. Qualora dovessi avere novità interessanti in merito ti prego di contattarmi con una certa celerità. È una questione di vita o di morte. - disse l’anziano professore con tono solenne continuando a fissare il medaglione, come se il suo sguardo venisse magneticamente attratto da esso.

Il signor Paciock si esibì in un accenno di inchino, quasi a voler sottolineare l’influenza che il vecchio professore avesse su di lui, poi prese il medaglione e lo infilò in una tasca del mantello.

- Quanto a noi, Regulus. Sono certo che tu convenga con me che l’ipotesi migliore in questo momento sia evitare di palesare la tua fuga al Signore Oscuro, per cui ti chiedo di tornare a casa e dimenticare questa notte, per il momento.

- Ma professore…

- Credo che questa sia la soluzione migliore per il momento, domani stesso ti invierò un gufo per dirti cosa fare nei prossimi tempi.

- Ma…

- Dobbiamo trovarti un posto sicuro dove stare e senza arrecare disturbo a nessuno.

- No.

Finalmente Silente arrestò il suo passo, stava continuando a camminare avanti e indietro per il soggiorno, una vecchia abitudine che l’aveva sempre aiutato a pensare. Eppure dovette fermarsi. Quel no lasciato a mezz’aria si sposava perfettamente con l’espressione di negazione di Regulus.

- Non mi sono sottratto a una scacchiera per divenire una pedina su un’altra. Non ho alcuna intenzione di arrecare disturbo a nessuno di loro ma neanche voglio passare il resto della vita a nascondermi.

Nuovamente silenzio nella stanza.

- E quindi cosa vorresti fare? - si decise a chiedergli Sirius con il viso dipinto di nuovo da quel sardonico sorriso.

- Non lo so… non lo so proprio.

  
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