Libri > Twilight
Segui la storia  |       
Autore: fra_puf    18/05/2020    7 recensioni
[Dal primo capitolo:
< Cos’è? > Chiese con tono pacato. La sua voce era di una morbidezza disarmante.
Deglutii con fatica, per ritrovare la voce.
< È… un invito. Per una festa > Risposi, cercando di apparire il più disinvolta possibile.]
Isabella Swan, appena diciannovenne, inizia a frequentare un'Università in Alaska.
Grazie ad una borsa di studio alloggia in un dormitorio per studenti, al primo piano.
Al terzo, nella camera 3B, vive un misterioso ragazzo di cui nessuno sa quasi nulla… ed è il figlio adottivo della Rettrice.
Genere: Fantasy, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alice Cullen, Carlisle Cullen, Edward Cullen, Esme Cullen | Coppie: Alice/Jasper, Bella/Edward, Carlisle/Esme, Emmett/Rosalie
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
CAP. 3. “Di nuovo”
 
< Muoviti, siamo in ritardo! > Esclamai, strattonando per l’ennesima volta il braccio di Tessa che si ostinava a procedere alla velocità di un bradipo, trascinando i piedi a terra.

Da quando eravamo uscite non aveva fatto altro che lamentarsi; non era neanche iniziato l’anno e già era ‘stufa’ di andare a lezione.  
Il suo umore era grigio come il cielo sopra di noi.

< Rilassati Bella, non sei più al liceo. > Rispose lei, sbadigliando. < Qui puoi arrivare quando ti pare; niente più note o chiamate in presidenza > Da come parlava, sembrava avere parecchie esperienze di quel tipo alle spalle; < E poi c’è talmente tanta gente che se anche arrivi in ritardo non se ne accorge nessuno >

La squadrai allibita.

Non l’avevo presa sul serio quando mi aveva lasciato intendere che si fosse iscritta all’Università soltanto per far festa, ma iniziavo a pensare che le cose stessero davvero così.

< Beh, io voglio arrivare puntuale > Ribattei risoluta, tirandola con più forza e cercando di accelerare il passo. 

Ormai c’eravamo quasi. Vedevo svettare di fronte a noi le palazzine del campus dove venivano svolti i corsi. I complessi principali erano tre: l’edificio di economia e giurisprudenza, quello di scienze applicate e ingegneria, e l’ultimo, delle facoltà di lettere e psicologia.

Fortunatamente Tessa era iscritta ad economia e il suo edificio era il più vicino. Una volta scaricata lei lì, avrei anche potuto correre (anche se, chissà perché, una vocina nella mia testa mi sconsigliava vivamente di farlo).


Intenta com’ero a maledirmi per aver proposto a Tessa di andare assieme a lezione, mi accorsi solo all’ultimo momento della sfavillante Porsche color blu metallizzato che ci stava tagliando la strada per entrare nel parcheggio studentesco lì a fianco.

< Oh, ma fammi il piacere! > Sbottò Tessa, alzando le braccia in segno di protesta.
< Era proprio necessario venire in macchina?! Abita a mezzo isolato da qui! >

Di colpo aveva ritrovato le energie.

Preferii non chiederle spiegazioni ed aspettare di vedere da me chi sarebbe sceso dall’auto.

La prima portiera ad aprirsi fu quella dal lato del passeggero; scese un ragazzo alto, con i capelli biondi, mossi e lunghi quasi fino al mento.
Non ero abbastanza vicina da poterlo vedere bene in faccia, ma era senza dubbio un bellissimo ragazzo.
Pochi istanti dopo si aprì anche l’altra portiera e il guidatore – o meglio, la guidatrice – scese dalla Porsche.  

Capii all’istante di chi si trattasse: Alice Cullen.
Avevo rapidamente fatto mente locale, mettendo insieme le informazioni raccolte su di lei nei giorni precedenti, e tutto quadrava perfettamente:
viveva fuori dal campus, era piuttosto piccola di statura e, ovviamente, era assolutamente stupenda; ma ciò che mi aveva tolto ogni dubbio era stata la reazione irritata di Tessa.

A pensarci bene, la sua gelosia non era poi così ingiustificata.
Non appena scesa dall’auto, infatti, Alice aveva attirato su di sé gli sguardi di metà dei presenti; e solo perché l’altra metà era ancora presa a guardare a bocca aperta la sua macchina.

La ragazza indossava un paio di stivali neri dal tacco alto, un lungo trench beige e, nonostante il cielo coperto, portava un paio di occhiali da sole dalla montatura eccentrica.
Ma la cosa da cui proprio non riuscivo a distogliere lo sguardo era il sorriso, seducente e al contempo sbarazzino, che sfoggiava con estrema naturalezza.

Tessa mi afferrò per un braccio.
< Muoviamoci Bella. Prima che… >

< Tess! > La voce squillante di Alice interruppe la sua frase.

Lei e il suo affascinante accompagnatore stavano venendo verso di noi, mano nella mano, aggraziati e sorridenti come una coppia di modelli in passerella.

Sentii il mio stomaco contorcersi.

Come facevano ad essere così gioiosi e impeccabili alle otto e mezza del mattino?
Io non avrei avuto una cera -e un umore- del genere neanche dopo 48 ore di spa.

Più si avvicinavano e più avevo la sensazione di starmi rimpicciolendo; mi sentivo come una minuscola formica al cospetto di due leoni.

Dovevo riconoscerlo, Tessa non aveva esagerato.
Ogni volta che conoscevo un nuovo Cullen, una piccola parte della mia già misera autostima si sbriciolava.
Dovevano proprio essere così tanti?
 
< Ehilà! > Esclamò Alice, togliendosi gli occhiali da sole ed esibendo la sua dentatura perfetta in un enorme sorriso.

Il ragazzo ci sorrise a sua volta, ma rimase in silenzio incrociando le braccia dietro alla schiena.

< Pronta per un nuovo anno assieme, eh Tess? > Ridacchiò Alice, dandole una gomitata amichevole.

Mi venne da chiedermi se tutto quell’entusiasmo fosse effettivamente autentico, o se invece fosse solo una montatura per stuzzicare un po’ Tessa.

< “Pronta” è una parola grossa > Bofonchiò Tess per tutta risposta.

Non c’era la minima traccia di ironia nella sua voce, eppure Alice scoppiò a ridere, prendendolo -o più probabilmente fingendo di prenderlo- come uno scherzo.

Quindi si voltò verso di me, squadrandomi da capo a piedi con i suoi grandi occhi vivaci.
< Tu devi essere nuova > Osservò, rivolgendomi un sorriso rassicurante.

< Sono Bella > Risposi di getto, tendendo una mano verso di lei.

Mi sentii immediatamente più tranquilla, come se mi fossi tolta un peso.
Presentarmi ad uno sconosciuto era sempre una piccola tortura per me: il più delle volte comportava momenti di disagio e lunghi silenzi imbarazzanti; situazioni che non ero particolarmente brava a gestire.

Fortunatamente non fu quello il caso; anzi, Alice si rivelò quasi più vulcanica di Tessa.
< Ma certo! Isabella Swan! > Esclamò eccitata, voltandosi verso il ragazzo e stritolandogli un braccio < È lei che ho visto alla festa! >

La guardai sbigottita, senza capire di cosa stesse parlando, e Tessa si voltò verso di me fissandomi nello stesso identico modo.

< Quale festa? > Chiese, sospettosa. < Vi siete già conosciute? >

Il ragazzo lanciò un’occhiataccia ad Alice, che si ammutolì di colpo.
Poi le cinse i fianchi con un braccio, stringendola a sé.

< Voleva dire sull’invito. Ha visto il nome di Isabella sull’invito della festa di sabato > La corresse frettolosamente, accennando un sorriso che tradiva un po’ di agitazione.

Né io né Tess eravamo troppo persuase da quella spiegazione, soprattutto visto lo strano modo in cui i due si erano appena comportati, ma prima che una delle due potesse dire qualcosa, il ragazzo si protese in avanti per stringermi la mano che ancora tenevo sollevata.

< Jasper ed Alice Cullen, piacere > Disse a nome di entrambi, con voce profonda.

Nell’esatto istante in cui incrociai il suo sguardo penetrante, mi sentii immediatamente rasserenata.
Non riuscivo a capire da dove, tutto d’un tratto, spuntasse fuori quella sensazione di tranquillità; era come se qualcuno me la stesse iniettando nelle vene.

Smisi di farmi domande su quanto era appena accaduto e mi concentrai sulla sua presentazione.
Jasper ed Alice Cullen, aveva detto?
Quindi erano fratelli? Adottivi, ma pur sempre fratelli.
Eppure, il loro comportamento era decisamente più simile a quello di una coppia.
Ero confusa…

< E dove avreste visto questo invito? > Borbottò Tessa, decisa a non lasciar perdere la questione.

Bastò che Alice inarcasse un sopracciglio perché Tessa, improvvisamente imbarazzata, si affrettasse a correggere il tiro:
< Cioè, ovviamente avrei invitato anche voi. > Farfugliò arrossendo lievemente;
< Ma per il momento ho distribuito gli inviti solo nel dormitorio >

Alice si strinse nelle spalle con nonchalance.

< Mah, non ricordo esattamente, ieri abbiamo incontrato qualcuno che ne aveva uno… > Spiegò, vaga.

Tessa non sembrava ancora convinta, ma si trovava in una posizione troppo scomoda per continuare ad insistere.
Quindi, sfoderò il sorriso più naturale che riuscì a trovare ed esclamò, allargando le braccia:
< Beh, colgo l’occasione per invitarvi ufficialmente! Sabato sera da noi alle 21.30 > Era un tentativo un po’ goffo di salvataggio in corner, ma parve funzionare.

Alice ricambiò il sorriso, entusiasta.
< Ottimo! >

< Mi scuserete, ma io non potrò essere dei vostri > Disse Jasper.

Alice gli rivolse uno sguardo supplicante, ma lui insistette:
< Devo fare quella cosa con Emmett piccola. Te l’avevo detto > E, delicatamente, le diede un bacio sulla punta del naso.

< Non hai paura di lasciarla sola ad una festa, dopo ciò che è successo all’ultima? > Si intromise Tessa. Per quanto si sforzasse, non riusciva proprio a farsi gli affari suoi.

Si stava chiaramente riferendo al piccolo incidente con Hunter.

Inaspettatamente, sia Alice che Jasper scoppiarono a ridere.
< Ho più paura per quei poveri ragazzi, credimi. Non esiste niente di più spaventoso di una Alice infuriata > Ridacchiò il ragazzo.

Lei gli diede uno spintone, ma continuò a ridere.

Che fossero fratelli, fratellastri o qualsiasi altra cosa, poco importava: erano davvero una bella coppia.

< Dai, andiamo che è quasi ora > Aggiunse Jasper, ricordandomi che eravamo già in ritardo prima di fermarci a parlare con loro.

Ci salutammo in fretta e ognuno si diresse verso il proprio edificio: Jasper verso quello di psicologia, Tessa ed Alice assieme verso quello di economia ed io verso il più lontano, dove si tenevano i corsi di scienze applicate.

Quando raggiunsi la struttura, mi sorpresi di quanto fosse grande vista da vicino.
Sapevo che le mie capacità di orientamento lasciavano parecchio a desiderare, così presi uno degli opuscoli con cartina incorporata che erano sistemati su un banchetto di benvenuto accanto alla porta d’ingresso.

Dopo aver studiato la piantina per qualche minuto ed essermi sentita un’idiota rendendomi conto di aver guardato per tutto il tempo la mappa di un altro edificio, decisi di correre al terzo piano, guidata più dall’istinto che altro.

Camminai svelta per il corridoio con lo sguardo puntato sulla cartina, in cerca del laboratorio di chimica, dove dovevo avere la mia prima lezione.
Finalmente, raggiunsi la porta di un’aula che pareva corrispondere al disegno sulla mappa.

Allungai il braccio per aprirla, ma proprio un attimo prima che afferrassi la maniglia, mi sentii trattenere per la manica del giubbotto.
< Credo che tu stia sbagliando aula >

Riconobbi immediatamente quella voce, sebbene l’avessi sentita una volta sola.
Per un attimo rimasi immobile, senza fiato; ma poi mi voltai, impaziente di ridare nitidezza al ricordo confuso che avevo di quel viso.
E lo trovai lì, davanti a me, in tutta la sua perfezione.

Fu un altro colpo allo stomaco, proprio com’era stato vederlo la prima volta.
Mi presi qualche istante per fotografare mentalmente più dettagli possibile di quel volto.
I suoi occhi erano esattamente come li ricordavo, e come li avevo avuti perennemente in testa nei due giorni precedenti: caldi, espressivi e in qualche modo indagatori.
Il loro colore particolare era messo in risalto dalle lunghe ciglia scure e dal contrasto con la carnagione pallida.
L’unico dettaglio che portava un po’ di disordine in quel viso impeccabile, erano i ciuffi ribelli dei suoi capelli color castano-rossiccio.
 
Dopo alcuni secondi, che mi parvero infiniti, lui aggrottò leggermente la fronte e mosse piano una mano davanti al mio viso, come per assicurarsi che fossi cosciente.
Arrossii, ma cercai di nasconderlo abbassando immediatamente lo sguardo sulla cartina che stringevo tra le mani.

< No, uhm… non credo > Farfuglia, girandola in ogni direzione con fare impacciato < L’aula dovrebbe essere questa > Feci, indicando un punto sulla mappa col dito che mi tremava dall’agitazione. < Io sono…>

< Al piano sbagliato > Mi interruppe lui. <Di nuovo> Aggiunse in un bisbiglio, e gli scappò un sorriso.

Non c’era alcuna traccia di derisione nel tono con cui lo disse, tuttavia ciò non impedì al mio cuore di iniziare a battere all’impazzata, pulsando litri di sangue che finirono tutti sulle mie guance in una manciata di secondi.

Lui probabilmente se ne accorse, perché distolse immediatamente lo sguardo da me, come per evitare di crearmi ulteriore disagio.
Tuttavia continuò a sorridere, più divertito di prima.

Non riuscivo a trovare le parole da dire, né tanto meno la voce con cui dirle.
Aprii la bocca pronta a scusarmi per la figura pietosa di tre notti prima, cui lui aveva appena fatto implicito riferimento, ma tutto ciò che riuscì ad uscire dalla mia bocca fu un timidissimo e mortificatissimo < Già >.

I suoi occhi saettarono nuovamente su di me.
Ogni segno di divertimento era sparito dal suo viso; sembrava confuso e quasi dispiaciuto, come se si fosse aspettato una reazione diversa da parte mia.
Probabilmente aveva pensato che mi sarei messa a ridere, ma sopravvalutava il mio senso dell’umorismo.

< Ti ringrazio per l’altra sera > Si affrettò a dire, lasciando da parte il sarcasmo.

Esitò un momento, aggrottando le sopracciglia.

< Davvero, grazie per avermi voluto invitare. Sei stata gentile > Disse piano, scegliendo le parole con attenzione, come fossero passi in un campo minato.  

Rimase a guardarmi in silenzio, con un’ombra di agitazione negli occhi, in attesa di una mia reazione.

Ero sbalordita.
E non tanto dalle sue parole, quanto dalla cura con cui le aveva scelte per farmi sentire a mio agio.

Abbassai gli occhi. Sostenere il suo sguardo troppo a lungo era veramente faticoso.
 
< È la festa di Tessa in realtà, io l’ho solo aiutata a distribuire gli inviti… > Spiegai, grattandomi la fronte.

Lo sentii ridere tra sé.

< Tessa non mi avrebbe mai invitato. >

< Non puoi saperlo > Ribattei in automatico.

Sapevo che aveva ragione, ma con tutta la premura che aveva appena dimostrato nei miei confronti, non mi andava proprio che pensasse di essere sgradito.

< Invece posso > Disse, rivolgendomi un sorrisetto scaltro.
< So esattamente cosa pensa Tessa di me. >

Fece una breve pausa.
I suoi occhi, estremamente concentrati, mi studiavano con attenzione.
Lungi da me l’idea che ad incuriosirlo potessi essere io come persona -dato che per tutto il tempo non avevo fatto altro che farfugliare frasi sconnesse-, iniziavo a credere che mi vedesse un po’ come uno strano animale da analizzare in laboratorio.
 
< Ma non so cosa pensi tu… > Mormorò, corrugando la fronte.
< Mi interesserebbe saperlo >

Rimasi sorpresa e confusa da quelle parole.

< Cosa penso… di cosa? > Balbettai.

< Di me. > Rispose, con estrema disinvoltura.

Non riuscivo proprio a capire dove volesse andare a parare.
Pensai che fosse un altro modo per mettere alla prova il mio senso dell’umorismo.

< Di te? > Sorrisi divertita. < Non penso nulla. Non ti conosco >

Lui scosse la testa, con un sospiro leggermente spazientito.
< No, questo lo so, certo. > Alzò gli occhi al cielo, come se dovesse spiegare un’ovvietà; < Ma un’idea ce la si fa sempre, al primo incontro >.

In tutta onestà, non mi ero ancora fatta alcuna idea su di lui.
Tutto ciò che aveva detto o fatto fino a quel momento non era servito ad altro che a confondermi le idee.
Perfino in quel momento non riuscivo a capire se si stesse prendendo gioco di me o se fosse veramente solo curioso.

L’unica cosa che al momento avrei potuto dirgli con sicurezza, era che lo trovavo un bellissimo ragazzo.
Peccato, ovviamente, che una cosa del genere non l’avrei mai detta, neanche sotto tortura.

< Io cerco di evitarlo. Non mi piace giudicare le persone a pelle > Risposi.

Rimase in silenzio, visibilmente colpito dalle mie parole.

< Devo ammettere che è una bella cosa. > Convenne dopo qualche istante di riflessione, sorridendomi

Colsi la palla al balzo.
Forse avevo individuato lo spiraglio che permetteva di avvicinarsi al ragazzo solitario. Spiraglio che né Tessa né altri erano riusciti a trovare.

< Beh > Dissi, mordendomi un labbro < Spiacente, per il momento non posso dirti altro. Ma quando ci conosceremo meglio, potrai chiedermelo di nuovo >

Il suo volto si irrigidì e distolse immediatamente lo sguardo.

< Credo che dovrò farne a meno allora > Disse secco.

Poi sospirò e tornò a guardarmi, con un’espressione amareggiata in viso.
Sembrava che due parti di sé stessero combattendo tra loro.

< Non mi fraintendere. Non voglio risultare maleducato, ma non sono interessato a farmi degli amici >.

Mi ero sbagliata.
Non c’era nessuno spiraglio.
Sebbene Tessa mi avesse spiegato che il suo atteggiamento era sempre stato quello nei confronti di chiunque, non riuscivo a non prenderla sul personale.
Poteva anche essere il suo carattere, ma lì e in quel momento lui aveva detto che non aveva interesse a conoscere me.

D’altra parte, come biasimarlo?
Io e io, e lui era… beh, non sapevo chi fosse, ma indubbiamente stava ad un livello più alto del mio.

L’ultimo briciolo di dignità che mi era rimasto mi ordinò di non restare lì impalata a lasciare che Edward intuisse il mio abbattimento.

< Devo andare. La mia lezione starà iniziando > Dissi a mezza voce, e senza aspettare una sua risposta mi incamminai a lunghi passi lungo il corridoio.

< Dall’altra parte, Isabella > Mi richiamò lui, con tono del tutto inespressivo.

Perfetto. L’ennesima figura da imbranata.
Se c’era un po’ di sangue nel mio corpo che ancora non fosse finito sul mio viso, ci finì in quel momento.

Tenendo lo sguardo fisso sul pavimento e i pugni stretti, mi voltai e mi diressi rapidamente nella direzione opposta.
 
 
   
 
Leggi le 7 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Twilight / Vai alla pagina dell'autore: fra_puf