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Autore: Sheep01    20/05/2020    2 recensioni
[IT, Principalmente Movieverse, possibili accenni a Doctor Sleep]
Ogni giorno gli sembrava andasse un po' meglio, fino a quando non si trovava di nuovo a pensare a cosa avrebbe potuto fare per impedire quell'orribile, definitivo epilogo.
Se solo quel drammatico giorno avesse interpretato in modo fulmineo quello che le luci gli avevano suggerito. Quello che aveva visto, attraverso l'infinito mistero dei Pozzi Neri. Ma Eddie lo aveva strappato al suo tragico destino troppo presto, troppo rapidamente perché potesse assorbire appieno quello che la sua coscienza sul futuro gli stava rivelando.
Genere: Dark, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Cross-over, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO 2

 

 

«Siamo qui da quasi due ore, Mike...»

Richie si era lasciato ricadere pesantemente a terra, sulla riva del torrente. La giornata era cupa e il cielo grigio minacciava pioggia imminente. I Barren non gli erano mai sembrati tanto deprimenti.

«Forse dovremmo andarcene», esalò arreso, mentre l'uomo alle sue spalle lo osservava lanciar sassi che andavano a disperdersi nell'acqua.

Forse tutto quello che aveva sognato non era altro che un desiderio, più che una premonizione. Più il tempo passava, più l'entusiasmo della notte precedente lasciava spazio a sentimenti foschi e deprimenti. Era davvero sicuro fossero proprio quello che gli avevano rivelato i Pozzi Neri? Beverly era rimasta vittima della stessa disgrazia, ma era riuscita a prevenire il tragico epilogo per tutti prima che si compisse, non successivamente. Non aveva potuto fare nulla per Stan, né tanto meno per Eddie però; cosa gli faceva anche solo pensare che fosse un suo privilegio mettere una pezza a quell'ingiustizia? E soprattutto, che diavolo aveva pensato di ritrovare ai Barren? Eddie vivo e vegeto, svenuto nelle acque della cava tipo novella Ofelia, prima del suicidio? Assurdo.

Si passò una mano sul viso, prima di decidersi a rimettersi in piedi.

«Basta. Andiamocene», decretò definitivo, stufo di aspettare una rivelazione che evidentemente non aveva alcuna intenzione di giungere.

«Sei sicuro?» lo interrogò Mike, dando uno sguardo rapido al cellulare che stringeva fra le dita.

«Sono sicuro. È evidente che ho preso un abbaglio. Probabilmente non era qui che dovevo venire. Mi spiace di averti costretto a seguirmi.»

Mike sbuffò qualcosa di incomprensibile.

«Non che avessi qualcosa da fare, comunque. Forse devo ricordarti che mi sono licenziato...»

Richie serrò le labbra, senza sapere che farsene di una tale informazione.

«Non me ne sono dimenticato. Come non mi sono dimenticato che non dovresti essere qui... a Derry, intendo. Ma a guidare verso il sole della Florida accompagnato dalla musica di qualcuno dei tuoi cantanti preferiti, che per la cronaca, dopo ventisette anni non so più nemmeno quali siano.»

«Ne abbiamo già parlato, Richie.»

«Dei tuoi cantanti preferiti?»

«No... io...»

«Lo so. Lo so, Mike», lo prevenne, «ma questo non mi impedisce di sentirmi comunque in colpa. Forse mi sono sbagliato... forse mi si è solo fottuto il cervello e questa storia non è che la conferma che dovrei andare in terapia, una volta per tutte.»

«Non è così e lo sai anche tu. Solo perché le cose non si risolvono nel giro di ventiquattro ore non significa che bisogna mollare il colpo. Te lo dice una persona che ha aspettato ventisette anni per capire come risolvere una situazione...»

Richie alzò lo sguardo su di lui. Mike aveva ragione ma questo non lo faceva sentire meglio.

«Non credo di essere pronto ad aspettare altri ventisette anni per capire che sta succedendo. Non ci arriverei sano di mente.»

«Sono sicuro che non sarà così. Comunque...» lo vide sventolare il cellulare, «Ben e Beverly hanno prenotato un volo per Bangor, domani.»

«Stai scherzando? Li avevamo pregati di aspettare!»

«Come avevamo fatto con Bill. Ma non credo ci sia modo di fermare il motore una volta rimesso in moto. Non combatterci, accettalo e basta.» Era della vaga ironia, quella che avvertiva nella sua voce?

«Sai che sono sempre felice di avervi attorno, tipo gatti attaccati ai miei sacri gioielli, ma è come se avessi una zavorra che mi trascina a fondo... che finirà per trascinare a fondo anche voi.»

Mike scrollò le spalle.

«Può darsi, ma abbiamo imparato che insieme possiamo anche dare uno strattone alla zavorra e risalire in superficie.»

Mai metafora gli sembrò più azzeccata. A volte si rendeva conto di quanto volesse bene a Mike, di quanto volesse bene a tutti. E gli faceva male il cuore a pensarci.

«D'accordo filosofo Mike, basta così», alzò le mani, arreso, «potresti uccidermi a furia di massime. Quindi ce ne andremo di qui, prima che tu possa seppellirmi di sapienza. E magari andiamo a fare una colazione come si deve.»

«Ma abbiamo già fatto colazione...» ribatté perplesso.

«Perché non consideri la seconda colazione. Non lo sai che noi Hobbit abbiamo uno stomaco che va soddisfatto costantemente?»

«Mi sembri un po' troppo grosso per essere un Hobbit.»
«Mia madre mi gonfiava di steroidi.»

Mike rise e guardò l'orologio per controllare l'ora.

«Forse Jonas serve ancora i pancakes a quest'ora... che dici?»

Richie fece per rispondere, soddisfatto della soluzione, ma un improvviso formicolio alla base della nuca lo freddò sul posto.

Il vento gli sembrò improvvisamente meno sibilante, il suo suono più pastoso e il freddo che si portava appresso sembrò divenire caldo e profumato. Come se il sole, invece di starsene nascosto sotto strati di nuvole, fosse ora emerso di nuovo e pronto a distribuire il suo calore.

«C'è qualcuno?»

Si voltò di scatto, richiamato da una voce alle sue spalle. Una voce tanto vicina, quanto ovattata. Come soffocata dietro un vetro di plexiglass.

«Chi è là?» domandò, mentre Mike poco distante si faceva improvvisamente vigile.

«Che succede, Richie?»

«Non hai sentito?»

«Cosa? Non ho sentito niente.»

«La voce! La voce, non l'hai sentita?»

Vide l'uomo scuotere la testa e la sua frustrazione si elevò rapidamente.

Percorse a ritroso il tragitto lungo il fiume, fino a raggiungere il tunnel che si erano lasciati alle spalle solo qualche minuto prima.

«Sei qui dentro?» esclamò. La propria voce si diffuse cavernosa, rimbalzando sulle pareti di cemento del grosso tunnel. «Se è uno scherzo non è divertente!»

Restò in ascolto, ma tutto ciò che gli rimandò il vento fu il suono dell'acqua del ruscello alle sue spalle.

«Merda...» sussurrò portandosi una mano al viso. Stava davvero impazzendo? Eppure...

«Io non ci ritorno là dentro... non ci ritorno là dentro!»

Riaprì nuovamente gli occhi. La voce più nitida ora. Riconoscibile.

«Eddie....» esalò, «EDDIE!»

 

*

 

Raccolse un po' d'acqua con le mani e se le passò sul viso per l'ennesima volta. Adesso che la luce del mattino aveva inondato quell'angolo di mondo, poteva dire, senza ombra di ragionevole dubbio, quanto quelle acque non fossero poi così limpide come gli erano sembrate al solo chiarore della luna; ma non gli parve il caso di fare lo schizzinoso, considerato che quella era l'unica risorsa disponibile per evitare di andarsene in giro coperto di fango. E per levarsi di dosso l'odore nauseabondo di fogna e morte, che era sicuro di essersi trascinato appresso dal luogo oscuro da cui era emerso.

Riaprì gli occhi solo per specchiarsi nei rivoli d'acqua che gli scorrevano a pochi centimetri dal naso. Non riusciva a dirlo con certezza, ma quel volto, per la prima volta dopo ore, cominciava a sembrargli familiare. Non un uomo giovane. Non un uomo anziano. Qualcosa che lo collocava in una fascia d'età indefinita. Non particolarmente bello, non particolarmente ripugnante. Nè carne, né pesce. Un volto che non raccontava niente di lui. Non ancora almeno. Come non raccontava niente di lui quell'anello che aveva al dito. Una fede nuziale. Qualcuno lo aspettava, da qualche parte, ma chi? All'interno solo una data. Nessun nome. Se l'era tolta, per paura di perderla e infilata nella tasca dei pantaloni. Il dito aveva una fascia di pelle più pallida in corrispondenza dell'anello. Nessun ricordo. Nessun pensiero felice.

Il sole era alto e caldo nel cielo. Poteva essere primavera inoltrata, come fine estate. La maglia che si era interessato di sciacquare nel torrente giaceva, ora asciutta, al suo fianco. Si preoccupò di tastarla, prima di indossarla nuovamente. Odorava ancora di qualcosa di rugginoso e familiare, ma aveva constatato di non essere ferito, nonostante la sensazione del sangue sulle mani e sulle labbra lo avesse tormentato per tutto il tempo trascorso a piedi, dietro alla tartaruga.

Il tessuto intiepidito dal sole gli restituì una sensazione confortevole sulla pelle. E Dio solo sapeva quanto avesse bisogno di un po' di conforto.

Ancora doveva capire dove diavolo fosse. Il luogo gli sembrava vagamente familiare, ma ovunque posasse lo sguardo non vi era altro che fitta vegetazione, cielo e acqua. Gli sembrò di essere precipitato in un limbo. Un limbo che però non impedì al suo stomaco di brontolare vivacemente, per la mancanza di cibo.

Le persone morte non hanno fame. Fu il primo pensiero che lo colpì. E poi: le persone morte non sentono il sole sulla pelle, non provano stanchezza o dolore, né sentimenti tanto violenti. Passava da momenti di angoscia più profonda a quelli di speranza più limpida con una facilità sconcertante.

Si rimise in piedi, deciso a muoversi da lì, ora che aveva acquisito un'apparenza quantomeno presentabile. Tenne fra le mani la giacca che non aveva abbandonato nemmeno per un istante, prima di guardarsi attorno e decidere infine per una direzione. Seguire l'andamento del fiume non gli parve l'idea più strampalata. Da qualche parte sarebbe arrivato, in ogni caso.

Puntò un'ultima volta lo sguardo verso quel tunnel che teneva ancora spalancate le sue spaventose, minacciose fauci, quando un fruscio alle sue spalle, e un brusio che gli sembrò quello di voci umane lo presero alla sprovvista.

Si voltò di scatto, pronto a veder sbucare qualcuno da un momento all'altro, indeciso se essere eccitato dalla prospettiva o atterrito da qualsiasi cosa si nascondesse nel fitto della vegetazione.

«C'è qualcuno?» riuscì infine ad articolare, guardandosi attorno, stringendo con più forza la presa a quella giacca che sembrava essere l'unico oggetto in grado di calmarlo. Il silenzio calò sulla domanda come se le azioni attorno a lui si fossero improvvisamente cristallizzate.

Serrò le labbra, arretrando appena. Il vento tornò a solleticare le cime degli alberi, come se nulla fosse successo.

Deglutì faticosamente, qualcosa che gli gonfiava il petto con un senso d'angoscia crescente. E poi ancora, la premonizione che qualcosa stesse per accadere, di nuovo.

Un suono cavernoso emerse dalle profondità del tunnel alle sue spalle. Una voce alterata dagli echi di quelle pareti di cemento armato. Una voce amplificata dalla pastosità di quelle acque nere.

«Sei qui dentro?» chiese la voce, con spaventosa, profonda impazienza.

Arretrò atterrito, incespicando sui suoi stessi piedi, riuscendo a mantenersi eretto solo grazie all'appiglio di un grosso tronco d'albero.

«Io non ci ritorno là dentro... non ci ritorno là dentro!» esalò, mentre gli occhi gli si inumidivano di paura e frustrazione. Ma anche di qualcosa che, per il momento, ancora non riusciva a identificare.

«Eddie...», sussurrò la voce. «EDDIE!»

Ma così come il richiamo sapeva essere per lui, le sue gambe presero a correre nella direzione opposta, veloci come il vento.

Eddie. Eddie.

Adesso, sì, adesso riconosceva il proprio nome.

 

*

 

Richie si abbandonò sulla poltroncina del locale. Lo stomaco e la testa ancora in subbuglio. Non era più sicuro di avvertire ancora quella fitta di fame, nonostante di fronte a sé avesse i più gustosi pancakes che avesse mai visto.

«Era così vicino, Mike. Come se fosse a pochi metri di distanza.»

L'uomo annuì comprensivo, di nuovo. Richie non aveva fatto altro che ripetere la stessa tiritera per l'intero tragitto: da quando avevano deciso di abbandonare i Barren, dopo aver constatato che Eddie non era lì, non per davvero.

Eppure Richie era certo di aver sentito la sua presenza, chiara e fisica. Con la sensazione che, se avesse allungato una mano avrebbe quasi potuto toccarlo. E poi, così come era arrivata, quella sensazione, era sparita. Lo aveva sentito allontanarsi, la sua presenza scivolare via come acqua fra le dita.

Che diavolo poteva mai significare?

«Ci credi nei fantasmi, Mike?» domandò, pentendosi dell'affermazione, nel momento stesso in cui gli si era srotolata sulla lingua.

«Faresti prima a chiedere a cosa non credo, ultimamente, Richie.»

Posò i gomiti sul tavolo, il profumo dei pancakes che gli solleticava le narici e che riuscì straordinariamente a ignorare.

«Pensi che fosse la voce di un fantasma, quella che ho sentito?» Lo guardò stringersi nelle spalle e si sentì in dovere di continuare ad alta voce il suo ragionamento. «Se fosse stato uno scherzo di IT lo avresti visto anche tu, non è così? Ma quella vacca spaziale è morta e sepolta, giusto? Insomma, l'abbiamo uccisa, non c'è modo che possa ancora tormentarci con i suoi trucchetti da quattro soldi, no?» e dopotutto, pensò Richie, rivedere Eddie non era certo una delle sue paure più recondite, semmai il contrario.

«Sì, io sono convinto che Pennywise sia morto, ormai.»

«Quindi nemmeno credi possa trattarsi di qualche residuo della sua influenza, se io sento quello che... sento, no?»

«Questo non so dirtelo con certezza. Potrebbe essere qualsiasi cosa. In fondo sei rimasto intrappolato nelle sue luci per... oh, Dio, non saprei nemmeno dire per quanto tempo.»

«Troppo tempo, a prescindere», gli confermò.

«E non credo sia nemmeno un caso se solo tu sei in grado di percepire...»

«Eddie», concluse per lui Richie, per paura che mettesse di nuovo in dubbio l'identità delle sue visioni. Quello non doveva e non poteva più essere messo in discussione. Per la sua sanità mentale, almeno.

«Eddie», confermò Mike.

«Pensi che potrebbe esserci una correlazione?»

Mike annuì dopo un istante di indecisione.

«Un'ipotesi plausibile.»

«Ottimo. Davvero ottimo», Richie batté una mano sul tavolo. «Tutto avrei pensato fuorché quella stronza universale decidesse di lasciarmi in dono poteri sovrannaturali. Avrebbe potuto offrirmi il volo, o la capacità di diventare invisibile, trasformarmi in un macho che lancia martelli o perché no, regalarmi almeno cinque centimetri di cazzo di in più e invece cosa fa? Mi permette di comunicare coi morti. No, aspetta, nemmeno comunicare, nel senso stretto del termine, ma solo di sentirli, di percepirli, senza avere nemmeno la possibilità di parlare effettivamente con loro!» sbottò tutto d'un tratto.

«Richie...»

«Mi calmo, giuro che mi calmo», cercò di rassicurarlo rendendosi conto di quanto avesse alzato la voce, «credevo sarebbe stato tutto più semplice e diretto. Tipo: bam! Rivelazione mistica. Richard Tozier parla coi morti e risolve i misteri del mondo. Il novello santone di Los Angeles! Venghino siori venghino, solo per oggi lo spettacolo più spettrale della storia, dal regno dei morti i vostri cari sono qui!»

«Non mi aspettavo un benvenuto in pompa magna, ma... ti assicuro che sono ancora piuttosto vivo» una voce alle sue spalle lo fece trasalire e per poco non si strappò qualche muscolo del collo, alla velocità in cui si era voltato.

«Big Bill!» esclamò, tornando poi a guardare Mike che non sembrava così sorpreso, «bastardo di un filosofo da biblioteca, lo sapevi?!»

«Potrei aver appreso dell'arrivo di Bill in mattinata e avergli detto dove eravamo per poterci raggiungere...» sorrise, mentre Richie si rimetteva in piedi per abbracciarlo come si deve. Nonostante tutti i suoi cupi propositi di impedire agli altri di tornare a Derry la sorpresa glieli aveva fatti accantonare, per lasciarsi andare al più piacevole degli incontri.

«Non dovresti essere qui.»

«E lasciare a voi soli tutto il divertimento? Giammai.»

Richie lo scosse un po' prima di tirargli un doloroso pugno sulla spalla.

«Il tuo divertimento al momento dovrebbe essere quello di finire il tuo ennesimo libro dal pessimo finale, da trasformare in un'altrettanto pessima serie tv.»

«Posso finire il mio pessimo libro anche qui, anzi di più, dato che potrai chiedere a chi ti scrive le battute di sistemare tutte le parti che non funzionano.»

Richie restò a fissarlo per qualche istante, prima di mettersi a ridere. Qualcosa che non faceva per bene da molto, molto tempo.

«Denbrough ne ha mollata una buona, signore e... signori.»

«A me sembrava pessima», commentò Mike, ma dall'espressione appariva più che divertito.

«Questo la dice lunga sulle percezioni comiche di Boccaccia», aggiunse Bill.

«Voi due insieme non mi mancavate per niente. Per niente, vi dico», li rimbrottò entrambi, prima di rimettersi a sedere e fare spazio a Bill.

«Puoi avere la mia seconda colazione, se vuoi», offrì in uno slancio di generosità pacificatrice.

Bill sorrise.

«Sì, penso sia meglio riempire lo stomaco, prima di ascoltare la tua storia, Richie.»

Rimandare di qualche minuto il momento delle spiegazioni per godersi il calore degli amici ritrovati, sembrò a Richie l'unico modo per poter affrontare di nuovo la questione.

 

*

 

Era certo che la vegetazione cominciasse a diradarsi. Poteva sentire, da lontano, il rumore di qualcosa che gli ricordava il rombo dei motori. Poteva ricordare le macchine, il che gli sembrava un grosso passo avanti, considerata l'assoluta incapacità di ricordare il proprio nome, fino a qualche minuto prima.

Qualsiasi cosa lo avesse richiamato dalle profondità del tunnel sembrava conoscerlo più di quanto lui non conoscesse se stesso. Qualsiasi cosa fosse, in ogni caso, avrebbe dovuto combattere tenacemente per convincerlo a tornare indietro. Un passo avanti all'altro, ecco quale era il suo piano, per il momento. Un passo dopo l'altro era riuscito ad arrivare ben più lontano di quanto avrebbe mai immaginato. Un altro ancora e sarebbe riuscito a vedere la fine di quell'angolo di mondo fatto solo di grovigli di alberi ed erba alta.

La salita si fece più ripida tutto a un tratto e prima che potesse anche solo immaginare cosa ci fosse dietro quello che sembrava uno steccato, lo stava osservando con i propri occhi: una strada. Asfaltata per giunta. Segnale che quel posto era ben lontano dall'essere disabitato o fuori da qualsiasi radar civile.

Si trovò così disorientato tutto a un tratto, dal ritrovare così familiare e al contempo estraneo quel pezzo di mondo. La strada, lo steccato, il tunnel che portava a un centro abitato che si distingueva appena, in lontananza.

«Derry...» sussurrò, come se un suggerimento invisibile gli fosse scivolato sulla lingua, spingendolo a pronunciare quelle parole.

Derry. La città dove era nato. Derry, la città dove aveva passato la sua infanzia.

Ricordi d'estate: il profumo del vento che ti scompiglia i capelli durante lunghe pedalate in bicicletta, la carta stampata di fumetti appena comprati, il sapore proibito di un gelato alla crema, l'odore selvatico di corse a perdifiato. Un tuffo nelle acque gelide. Risate cristalline. Una promessa sancita nel sangue.

Tasselli di un puzzle che non avevano ancora un senso ma che gli scatenarono dentro una malinconia tale da provarne quasi dolore fisico. Uno spasmo che gli contrasse il viso in una smorfia e agguantò dolorosamente lo sterno. Come fosse stato trafitto da una trave incandescente. Strinse a sé quella giacca che sapeva di sigarette e acqua di colonia. Che sapeva di gelato alla crema, di sole caldo sulla pelle, di scarpe maltrattate; che vibrava di voci impostate tutte uguali e si rifletteva in occhiali spessi a fondo di bottiglia... di Richie.

Quella giacca sapeva di Richie.

 

*

 

«Ecco qui... sapevo di averla ancora». Mike aveva recuperato una grossa, vecchia e impolverata rubrica telefonica da uno degli scatoloni che aveva già richiuso, giorni addietro. Si accostò al tavolo e la aprì sollevando piccole spirali di polvere, andando immediatamente a cercare il nome di cui aveva bisogno.

Di ritorno all'appartamento di Mike, Richie e Bill avevano vagamente compreso il delirante racconto che l'uomo aveva fatto loro, a seguito di un improvviso e ascetico ricordo dissepolto dalle pieghe del tempo.

La storia di Dick Hallorann, un vecchio amico di suo padre. Un tizio che, molti anni prima, aveva tratto in salvo un gruppo di uomini che avevano rischiato di essere arsi vivi in un locale, a seguito di un incendio doloso, di stampo razziale. Niente di particolarmente incomprensibile nell'impresa, se non che, Mike aveva rammentato che suo padre soleva sostenere che Hallorann fosse riuscito ad aiutarli grazie a un dono speciale. Un dono sovrannaturale. Un dono chiamato Shining. Prevedendo alcuni degli avvenimenti di quella tragica sera in rapida successione, evitando pericoli.

«Non sono mai stato propenso a crederci davvero», riprese Mike, «e a un certo punto devo aver persino rimosso tutto quanto ma... il signor Halloran doveva avercelo davvero un dono. Riusciva sempre a capire cosa mi passasse per la testa. Quando ero ragazzino e veniva a trovarci... riusciva a dire cose di me che ero certo non avesse mai chiesto ai miei genitori. Da un lato mi faceva paura, dall'altro... mi affascinava.»

Richie scambiò uno sguardo con Bill, non del tutto sicuro di aver capito.

«E pensi che questo suo dono possa essere in qualche modo collegato a quello che succede a me?», domandò passandosi una mano sul viso teso e stanco, «posso dire con assoluta certezza di non essere in grado di prevedere alcun futuro o saprei esattamente come diavolo andrà a finire questa assurda storia. O quantomeno avrei già scommesso sulle partite vincenti per mettere via un bel gruzzolo e passare in santa pace la vecchiaia.»

«Penso che potremmo ricavarci comunque qualcosa. E in ogni caso hai idee migliori?» esalò Mike con vaga esasperazione nella voce.

«Io credo che sia un buon inizio», intervenne Bill a difesa degli sforzi di Mike, «se riusciremo a contattare questo... signor Hallorann. A prescindere da tutto, penso che una consulenza da una simile autorità in materia ci farebbe molto comodo.»

«Non sappiamo nemmeno se sia vera questa cosa», obiettò Richie, senza sapere perché ci tenesse tanto a distanziarsi da qualsiasi soluzione. Forse per paura di veder distrutta ogni speranza, per evitare l'impatto della caduta.

«Se per questo non sappiamo nemmeno se il numero di Hallorann sia ancora attivo, ma... provare non costa nulla», concluse Mike, «che altro abbiamo da perdere?»

Richie alzò su di lui uno sguardo arreso.

Che avevano da perdere? Nulla. Proprio nulla.

«La mia sanità mentale», commentò, guardando Bill che gli aveva appena passato un braccio attorno alle spalle.

Mike recuperò il proprio cellulare e compose il numero prescelto.

Sembrò passare un tempo infinito, e Richie fu propenso a pensare che Mike avrebbe riattaccato, tristemente consapevole del destino della telefonata a vuoto, ma poi il viso di Mike si illuminò e dall'altra parte della cornetta sembrò rispondere qualcuno.

«Buonasera, sono Michael, Michael Hanlon. Probabilmente non ci conosciamo ma... ho ritrovato il numero di Dick Halloran e mi domandavo se...»

La voce di Mike si perse nel niente, mentre chiunque fosse dall'altra parte della cornetta, sembrò prendere la parola e tenerla in pugno per molto tempo.

Richie non riuscì a trattenere una smorfia: una vaga sensazione di nausea prese a risalirgli dallo stomaco. Ma la presa di Bill sembrava farsi sempre più salda, ogni volta che Richie era sul punto di perdere il controllo. In nessun'altra occasione sarebbe mai stato più grato del ritorno di Big Bill. Che fosse lì per lui o per Eddie o per entrambi. Faceva poca differenza.

Mike recuperò un foglio e una penna che dovette provare più volte con qualche scarabocchio, prima che funzionasse a dovere. Infine riuscì a scrivere qualcosa di frettoloso, un appunto, lanciando loro, nel frattempo, uno sguardo fra il perplesso e il sorpreso. Ma sopratutto vivido di quella luce che ormai Richie aveva imparato a riconoscere. Una rivelazione, una scoperta.

«Lei è stata molto gentile, signora. La ringrazio e mi scuso per il disturbo. Buona serata». Mike concluse la telefonata, restando per qualche istante a fissare il telefono, come potesse rivelargli ulteriori dettagli.

Poi, posò su Bill e Richie uno sguardo incredulo.

«Dick Halloran è morto qualche anno fa», disse. Per un istante Richie si sentì sollevato dal peso dell'ansia che lo aveva attanagliato fino a qualche attimo prima. Lo sapeva. Sapeva che sarebbe andata a finire a quel modo. Lo schianto non era stato così tremendo però. Non come si sarebbe aspettato, forse perché aveva tenuto basse le aspettative.

«Suppongo che questo significhi che dobbiamo trovare un'altra soluzione...», esalò solamente, facendo per scrollarsi di dosso il braccio di Bill, improvvisamente infastidito.

«Non ho finito», lo interruppe di nuovo Mike, posando il cellulare e brandendo il foglio scarabocchiato come un'arma invincibile, «il signor Halloran, anni prima di morire, ha lasciato detto alla donna che mi ha risposto al telefono, di passare un messaggio a Mike Hanlon, il giorno in cui avrebbe chiamato questo numero».

Richie avvertì un brivido lungo la schiena e fu certo che fu la stessa sensazione che spinse Bill a mollare la presa e sbiancare in modo tutt'altro che sano.

«Che vuoi dire... ?»

«Che Hallorann sapeva che avrei chiamato», affermò, «che probabilmente sarebbe già passato a miglior vita quando lo avrei fatto. E che sarebbe stato lieto di passarmi il nome di una persona qualificata tanto quanto lui... per le risposte che sto cercando.»

«Q-questo non ha alcun senso. Come faceva a saperlo? Come... ?» balbettò Richie, incredulo anche solo all'idea che davvero potesse esistere una tale energia nel mondo. Una tale energia sprigionata da esseri umani, almeno.

«Questo io non lo so, Richie», concluse Mike, spingendo verso di lui il foglietto che rivelava un numero di telefono e un indirizzo email, «ma credo che Danny Torrance potrà rispondere meglio di me a questa domanda.»

 

Continua...

 

 

Nota: ancora mi sto barcamenando negli spiegoni, ma spero di non annoiare. La storia di Hallorann esiste in IT, mi sono concessa delle licenze poetiche di varia natura, a partire dalle questioni temporali. Per chi non fosse familiare con Shining o Doctor Sleep: Hallorann è il personaggio che aiuta Danny (il figlio di Jack Torrance) a capire e gestire il suo potere sin da bambino.

Ah, per chi se lo stesse chiedendo, se non fosse chiaro, questa storia ospiterà vagonate di Reddie.

  
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