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Autore: MiChiamanoLilith    27/05/2020    2 recensioni
Sana e Akito, due nomi, due vite così legate da formarne una sola, troppe conseguenze; un amore che sembra irraggiungibile solo all'apparenza.
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Tratto dal testo:
L'occhio gli caddè su un tatuaggio ben visibile, posto sul fianco destro, lettere poste una sotto l'altra che andavano a formare una parola con fin troppi significati che, certamente, si identificavano in uno solo;
Freedom.
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E io mi prenderei a schiaffi solo per questo. Una situazione mi ha sconvolto la vita, cosa accadrà quando dovrò viverne cento di queste situazioni, tutte insieme, senza riuscire a trovare tregua? Non lo so, forse alla fine questa circostanza, come tante altre, dovrebbero aiutarmi a “crescere da me stessa”. Si proprio così, non a crescere io ma crescere "da me", da quella che sono ora e distaccarmi da questa "me" di adesso, diventando piano piano un'altra.
Non sono io che cresco, che cambio, che divento migliore o peggiore di come sono adesso, no. E' un'altra me che cresce dentro di me, ha le basi della me di ora, le stesse incertezze, gli stessi dubbi, ma non sono io; è semplicemente lei e niente più.
Genere: Romantico, Sentimentale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akito Hayama/Heric, Naozumi Kamura/Charles Lones, Sana Kurata/Rossana Smith | Coppie: Naozumi/Sana, Sana/Akito
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Pov. Sana

Il giorno dopo ero davvero distrutta, appena sveglia mi sono messa a pensare alla frase che Akito mi aveva riservato il giorno prima. Mi sentivo uno schifo, avevo cercato di fingere davanti a lui per non essere debole ai suoi occhi, per non farmi mettere i piedi in testa un’altra volta. Ma forse era più un modo per dimostrarlo a me stessa che a lui. E lui? Beh, lui se n’era accorto, come sempre d’altronde.

 

-AAAAAAAAH

Mi alzo lanciando il cuscino sul muro davanti davanti al letto, mi sembra subito che questo movimento non sia stato dettato dalla mio cervello, com’è giusto che sia, ma semplicemente dalla mia impulsività di questo momento.

 

Mi fermo a pensare davanti allo specchio, fissando la mia figura riflessa.

 

Mi prenderei a schiaffi solo per questo, una situazione mi ha sconvolto la vita, cosa accadrà quando dovrò viverne cento di queste situazioni, tutte insieme, senza riuscire a trovare tregua? Non lo so, forse alla fine questa situazione come altre dovrebbero aiutarmi a crescere “da me stessa”. Si proprio cosi, non sono io a crescere ma è me stessa a crescere “da me”, da quella che sono ora e distaccarmi da questa me, diventando piano piano un altra. Non sono io che cresco, ma è un’altra me che cresce dentro di me; ha le basi della me di ora, le stesse incertezze, gli stessi dubbi, ma non sono io ma semplicemente lei e niente più. 

 

Inizio a passare un dito sulla mia figura riflessa alla specchio, come se fosse un’altra persona riflessa non io. 

 

È una cosa un pò contorta, lo so, sarebbe bastato dire “si cresce, sii motiva” ma no, non è così e non lo sarà mai. 

 

Quando pensavo di “cambiare” non ero io a farlo, era una nuova me, più forte e più bastarda di prima.

Quando ieri ho iniziato a guardare in modo glaciale Akito; non ero io, era lei. 

 

Il problema di ciò è venuto dopo, quando sono tornata a casa e mi sono messa a piangere a dirotto, morta dall’ansia. 

Allora li sono subentrata io la “me”, fatta di incertezze, luoghi comuni, di ansie. 

 

Inizio a toccarmi la guancia non riuscendo ad evitare di fissare ancora il mio riflesso allo specchio e ora mi domando: Ma io chi sono? Chi cazzo è “me”? Chi è il mio essere? Chi è “me” e “lei”? 

Io e lei siamo la stessa cosa?

 

Siamo la stessa materia, lo stesso corpo, lo stesso spiraglio, ma siamo anche in una mente troppo piccola per entrambe. Forse l’unica soluzione è riuscire a “collaborare”, non passare da “me” a “lei” come se stessi passando da una stanza con -3 gradi a una con 40 gradi.

 

E allora, io chi sono? Sono un misto? Una che tira fuori “lei” e poi “me”? 

Forse a volte mi piace pure essere prima “lei” e poi “me” e non il contrario. 

Essere una furia, una grandissima stronza prima e prendersi i rimpianti, il più delle volte le ansie e le paranoie, prettamente personali, dopo.

 

Si, mi piace.

Continuo a fissarmi allo specchio e inizio a sorridere, mi dispiace fantasma di Akito non riuscirai togliermi il sorriso.

 

Prendo la sveglia e guardo l’orario sono le 7:30, penso che potrei fare un po’ di esercizio fisico. Si mi sembra proprio una buonissima idea.

Da un bel po’, quasi sempre, mi prendo un momento per me e mi metto a fare esercizi di vario genere. Prediligo principalmente quelli di forza, associati alla pesistica. Almeno posso fermarmi a non pensare perché mi devo concentrare, se no il peso mi cadrebbe e successivamente sono troppo stanca per elaborare pensieri complessi.

Mangio una barretta al cioccolato, che oltretutto sono buonissime, e mi metto i leggings e un top, mi dirigo nello stanza degli attrezzi. Da quando siamo tornati da quel viaggio dell’America con Kamura, Rei si era troppo fissato con la palestra dentro casa e mia madre non ci ha pensato due volte a creare una mini palestra in una delle stanze della casa (anche se praticamente ne’ usufruisco solo io).

 

Pov. Akito

Dopo la solita corsa mattutina, prendo coraggio e decido di andare a riprendermi la macchina da Sana. Decido di andare a piedi, anche perché la casa di lei non è molto lontana dalla mia.

Mi fermo davanti all’enorme cancello che fino a qualche anno fa ero solito frequentare per prendere Sana, oppure anche solo per aspettarla.

Prima di suonare il campanello vedo che all’interno c’è OcchialiDaSole, che solo accorgendosi di me fa un balzo verso dietro spaventato.

Non ho mai capito, se avesse seriamente paura di me o se al momento mi odia solamente per com’è andata a finire con Sana.

Le vedo borbottare qualcosa ed inizia ad avvicinarsi verso di me.

-Hayama, cosa ti serve?

Dalle sue parole sento disgusto nei miei confronti, effettivamente non posso certo aspettarmi qualcosa di diverso.

-Sono venuto a prendere la mia macchina che ho lasciato ieri a Kurata.

Taglio corto, brevemente, restituendogli un’occhiataccia al suo disgusto nei miei confronti.

Lo ammetto, OcchialiDaSole non mi è ma andato a genio e io non sono mai andato simpatico a lui. 

La sua espressione cambia dividendosi tra il preoccupato e l’arrabbiato, forse non sa che ieri io e Sana siamo usciti con gli altri quindi sicuramente pensa che sono uscito da solo con lei. Sorrido beffardamente, effettivamente mi piace farlo imbestialire.

-Va bene...Sana al momento sta facendo palestra...vieni, ti accompagno da lei.

Risponde a tratti, non sa bene come reagire. Sono certo vorrebbe spaccarmi in due e frantumarmi con le sue stesse mani, sia per aver fatto soffrire Sana e sia perché le giro nuovamente attorno. Un po’ lo capisco, non sono mai stato la persona migliore di questo mondo, quindi fa bene a preoccuparsi per Sana quando si tratta di me. Anche se forse la cosa che mi da più fastidio è che lo fa quasi da sempre, come se gli procurassi disagio dall’elementari, proprio quando ho conosciuto Sana. Beh, certo anche lì ero una testa calda, un bulletto che sfogava i suoi problemi personali sugli insegnanti, forse più che altro per noia.

A volte mi domando spesso come sarei diventato negli anni a venire se Sana non ci fosse stata; sicuramente avrei fatto il teppista fino alla scuola superiore e forse dopo sarei diventato un criminale.

 

“Se uno si sente ripetere in continuazione che è un mascalzone alla fine lo diventa per davvero”

 

Vedo Sana dalla porta a vetri sta facendo squat col manubrio, piegandosi con estrema attenzione.

Resto a fissarla per qualche secondo, sento un rigonfiamento sui pantaloni. No, dannazione, non ora. Non riesco a smettere di tenerle gli occhi di dosso, inizio a sentire un dolore a un misto di piacere. La situazione sta degenerando e non solo, devo pensare a qualcosa che funzioni come antisesso: Sana che fa la voce da Tony. 

Mi viene da ridere dentro la mia testa solo a ripensarci.

 

La situazione inizia a calmarsi e io inizio ragionare di nuovo con la testa e non con altro.

OcchialiDaSole nel mentre va da Sana, ad avvertirla sicuramente che sono arrivato io, anche se parlano più del dovuto, penso le sta chiedendo del perché ieri è uscita con me. 

Vedo Sana agitarsi, come a dire “Rei ma sei pazzo?!”.

OcchialiDaSole inizia a calmarsi, deve avergli spiegato la situazione, anche se è una rottura che non posso sentire niente da questa vetrata, mi decido quindi ad entrare.

-Ciao.

Dico secco, alzando la mano in segno di saluto.

-Hayama.

Mi saluta lei.

-Va bene Sana, allora io vado a sbrigare delle commissione.

Conclude OcchialiDaSole.

-Si Rei, a dopo.

Lo saluta lei sorridendo. Quando cazzo è bella quando sorride in quel modo, quando lo fa perché lo sente davvero di volerlo fare.

-Hayama.

Dice lui, rivolgendomi un occhiataccia prima di dileguarsi alle mie spalle.

Sana prende la sua bottiglia d’acqua e inizia a bere, poi torna a guardarmi.

-Vieni con me, così ti do le chiavi e posso ritornare ad allenarmi.

Questa mi è nuova, Sana che si allena e sopratutto di prima mattina, si saranno fatte si e no le otto e un quarto e lei si allena. Lei, che fino a qualche anno fa l’unico sport che avrebbe fatto sarebbe stato spostarsi dal letto al divano durante la mattinata. Chi è questa nuova Sana?

-Pensavo...se vuoi ti aspetto, potremmo andare a fare colazione insieme.

Il me che parla senza pensare e senza programmare niente è comunque sempre più indicativo del me taciturno che non riesce ad esprimere le proprie emozioni.

Lei mi guarda perplessa, come se avessi detto la cazzata dell’anno ed oggettivamente non ha tutti i torti; il tuo ex, viene a casa tua per riprendersi la macchina, dopo una serata disastrosa, e invece di farsi i fattacci suoi ti chiede pure di uscire.

-Così...cerco di sdebitarmi per ieri sera.

Concludo, cercando di porle una frase il più veritiera possibile.

Il suo sguardo cambia, sembra quasi sorpresa ed ha ragione non mi sono quasi mai comportato così, neanche quando stavamo insieme.

“Sdebitarmi” poi, abbiamo sempre condiviso tutto. Ci siamo sempre aiutati a vicenda, sembra tutto così assurdo che mi viene difficile da capire.

-Va bene. Fammi finire qui, mi cambio ed usciamo.

Conclude lei, svegliandomi della mie paranoie mentali.

-Però...

Ecco lo sapevo, c’è sempre un però con lei.

-Andiamo al solito bar, quello dove fanno quei bignè enormi ripieni di crema.

E dicendo quella frase inizia a saltellare, facendo uno sguardo innamorato verso quei dolci italiani che le piacciono tanto.

 

Mi viene da sorridere di sottecchi, non è cambiata affatto. 

Senza che me ne’ accorgo, distratto dai suoi schiamazzi di felicità, mi sta guardando, smetto immediatamente di sorridere.

-Che c’è?

Le chiedo, non sapendo bene cosa dire.

-Nulla, è strano vederti sorridere.

Mi risponde sorridendo.

Non so cosa rispondere, forse è felice che io sorrida, visto che non lo faccio quasi mai, o forse è semplicemente felice che sia stata lei a farmi sorridere, mentre io mi innamoro di lei sempre di più ogni qualvolta che mi concede un sorriso.

-Aspettami in salotto, finisco qua e ti raggiungo.

Conclude lei, dandomi le spalle.

Esco dalla porta a vetri, inizio a incamminarmi quando decido di girarmi e mettermi a fissarla per qualche istante.

Questo mi ricorda tanto quando delle sere dormivamo insieme e io stavo ore a fissarla mentre dormiva tra le mie braccia, con la testa appoggiata al mio petto e i capelli che le cadevano morbidi su di me.

In quei momenti riuscivo ad assaporare il suo profumo di fragola e vaniglia che mi penetrava nella narici con insistenza. Più le stavo attorno e più non riuscivo a staccarmi da lei.

 

Anche adesso, più la fisso per ammirarla e più non riesco a staccare gli occhi.

Ogni parte del suo corpo, ogni muscolo che si contrae nei piegamenti, i capelli che si muovono raccolti in una coda di cavallo...semplicemente lei.

 

E senza accorgermene sento di nuovo lo stesso rigonfiamento nei pantaloni, dannazione.

Devo andare assolutamente in un bagno, non resisto più. Fortunatamente ho passato praticamente tutta l’adolescenza a casa Kurata, quindi so muovermi bene in questa villa.

Entro immediatamente nel bagno di servizio e chiudo la porta, sperando di fare in fretta in maniera tale da riuscire ad essere in salotto prima di Sana.

Mi lascio andare ad ogni ricordo di noi due, ad ogni sorta di immaginazione possibile e immaginabile su di lei. So che arriverà il momento in cui me ne pentirò e mi autodistruggerò, ma adesso non mi interessa ci siamo solo io e lei.

 

Pov. Sana

Avendo appena finito di fare gli esercizi mi sento un bagno di sudore addosso, quindi decido di rinfrescarmi un po’ prima di cambiarmi per uscire con Akito.

Già, proprio lui.

Ancora mi domando perché mi abbia chiesto di uscire cioè si, andiamo a fare colazione sostanzialmente e poi mi ha detto chiaramente per “sdebitarmi”, anche se non mi convince più di tanto. 

Insomma, abbiamo sempre condiviso tutto, ci siamo sempre aiutati e sostenuti a vicenda, anche prima si metterci insieme. Certo la situazione non è più la stessa, mi sembra ovvio questo, però davvero non capisco. Non capisco se è un modo per lasciarmi intendere qualcosa, oppure sono solo io a farmi troppe paranoie e non riesco a guardare le cose con chiarezza e obiettività.

Si, alla fine è così; vuole solo ringraziarmi per ieri sera e forse dopo il discorsetto che gli ho fatto vuole chiarire tra di noi, per riuscire a trovare un’intesa per quando ci ritroveremo con i nostri amici.

Già, che scema e io a farmi tutti i discorsi di chissà cosa. Devo lasciarlo perdere, insomma mi se mi ha lasciato due anni fa mi sembra ovvio che non vuole niente da me, al massimo un’amicizia.

 

Finisco di prendere i vestiti puliti per cambiarmi e mi dirigo verso il bagno di servizio per farmi una doccia veloce. Sto per entrare, quando sento come dei respiri molto profondi provenire dalla porta del bagno di fronte a me. Avvicino meglio l’orecchio e più che sospiri mi sembrano veri e propri...ORGASMI!

Non riesco a spiegarmelo.

Allora decido di prendere coraggio e guardare dalla serratura della porta, quello che i miei occhi vedono credo che mi abbia bloccato il cuore in gola.

Akito si sta, come dire, beh insomma...masturbando nel mio bagno, si.

Ad un certo punto si ferma e sento urlare. -Sanaaa.

Mi metto troppa paura e inizio a correre verso la mia stanza, chiudendomi dentro.

Inizio a respirare affannosamente, non ci sto capendo più nulla.

Mi abbasso per terra, buttando la schiena al muro.

Analizziamo la situazione:

•Akito mi ha lasciata due anni fa.

•Si masturba pensando a me, urlando il mio nome.

•Adesso avrà finito i suoi bisogni e mi starà aspettando in salotto.

MANNAGGIA.

Prendo le cose che mi sono cadute, mentre entravo di corsa in camera e mi dirigo a passo lento verso il bagno. 

Avvicino l’orecchio alla porta, nessuno rumore è un buon segno.

La porta è aperta, si spalanca sola rivelando il nulla, semplicemente il mio semplice bagno.

Appoggio le mani sul lavandino e guardo la mia figura allo specchio.

Sana non stai diventando pazza, non te li sei immaginato, lui c’era, era proprio qui che stava facendo...quello che stava facendo. Devi stare tranquilla, non è successo niente.

E poi di cosa ti preoccupi scusa? Come se non l’avessi mai visto nudo oppure ancora meglio, come se non aveste mai fatto certe cose.

Certo vocina nella mia testa, ma sicuramente non lui da solo, nel mio bagno, e nel mentre, ad urlare il mio nome.

Pff, come se non l’avesse mai fatto da solo pensando a te.

Mentre mi sto per mettere il mascara ripenso a quella frase “pensando a te”, lui mi pensa, potrebbe pensarmi. Magari come io lo faccio quasi sempre con lui, in altri termini ovviamente, ma mi pensa. Chissà se, pensa anche lui a me, in momenti “normali”, non come quello in cui l’ho sorpreso prima. 

Però, se non pensasse a me anche in momenti “normali” allora perché ci sono io come soggetto di quel momento?

Con questa domanda vado verso il water, non ci penso due volte e spruzzo del disinfettante ultra forte. Scusami Akito, nonostante so quanto sei maniaco del pulito, ma prevenire è meglio che curare.

 

Esco dal bagno e mi dirigo in salotto, dove mi aspetta proprio lui.

 

Pov. Akito

Dopo quel momento di debolezza, mi sono sentito come le prime volte da ragazzino. Con l’unica differenza che sono proprio nella casa della stessa ragazza a cui ho pensato per tutto il tempo, che disastro.

Perché deve farmi sempre quest’effetto? Pensavo che a 16/17 anni avesse senso; i primi segni di pubertà, le prime volte insieme, fidarci così tanto l’uno dell’altra da toccarci, baciarci, amarci...già sembra passato anche troppo tempo da quello.

 

Sento i passi di Sana provenire dal corridoio, mi capita davanti più bella che mai. Indossa una gonna di jeans con una cintura che le stringe perfettamente la vita ed un toppino a mezze maniche che le stringe leggermente il seno. 

-Andiamo?

Mi chiede guardandomi da sotto gli occhiali alla cat-eye, di nuovo quei dannatissimi occhiali.

-Sei diventata come OcchialiDaSole?

Chiedo adoperando un briciolo di disprezzo sulle ultime parole.

Ride divertita.

-Dai, andiamo.

Conclude iniziando ad incamminarsi verso l’uscita della casa.

 

Il viaggio lo passiamo in silenzio, ad un certo punto però mi accorgo che mi sta fissando, anche se subito dopo sposta lo sguardo da tutt’altra parte e diventa tutta rossa di imbarazzo.

Mi sfugge terribilmente qualcosa, perché non riesco a capire.

È diventata tutta rossa perché si è accorta che mi stava fissando? Oppure semplicemente perché fissandomi le è tornata in mente qualcosa riguardante noi due? Uff, valla a capire.

 

Al bar ci accoglie una cameriera, che, tra l’altro, non mi toglie gli occhi di dosso, la cosa inizia un po’ ad infastidirmi.

Guardo Sana seduta di fronte a me che guarda il menù, anche se sono certo che sa benissimo cosa ordinare. Però è come se non volesse guardare la scena pietosa di questa qui che ci prova spudoratamente con me, vuole fare l’indifferente.

-Per me un cappuccino e un bignè alla crema.

Taglia corto Sana, guardandola con superiorità. Non le avevo mai visto neanche questo sguardo, quante altre cose mi nasconderà questa nuova Sana?

 

Pov. Sana

Da quando siamo arrivati al bar, questa gallina starnazzante di cameriera non smette di fare la corte ad Akito. Sono certa che se lui le facesse anche un minimo cenno di testa, lei cadrebbe ai suoi piedi. Ecco cosa ho sempre odiato quando stavamo insieme; il fatto che lui avesse la ciurma di ragazzine sempre pronte ad andargli dietro e che in qualche modo le ignorasse, ma non lo respingesse verbalmente. Cioè lo lasciava intendere, ma solo se conosci davvero i gesti di Akito lo capisci, visto che con lui ci vorrebbe un traduttore.

 

-Ehi, qualcosa non va?

La voce di Akito mi risveglia.

Senza accorgermene inizio a fissare il cappuccino davanti a me, senza esaltarmi, come mio solito, per i dolci buonissimi di questo bar.

Mi ricompongo, iniziando a guardarlo.

-Nono, va tutto benissimo.

Rispondo, iniziando a sorseggiare il mio cappuccino.

-Mhm...da quant’è che ti alleni seriamente?

E ti pareva che non ti tirava fuori l’argomento sport, visto che è una di quelle poche cose che lo interessano davvero. 

-Un annetto, tutte le mattine.

Rispondo convinta.

-Quindi hai smesso di poltrire come tuo solito.

Mi stuzzica, come ha sempre fatto fin dall’infanzia.

Vorrei arrabbiarmi ed urlargli contro, ma no, lascio tutto nelle mani di lei.

-Si cambia, Hayama, spero che anche tu abbia fatto dei bei cambiamenti in questi ultimi anni.

Rispondo tranquilla, ma a tono. Senza lasciar proferire alcuna emozione, anzi gli sorrido forse per confonderlo.

Mi guarda confuso, molto confuso, colpito ed affondato.

-Non disponevo di buoni motivi per cambiare, io.

Stronzo, quel tuo sguardo beffardo te lo scaccio subito.

-I motivi si trovano sempre, basta solo analizzare se stessi ogni tanto.

Si ferma un attimo, forse per capire cosa rispondere o come porre la domanda.

-È per questo che l’altra sera ti trovavi in aula magna? Per analizzare te stessa?

Il cappuccino mi va di traverso, odio quando tocca i miei punti deboli. E si, dover lavorare su se stessi per me è stato ed è tutt’ora un punto debole. 

-Ti ripeto esattamente ciò che ti ho detto ieri: non sono affari tuoi.

Concludo secca, forse ho marcato troppo l’ultimo concetto.

-Perché?

-Perché cosa?

-Perché ti ostini a fingere con me?

Mi lascia interdetta, ancora una volta.

-Non fingo, semplicemente penso che non abbiamo molto da dirci, come facevamo una volta e ne’ tantomeno potremmo ritornare come prima. Quindi perché dovrei confidarmi con te? Così avrai altri miei punti deboli per lasciarmi sola un’altra volta?

La me, sta prendendo il sopravvento. Sento gli occhi umidi, non voglio piangere, non ora almeno.

-So che non sono mai stata la persona migliore di questo mondo, ma...non voglio lasciarti sola...di nuovo.

Per un attimo mi lascio quasi cullare da quest’ultima frase, anche perché mi guarda con occhi che sembrano abbastanza sinceri. Poi però ci ripenso, quegli stessi occhi mi hanno detto tante cose in passato, non avendo neanche la facoltà di parlare. 

Sto per crollare, cerco di ricompormi con tutta la forza mentale che cerco di ritrovare dentro di me.

-Grazie, ma avresti dovuto pensarci prima. Adesso penso che sia giusto che ognuno vada per la sua strada.

Mi alzo, predo il portafoglio per pagare la mia parte, non voglio nessun debito con lui.

-Non ci pensare nemmeno.

Non l’ascolto, lascio i soldi sul tavolo e me ne vado.

-Ciao.

Gli dico gelida.

Inizio ad andare a passo svelto, lontano da lui. Fin quando dopo po’ mi sento afferrare per un braccio, mi giro, ed è lui.

-Mollami subito!

Gli urlo, cercando di svincolarmi il più possibile.

Non mi ascolta e continua a stringere la presa, iniziando a trascinarmi di peso in un angolo più appartato.

-Perché devi fare sempre sceneggiate?

Mi domanda retorico, quasi incazzato.

-Lasciami!

Mi sento le guance umide, le lacrime scendono e io non riesco a fermarle.

Lui se ne’ accorge, diminuisce la presa. Fa una cosa che si è già ripetute varie volte in passato; mi stringe a se’.

Mi sento protetta, dopo tanto tempo.

Poi ripenso al resto, non voglio questo, non ora.

Cerco di divincolarmi, lui mi stringe più forte a se’.

-Mi dici cosa vuoi da me?

-Voglio te.

Gli tiro un ceffone, ora ha esagerato.

Mi giro dandogli le spalle.

-Parole, sempre e solo parole. Se così fosse non mi avresti lasciata anni fa, cos’è? Non hai trovato più nessuna che sappia tenerti testa, senza dover perdere la propria dignità?

Gli urlo con tutta l’aggressività che ho dentro.

-Non dire sciocchezze, smettila.

Mimetizza lui, come ha sempre cercato di fare.

-Smettila tu e cerca di mettere ordine le cose nella tua testa, questo tira e molla non mi è mai piaciuto e ora non te lo lascerò fare di nuovo.

Mi rimetto gli occhiali e faccio per andarmene, quando mi ritira per un braccio e mi ributta fra le sue braccia stringendomi. Questa volta è lui che ne’ ha bisogno.

-Non sono la persona migliore di questo mondo, ho fatto i miei errori. Voglio cercare di rimediare, io starò sempre qui ad aspettarti.

 

Dopo due anni mi sento nuovamente al sicuro: quest’abbraccio, questo corpo, queste braccia, che mi stringono, il suo profumo persistente. Quanto mi era mancato tutto questo?

 

È davvero questo che vuoi?

Sentirti cullata da qualcosa che ormai non esiste più? Un po’ come quei leggeri dolori che fanno piacere, ma, dimmi un po’, vuoi seriamente essere cullata dal passato o iniziare a vivere? 

Scegli, vuoi vivere o malapena esistere?

 

Il mio telefono inizia a squillare, mi dispiace interrompere quest’abbraccio così protettivo, ma i miei pensieri mi stavano affondando. 

Lui si scansa, sbuffando, in maniera tale che io possa rispondere. Prendo il telefono, neanche guardo chi è che mi cerca e rispondo.

-Sana!

È Naozumi, cavolo non gli ho neanche inviato un messaggio ieri.

-Nao, ciao..

A sentire quel nome Akito fa uno sguardo schifato, non capisco perché si comporti così.

-Non mi hai detto più nulla di ieri...è andato tutto bene?

Mi chiede lui con un tono abbastanza preoccupato.

-Si, scusami per ieri...è che mi sono dimenticata di richiamarti.

Ho la voce leggermente tremante, spero che non se ne’ accorga, l’ultima cosa che voglio è far preoccupare proprio lui.

-Sana, sei con lui?

Mi domanda secco. Una cosa che mi è da sempre piaciuta di Nao è che è diretto, non gira intorno alle cose, per lui o è nero o è bianco. O lo ami o niente.

-Si...

Rispondo esitante, abbassando lo sguardo.

Attimi di torrido silenzio. L’ho deluso, ancora una volta.

-Non voglio farti la predica, ne’ hai già ricevute tante e non solo da me. Solo cerca di non farti buttare giù, non di nuovo. Ti voglio bene.

Le ultime tre parole me le dice in maniera così dolce che non posso evitare di sorridere, anche se non può vedermi.

Sto per rispondere quando, sento una voce assonnata che lo chiama.

-Ora scusami devo lasciarti, ricordati quello che ti ho detto.

Mi risponde con un tono morbido, più rilassato di quello con cui ha cercato di avvisarmi di stare attenta. La persona con cui sta, fa mi miracoli anche solo richiamandolo a se’.

-Si, grazie di tutto Nao.

Chiudo la telefonata, alzo lo sguardo, Akito non c’è. Non voglio crederci, mi ha lasciata qui da sola, se ne’ andato, che vigliacco.

 

Proprio mentre giro l’angolo però, me lo ritrovo appoggiato al muro, ha uno sguardo indecifrabile. Il freddo dell’Alaska che si va a mischiare col colore caldissimo dei suoi occhi dorati, un ossimoro vivente.

-Hai finito?

Mi chiede scocciato.

-Si.

Rispondo timidamente.

-Bene.

 Conclude, dirigendosi verso la macchina.

 

Pov. Akito

Lo odio. Lo odio. Lo odio. Odio quel cazzo di Kamura.

Sto pensando a tutti i modi possibili per toglierlo di mezzo, pensa Akito pensa.

Calcio una lattina pensando che sia la faccia di quel cazzone, mi da fastidio da sempre. 

 

Sto riaccompagnando Sana a casa, non so che fare, mi sento come quando alle medie ero innamorato di lei e non riuscivo a comunicarglielo. E facevo di tutto, di tutto, pure mettermi con Fuka, per cui non ho provato altro che una sincera amicizia, per cercare di evitare i miei sentimenti. Per rovinare un qualcosa che non può essere rovinato, perché è stato creato per essere così e basta.

Noto che siamo arrivati davanti la sua enorme villa, fermo piano piano la macchina.

-Siamo arrivati, quindi...

Dice lei non guardandomi, ma iniziando ad aprire lo sportello.

Ho bisogno di lei; di scatto la prendo per il polso, lei si gira interrogativa. 

Vai Akito, cerca di dire qualcosa, cerca di dirle ciò che senti.

-Io non posso cambiare il passato, voglio solo dirti...che ci sarò sempre per te. 

Sarò sempre tua spalla su cui piangere...anche se dovessi essere io stesso a farti piangere.

A pronunciare quelle ultime parole, il suo sguardo cambia. Non mi sorride con le labbra, ma lo fa con gli occhi, con l’animo, è come se riuscissi a sentirlo. 

Allora è sempre stato questo il problema; quando stava male e non mi cercava era perché stava male per me, solo perché ero io il centro dei suoi pensieri.

Si ricompone, la vedo come se cercasse di trovare tutto il coraggio dentro di lei.

-Sota Tanaka, potrebbe diventare il mio terzo psicologo.

Inizia a parlare, abbassando lo sguardo.

Perché va dallo psicologo? 

-Tutti l’hanno descritta come “Depressione psicotica”...non si sa da cosa sia stata scaturita, ma so solo che è successo subito dopo che mi hai lasciata.

Rimango senza parole, io sono il carnefice di tutto questo, lei che mi ha ricomposto fin dal principio e io...io l’ho distrutta così, senza pietà. Non ci sono parole per descrivere un mostro come me, qualsiasi cosa mi viene in mente non riuscirebbe a descrivere a pieno cosa sono.

Un ipocrita? Un approfittatore? Uno che usa le persone a suo piacimento e quando si è stancato non le vuole più.

-Per questo non voglio averti intorno, per questo fingo con te. Perché se solo ti concedessi di nuovo anche una minima parte di me stessa, io non riuscirei più ad uscirne di nuovo. Lo capisci?

Alza il tono di voce, sta per piangere

Io stringo le mani sul volante. In questo momento mi odio, come non ho mai odiato nessuno. L’unica cosa che amavo e che mi ha sempre fatto stare bene, io l’ho presa e l’ho distrutta; frantumata in mille pezzi.

 

Sento lo sportello della macchina sbattere, Sana se ne sta andando.

Esco immediatamente dalla macchina e l’afferro per il polso. 

Io devo saperlo, devo sapere. Ho sbagliato, ho sbagliato tutto, ma devo sapere se c’è anche una minima possibilità; fosse anche l’ultima, io la prenderei subito e non la lascerei più andare.

-Dimmelo.

Le urlo quasi in faccia.

-Cosa?

Risponde lei, iniziando ad avere gli occhi lucidi. Ho esagerato come sempre, come quando non riesco mai a controllarmi.

Cerco di ricompormi e cercare di comporre la frase più lunga, che fino a questi 21 anni non sia riuscita mai ad uscire dalla mia bocca.

-Dimmi che non provi più nulla per me e io scomparirò dalla tua vita, per sempre. Ma sappi solo, che se così non fosse, io farò di tutto pur di farti ritornare la Sana che amo.

Dico tutto d’un fiato.

Lei ha uno sguardo indecifrabile, un misto dolore e ripudio più totale.

-Sei impossibile. Non solo non hai neanche un briciolo di pietà, ma non ti chiedi neanche se a me va bene o meno ritornare ad essere la me di qualche anno fa.

Le sue parole buttano fuori tutto il disprezzo, tutta la frustrazione, tutto il suo rancore nei miei confronti. Tutto quello che in questi due anni non è riuscita a gettarmi addosso, viene a galla adesso.

-E poi per cosa? Per ritornare a soffrire come un cane perché tu non hai nemmeno il coraggio di rifiutare ragazzine in preda dagli ormoni, mentre stai con me? Oppure, ancora meglio, per ritornare a decifrare i tuoi silenzi impossibili?

Non ti importa neanche sapere se io voglio essere così, pensi solo a cosa vorresti tu.

Sei un egoista.

 

Mi scappa dalla mia presa al polso e scappa in lacrime dentro l’enorme villa.

 

Sento un disprezzo più totale verso me stesso dentro di me, ho bisogno di sfogarmi se no sono certo che potrei fare solo pazzie.

Inizio a dare calci al muro, sempre più forti, sempre più forti; se non si romperà lui, mi romperò un piede io ma non riuscirà comunque a rompere il mio miscuglio di sentimenti negativi verso me stesso.

-Pensi di averne per molto?

Quella voce, mi fa girare di scatto verso il cancello. È la signora Kurata, la madre di Sana, che mi sta guardando con sguardo truce ma non arrabbiato.

Si avvicina di più a me e noto che, nonostante siano passati diversi anni, ancora indossa quegli sfarzosi cappelli.

-Ho assistito a tutta la scena, non posso certo dire di essere contenta di tutto questo. 

Inizia il discorso non distogliendo lo sguardo da me.

-Sai Akito, hai fatto soffrire molto Sana in questi ultimi due anni. 

All’inizio pensavamo fosse una cosa passeggera, che col tempo tutto potesse riuscire a guarire e sistemarsi...ed invece la situazione si è complicata più del dovuto. 

Ma la cosa per cui non riesce a darsi pace e penso che non ci riuscirà mai, è che lei ancora ti ama. Anche se dopo tutto quello che le hai fatto, non lo ammetterà mai. 

 

Prende una pausa e torna a guardami, con uno sguardo che inonda di puro odio nei miei confronti.

 

-Quindi ti chiedo gentilmente di non riprenderti il suo cuore per tornare poi a distruggerlo un’altra volta, non penso che riuscirebbe a reggere il tutto di nuovo.

 

Di gira, fa per andarsene, ma poi si blocca di colpo.

 

-Ah Akito, un’altra cosa. Credo che prima di procedere in qualsiasi direzione tu voglio adottare per riconquistare almeno la fiducia di Sana, un consulto medico dovresti averlo anche tu. Sana è cambiata, e non parlo solo di abitudini quotidiane, come alzarsi la mattina presto o fare esercizio. Lei sta avendo un’evoluzione più profonda, se dici tanto di tenere ancora lei, prima dovresti cercare di apprezzare prima di tutto la persona che sta diventando. Le persone cambiano, cerca di farlo anche tu.

 

Cerca di farlo anche tu.

 

Guido disperatamente, senza una meta ben precisa, mi accorgo che sto andando ben oltre i limiti di velocità. Mi fermo, in mezzo al nulla.

Scendo dalla macchina, cerco l’accendino nei jeans per accendermi una sigaretta e mettermi a ragionare sulla situazione. Ed invece mi ritrovo il bigliettino di Tsu, lo stringo tra le dita.

 

Le persone cambiano, cerca di farlo anche tu.

 

Non ci penso due volte.

Uno squillo, due squilli...

-Pronto, si salve, parlo col Dottor Tanaka?

 

Sana, in qualsiasi sfaccettatura stai cercando di plasmarti, non importa, io ti starò sempre vicino. 

Al costo di cambiare io stesso, se dovesse esserne necessario.

 

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Ma ciao carissimi e rieccoci ad un nuovo capitolo un po’ più “ragionato” (se così può essere definito ahahah). 

Molti pensieri che troverete in questo capitolo, sono pensieri miei, scritti a parte in momenti in cui magari mi sento giù e voglio cercare a tutti i costi di darmi una spinta positività. Quindi in questa storia, c’è davvero una grossa parte di me, anche se forse potrebbe sembrare una semplice storiella su un anime della mia infanzia.

Detto questo, spero che questo capitolo vi sia piaciuto e, se vi va, fatemi sapere cosa ne’ pensate visto che stiamo entrando proprio nel clou di questa storia ✨

Alla prossima 🌸

-Lilith

 

 

   
 
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