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Autore: Biblioteca    27/05/2020    2 recensioni
In un diario, un'anonima protagonista racconta una brutta esperienza.
Perseguitata da incubi e in particolare da un mostro (che appare anche fuori di essi), convinta di non poter trovare conforto nè in famiglia nè con la terapia condotta dal dottor Callisto, si butta tra le braccia di ASIM, un guru del web che ha le sue stesse visioni e che dipinge ossessivamente immagini di quello e altri mostri.
Ma quando il lavoro di "purificazione" inizia, la protagonista capisce che qualcosa non va e inizia a sospettare che forse il mostro e il guru non sono nemici ma alleati.
Nasce così una nuova teoria della cospirazione che sconvolgerà definitivamente il precario equilibrio della ragazza.
(Storia in via di pubblicazione su Wattpad: https://www.wattpad.com/908112403-mostro-7-dicembre-2019)
Genere: Angst, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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27 maggio 2020
Oggi sembrava una giornata destinata ad andare bene.
L’angoscia nei giorni precedenti era andata gradualmente via. Ormai mi stavo abituando all’idea di lasciar andare quanto successo.
Era andata male, il mio ennesimo fallimento, probabilmente non l’ultimo.
Forse, mi ripetevo, non sono ancora pronta ad avere risposte più grandi di me, forse non sarei in grado di accettare, forse ho posto le domande sbagliate.
Mi sono ripetuta che in ogni caso è stata colpa mia, anche se questo ritornello non faceva altro che aumentare il senso di apatia e sconfitta, che forse era peggio dell’angoscia ma almeno teneva il Mostro lontano.
Contemporaneamente, ed è stato quello che mi ha fatto andare avanti in queste giornate, c’era una parte di me che ripeteva che non me la dovevo prendere troppo, né con me né con ASIM: tutto quello che avevo vissuto poteva anche essere solo una grande e confusa allucinazione; dopotutto non potevo nemmeno essere sicura che ASIM esistesse realmente.
Avevo letto il suo vero nome al momento dei pagamenti delle consulenze, ma oggigiorno con i giusti mezzi si può tranquillamente aprire un conto con un nome fasullo. Non è semplice, ma non è impossibile. E poi sul conto, come sui bancomat, non compare di certo la foto. E io ASIM lo avevo visto solo in foto e in video. Salvo qualche foto in compagnia di altre persone, appariva quasi sempre da solo. E chi può dire che non fosse una specie di “pupazzetto” creato magistralmente al computer da una o più persone? No, c’erano tante, troppe cose non chiare in questa storia, dovevo essere felice che tutto si fosse esaurito così, come una bolla di sapone scoppiata. Ci stava perfettamente che all’incontro del 20 non sarei stata in grado di mettere io la parola fine. Tutto sommato mi era andata bene.
Ho pensato questo ogni giorno, per cercare di non affondare in quella stranissima angoscia e di staccarmi dall’apatia.
Ma poi stamattina, dopo la doccia, accendo il pc e vedo che c’è una notifica di Skype.
Ho subito pensato ad ASIM ed era effettivamente lui.
“Buongiorno, hai letto il mio post su facebook?”
Sono rimasta immobile davanti allo schermo prima di rispondere per quasi dieci minuti. Il messaggio risaliva a un’ora prima ma alla mia risposta (un laconico “Sì” seguito dal punto), ASIM si attivò subito per scrivere, come fosse rimasto per tutta quell’ora fermo al computer ad aspettare.
“Molto bene. Mi ha stupito che tu non mi hai più cercato.”
“Credevo volessi essere lasciato in pace.” Risposi, sentendomi ribollire nelle viscere. Anche perché avevo avuto la tentazione di scrivergli ma mi era mancato il coraggio.
“Bene, hai avuto un bel pensiero. Comunque, e questo l’ho notato da quando ci siamo conosciuti, tu ti poni un po’ troppi freni a dire le cose agli altri.”
L’ho scritto bene, ma in chat c’erano diversi errori. Era sbracato, confidente a livelli che prima non aveva raggiunto nemmeno faccia a faccia, se non quella volta con lo smile.
Il Mostro comparve. Lo guardai e vederlo quasi mi confortò. Non mi sentii sola in quel momento così particolare.
Sorrideva, un sorriso che stavolta interpretai come tentatore: coraggio, sembrava dirmi, mandalo affanculo!
Ma non ci riuscii. Avevo creduto nel percorso e nelle parole di ASIM, lo avevo seguito con dedizione. Non potevo chiudere così, non dopo tutto l’impegno messo.
“Hai ragione, ci sto lavorando.” Mi limitai a scrivere. Ma dargli ragione mi fece sentire anche peggio.
Lui continuò: “In ogni caso, non mi hai pagato ancora l’ultima seduta.”
Gelo.
“L’ultima seduta è saltata. Quel giorno ero in condizioni pietose, ricordi? Mi hai visto e dopo dieci minuti di monosillabi miei hai detto che era in caso di vedersi un’altra volta. Ma non abbiamo mai stabilito quando.”
“Veramente lo abbiamo stabilito eccome e lo abbiamo anche fatto. Sei tu che non te lo ricordi.”
Ho sentito il corpo iniziare a tremare, non capivo nemmeno perché visto che non ero nemmeno arrabbiata.
Mi è venuto seriamente il dubbio che potesse avere ragione. Dei giorni seguiti la chiamata di Billy, a parte il mio tentativo di suicidio e il vuoto che provavo non ricordo nulla. Ma mi è bastato risalire nella chat per vedere che non c’erano chiamate.
Gliel’ho fatto presente, consigliandogli di controllare e che semmai si era confuso con qualcun altro. L’ho fatto usando un tono così assertivo che rileggendo il messaggio che avevo appena inviato mi sono vergognata.
Sono passati dieci minuti buoni prima che mi rispondesse.
“Non so come spiegarmelo. Io sono sicuro che ci siamo incontrati, ma effettivamente non ci sono chiamate. Magari abbiamo usato un’altra piattaforma.”
O magari a furia di spostare gli appuntamenti si era confuso anche lui. Comunque non gliel’ho scritto. Ho mantenuto la mia versione e basta.
Ha proseguito: “Sarà. In ogni caso, se non vuoi pagare non importa. I soldi sono il veleno di questo mondo.”
Mi è sembrata l’occasione buona per fare una domanda: “ASIM scusa ma a me non è neanche arrivata ancora la ricevuta dei vecchi pagamenti.”
“La ricevuta? Io te l’ho mandata via mail.”
Gelo.
“No, ASIM, o comunque non l’ho ricevuta. Forse la mail è andata perduta. In ogni caso, io ti avevo inviato tutti i dati necessari per la compilazione. Se ti servono di nuovo, te li rimando, ma la ricevuta la vorrei, se non altro per mantenere il conto.”
Altri dieci minuti d’attesa: “Allora, io qui ho il tuo telefono, l’indirizzo di casa, la tessera sanitaria, nome e cognome, più il numero di carta. Sono proprio quelli che chiedo per fare le ricevute. Non hai cambiato nulla in questi pochi giorni, vero?”
Mentre gli rispondevo di no ho provato una paura enorme: proprio lui che parlava di come il sistema controllava le persone, aveva in mano più dati di me di quanti non ne avessi io di lui.
“Ah bene. Sì allora ti devo fare la ricevuta, stasera te la mando. Comunque secondo me una seduta me la devi ancora pagare, ma in ogni caso non importa. Tanto tu sai dove trovare me e io so dove trovare te. Ora devo andare. In questi giorni sono costretto a visite quotidiane dal dottore e dopo è pesante e devo riposare.”
“Capisco. Buon riposo allora.”
Lui non ha replicato. Nemmeno un saluto. È andato offline e io ho sentito i muscoli del corpo, tutti insieme, contorcersi furiosamente, mentre quel poco che avevo nello stomaco faceva pressione per uscire.
Sono andata in bagno e ho vomitato con una furia mai avuta prima.
Ma la cosa peggiore e che quel malessere così pesante e improvviso non mi sembrava neanche mio. Razionalmente e emotivamente non capivo quale fosse il sentimento esatto che mi facesse stare così male.
 
“Tanto tu sai dove trovare me e io so dove trovare te.”
Quella frase è fasulla all’invero simile. Io non ho il suo indirizzo, il suo numero di telefono, la sua tessera sanitaria, so il nome vero (o presupposto tale) e la sua provincia di residenza, ma non so molto altro.
Se a lui venisse in mente di cercarmi, gli basterebbe prendere il mio indirizzo e il cognome,viaggerebbe un bel po’ ma mi troverebbe facilmente.
Se vuole sputtanarmi a mia insaputa su qualche social, guidando qualcuno del suo seguito contro di me, che non ho pagato (ma davvero, e se l’avessi fatta quella consulenza ultima? Non riesco a ricordarlo) potrebbe farlo tranquillamente, senza che io me ne accorga.
Il vero problema di internet è che non è solo lo Stato a controllare: qualunque cittadino può farlo contro qualunque altro cittadino ed è già successo. A confronto, i controlli del sistema sono quasi una barzelletta. Quello che un singolo può fare contro un altro singolo è spaventoso.
Credevo che crescendo avrei finalmente potuto giocare alla pari con gli altri. Ma sbagliavo.
 
In che mani mi sono andata a mettere?
  
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