Serie TV > The Borgias
Segui la storia  |       
Autore: Abby_da_Edoras    28/05/2020    3 recensioni
Questa storia nasce da un sogno che ho fatto e sinceramente non avrei mai creduto di tornare a scrivere in questo fandom, eppure... mai dire mai! Questa ff è il sequel della mia storia "Shadows and lights" (ma non è indispensabile averla letta): sono passati più di due anni dalla conquista di Napoli da parte del Re Carlo e dalle atroci esperienze del Principe Alfonso. Nel frattempo il Re è tornato in Francia, lasciando il Generale a guidare il Regno di Napoli in sua vece, ma all'inizio di questa storia il Generale è morto. Il Papa Borgia, allora, non perde l'occasione per ampliare i suoi domini e manda il figlio Juan come "protettore" del Principe Alfonso, perché sia lui a governare Napoli. Il rapporto tra Juan e Alfonso, però, evolverà in maniera inaspettata...
Non scrivo a scopo di lucro e personaggi e situazioni appartengono a registi, autori e produttori della serie TV The Borgias.
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alfonso II di Napoli, Altri, Juan Borgia
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Salvation'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo secondo: Reasons I drink

 

Nothing can give reprieve like they do
Nothing can give me a break from this torture like they do

Here we are
I feel such rapture and my comfort is so strong, oh
One more sip
It feels so helpful in my need for some long overdue respite

And these are the reasons I don't even think I would quit
And these are the reasons I can't even see straight, and
And these are the ones whom I know it so deeply affects
And I am left wondering how I would I function without it…

(“Reasons I drink” – Alanis Morissette)

 

Il Principe Alfonso aveva imparato a sue spese, tre anni prima, a non concedere più tanto facilmente la sua fiducia a qualcuno e, dopo la dolorosa perdita del Generale, era diventato ancora più sospettoso e pronto a pensare il peggio di chiunque. Pertanto si aspettava brutte sorprese dal giovane Borgia, che era venuto, a suo dire, per proteggere il suo Regno da eventuali altre invasioni da parte dei Francesi o di chissà chi.

Erano ben altre le ragioni della sua presenza a Napoli, riteneva Alfonso.

Ricordava bene quando, durante il viaggio verso la Francia, due anni prima, Re Carlo e il suo seguito, del quale anche lui faceva parte seppure come ostaggio, erano stati ospitati nel palazzo del Papa Borgia. Oh, sì, il pontefice aveva ostentato una grande cortesia nei confronti del sovrano francese e anche del giovane Principe… eppure lui sapeva benissimo che Re Carlo aveva proseguito indisturbato la sua marcia verso la conquista del Regno di Napoli proprio con la benedizione di Papa Alessandro VI. E per tutto il tempo in cui erano stati suoi ospiti, Rodrigo Borgia non aveva fatto altro che dissimulare e tentare di manipolarli, tutti quanti, cercando di tenere in piedi un doppio gioco che solo per caso non era andato a buon fine. Il vero scopo del Borgia, infatti, era quello di mettere sul trono di Napoli suo figlio Goffredo, sposato con Sancha, la figlia illegittima di Re Ferrante. Rodrigo Borgia non lo aveva mai perdonato per aver rifiutato, anni prima, la proposta di matrimonio con Lucrezia, definendola una figlia illegittima indegna di unirsi a un Principe aragonese… *

Juan Borgia non era venuto a Napoli per proteggerlo, come affermava.

Juan Borgia era venuto per assassinarlo, su ordine del padre. Era stato mandato a fare il lavoro sporco in cambio di chissà quale ricompensa, e sarebbero stati Goffredo e Sancha, sotto l’egida del Papa, a governare Napoli.

L’unica cosa che restava da scoprire era come e quando il giovane Borgia avrebbe fatto la sua mossa. Era ospite nel castello reale già da due giorni e non aveva ancora tentato niente, ma Alfonso era convinto che non avrebbe atteso oltre. Lui, però, cosa poteva fare? Non aveva né amici né protettori, adesso che il Generale era morto. Le famiglie nobili di Napoli lo odiavano come avevano odiato suo padre e non avrebbero mosso un dito per salvarlo, pensando magari di approfittare della situazione per ottenere privilegi e benefici.

Questi erano i pensieri del ragazzo mentre, quel mattino, ammirava la straordinaria bellezza del Golfo di Napoli, appoggiato ad una delle colonne del loggiato. Era talmente assorto nei suoi pensieri e nella contemplazione del paesaggio da non accorgersi che Juan si era avvicinato silenziosamente a lui; quando si accorse della sua presenza, trasalì. Sentì che il cuore gli arrivava in gola e quasi gli impediva di respirare, il sangue gli pulsava violentemente nelle vene e le gambe parevano cedergli…

Certo, era la paura, cos’altro poteva essere? Sapeva bene che il giovane Borgia era una minaccia per lui.

Ma l’agitazione che lo aveva invaso non si calmò, anzi parve addirittura aumentare quando Juan, senza alcuna intenzione di nuocergli, gli si mise accanto e sembrò lasciarsi anche lui incantare dal panorama offerto dal Golfo di Napoli.

“Mio padre aveva ragione, questo Regno è davvero un paradiso di bellezza e di piaceri” commentò, con un sorrisetto che, per qualche motivo, fece accelerare ulteriormente le pulsazioni già impazzite di Alfonso. “Capisco perché Vostra Maestà vi sia tanto legato e anche perché in tanti lo desiderino. Tuttavia non dovete più temere un’invasione nemica ora che godete della protezione della mia famiglia.”

“Quando mio padre era vivo bastava il suo nome a far tremare chiunque. I suoi metodi non erano sempre giusti, questo è vero, ma forse era l’unico modo che aveva per mantenere il suo Regno” rispose Alfonso. “Penso che ricordiate bene la sala da pranzo del Re che vi mostrò mia sorella Sancha, quando veniste qui, sebbene siano passati più di tre anni.”

Juan, in realtà, ricordava ben poco di quella stanza, perché Sancha ce l’aveva portato, sì, ma poi gli era saltata addosso ed avevano fatto di tutto meno che osservare come Re Ferrante trattava i suoi nemici. Però, magari, quello non poteva dirlo ad Alfonso. O forse sì?

“Devo ammettere che era buio e che alla tenue luce di una candela non potei rendermi conto pienamente della disposizione della stanza. Inoltre vostra sorella era… come dire… non molto informata su come si erano svolti i fatti” replicò il giovane, con una luce maliziosa negli occhi. “Perciò sarei molto lieto di potervi fare ritorno insieme a voi, che sicuramente sarete in grado di raccontarmi l’origine della stanza.”

Ancora una volta Alfonso trasalì. Il sorrisetto storto e lo sguardo penetrante con cui Juan lo fissava lo facevano sentire ancora più strano, come se non fosse in grado di muovere un passo; inoltre non era più tornato in quella stanza da quando il Re francese ve lo aveva rinchiuso per punirlo, una terribile sera di più di due anni prima. Troppi ricordi dolorosi erano legati a quel posto, ormai…

“Io… penso che abbiate visto comunque abbastanza per poter capire…” tentò di obiettare il ragazzo, ma Juan gli circondò le spalle con un braccio (causandogli un principio di fibrillazione…) e lo spinse con una sorta di amichevole insistenza verso il corridoio.

“Io invece penso di no e ci terrei molto a vederla con la luce del giorno” ripeté il giovane Borgia.

Cosa poteva fare Alfonso? Annuì, perché non riusciva nemmeno più a parlare, e si incamminò lentamente verso la famigerata sala da pranzo di Re Ferrante, con Juan che non si staccava da lui.

Nella mente confusa da tante emozioni, il povero Principe si convinceva sempre più che le manovre di Juan Borgia somigliassero in modo inquietante al modo di fare di Re Carlo e che, con ogni evidenza, sarebbe andata a finire allo stesso modo. Altrimenti perché tanta curiosità per quella stanza che, in fondo, aveva già visto?

Tuttavia lo accontentò e, non appena giunti nella sala, la prima cosa che Alfonso fece fu andare a spalancare tutte le finestre che, per fortuna, davano sul mare. Non sarebbe rimasto in quel posto al buio nemmeno per cinque secondi, ricordava fin troppo bene il terrore e l’angoscia provati quando Re Carlo lo aveva fatto legare ad una di quelle sedie, come se fosse uno dei commensali, e lo aveva tenuto lì per ore.

Mentre il Principe restava appoggiato al davanzale di una delle finestre, Juan Borgia camminava lentamente per la stanza, guardando insieme affascinato e disgustato lo spettacolo dei nobili nemici del Re Ferrante fatti uccidere, mummificati e disposti a tavola come se fossero Gesù e i suoi Apostoli durante l’Ultima Cena. Cominciava a pensare che crescere con un padre come il Re di Napoli fosse stato anche peggio che crescere come un bastardo di Papa Borgia… Però non c’era dubbio che difficilmente qualcuno avrebbe deciso di mettersi ancora contro quel sovrano.

Fatto il giro della stanza, Juan andò a sistemarsi accanto ad Alfonso, davanti alla finestra. Si rendeva conto che la sua vicinanza turbava oltremodo il giovane Principe e la cosa lo incuriosiva e lo divertiva. Juan Borgia era abituato a piacere alle donne ma, a dire il vero, la cosa non gli interessava più di tanto, anzi si era sempre ben guardato dall’instaurare una relazione seria con qualcuna: quello che voleva lui era il piacere che trovava nei bordelli, senza legami e senza complicazioni.

Eppure, adesso, vedere che Alfonso si imbarazzava e si sentiva a disagio in sua presenza gli provocava un piacere diverso, più profondo… Beh, meglio così, si disse, visto che il padre voleva che il Principe finisse per dipendere da lui!

Juan si appoggiò con i gomiti al davanzale e rivolse uno sguardo accattivante ad Alfonso, che da parte sua cercava accuratamente di evitare di guardare tanto il giovane Borgia quanto i nobili avversari di suo padre.

“Dunque, Vostra Maestà, quale sarebbe la storia di questa stanza?” chiese, come se stesse parlando del tempo.

Alfonso si tormentava le maniche del farsetto e non sapeva dove rivolgere lo sguardo.

“Le famiglie nobili del Regno di Napoli non accettavano il dominio di mio padre, erano abituate ad avere privilegi e favori speciali e si coalizzarono per impedire lo sviluppo di una nuova organizzazione politica ed economica che avrebbe tolto loro potere. Così ordirono una congiura contro di lui, ma mio padre la scoprì” iniziò poi a raccontare. “Saputi i nomi di tutti coloro che avevano partecipato alla congiura, mio padre li invitò ad un banchetto proprio in questa sala, fingendo di voler festeggiare con loro le nozze di una sua nipote. In realtà, però, li fece catturare dalle sue guardie, torturare a morte nelle segrete e, alla fine, ordinò che fossero mummificati e messi in posa qui, come monito per chiunque altro avesse tentato di ribellarsi a lui. Io allora avevo sette anni e ricordo poco, ma mio padre mi ha raccontato molte volte questa storia. Certe sere lui si dilettava a cenare qui, in compagnia degli antichi avversari…” **

Ancora una volta, Juan si trovò a pensare che non doveva essere stato affatto facile crescere come figlio di Re Ferrante!

“Immagino sia per questo che Re Carlo, quando conquistò Napoli e mi catturò, pensò bene di punirmi allo stesso modo” mormorò il Principe, talmente piano che Juan dovette avvicinarsi ancora di più per riuscire a sentirlo. “Ordinò che fossi portato nelle segrete e che fossi torturato con tutti gli strumenti più atroci e terribili… e lasciò il dottore a sorvegliare le torture perché non voleva che morissi subito… ogni volta che perdevo i sensi, il dottore doveva risvegliarmi perché il supplizio continuasse… Non so quante volte… Suppongo che il Re francese ci vedesse una qualche forma di giustizia poetica.”

Questa volta anche Juan, che non si era mai tirato indietro di fronte a risse, omicidi e brutali assassini, sentì una specie di brivido lungo la schiena. Che razza di bestia era quel Re francese? Torturare a morte un ragazzo, divertirsi a farlo soffrire per una notte intera senza motivo alcuno… Lui stesso non aveva esitato a rapire, torturare e minacciare di uccidere Benito, il giovanissimo figlio di Caterina Sforza, ma lo aveva fatto davanti agli occhi di lei e solo per indurla ad arrendersi. Ciò che il sovrano francese aveva fatto ad Alfonso, al contrario, era una crudeltà gratuita e immotivata che non gli avrebbe arrecato alcun vantaggio.

“L’idea di Re Carlo era mettere anche il mio cadavere qui, in questa sala, nel posto vuoto in cui dovrebbe esserci Giuda” le ultime parole di Alfonso furono quasi un sospiro. “Se non fosse intervenuto il Generale, se non avesse convinto il suo Re a risparmiarmi la vita e a tenermi come ostaggio, io sarei…”

Non poté finire la frase, ma non ce n’era bisogno.

Lo sguardo di Juan cadde sul polso destro del Principe che spuntava dalla manica del farsetto che il ragazzo aveva tormentato fino a quel momento: vi spiccava una cicatrice profonda che faceva pensare ad una ferita molto grave.

“Cosa vi siete fatto al polso, Vostra Maestà?” chiese, incuriosito.

Il sorriso amaro che sfiorò le labbra di Alfonso fece raggelare Juan, che non era solito lasciarsi impressionare facilmente.

“Mi avevano incatenato e mentre mi straziavano con… con uno strumento che mi avevano messo in… beh, il dolore era talmente atroce e insopportabile che io, per tentare di sfuggire a quella tortura, cercavo di sfilarmi le manette e il ferro… mi tagliò quasi fino all’osso” rispose Alfonso, ora con uno strano sguardo fisso nel vuoto. “Ma non me ne accorsi nemmeno, anzi, se avessi potuto mi sarei staccato le mani a morsi pur di scappare…”

Ancora una volta Juan circondò con un braccio le spalle del Principe, ma questo fu un gesto spontaneo, non calcolato. Il racconto di Alfonso lo aveva veramente scosso e sentiva il bisogno di stringerlo a sé. Nemmeno nelle sue esperienze più violente, crude ed efferate aveva mai pensato ad una cosa del genere. Alfonso non era un nemico, non era un ostacolo, e quando il Re lo aveva sottoposto a simili sevizie era solo un ragazzino di nemmeno sedici anni…

“Non pensateci più, nessuno oserà nemmeno immaginare una cosa del genere” gli disse. “Anzi, dovremo fare in modo di essere temuti esattamente come lo era vostro padre, perché non ci sia più pericolo di un’invasione. Siete sotto la protezione dei Borgia e mia in particolare, ma adesso voglio che il mio e il vostro nome siano di nuovo il terrore di Napoli, come lo era quello di vostro padre. Nessun nobile del Regno e nessun altro invasore straniero dovrà metter piede nelle vostre proprietà, in ciò che vi spetta di diritto!”

Alfonso non sapeva se si sentiva più sconvolto per aver ricordato l’orribile notte delle torture, per le parole di Juan Borgia o… per il modo in cui lo aveva attirato a sé, per incoraggiarlo o chissà cosa. Sapeva solo che non aveva mai provato nulla di simile e non ne capiva il motivo!

“Vostra maestà, dovrete portarmi a vedere anche queste segrete di cui avete parlato” riprese Juan, “come vostro protettore e Capitano Generale dell’esercito papale che vi difende devo conoscere ogni angolo del castello e credo che le segrete rappresentino un luogo importante anche come deterrente per i vostri nemici.”

A queste parole, il giovane Borgia sentì il corpo di Alfonso irrigidirsi e cominciare a tremare, ma non poteva sapere quale incubo stesse passando per la mente del ragazzo e aveva detto quelle frasi in tutta sincerità.

Ecco, lo sapevo, è proprio come quella sera con Re Carlo, urlò dentro di sé Alfonso, agghiacciato dal terrore. Anche il Re aveva finto di volermi al suo fianco e di parlarmi amichevolmente per poi ingannarmi e farmi portare nelle segrete! E Juan Borgia vuole fare lo stesso, vuole che le sue guardie mi strazino ancora in quel modo e portino a termine il lavoro. Sono stato un idiota, eppure ormai dovrei aver capito che non devo fidarmi di nessuno e tanto meno dei Borgia, sono loro i primi a volere il Regno di Napoli! Lo sapevo che mi avrebbe ucciso, ma così… così no, non posso sopportarlo ancora una volta, non così, non così…

Sempre tremando, Alfonso inizio a piangere silenziosamente e a guardarsi intorno cercando disperatamente un modo per sfuggire alla presa di Juan (ora capiva, finalmente, perché lo avesse abbracciato… che stupido a credere che volesse solo fargli coraggio!). Se avesse potuto, si sarebbe perfino gettato dalla finestra aperta: meglio morire spezzandosi il collo che nella camera delle torture! Ma Juan non lo lasciava e, a dirla tutta, lo guardava stranito, senza capire la reazione esagerata del Principe. I ricordi di quelle segrete erano senz’altro spaventosi, ma non c’era ragione di essere così atterriti…

Non poteva sapere quanto il suo modo di fare gli avesse involontariamente ricordato la tremenda farsa portata avanti da Re Carlo quella sera di tre anni prima!

Fine capitolo secondo

 

 

 

 

* Ho raccontato questo episodio, da me inventato, nella mia long fic Shadows and lights… ma chi può dire che queste non fossero le vere intenzioni di Rodrigo Borgia?

** La storia della congiura dei Baroni di Napoli contro Re Ferrante è vera e anche la parte relativa alla vendetta (1486), non so però se sia vera anche la storia della sala da pranzo…

   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > The Borgias / Vai alla pagina dell'autore: Abby_da_Edoras