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Autore: Kokky    12/08/2009    6 recensioni
Un mondo parallelo e antico, popolato da vampiri che si muovono nell'ombra e umani troppo ciechi sui nemici succhiasangue. L'esercito, i positivi e gli alchimisti sono gli unici che possono proteggere l'umanità da ciò che stanno bramando i vampiri...
Un'umana insicura. Due piccoli gemelli. Un vampiro infiltrato. Una squadra di soldati. Una signora gentile e un professore lunatico. Una bella vampira e il capo. Due Dannati. L'Imperatore e i suoi figli. Una dura vampira. E chi più ne ha più ne metta!
Di carne sul fuoco ce n'è abbastanza :)
Provare per credere!
Genere: Fantasy, Sovrannaturale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Positive Blood' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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83 – And my spirit is crying for leaving

 

 

Sofia sentì un leggero bussare alla porta. «Avanti!», esclamò.

Adam aprì e apparve sulla soglia. I suoi occhi blu mare si mossero un istante per il corridoio, a controllare la situazione, e poi fissarono Sofi con un... sorriso?

Sofia non ebbe nemmeno il tempo di scorgere quella contentezza del vampiro nel vederla, che lui ne nascose le tracce con un ghigno sardonico.

«Buongiorno», disse Adam, avvicinandosi a lei. «Hai avuto abbastanza tempo per riflettere?».

Sofia si mosse nella stanza, mettendosi di fronte a lui. Il viso affilato del vampiro era a pochi centimetri dal suo, pieno di baldanza.

«Cosa ti aspetti di sentire?», domandò lei allora, scherzandoci sopra, anche se si sentiva insicura.

«Mi pare ovvio: verrai con me», rispose lui con una sicurezza di sé disarmante. Adam sapeva che Sofia non avrebbe rinunciato a quel legame, così come lui, ed era per questo che le aveva proposto di seguirlo... di salvarla da quella prigione, lei che non sapeva rimanere rinchiusa troppo a lungo e aveva preferito una pillola alla villa bianca.

Sofi fece un sorrisetto. «Non ti è rimasto un briciolo di incertezza in questo corpo freddo, eh? Però hai ragione».

Adam alzò una mano pallida e le carezzò le gote calde. «Come farai con loro?», le chiese prima di baciarla.

«Non importa, in qualche modo riuscirò a dirgli addio. Ryan non si trova più da qualche giorno e... non c’è molto da sperare», sussurrò Sofia – e le sue parole nascondevano tanta più sofferenza di quanta lei stessa ne volesse dimostrare, perché ci teneva ai gemelli e non sapeva nemmeno quanto.

La bocca di Adam sulla sua suggellò il suo dolore, spegnendolo.

Negli occhi blu mare, però, passò la consapevolezza della morte di Ryan e il vampiro si ripromise di dirlo a Sofia il più presto possibile.

 

Rupert sedeva sul proprio letto con lo sguardo fisso su quello di Ryan. Vedeva le doghe lignee e il materasso candido, non piegati dal peso di suo fratello – non c’era, lui non c’era e Rupert esisteva in un altro modo, adesso.

Il bambino era osservato da Luna, la sua compagna di stanza che sedeva sul proprio giaciglio. La bimba era preoccupata per Rupert più che per Ryan: aveva paura che non si sarebbe mai rialzato da quella perdita, dalla scomparsa della sua metà; o che, se lo avesse fatto, non sarebbe riuscito a rimanere integro, bensì con l’anima incrinata.

Luna avrebbe voluto dirgli qualcosa di confortante, ma era solo una bambina dagli occhi enormi e color della notte, non un’adulta con le risposte sempre pronte.

Rupert si mosse e si alzò, guardandola di striscio, poi salì la scaletta del letto a castello e carezzò il lenzuolo spiegazzato del fratello.

«N-non dovresti andare a cercarlo?», domandò Luna con voce flebile. Si fece coraggio: «Insomma, Ryan è da qualche parte e tu... sembri disperso con lui, ma non è questa la cosa giusta da fare, no? »

Rupert la osservò con i suoi occhi chiari, che ora sembravano pallidi e smorti. Fece una smorfia che ricordava il ghigno che solcava i volti dei gemelli poco tempo prima e scese dalla scaletta.

«Non c’è speranza da incrementare, perché non c’è nessuno da cercare. Non... non puoi capire, ma io l’ho sentito andare via, a poco a poco. Ho saputo subito che stava cambiando, allontanandosi da noi, e poi è svanito», piagnucolò.

Luna lo fissò sconcertata: Rupert non le aveva detto nulla, da quando era stato male. La febbre era passata e, se fisicamente stava meglio, il suo umore era peggiorato gradualmente, senza che proferisse parola.

Adesso capiva perché la sofferenza non lo spingeva alla ricerca di Ryan. Lui non c’era più.

«M-mi dispiace», disse Luna e, come i bambini quando si trovano di fronte a una situazione triste, incominciò a piangere per empatia.

Rupert la guardò, guardò le sue lacrime di vetro rotto e i suoi occhi socchiudersi, mentre dalla sua bocca usciva un leggero lamento e le braccia della bimba lo abbracciavano di scatto; guardò quella tristezza provata per la sua situazione e si sentì ancora più vuoto.

L’idea che Ryan non esisteva più gli sbatté violentemente sul suo volto e, stringendo Luna a sé, si sentì solo ed abbandonato. Piccolo.

Se prima aveva provato una strana apatia, invadente ed enorme, adesso percepiva il dolore pizzicargli gli occhi.

 

Sofia squadrò il viso di Adam, pallido in quel corridoio bianco, quasi un’apparizione o un riflesso intrappolato sotto il ghiaccio. Sofi avrebbe voluto aggrapparsi a lui, per cercare conforto e una passabile giustificante delle sue azioni prossime, ma probabilmente lui l’avrebbe derisa con ironia.

La ragazza non riusciva a pensare le possibili parole che le avrebbe detto – aveva il terrore di andare avanti, però ne aveva il bisogno, e di risultare allo stesso tempo ridicola davanti ad Adam, perciò si fece forza e non proferì parola.

Il vampiro ghignò, come per incoraggiarla, e Sofia si pentì di non essersi aggrappata a lui pochi istanti prima, ma fece un passo verso la porta che aveva dinnanzi a sé e lasciò perdere. L’orgoglio, alle volte, dardeggiava beffardo nel suo cuore.

La stanza dei gemelli era a pochi metri da lei, lì davanti, e Sofia ne ebbe paura... soprattutto delle lacrime che sarebbero scese, inondando di tristezza l’aria attorno.

La presenza fantasma di Adam si sentiva nel suo silenzio, i suoi occhi blu erano l’unico colore che Sofi riuscisse a vedere in quel corridoio bianco.

“C’è un perché, non so stare da sola e ho bisogno di lui”, pensò furtivamente.

«Sarò un mostro», disse ad Adam, spezzando il suo flusso di pensieri.

«Ad andare con lo storpio, ci si azzoppa», ironizzò lui. «Vado a parlare con il mio superiore... prima di partire devo avvisarlo, mia donatrice».

Sofia annuì e fissò nuovamente la porta. Si fece coraggio  e bussò, mentre Adam andava via.

Le aprì Luna, che la squadrò con gli occhi enormi dal basso della sua statura bambinesca; Sofi entrò nella stanza,smunta in viso per ciò che stava per dire, e si bloccò quando vide Rupert seduto sul letto di Ryan.

Il suo corpicino le ricordava il desiderio di proteggerlo che aveva avuto – e che da qualche parte risuonava ancora dentro di lei –, il suo viso reclinato e coperto dai capelli quasi bianchi nascondeva i suoi lineamenti, e in quell’istante avrebbe potuto essere suo fratello.

L’odore bagnato del dolore e dell’addio profumava in quella stanza. I sensi da positiva di Sofia le permettevano di percepire quell’aroma sottile e disperato.

«Devo dirti una cosa», annunciò Sofi con voce dolce. La sua maschera d’indifferenza che aveva provato a costruire adesso l’aiutava a continuare, ma sembrava sul momento di rompersi.

Rupert si voltò verso di lei e la guardò con i suoi occhi chiari e vuoti – anche lui, come Adam, sembrava un riflesso intrappolato sotto il ghiaccio... in qualche modo lontano, ma presente.

Luna, invece, era più tangibile con la sua empatia. “Almeno”, pensò Sofia “Qualcuno di leale per Rupert è rimasto... un nuovo affetto”.

«Cosa?», chiese lui, alzandosi dal letto.

La ragazza esitò. Dietro ciò che stava per dire, c’era il desiderio egoistico di essere felice, c’era il terrore di rimanere senza qualcuno eternamente accanto a sé. Era una contraddizione, essere così eppure soffrire tanto nel lasciare dietro di sé Rupert (e Ryan)?

In fondo gli aveva voluto bene.

Forse era umano, essere contraddittori.

«Io... mi hanno scelta. M-mi hanno presa come donatrice. Dovrò dare il mio sangue a qualcun- a un vampiro», rispose.

Vide un lampo scorrere negli occhi di Rupert, prima che il bimbo corresse da lei e l’abbracciasse forte. Luna li guardava con la bocca spalancata per la sorpresa.

«Che vuol dire?», piagnucolò Rupert nell’abbraccio, sollevando il suo viso verso quello di Sofia.

«Quello che ti ho detto».

Rupert sentì le lacrime solcare di nuovo il suo volto, quel giorno, e scorrere veloci e fredde e salate.

«Ma, ma tu non puoi andare via. Chi mi rimarrà? Che fine farai? Mio padre e mia madre sono da qualche parte, là fuori, a lottare e... Ryan non c’è più. Non esiste. E tu come puoi... come possono fare questo? I vampiri, come possono farmi questo?», gridò il bambino, allontanandosi da lei. Tremava, mentre piangeva lacrime amare, e non riusciva a trattenere la sua rabbia mista alla sofferenza.

«Perderò tutta la mia famiglia per mano dei vampiri, eh, Sofi?», si lamentò. Suo fratello sotto le grinfie di Violet, adesso lei, e poi i suoi genitori che erano dei soldati e con quella situazione non avevano un futuro certo.

«Lo sai che mi dispiace», disse Sofia, con la voce rotta. «N-non sempre va come vorremmo, non posso dire di no».

Luna si avvicinò a Rupert e lo cinse con un braccio, per confortarlo come poco prima.

Disgustata da se stessa – perché così si sarebbe salvata e lei voleva questo – Sofia si mosse. «Addio, Rupert», sussurrò e scappò via da quella stanza.

Il bambino, d’altro canto, continuò a piangere per l’ineluttabilità del suo destino e dei suoi cari, stringendosi a Luna.

Era forse lei l’unica che si sarebbe salvata, quella bambina quasi sempre silenziosa? Magari lei sarebbe rimasta davvero accanto a lui, poiché nella sua stessa situazione.

«Ma un giorno... quando questo dolore sarà cancellato dal tempo, e Sofia e Ryan saranno solo ricordi lontani, mi vendicherò. E l’umanità mi seguirà nella lotta, perché non è giusto», mormorò Rupert a Luna, con le parole impiastricciate di lacrime.

 

Intanto Sofia, appoggiata ad un muro in un corridoio lì vicino, singhiozzava, aspettando che quel riflesso intrappolato sotto il ghiaccio, quel pallido viso dagli occhi color mare, venisse a portarla via.

*

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Oplà. Mi sono dimenticata di dire, nell’altro capitolo essendo di fretta, che probabilmente (tranne che la mia mente giochi brutti scherzi sentimentali) quella è l’ultima volta che vediamo Ginger ed Arthur. Mi è parso strano vedere qualcosa finire – qualcosa che ho creato io, due personaggi davvero “vecchi”, nati subito dopo Sofia ed  Adam. Eppure è così (anche se siamo distanti dalla fine vera e propria, perché devono accadere un casino di cose ad Aiedail!).

Va beh, non facciamoci caso. Che dovevo dire? Ah… sì! Scrivendo questo capitolo spesso avrei voluto piangere (sì, sono umana pure io, anche se faccio fare cose stronze ai personaggi XD), mi veniva naturale, mi è uscita anche una lacrima quando si parla di Ryan morto… che tristezza. Spero di riuscire ad emozionare anche voi <3

Ringrazio tantissimo chi ha recensito:

mikybiky-> Chissà cosa, chissà cosa! Il mondo va avanti, mentre il caldo uccide xD Grazie mille, Silviuz

Genshi-> Sì che si nota, cara, è anzi una cosa molto assurda come cambia lo stile XDD Grazie davvero *__*

Phantom G->Grazie carissima! Sono felice che in così poco tempo hai letteralmente bevuto PiomBo! (XD)… e sono contentissima che ti piaccia Violet <3 e Francis ed Elisabeth (che adoro anche io). Non ti preoccupare, i soldati li vedremo ancora ^^ e poi… toh guarda, io mi chiamo Gaia e tu Giada e siamo tutt’e due siciliane! XD piacere, conterranea.

 

A presto +_+

E… ah, sì! Tanti auguri a me. Posto oggi che è il mio comple *_*

   
 
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