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Autore: Severa Crouch    29/05/2020    6 recensioni
Bellatrix è appena diventata maggiorenne quando con il suo fidanzato fa l’incontro che stravolgerà le loro vite. Una semplice domanda li cattura: “Cosa siete disposti a sacrificare per la purezza?” Bellatrix, però, è rapita dagli occhi neri e profondi del suo affascinante interlocutore. Le labbra incurvate in un sorriso, le voci sulle sue imprese magiche la lasciano senza fiato e finiranno per segnare la sua vita per rispettare il voto di eterna fedeltà.
La storia ripercorre la vita di Bellatrix fino alla sua morte e tiene conto di The Cursed Child (I'm sorry, but we need to deal with it).
Genere: Guerra, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bellatrix Lestrange, Rodolphus Lestrange, Sorelle Black, Voldemort | Coppie: Bellatrix/Voldemort, Rodolphus/Bellatrix
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Malandrini/I guerra magica, II guerra magica/Libri 5-7
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Lughnasadh, la levata di Sirio, è uno dei sabba più celebrati dalle famiglie tradizionali del mondo magico. Chiuse nelle loro residenze estive, nella campagna inglese o nelle remote terre scozzesi, le famiglie Purosangue usavano quelle feste per ufficializzare i fidanzamenti dei loro rampolli.
Casa Black non faceva eccezione. Immersa nella campagna del Wiltshire, la dimora di Cygnus e Druella era sottosopra. Quel giorno, Bellatrix, la primogenita, avrebbe fatto il suo ingresso in società e si sarebbe ufficializzato il suo fidanzamento con Rodolphus Lestrange.
Bellatrix era diventata maggiorenne lo scorso novembre e aveva dovuto attendere mesi prima di vedere organizzato il suo ingresso in società.
Adesso, era impaziente di ottenere il suo lasciapassare nel mondo degli adulti.
«Non vedo l’ora che arrivi anche il mio giorno!» esclamò Narcissa entrando sognante nella stanza da letto.
«A dire il vero, sono piuttosto tranquilla. È una cosa naturale, crescere, no? Non credo che questa giornata possa cambiare irrimediabilmente la mia vita.»
Bellatrix era appena uscita dalla vasca da bagno ed era estremamente rilassata. Sapeva che quel giorno la casa si sarebbe riempita di personalità provenienti da tutto il mondo magico. Persino Eugenia Jenkins, il nuovo Ministro della Magia, avrebbe presenziato alla sua festa e lei avrebbe avuto l’occasione di aggirarsi tra gli adulti e partecipare alle loro conversazioni. Suo padre, poi, era emozionatissimo perché, ancora più della presenza del Ministro della Magia, sarebbe stato onorato della presenza di un misterioso ospite illustre di cui Bellatrix ignorava il nome.
«Beh, ma ti fidanzerai con Rodolphus! Nemmeno questo ti emoziona?» domandò Narcissa con la sua aria sognante da ragazzina. Era evidente che sua sorella stesse cercando una scusa per pronunciare il nome di quel damerino di Malfoy. Li aveva visti in sala comune nascondere le mani intrecciate tra le pieghe di un mantello e non aveva alcuna intenzione di darle occasione di parlare ancora una volta di Lucius.
A dire il vero, quel ragazzo la irritava, le appariva sfuggente e indecifrabile e non capiva mai cosa pensasse o cosa ci trovasse di interessante Narcissa.
Rodolphus, al contrario, era fin troppo esplicito nelle sue intenzioni e desideri, e questa era la cosa che più di tutte apprezzava di lui. Era solido, convinto che le famiglie Purosangue meritassero un posto di tutto rispetto nel mondo magico e che i Babbani dovessero essere rimessi al loro posto.
Certo, era anche un francese con quella dannata puzza sotto il naso e la passione insana per formaggi disgustosi, ma nessuno poteva dirsi perfetto. Era stato lui ad insegnarle l’uso di alcune maledizioni ed era stata la prima persona a scoprire il suo potenziale di strega e coltivarlo. Il sodalizio che si era formato tra lei e Rodolphus era uno dei principali motivi per cui aveva accettato di buon grado il fidanzamento con lui. Insomma, la sua famiglia le avrebbe propinato qualcuno prima o poi e tanto valeva scegliere un alleato.
Si stava pettinando i folti capelli neri davanti lo specchio, Narcissa era seduta sul letto dietro di lei e la osservava.
«Perché dovrebbe emozionarmi? Sono anni che io e Rodolphus ci frequentiamo! Cosa cambia un pezzo di carta firmato? Sei ossessionata dalle forme come mamma e zia?» Scoppiò a ridere e si gustò la smorfia indispettita di Narcissa per il paragone con zia Walburga.
«Bellatrix, la mamma ti manda la colazione» esclamò Andromeda entrando in camera seguita da quel dannato Kreacher, l’elfo domestico di zia Walburga.
«Non abbiamo più elfi domestici?» domandò incuriosita, mentre osservava quell’essere poggiare il vassoio d’argento con il tè e gli scones sul tavolinetto accanto alla finestra.
«Sono occupati in cucina e mamma dice che non ne abbiamo abbastanza, così zia ci ha prestato il suo.»
«Stanno esagerando.»
«Non hai visto niente! Ho paura di cosa potrebbe fare per il vostro matrimonio!» esclamò divertita mentre si sedeva accanto a Narcissa.
«Il giorno del mio matrimonio la casa sarà piena di peonie bianche e nel giardino ci saranno i pavoni!» esclamò Narcissa con convinzione.
«È un trucco per confondersi e sposare un animale al posto di Lucius?» domandò Andromeda. Scoppiarono a ridere, mentre Narcissa aveva un’aria indignata e metteva su il broncio.
«Dai, al tuo pavone non piace il broncio!» Andromeda diede un bacio sulla guancia alla sorella per farsi perdonare.
«E tu, Andromeda?» le domandò, «non ce l’hai un pavone anche tu?»
«No, io solo Ippogrifi!» scherzò.
«Beh, potresti fare un pensiero su Rabastan…» propose Narcissa.
«Ma scherzi? Io non faccio la sostituta della Skeeter! Lo sapete che gusti discutibili ha quello lì.»
«Suo padre gli farà passare la voglia di correre dietro le Piume Prendiappunti» riflettè Bellatrix, «però hai ragione, Rabastan è un pessimo soggetto e poi, come dice zia Walburga, sarebbe un fidanzamento sprecato: bisogna trovare un’altra famiglia magica all’altezza. Tipo i Dolohov o i Rosier…»
«Ad ogni modo, ho ancora tempo. Oggi è il giorno di te e Rodolphus!» esultò.
Bellatrix finì di prepararsi e iniziò il turbinìo dei giorni di festa.
Odiava quel genere di situazioni: i parenti da salutare, gli amici di famiglia che la guardavano come un animale venduto all’asta, le amiche della mamma che osservavano la ciocca di capelli che le era scesa lungo il viso, sua mamma che le sussurrava irritata di sistemarsi quei dannati capelli.
C’erano persino quei noiosissimi e boriosi dirigenti del Ministero della Magia che la ignoravano e parlavano tra loro, con suo padre, con i suoi zii o con i parenti di Rodolphus.
C’era anche Rodolphus, fortunatamente.
«Sei uno schianto» le aveva sussurrato nell’orecchio non appena l’aveva vista. Nemmeno Rodolphus era niente male quel giorno. Sua madre si era applicata con gli incantesimi. La barba un po’ lunga gli aveva tolto l’aria da ragazzino e lo faceva sembrare quasi un adulto, ma non bastava qualche accenno di barba per essere ammessi nel mondo degli adulti.
«Sono degli ipocriti schifosi» sentenziò sottovoce mentre le versava del vino.
Erano entrambi delusi. Avevano sperato di essere messi a conoscenza delle dinamiche del Ministero, delle lotte di potere, delle invidie e delle rivalità, mentre venivano trattati al pari di due ragazzini il giorno del compleanno.
«Sono d’accordo con voi.» Una voce sconosciuta, adulta, autorevole, forte emerse dalla penombra.
Di fronte a loro, un uomo in un elegante abito da cerimonia li osservava con profondi e intensi occhi neri. Bellatrix non aveva idea di chi fosse quell’uomo, forse un parente di Rodolphus, anche se l’accento britannico sembrava escludere ogni provenienza francese.
«È pieno di pavoni, ipocriti e codardi in questa sala, con rispetto parlando, si intende. Nessuno di loro sarebbe disposto a sacrificare nulla delle loro comode vite per un ideale più grande.»
«Dipende dall’ideale» disse Rodolphus.
L’uomo sorrise per la risposta: «la Purezza».
«Mi dispiace deluderla, Milord, ma la Purezza è il mantra della mia famiglia. Noi Black siamo Toujour Purs» esclamò fiera. Non sarebbe stato il primo sconosciuto invidioso a mettere piede in casa Black a potersi permettere di infangarne il nome.
«Dal modo in cui venite ignorati, suppongo che siate i festeggiati. Mi permetta, signorina Black, di rappresentarle che la corruzione ha toccato anche la sua famiglia. Non basta qualche bruciatura sull’albero genealogico per continuare a dirsi Puri. La Purezza è una scelta, una ragione di vita, richiede sacrificio. Voi siete disposti a pagare il prezzo che esige?»
«Siamo disposti» disse Rodolphus guardando quell’uomo negli occhi. Bellatrix, accanto a lui, annuì «chieda al ministero delle rivolte dei Purosangue sui diritti dei Magonò. Abbiamo fatto cadere il governo di quel Sanguesporco di Bobby Leach, non ci chieda se non siamo disposti a pagare un prezzo per i nostri ideali.»
L’uomo le sorrise. «Molto bene. Ogni cosa a suo tempo. Ci ritroveremo.»
Il momento in cui le prese la mano e si chinò per un baciamano da manuale e il modo vigoroso con cui strinse la mano a Rodolphus subito dopo li lasciarono interdetti.
«Chi era quello?» domandò Rabastan arrivando verso di loro, «i vostri genitori vi cercano per la torta.»
«Non ne abbiamo idea, ma lo scopriremo presto» disse Rodolphus al fratello.
Solo l’indomani Bellatrix scoprì qualcosa di più sull’identità di quell’uomo misterioso origliando un discorso tra Cygnus e Orion Black.
«Allora, lo hai sentito?»
«Sì, Cygnus, dice cose giuste, per carità, ma esporsi, impegnarsi… Insomma, lo hai riconosciuto, vero? È sempre l’ex commesso di Borgin & Burkes, non può mica pensare di venire a dare ordini a noi.»
«Non è più la stessa persona, Orion, quell’uomo ha fatto cose che nessuno di noi è in grado di fare. Ha esplorato confini della magia per noi inimmaginabili.»
«E hai visto come si è ridotto? Il volto deturpato, ti ricordi com’era ad Hogwarts?»
«Ce l’hai ancora con lui per quella volta che ha spifferato la tua passione per le uova di Drago al professor Lumacorno?»
«Succedevano cose strane ad Hogwarts quando c’era lui. Ti ricordo che abbiamo avuto un morto e rischiato che chiudessero la scuola.»
«Sì, e si vociferava che la Camera dei Segreti fosse stata aperta. Tu sai chi può aprire la Camera dei Segreti. Non sappiamo se fosse stato lui, ma capisci che avere uno con il suo talento a sostegno della nostra Causa sarebbe un vantaggio incredibile? Piegheremo il Ministero! Perfino quella scema della Jenkins era confusa e quasi sedotta!»
«Ti ricordo che Borgin ci ha detto che è stato capace di sedurre quella vecchia carampana di Bathilda!»
«Appunto! Vuoi perdere uno con una simile determinazione e ambizione? Nemmeno Salazar Serpeverde sarebbe capace di tanto! Adesso si fa chiamare Lord Voldemort.»
La convinzione di suo padre fu la conferma che le intuizioni di Bellatrix erano esatte: quell’uomo, Lord Voldemort, era una persona fuori dal comune. Ripensò alle parole che aveva rivolto a lei e Rodolphus e ghignò tra sé e sé a pensare alle obiezioni di zio Orion. In effetti, era vero che non tutti erano disposti a pagare un prezzo per la Purezza.
«Ogni cosa a suo tempo. Ci ritroveremo.»
Quelle frasi le risuonarono nella mente. Non erano un modo di dire tipico degli adulti, erano una promessa. La promessa di un uomo che le manteneva tutte. Lo immaginò mentre tentava di sedurre Bathilda Bagshot, la storica della magia, per chissà quale motivo.
Provò a immaginare il suo viso senza le cicatrici, con gli occhi neri e profondi che aveva visto e quel sorriso che si incurvava in un modo che la scombussolava. Ripensò al momento del baciamano, al brivido che le era sceso lungo la schiena. Era assurdo fantasticare su un uomo che aveva l’età di zio Orion. Cercò di pensare al modo in cui Rodolphus aveva tenuto testa all’uomo, ma la figura imponente di Rodolphus scompariva al cospetto di Lui. Sembrava un ragazzino davanti un uomo vero.
Quella notte non riuscì a trattenersi. Per quanto si sforzasse di pensare a Rodolphus, il suo fidanzato, tra una carezza e l’altra che si concedeva, quegli occhi neri e quel sorriso misterioso tornavano ad affacciarsi nella sua mente con incredibile prepotenza.

 
°.°.°

Passarono altri due anni prima che Bellatrix riuscisse a incontrare nuovamente l’uomo che l’aveva sconvolta nel profondo.
Nel corso di quei due anni, cercò ogni indizio, riferimento, ritaglio di giornale, voce e notizia sulle imprese di colui che si faceva definire l’Oscuro Signore, trovandole sempre grandiose. Era ossessionato dalla Purezza, proprio come lei. Neppure Rodolphus era rimasto insensibile allo charme di quell’uomo e Bellatrix lo aveva esortato a chiedere a suo padre di essere messo alla prova. Il patto era semplice: se lui fosse stato ammesso nella cerchia dei grandi, avrebbe tirato dentro anche lei.
Naturalmente, Rodolphus ignorava che genere di fantasie accompagnassero le ossessioni di Bellatrix. Lui non sapeva, ad esempio, che quando facevano l’amore lei lo guardava negli occhi perché il nero dei suoi occhi le ricordava quello dell’uomo misterioso.
Era una lotta continua tra la sua mente e la parte più profonda della sua anima. Se la mente le diceva che era una sciocca a infatuarsi di un vecchio depravato a cui piacevano le donne mature, quando aveva un bellissimo e appassionato fidanzato, una parte della sua anima era attratta dal fascino magnetico di quell’uomo e dal potere che emanava. Sembrava essere stato in grado di farle vibrare le corde più profonde dell’animo con un semplice baciamano.
In quel periodo, Druella e la madre di Rodolphus avevano iniziato a stressarla con le loro pretese di trasformarla in una perfetta padrona di casa. Nei giorni di festa, poi, era un incubo con zia Walburga, la nonna e tutto il parentame che dava loro manforte.
Andromeda sghignazzava, godendosi l’ultimo anno di libertà ad Hogwarts e il privilegio di non aver ancora un contratto di fidanzamento, mentre Narcissa annuiva prendendo appunti, facendo domande e chiedendo suggerimenti, al punto da portare Druella a dire che forse avrebbero dovuto organizzare prima il matrimonio di Narcissa e poi quello di Bellatrix.
Un gufo di Rodolphus le salvò la vita. «Molla le babbione e raggiungimi nel parco di casa mia. Devo mostrarti una cosa. Rodolphus»
Saltò sulla poltrona per la gioia, pensando di avere il fidanzato migliore del mondo e attirandosi gli sguardi curiosi di Narcissa: «Chi ti scrive?»
«Rodolphus. Mi ha chiesto di raggiungerlo perché deve mostrarmi qualcosa» esclamò allegra e si congedò dalle signore velocemente. Lasciò sua madre, quella di Rodolphus, zia Walburga e Narcissa con le loro stupide tazze di tè a discutere del modo migliore per apparecchiare la tavola, in quell’infinita e noiosissima querelle tra il modo alla francese e quello tradizionale inglese. Corse da colui che poteva essere considerato il suo eroe, perché l’aveva salvata dalla morte per noia.
«Devo mostrarti una cosa» le disse non appena la vide.
Davanti a loro c’era una lepre legata da alcune funi.
«Imperio!» La lepre iniziò a danzare e saltellare, compatibilmente con le corde che limitavano i suoi movimenti.
Bellatrix gli rivolse uno sguardo perplessa: «Ti sei messo ad ammaestrare le lepri, Lestrange?»
Rodolphus scoppiò a ridere, con una risata di scherno che la offese.
«Non hai riconosciuto la Maledizione Imperius? Mi deludi, Bella.»
Un ghigno apparve sul volto di Rodolphus: «Vediamo se riconosci questa: Crucio!» La lepre iniziò a contorcersi per il dolore sotto l’effetto della maledizione. Si sentirono versi che urlavano disperazione e dolore. Il volto di Rodolphus era contratto in una smorfia malvagia e sembrava che si stesse divertendo a torturare quell’animale. Bellatrix ne fu affascinata.
«Vuoi provare?»
Bellatrix annuì. Non ci pensò su due volte ed esclamò: «Crucio!» Guardava la lepre, ma pensava a quelle oche che volevano trasformarla in una strega annoiata che passava dall’organizzazione di un evento a una gravidanza.»
La lepre iniziò a contorcersi e i versi divennero terribili, mentre Bellatrix la osservava e provava un piacere crescente nel dolore che stava causando, nel potere di avere la vita di qualcuno tra le sue mani.
Rodolphus la osservò sorpreso. «Ci sei riuscita subito. Come hai fatto?»
Bellatrix gli restituì l’occhiata di scherno e gli disse: «Se anche tu fossi stato costretto a sorbirti i discorsi sull’apparecchiatura della tavola, coveresti lo stesso odio…»
«È uno spreco rivolgere l’odio verso il proprio sangue.»
Quella voce.
Rodolphus e Bellatrix si guardarono sorpresi. «Verso chi dovremmo rivolgere l’odio?» domandò Bellatrix.
«I Traditori del Sangue, i Sanguesporco, gli Ibridi, l’immonda feccia che corrompe e sporca il nostro mondo» disse emergendo dal buio.
Il cuore di Bellatrix ebbe un sussulto e non riuscì a mantenere lo sguardo fisso negli occhi di quell’uomo. Sembrava che lui fosse in grado di leggerle nel profondo dell’anima, quasi sapesse i turbamenti che la sua vista le causava. Lo vide sorridere divertito.
«Vi ho osservato in questi anni. Siete cresciuti e siete diventati molto abili con la magia. Vi offro la possibilità di fare un percorso nell’Oscurità e dare un senso alla vostra ricerca di Purezza.»
Bellatrix spalancò gli occhi, incredula.
Rodolphus lo osservò scettico: «Viene da noi perché i vecchi non le hanno dato retta?»
«Vengo da voi perché i vecchi non hanno il coraggio dei giovani. C’è un prezzo da pagare. Esigo fedeltà assoluta dai miei discepoli, è una strada senza ritorno.»
Rodolphus si massaggiò la barba mentre continuava ad osservare l’Oscuro Signore. Aveva un ghigno sul volto e Bellatrix riusciva a vedere il bagliore della competizione con il vecchio Lestrange che illuminava il suo sguardo. Strinse la mano all’Oscuro Signore per siglare il patto. Lord Voldemort bloccò il polso di Rodolphus prima che la sua mano potesse allontanarsi e puntò la bacchetta sul braccio.
«Questo è il Marchio Nero. Lo userò per convocare i miei seguaci e saprò sempre chi mi è fedele. Una precauzione in questi tempi.»
Rodolphus annuì serio.
Poi, l’Oscuro Signore guardò lei. «Cosa mi dice, signorina Black? Ha il coraggio del suo fidanzato? O assomiglia a suo zio?»
Bellatrix alzò la manica e porse il braccio, osservando fiera negli occhi quell’uomo. In quel momento, l’orgoglio dei Black veniva prima di ogni sciocca fantasia o infantile infatuazione. Lei non si sarebbe fatta dare della vigliacca da nessuno.
Le labbra dell’uomo si incurvarono in un ghigno soddisfatto, puntò la bacchetta e Bellatrix sentì il dolore che Rodolphus era riuscito a nascondere. Non volle dimostrarsi inferiore a lui e resistette continuando a sostenere lo sguardo dell’uomo, con fierezza.
«Siete a tutti gli effetti i miei Mangiamorte. Presto verrete convocati alle riunioni e verrete messi alla prova. Separatamente. Esigo fedeltà assoluta.»
Le parole dell’Oscuro Signore le rimasero impresse in testa come la volta precedente.
Quella sera Bellatrix guardò il Marchio Nero, lo sfiorò e si ripeté tra sé e sé: «Esigo fedeltà assoluta».
Si domandava se anche Rodolphus era scosso nel profondo dell’anima come lo era lei, ma lui non lo avrebbe mai ammesso per non mostrare alcuna debolezza. Odiava sentirsi debole, esposta e sconvolta in quel modo. Odiava il fatto che ogni fibra del suo corpo fremesse al ricordo di come lui le aveva bloccato il polso tra le dita sottili, come il suo pollice le avesse fatto una carezza prima di lasciarle il braccio. O forse quello era un dettaglio che si era solo immaginata?
Le notti di Bellatrix si popolarono di sogni intensi e passionali in cui i ricordi delle notti con Rodolphus si confondevano con le fantasie sul suo Signore Oscuro. Si svegliava sudata, confusa e nervosa. A volte si accarezzava e l’insoddisfazione il giorno dopo la deprimeva. Altre volte, prendeva Rodolphus e mandava al diavolo ogni regola dell’etichetta, lo chiudeva in una stanza che insonorizzavano e quando usciva lo lasciava sconvolto.
Rodolphus era dannatamente bravo a letto, ma non era Lui. E questo pensiero la tormentava. Più di tutto, la tormentava l’idea che Lui sembrasse leggerle l’anima e avrebbe giurato di averlo visto ridere compiaciuto durante una riunione di Mangiamorte in cui lei si era soffermata sulle sue labbra e l’improvviso desiderio di leccarle.
Se riusciva a non manifestare all’esterno lo sconvolgimento emotivo che provava era tutto merito dell’educazione dei Black che, finalmente, si stava rivelando utile a qualcosa di serio.
Rodolphus, poi, non la aiutava affatto. Era così ossessionato dalle prove che il Maestro dava della sua bravura che non faceva altro che parlare di lui, complicando ancora di più la situazione. Lentamente, Bellatrix iniziò a domandarsi come sarebbe stato fare l’amore con Lui e Rodolphus. Ogni volta che si poneva quella domanda, però, le risuonava in testa la voce dell’Oscuro Signore che diceva: «Esigo fedeltà assoluta».
La sua iniziazione avvenne in una sera di fine agosto.
Narcissa era intenta a preparare il baule per Hogwarts, mentre Andromeda sarebbe rimasta a casa per la prima volta dal diploma. Le due ragazze chiacchieravano evocando ricordi di scuola che per lei erano diventati lontani e sembravano appartenere a un’altra vita. Presto si sarebbe sposata con Rodolphus e anche la vita con le sue sorelle si sarebbe chiusa.
«Esigo fedeltà assoluta».
Quelle parole tornarono ad affacciarsi nella sua mente, facendola vibrare di impazienza. Si alzò di scatto dalla sedia del soggiorno, guardò fuori dalla finestra la luna coperta dalle nuvole e sentì il Marchio Nero bruciare.
I suoi genitori si erano già ritirati nelle loro stanze, così prese il mantello e si Smaterializzò senza dare alcuna spiegazione alle sorelle che la guardavano sorprese per quello scatto improvviso. Avrebbe detto loro che si era ricordata di un appuntamento con Rodolphus e l’avrebbero coperta.
«Mio Signore» disse chinando il capo e accennando un inchino. Il cuore le batteva furiosamente, l’ansia di essere all’altezza delle aspettative si mescolava con le emozioni del ritrovarsi sola con l’uomo che ossessionava le sue notti.
«È arrivato il tuo momento, Bella.»
Sentì un tonfo nello stomaco nell’udire l’uso di un diminutivo così familiare, come se lui volesse ridurre le distanze. «Spero proprio che ti dimostrerai all’altezza. Mi aspetto molto da te, Bella.»
Un altro tonfo nello stomaco.
Le labbra di lui incurvate nel sorriso che la turbava.
«Quello che vedrai potrà turbarti, Bella. Mi aspetto che tu sia forte. Dovrai trovarmi, duellare e Disarmarmi. Siamo intesi?»
Bellatrix annuì.
«Se ci riuscirai, sarai ricompensata, secondo i tuoi desideri.»
Bellatrix annuì di nuovo e solo per una frazione di secondo le passò per la mente l’idea che la prova potesse essere facile.
Si trovarono in una foresta e l’Oscuro Signore correva silenzioso tra fantasmi e ologrammi di sé stesso che spuntavano tra gli alberi. Sembrava di muoversi in un labirinto di specchi. Bellatrix camminava, correva, tra gli alberi con la bacchetta in mano.
Bastarono un paio di colpi andati contro alcune copie per accorgersi delle differenze con il suo vero Signore: le copie non incurvavano la bocca in un sorriso compiaciuto. Trovò il Maestro e quando lanciò un incantesimo contro di lui e lui lo respinse, le altre copie scomparvero.
Finirono per trovarsi in una radura, uno spazio perfetto per un duello di magia e Bellatrix era brava a duellare. Era in grado di Disarmare entrambi i fratelli Lestrange, e Rabastan aveva vinto dei duelli nazionali, non era mica uno scarso. Tuttavia, persino Rabastan Lestrange, con la sua mensola piena di trofei di duelli di magia, si sarebbe trovato in difficoltà nel tentativo di disarmare Lord Voldemort. Si disse che doveva pensare alla mossa successiva che avrebbe fatto, ma sembrava che lui fosse in grado di leggerle nella mente.
«Se ci riuscirai, sarai ricompensata, secondo i tuoi desideri.»
Quelle parole le tornarono in mente. Lanciò un Incantesimo di Disarmo con la forza della disperazione, la sua testa aveva immaginato che Lui sarebbe andato a destra, ma la sua mano aveva scagliato l’incantesimo a sinistra e rimase di sasso quando lo colpì e vide la sua bacchetta volare dalle sue mani. Lord Voldemort si voltò verso di lei. Rimase fermo ad osservarla con sguardo serio, poi sorrise divertito tra sé e sé. Bellatrix non comprese il perché ma lui sembrava molto compiaciuto, come se avesse fatto una scoperta interessante. Forse era riuscita a stupirlo?
«Nessuno finora è riuscito a Disarmarmi, Bella.»
«Nemmeno Lestrange?» domandò esitante.
Lord Voldemort scoppiò a ridere, come se avesse detto qualcosa di profondamente sciocco.
«Lestrange ha impiegato più di un’ora per individuare l’originale tra le copie e non è riuscito a Disarmarmi, ma un colpo della sua bacchetta mi ha lacerato la veste. Ero impressionato, fino ad oggi, perché era quello che si era avvicinato di più, ma tu, Bella, tu mi hai Disarmato. Posso attendermi grandi cose da te.»
Bellatrix si morse il labbro, assaporando una sensazione di calore che si spargeva dentro di sé. Lui l’aveva lodata. Lui si aspettava grandi cose da lei. L’unica che lo aveva Disarmato.
«Sai perché riesco sempre ad essere un passo avanti a te? Hai capito perché mi hai colpito?» le domandò recuperando la bacchetta e avvicinandosi a lei.
«È come se leggeste nella mente, mio Signore.»
«Esatto, Bella. Sono un Legilimens. Il migliore che c’è in giro, oserei dire.»
Parlava con un certo compiacimento di sé, rivolgendole occhiate divertite e con quel sorriso ironico sul volto che la scombussolava nonostante l’età e il volto sfigurato.
«Sai cosa significa?»
Lord Voldemort si avvicinò a lei, in un modo che andava al di là del socialmente accettabile. I loro corpi erano a meno di un palmo di mano l’uno dall’altra e lei poteva quasi sentire il respiro di lui. Era alto, più alto di Rodolphus, con un portamento altero ed elegante, i lineamenti nobili dietro i lasciti dell’Oscurità. Confusa da quella vicinanza inaspettata, Bellatrix impiegò un po’ a comprendere il senso della domanda del suo Maestro. Alzò lo sguardo verso di lui e vide il sorriso divertito sul suo volto.
«Esatto, Bella. Ho visto ogni tuo pensiero nel corso delle riunioni e mi diverte questa tua insana fissazione per le mie labbra.»
«Mio Signore, mi… mi perdoni… Non volevo mancarle di rispetto» si ritrovò a farfugliare, facendolo ridere di nuovo.
«Cosa c’è, Bella? Non vuoi essere ricompensata secondo i tuoi desideri?» le domandò. «Sei ancora indecisa perché ti sembro vecchio?»
«Mio Signore, lei non è assolutamente vecchio.»
«Non per queste cose, Bella.»
Sentì le dita affusolate di lui sollevarle il mento e lo vide chinarsi su di lei. Chiuse gli occhi e sentì le labbra che per anni aveva sognato sulle sue. Rispose al bacio, con passione, lasciando andare i desideri che aveva tentato di reprimere. Le labbra si schiusero e sentì la lingua di lui infilarsi nella sua bocca e baciarla con un’intensità tale da sconvolgerla. Le pomiciate con Rodolphus sarebbero diventate un pallido ricordo dopo quella sera. Le mani di lui si strinsero intorno ai suoi fianchi morbidi e l’attirò a sé, mentre Bellatrix si stringeva al collo di lui. Lui le scostò le mani e le disse: «Non mi toccare».
Bellatrix obbedì, docilmente, e lasciò che fosse lui a stringerla, mentre continuava a baciarla sulle labbra, sul collo, lasciandole un segno del passaggio delle sue labbra che la scosse nel profondo. Avrebbe voluto andare oltre, appartenergli interamente, ma lui si allontanò con il sorriso divertito sulle labbra e le disse: «Ogni cosa a suo tempo, Bella. Non essere impaziente. Devi meritartelo.»
Ancora tremante, sconvolta dall’esperienza di quel bacio, con il respiro affannato, annuì come un affamato a cui avessero promesso una seconda razione di cibo.
Tornò a casa sconvolta, ancora eccitata per la serata. Passò la notte ad accarezzarsi cercando di ricordare la sensazione di quelle labbra sulle sue, le mani di lui che la stringevano e il modo in cui le aveva promesso altro.
La mattina successiva si beccò uno schiaffo da sua madre non appena scese in sala per la colazione, seguito da una serie di insulti nei confronti di Rodolphus. Fu il cenno di Andromeda al collo a farle capire che il segno della passione del suo Maestro le era rimasto impresso. Corse a nasconderlo indossando un abito da strega dal taglio piuttosto serio.
«Dicono che il matrimonio sia la tomba dell’amore, ma vedo che più si avvicina la data, più la passione aumenta!» Andromeda la prendeva in giro, ridacchiando divertita.
«Dovresti provare, sai? Magari ti piace» la stuzzicò Bellatrix. Era così strano il comportamento di Andromeda. Si domandò se non le piacessero le ragazze, visto che era sempre con le amiche di Narcissa.
Passò i giorni successivi in punizione, senza poter incontrare Rodolphus, accarezzandosi il segno sul collo come una cicatrice di guerra finché non guarì del tutto.

 
°.°.°

I giorni passarono, seguiti dai mesi. Iniziarono le riunioni con i Mangiamorte e le prime missioni. Persino Rabastan era stato arruolato. Spesso lavoravano in squadra e loro tre erano formidabili. I vecchi Dolohov e Rosier dovettero cedere il passo a lei e i due Lestrange. Intanto, la data delle nozze si avvicinava e il suo Signore Oscuro non l’aveva più sfiorata, nonostante le missioni compiute e i risultati ottenuti.
Era diventata molto brava nell’utilizzo della Maledizione Cruciatus e poté dire che quello fu il periodo più bello della sua vita.
Qualche notte prima del matrimonio venne svegliata dal Marchio Nero che bruciava: il suo Signore la stava chiamando a sé. Indossò la veste da strega e si Materializzò al cospetto del suo Maestro.
«Mio Signore» disse con un inchino, più profondo delle volte precedenti.
«Vieni avanti, Bella.»
Avanzò incerta. L’Oscuro Signore la guardava divertito nel suo studio. Le labbra incurvate nel sorriso che la turbava, avanzava verso di lei superando la scrivania piena di libri.
«Lo sai che il tuo fidanzato pensa a te durante le riunioni dei Mangiamorte? Mi distrae.» le disse con il tono di chi riferisce una seccatura.
«Mi dispiace, mio Signore.» Lui era distratto dai pensieri di Rodolphus? Cosa pensava Rodolphus?
«Non farlo» le disse con un’espressione compiaciuta.
Bellatrix era confusa. Nessuno si era mai comportato così con lei. Sembrava che non avesse alcun interesse e che fosse solo divertito dall’attrazione che lei provava.
Lord Voldemort la fissava divertito. Sicuramente stava leggendo i suoi pensieri perché le disse: «No, Bellatrix, tu mi interessi. Molto. Sei una strega estremamente dotata. Direi la più dotata dei miei discepoli. Sei la mia allieva prediletta.»
Il respiro le si strozzò in gola e non fu in grado di dire una sola parola. La bocca era secca e il cuore batteva furiosamente. Lord Voldemort si avvicinò a lei, incapace di muovere solo un muscolo. Le sollevò il viso e i loro occhi si incrociarono di nuovo.
«Questo non è lo sguardo di una sposa» le disse, «come farai tra qualche giorno?»
«Mio Signore, vi confesso di non sapere più nulla. Sto adempiendo a un contratto matrimoniale, ma la mia fedeltà è altrove.» Parlò con il cuore in gola.
«L’amore è una debolezza, Bella.»
Bellatrix annuì: «Ce lo avete insegnato, Mio Signore.»
«E allora cos’è, Bella?»
Bellatrix cercò le parole per spiegare quello che finora non era riuscita a spiegare nemmeno a sé stessa. Era una condizione inedita per lei, abituata ad essere una strega sicura di sé, che dettava le regole secondo il proprio capriccio.
«Mio Signore, avete il potere di scuotere ogni fibra della mia anima, come se la mia intera esistenza dipendesse solo dal vostro volere, come se ogni parte di me vi appartenesse.»
«È così, Bella. Tu sei mia
La semplicità di quella constatazione le provocò brivido lungo la schiena. Il respiro era affannato e il cuore aveva accelerato il battito, mentre la mente opponeva una strenua resistenza al fascino di quell’uomo, imponendole di non cedere: «Mio Signore, tra pochi giorni diventerò una Lestrange.»
«Penserai a me. Io ti guarderò» le disse con lo sguardo fisso nei suoi occhi.
«Voi ci sarete?» domandò sorpresa.
Non aveva osato sperare che un mago illustre come lui potesse perdere tempo in attività noiose come i matrimoni dei Purosangue. Gran parte degli invitati si erano già impegnati per sostenere la sua causa e non ci sarebbe stato alcun interesse politico a frequentare quel matrimonio.
«Lestrange ha scelto un matrimonio tradizionale. Sai che bisogna assistere alla consumazione del matrimonio. Lui mi ha invitato. Ha detto che sarebbe un grande onore e io non ho intenzione di negarglielo, è un Mangiamorte valoroso.»
Erano così vicini che gli orli delle loro vesti si sfioravano. Bellatrix alzò lo sguardo verso di lui esitante. Se lui era in grado di leggere la sua mente, non c’era ragione di tacere. Ogni pudore le venne meno e gli confessò candidamente: «Lui non è in grado di scuotermi come siete riuscito a fare voi con un baciamano.»
«Ti darò qualcosa a cui pensare» le sussurrò.
Le dita di lui le sfiorarono il collo e le sue labbra tornarono a posarsi su quelle di Bellatrix. La baciò avidamente e lei si abbandonò a quei baci, accolse la sua lingua pensando di appartenergli tutta. Si lasciò guidare sul tavolo dietro di lei, sentì le mani di lui infilarsi tra le pieghe della sua gonna ed Evanescere le mutandine con un incantesimo non verbale, semplicemente passando le dita sulla sua biancheria di pizzo.
«Ottima scelta il pizzo» le sussurrò nell’orecchio prima di entrarle dentro con impeto. Bellatrix intrecciò le gambe intorno alla vita di lui, secondo una tecnica sviluppata in anni di appassionati amplessi con Rodolphus, prima di lui.
Il suo Signore l’attirò a sé per i fianchi spingendo con forza, colmando ogni spazio del suo essere fino a scuoterla nella sua essenza profonda. Stava ribadendo che lei gli apparteneva, che era sua.
Bellatrix inarcò la schiena per il piacere, chiuse un attimo gli occhi e sentì dirle: «Guardami, Bella. Guarda come ti scopo. Ricordalo.» Gli affondi di lui si fecero così intensi che la portarono all’orgasmo, lasciandola su quel tavolo tremante e sconvolta.
«In quella tenda dovrai pensare a questo» le disse.
Bellatrix annuì. Sarebbe stato complicato pensare a qualcosa di così intenso, che faceva impallidire tutti gli orgasmi che le aveva regalato Rodolphus, ma non avrebbe deluso il suo Signore.
Si ritrovò ad attendere il giorno del matrimonio con un’impazienza che non le era propria.
Andromeda e Narcissa la prendevano in giro, sostenendo che fosse esattamente come le altre donne e che all’avvicinarsi dell’evento la sua calma era svanita. Nessuna delle sue sorelle immaginava a quale momento della giornata fosse rivolta la sua impazienza. L’idea che Lui assistesse alla sua prima notte di nozze con Rodolphus la eccitava. Avrebbe letto nella sua mente e verificato che lei stesse pensando proprio a Lui, mentre Rodolphus faceva del suo meglio sopra di lei. Si disse che avrebbe mostrato al suo Maestro cosa era in grado di fare se solo lui le avesse permesso di toccarlo.
«Cos’è questo sguardo malizioso? Stai pensando alla prima notte di nozze?» le domandò Narcissa sedendosi sul letto accanto a lei. Andromeda stava arrivando sorseggiando la sua tisana serale.
«Almeno non passerò il tempo a farmi le trecce come te e Lucius.» Rispose sarcastica. Non riusciva proprio a immaginare Narcissa e Lucius come amanti appassionati, era più forte di lei.
«Ti stupiresti della treccia di Malfoy» rispose Narcissa piccata, suscitando una risatina di Andromeda che le fece andare di traverso la tisana. Bellatrix la guardò disgustata. L’ultima cosa che avrebbe voluto era il suo Signore che le leggeva la mente per scoprire il riferimento alla “treccia di Malfoy”.
Il giorno del matrimonio arrivò, Druella era agitata, Cygnus si sfregava le mani per aver sistemato la prima figlia e si crogiolava nel ruolo del papà che perde la prediletta. Narcissa e Andromeda erano impeccabili, come tradizione comanda, e lei si trovò davanti allo specchio a sistemare un abito di cui non era più sicura. Lo trovava perfetto per sposare Rodolphus, ma l’idea che in mezzo agli invitati ci fosse anche l’Oscuro Signore lo rendeva meno perfetto. Il suo Maestro avrebbe meritato di vederla diversa, non come una tradizionale sposa Purosangue.
«Sei bellissima!» esclamarono in coro Narcissa e Andromeda vedendola uscire dalla camera. Andromeda le porse il bouquet di fresie profumate e l’abbracciò. Arrivò anche Rabastan che la baciò sulla guancia ed esclamò: «Mio fratello è fortunato. Sei splendida, Bella! Adesso vado a fargli venire l’ansia!»
Lo videro dileguarsi ridacchiando, con il ghigno di chi ha pessime intenzioni.
«Povero Rodolphus» esclamò Andromeda. Bellatrix scrollò le spalle, anche lei si era presa la sua dose di prese in giro, illazioni e battutine terribili.
Kreacher si Materializzò per avvisarle che gli ospiti erano pronti per la cerimonia e attendevano la sposa. Sentì un piccolo balzo nello stomaco e si domandò se anche Lui sarebbe stato là ad attenderli, vicino Rodolphus, e se avrebbe assistito alla cerimonia. Rodolphus lo aveva invitato, ma Bellatrix non era riuscita ad avere molti dettagli, solo un ghigno divertito e un «vedrai».
Non avrebbe mai pensato di percorrere quel corridoio tra le sedie degli ospiti con il cuore che le batteva furiosamente come una donnetta qualsiasi. Quando Andromeda le aveva profetizzato una simile ipotesi, Bellatrix le aveva praticato la tortura del solletico in tutta risposta. Invece, eccola lì, emozionata, nervosa, mentre passo dopo passo si avvicinava a Rodolphus e, cosa ancora più importante, al suo Maestro che stava in piedi, dietro Rodolphus, nel posto dei testimoni di nozze insieme a Rabastan. Si scambiò un’occhiata sorpresa con Rodolphus e lui sembrava molto soddisfatto di essere riuscito a strappare un testimone tanto illustre. Lei si era dovuta accontentare delle sue sorelle.
Lord Voldemort non le tolse gli occhi di dosso per tutta la cerimonia.
In ogni momento della funzione, mentre il mago recitava le formule che avrebbero unito gli sposi, evocava la magia antica che avrebbe propiziato la loro unione, Bellatrix sentiva lo sguardo di lui su di sé. Quegli occhi neri, incuranti del giudizio degli altri, la controllavano spudoratamente, bramandola, rivendicandola per sé.
Al momento dei voti nuziali, mentre Rodolphus le giurava fedeltà, lo sguardo di lei si soffermò alle sue spalle, sull’illustre testimone che la guardava. Le promesse le vennero facili, sentite, sincere, mentre prometteva fedeltà assoluta all’uomo a cui sentiva di appartenere, non a quello che le teneva le mani e che si era appena chinato su di lei per baciarla.
«Non avrei mai detto che mi sarei emozionata così!» esclamò Narcissa con gli occhi lucidi poco dopo, mentre era impegnata a sorridere e ringraziare i numerosi ospiti di quel matrimonio.
«Salazar, Bellatrix, sei stata incredibile! Tutti si sono commossi per il tono in cui hai pronunciato i voti. Non avremmo mai pensato che tu e Rodolphus vi amaste tanto!» esclamò Andromeda.
«Sempre questo tono sorpreso! Insomma, lo sapete che sono passionale e Rodolphus l’ho scelto io!» provò a sdrammatizzare, mentre ascoltava incredula le parole delle sorelle. Era convinta che il suo tono di voce fosse rimasto il solito. Aveva cercato di controllare le proprie emozioni e non far trapelare quello che realmente stava provando.
Si scambiò un sorriso di intesa con Rodolphus, anche lui strattonato da amici e parenti, mentre Rabastan teneva banco e versava da bere a tutti.
Distolse gli occhi da Rodolphus e si trovò davanti l’Oscuro Signore con i suoi occhi neri che la fissava. «Auguri, Bellatrix. Sei un incanto» le disse prendendole la mano per un baciamano. Sentì il pollice del Maestro sfiorarle il palmo e causarle un brivido lungo tutto il corpo. I ricordi dell’ultima volta le tornarono alla mente e lui sorrise divertito, consapevole dello scombussolamento che le aveva provocato.
Rimase ferma, confusa, mentre i parenti si agitavano intorno a lei, ed elargiva meccanicamente sorrisi e ringraziamenti, mentre una parte della sua mente era altrove, il cuore batteva furiosamente, quasi che volesse uscire dal suo corpo e raggiungere Lui.
Le mancava l’aria.
Uscì in giardino, lasciando le sorelle, gli ospiti e venne raggiunta da Rodolphus.
«Stai bene?» le domandò.
Bellatrix sorrise. Povero Rodolphus, che cosa aveva fatto? Era così attento nei suoi confronti e non avrebbe meritato di trovarsi in quella situazione. Lo aveva amato, moltissimo. Il suo amore, però, si era dissolto, assorbito dal desiderio di un altro uomo a cui si era votata, al cui cospetto Rodolphus, nella sua ingenuità, l’aveva condotta.
«Mi manca l’aria. Tutti questi parenti, le chiacchiere inutili. Non vedo l’ora che finisca.»
Vennero trascinati al ricevimento e lì Rabastan, Lucius, Dolohov, Rosier, alzarono i calici brindando «A Lestrange!»
Fecero un gran casino e Bellatrix non vide nemmeno per un istante il bicchiere di Rodolphus vuoto.
Non lo aveva mai visto così felice. Le loro famiglie erano soddisfatte che tutto fosse andato secondo i piani. Una parte di lei si sentì offesa dalla diffidenza che aveva circondato le sue nozze. Era una strega forte, indipendente, ma conosceva le regole e amava le tradizioni. Non avrebbe mai fatto del male al nome dei Black, cosa credevano?
La giornata passò in un susseguirsi di portate, balli, brindisi e fotografie. L’Oscuro Signore era seduto al tavolo degli sposi insieme a Rabastan, Narcissa e Andromeda. Ad un certo punto, Andromeda fece a cambio di posto con Lucius e preferì lasciarsi coinvolgere dalle chiacchiere di Druella e della signora Malfoy invece di continuare ad ascoltare i canti stonati di quegli ubriaconi e i commenti osceni di Evan Rosier che continuava a presentarsi al loro tavolo.
Bellatrix si trovò seduta tra Lucius e Rodolphus, mentre l’Oscuro Signore era di fronte a lei e continuava a guardarla. Lo vide annuire e sorridere educatamente alle battute, proporre dei brindisi e versare del vino nel calice di Rodolphus. Ogni tanto, qualche argomento serio veniva affrontato e in quelle occasioni il suo Signore chiedeva sempre il suo parere.
Poco prima del taglio della torta, Bellatrix trovò Rodolphus quasi del tutto ubriaco e con la cravatta slacciata. Alzò gli occhi al cielo esclamando: «Controllati nel bere. Altrimenti potresti avere difficoltà a consumare il matrimonio. Sai, la tenda… Credo che tuo fratello e i tuoi amici abbiano pianificato di farti arrivare lì ubriaco per prendersi gioco di te.»
«Ma figurati. Sto benissimo» le disse scoppiando a ridere.
Bellatrix alzò un sopracciglio e scrollò le spalle: «Io ti ho avvertito.»
Lasciò perdere Rodolphus, se aveva intenzione di fare una figuraccia e coprirsi di ridicolo la prima notte di nozze, lei non glielo avrebbe di certo impedito.
Andromeda e Narcissa la chiamarono per i riti di purificazione.
La portarono in una stanza, la spogliarono e la fecero entrare in una grande vasca piena di acqua profumata alle essenze della lavanda. Lavanda francese, ça va sans dire.
Strofinò via da sé le impurità, allontanò il passato e l’infanzia per presentarsi al cospetto di suo marito, della sua nuova vita. Al di là del simbolismo, quella tradizione serviva per preparare la sposa per la prima notte di nozze, soprattutto quelle verginelle timorate che non avrebbero saputo come iniziare. Al contrario, lei e Rodolphus avevano avuto modo di sperimentare a lungo la loro intesa fin dagli anni di Hogwarts.
Le tradizioni, tuttavia, andavano rispettate e un bagno rilassante, dopo una giornata faticosa in mezzo ai parenti era il modo migliore per rinvigorirsi. Immerse la testa sottacqua, sentendo l’acqua che le alleggeriva il peso dei capelli e pensò a Lui che l’avrebbe osservata al di là della tenda, con lo stesso sguardo con cui non l’aveva persa di vista per tutto il giorno. Si domandò cosa pensasse, se anche lui provasse lo stesso turbamento che provava lei.
Avvertì qualcosa dentro di sé, pensieri impuri che si affacciavano durante un rito di purificazione. No, quelli non li avrebbe abbandonati, quelli li avrebbe portati con sé, nella sua nuova vita perché erano parte integrante della strega che sarebbe diventata.
Uscì dall’acqua e lasciò che le sorelle l’asciugassero e la preparassero per la notte. Indossò una camicia da notte di seta bianca con lavorazioni in pizzo francese, secondo la tradizione dei Lestrange. Si lasciò coprire da una vestaglia abbinata e venne guidata fuori.
La notte era scesa e il giardino era illuminato da lanterne e luci fluttuanti, mentre i fiori emanavano un profumo dolciastro che riempiva l’aria. Sentì l’erba soffice sotto il tappeto che la guidava nella tenda. Rodolphus l’aspettava al suo interno. Era una tenda magica che avrebbe ospitato gli sposi durante la prima notte di nozze, permettendo ai testimoni di osservare la consumazione del matrimonio dall’esterno. La tradizione era caduta in disuso e resisteva solo nelle famiglie più tradizionaliste. Naturalmente, i Lestrange nel loro delirio di purezza avevano preteso di utilizzare questo rituale.
Entrando nella tenda Bellatrix vide Lord Voldemort in compagnia di un Rabastan visibilmente ubriaco. Non le sfuggì la curva divertita delle sue labbra, gli occhi neri puntati su di sé. Rabbrividì e Andromeda le sussurrò: «Vedrai, dentro è più caldo».
Sentì il fruscio delle tende chiudersi alle sue spalle e incontrò lo sguardo di Rodolphus.
«Salazar, Rod, ma ti vedi?» gli domandò sconfortata.
«Sto benissimo! È una festa bellissima e tu sei la mia sposa bellissima.»
«E tu sei il mio marito ubriaco» esclamò scuotendo la testa sconfortata.
«Vedrai, adesso, piccola mia.»
«Hai davvero intenzione di chiamarmi piccola?» domandò alzando un sopracciglio.
Chiuse gli occhi e si avvicinò a Rodolphus, avrebbe dovuto pensare a quella notte con il suo Maestro, perché il presente era estremamente deludente. Rodolphus barcollò verso di lei e si lasciò spogliare appoggiandosi alla sua spalla. Le stringeva i fianchi e più che baciarla stava sbavando sul suo collo.
Bellatrix sospirò. «Sei un cretino, Lestrange! Siediti e lascia fare a me.»
«Non esiste. Io sono l’uomo» le disse. Dovette raccogliere tutta la forza che gli era rimasta per salire su di lei, entrare in un modo piuttosto irruento e muoversi. Bellatrix chiuse gli occhi pensando al suo Maestro, contenta di potersi estraniare da quella circostanza, pensando a Lui che dall’altra parte della tenda la osservava. Pensò a quello che avrebbe voluto fare, ai modi in cui avrebbe desiderato compiacere il suo Maestro.
Rodolphus venne dopo poco, si accasciò accanto a lei e nel giro di pochi minuti iniziò a russare sotto l’effetto dell’alcol. Bellatrix alzò gli occhi al cielo, si rivestì e andò a dormire in casa. Non avrebbe passato la notte in quella tenda, esposta agli sguardi dei passanti, permettendo che ridessero della sua sventura. Era stato un ottimo fidanzato, perché doveva dimostrarsi un marito così deludente?
Incrociò lo sguardo del suo Signore mentre usciva dalla tenda, tra le risate di Rabastan e un Lucius rimproverato da Narcissa.
Si rifugiò in quella che sarebbe diventata la camera di lei e Rodolphus ogni volta che avessero soggiornato nel Wiltshire e sospirò delusa. Non era decisamente la prima notte di nozze che si era immaginata. Stesa sul letto, ripensava a quella lunga giornata, agli occhi neri del suo Maestro che la scrutavano e le sembrò di sentirli ancora su di sé.
«Toccati, Bella.» sentì nella testa, «voglio che invochi il mio nome.»
«Maestro…» sospirò, «Maestro, la imploro, mi faccia dimenticare questa notte così deludente. Non voglio mescolare il ricordo di quella notte con questa.»
Chiuse gli occhi e allungò una mano tra le gambe, sfiorandosi al di sopra delle mutandine di quel dannato pizzo francese. Si accarezzava pensando al suo Maestro, desiderando che fosse in quella stanza con lei e che le facesse dimenticare la tenda.
«Attenta a cosa desideri, Bellatrix» sussurrò di nuovo la voce. Sentì un fruscìo e la voce le disse di stare tranquilla, di non aprire gli occhi e di continuare a toccarsi. Il tocco leggero di Lui le sfiorò l’interno del ginocchio e iniziò a scendere lungo la coscia.
«Tieni gli occhi chiusi, Bellatrix» le disse. Le dita raggiunsero le sue, si infilarono sotto il pizzo e iniziarono ad accarezzarla. Bellatrix sospirò, abbandonandosi a quelle carezze inaspettate, sentendo la camicia da notte diventare opprimente. Lui le sollevò il lembo della camicia da notte e iniziò a posarle dei baci sul ventre, risalendo verso l’ombelico, lo sterno, i seni e poi il collo.
«Tieni gli occhi chiusi, Bellatrix» le soffiò nell’orecchio. Il suo corpo nudo sentiva la veste da mago di lui che accarezzava la sua pelle, ma sapeva che non lo avrebbe mai visto nudo, non avrebbe sentito la sua pelle contro il suo corpo. Lei era sua, non c’era reciprocità in quel rapporto.
Inarcò la schiena sotto le spinte delle dita del suo Maestro e si lasciò sfuggire un sospiro.
«Ti sentiranno, Bellatrix» le sussurrò nell’orecchio. Lui era sopra di lei che cercava di immaginare quegli occhi neri che la guardavano e fremeva ad ogni leggero sfioramento. Lo sentì il momento in cui Lui fu dentro di lei.
«Mio Signore…» si lasciò sfuggire come un’invocazione.
«Di chi sei, Bellatrix?»
«Sono vostra, mio Signore, solo vostra.»
Bellatrix sentiva le dita sottili di lui che si stringevano intorno ai suoi fianchi morbidi, la forza degli affondi dentro di lei, la veste di lui che aumentava l’eccitazione per i fugaci contatti dei loro corpi. Si abbandonò al piacere, lasciandosi sfuggire gemiti in cui invocava il suo Signore. Le sue mani stringevano ora il cuscino, ora il lenzuolo, perché sapeva che non era ammesso alcun contatto con Lui. Lo sentì liberarsi in lei, alzarsi e svanire, come era arrivato, lasciandola scossa da brividi di piacere e un sorriso estasiato sul volto.

 
°.°.°

Dicono che la prima notte di nozze sia un momento importante, soprattutto se celebrata durante un sabba. Dicono che sporcare una sposa porti la corruzione nel sangue della sua famiglia.
Bellatrix non aveva dato peso a quelle sciocche leggende.
Aveva adempiuto correttamente ai suoi doveri da sposa e si era concessa all’uomo a cui aveva giurato eterna fedeltà. Lo aveva giurato durante l’iniziazione come Mangiamorte e durante i voti nuziali, guardando il suo Signore mentre recitava la formula «Sì, lo voglio».
Eppure, mentre Bellatrix Lestrange cresceva come strega oscura, arrivando ad essere considerata una specialista della Maledizione Cruciatus, il sangue dei Black lentamente si corrompeva.
La prima a cadere fu Andromeda, la sorella che più assomigliava a Bellatrix. Fuggì di casa una notte in cui Bellatrix era in missione con il suo Signore. Dalle ricostruzioni che fornirono gli elfi domestici dei Black, Bellatrix intuì che Andromeda si era Smaterializzata lasciando un biglietto nel momento esatto in cui il suo Maestro la stava ricompensando «al di là di ogni sua immaginazione».
«A cosa pensi quando esegui la Cruciatus?» le domandavano di frequente.
«A quanto dolore riesco a provocare prima che il suo corpo ceda» era la risposta che dava ogni volta. Alcuni la guardavano impressionati, altri spaventati, ma la voglia di ridere di lei, di considerarla la “bambola di Lestrange” era decisamente passata.
Il matrimonio con Rodolphus procedeva a gonfie vele: erano entrambi presi dalla guerra e troppo impegnati a crescere come Mangiamorte per pensare a sé stessi come coppia. Dormivano in camere separate e con il tempo avevano smesso di cercarsi.
Bellatrix aveva scoperto che Rodolphus si era concesso qualche avventura. Lo vedeva ogni tanto osservare qualche giovane strega, turbato ancora dalle gonne delle divise di Hogwarts, altre volte si appartava nelle feste con la moglie di qualche Mangiamorte in vena di divertimento. Avrebbe pensato che la cosa potesse infastidirla, ma in realtà ne era sollevata: se Rodolphus aveva trovato un modo per divertirsi senza di lei, voleva dire che era dispensata da quel genere di incombenze e poteva dedicarsi solo al suo Maestro.
Le voci sulla predilezione di Lord Voldemort per “la sua ancella” non tardarono a girare tra i Mangiamorte e il modo in cui lui continuava a guardarla, le attenzioni che aveva solo per lei divennero evidenti agli osservatori più attenti. Lui non se ne curava, anzi, sembrava divertito da quella manifestazione di potere. Bellatrix si godeva il potere acquisito, era emersa sul marito e il cognato. Adesso era a lei che pensavano quando qualcuno faceva il nome “Lestrange”.
Una sera venne chiamata dal suo Signore.
«Vieni avanti, Bella.»
«Mio Signore…»
«Sai che dicono che sei la mia ancella prediletta?» le domandò divertito. «Hanno ragione» aggiunse, lasciandola senza parole. Lui le si avvicinò e le sollevò il mento per guardarla negli occhi. Le accarezzò le braccia, chinandosi sul collo di lei a sentire il suo odore.
«Nessuna di quelle malelingue ha una potenza magica pari alla tua» le sussurrò. «Nessuno è versato nelle Arti Oscure come te. Sei superiore a tutti loro sotto innumerevoli punti di vista. Lo sai perché?»
Bellatrix scosse la testa.
«Sei la sola che si è votata interamente a me.»
La gola le tremò sotto le dita di Lord Voldemort. «Mio Signore, vi ho giurato fedeltà eterna. Rispetto i giuramenti.»
«Ed io voglio ricompensarti, Bella. Voglio metterti a conoscenza dei confini magici che ho varcato e affidarti quanto di più prezioso abbia.»
«È un onore troppo grande, mio Signore.»
«Non esiste persona che lo meriti più di te, Bellatrix.»
Vide Lord Voldemort agitare la bacchetta e far comparire sul tavolo una coppa d’oro. Bellatrix la osservò. «Prendila in mano, Bellatrix.»
Bellatrix obbedì. Sfiorò l’oggetto e questo si mosse. Al contatto le sembrò di raggiungere un nuovo livello di intimità con il suo Maestro. Alzò lo sguardo verso di lui.
«Mio Signore…»
«È un horcrux, Bellatrix. Un frammento della mia anima è contenuto in questa coppa. La affido a te. Se dovesse accadermi qualcosa, trova il mio corpo, usa questa coppa ed io tornerò da te.»
Bellatrix rimase senza parole, con il respiro che le mancava e il cuore che si agitava furiosamente.
«Una parte della mia anima è nelle tue mani, Bellatrix.»
Bellatrix si inginocchiò ai piedi del suo Signore, gli baciò la veste e quando lui le sollevò il mento e le fece baciare qualcos’altro lei continuò donando ogni parte di sé a Colui al quale aveva giurato fedeltà eterna.
La coppa venne portata da Bellatrix in persona nella camera blindata dei Lestrange alla Gringott.
Pare che il giorno in cui Bellatrix inserì la coppa d’oro nella sua camera blindata, Sirius Black fuggì da casa per andare a vivere da quel Traditore del Sangue Magico di James Potter. Un’altra macchia sull’arazzo dei Toujour Purs.
Il tentativo dei Black di ripulire le macchia di Sirius, ufficializzando il fidanzamento di Narcissa e Lucius Malfoy, venne vanificato dallo zio Alphard che donò dell’oro al nipote fuggitivo.
Bellatrix e Rodolphus presero a cuore le sorti dei Black e portarono Regulus e alcuni suoi amici al cospetto dell’Oscuro Signore. Iniziarono a reclutare e formare i giovani, mentre le file dei Mangiamorte si ingrossavano. Regulus portò loro niente di meno che il figlio di Bartemius Crouch, il famigerato Cacciatore di Maghi Oscuri e quello fu un colpo che diede lustro al nome dei Black.
Tuttavia, la corruzione del sangue aveva iniziato a scorrere tra i rami dell’albero genealogico come un veleno, presto Regulus cadde tra le braccia degli Inferi, lasciando i Black privi di frutti da far germogliare. La morte di Regulus fu l’inizio della caduta. Seguì la morte di Orion.
Una profezia si inserì nelle loro vite, ossessionando completamente l’Oscuro Signore. Bellatrix provò a supplicare il suo Maestro di dare retta ai Veggenti e di non provare ad aggirarla, perché sarebbe stato il modo in cui la stessa si sarebbe verificata. Le sue suppliche caddero nel vuoto.
«Fidati di me, Bellatrix. Ti ho affidato la mia anima» le ripeteva. «Io non ti lascio, ricorda. Restami fedele.»
«Sempre. Mio Signore.»
In una notte, mentre il suo Signore era volato a Godric’s Hollow, il mondo di Bellatrix crollò del tutto.
Seguirono giorni di fuga, nascondigli provvisori, corse nei boschi, ripari di fortuna e duelli all’ultimo sangue con gli Auror. Era rimasta con Rodolphus, Rabastan e il giovane Crouch che tremava al pensiero dei Dissennatori. «Fatti coraggio, ragazzo, Lui verrà a prenderci!» lo esortava senza troppo successo.
Al processo, sotto lo sguardo paterno, lo vide crollare come il bambino che era rimasto. Rodolphus, Rabastan e lei sedevano con orgoglio davanti i giudici. Ne approfittò per un’altra dimostrazione di eterna fedeltà. Urlò: «Il Signore Oscuro risorgerà, Crouch! Gettaci pure ad Azkaban, noi aspetteremo! Risorgerà e verrà a cercarci, e ricompenserà noi più di ogni altro suo seguace! Solo noi siamo fedeli! Solo noi abbiamo cercato di trovarlo!»
Fece appello a tutte le sue forze per non piegarsi ed entrare ad Azkaban a testa alta, tra le urla di quei patetici omuncoli che frignavano. Le forze, però, l’abbandonarono presto, sotto il potere dei Dissennatori che le riportavano alla mente i pensieri più orribili e tentavano di strapparle la speranza nel ritorno dell’Oscuro Signore.
Al termine della seconda settimana, stremata dal freddo della prigione e dalle notti insonni causate dalle urla dei prigionieri, Bellatrix si svegliò con una sensazione di bagnato tra le gambe. Tastò il giaciglio sul quale si sdraiava la sera e vide le sue dita sporche di sangue. Si alzò spaventata, chiese aiuto alle guardie senza riuscire a reggersi in piedi. Venne visitata da un Guaritore nella sua cella, giudicata troppo pericolosa per essere spostata nell’infermeria.
«Hai perso il bambino, Lestrange.»
Il responso la sconvolse.
Passò i giorni successivi a guardare il soffitto, mentre pensava di aver portato in grembo il figlio del suo Signore. Intesseva monologhi con il Marchio Nero, lo accarezzava, lo implorava di andarla a prendere, invocava il suo nome.
I giorni lasciavano il posto ai mesi, agli anni, mentre i monologhi continuavano e perdevano il senso, o seguivano i sentieri sconosciuti della sua mente, ricordi che si perdevano negli abissi della memoria. Parlava in continuazione, Bellatrix, con il suo Signore, con Rodolphus, con sua madre, con le sue sorelle.
Le sorelle, però, attiravano i Dissennatori. Li sentiva arrivare affamati di ricordi che evocavano gioia e lacrime, un banchetto troppo ghiotto.
Rodolphus la osservava dalla sua cella e vi poteva leggere la delusione e il disappunto per non essersi accorto del momento in cui aveva perso sua moglie. I Dissennatori erano entusiasti di quel dolore, giravano intorno a Rodolphus come un tempo le giovani streghe che cercavano di sedurlo.
Lei e Rodolphus instaurarono un dialogo muto, fatto di sguardi torvi, recriminazioni, insulti che con il tempo sfociò nel disprezzo reciproco.
Le guardie carcerarie lo avevano informato del suo aborto e lui aveva capito chi fosse il padre. Non le perdonava l’essersi negata a lui e concessa a un altro. Lei non gli perdonava le mancanze come marito, l’aver tradito le promesse da fidanzato, le scappatelle. Non si sarebbe fatta sfiorare da uno che toccava le mogli di quei vigliacchi, schifosi e traditori. Le stesse donnette – o peggio ancora, ragazzine – che ora vivevano al sicuro nelle loro comode case, portando avanti i loro lavori, come se nulla fosse. Le odiava.
Aveva provato anche lei a lasciarsi abbindolare da un paio di morbide labbra, ma il suo Signore esigeva fedeltà assoluta e lei si era votata a Lui solo.
 
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Il giorno in cui le gabbie di Azkaban si squarciarono sotto i colpi della bacchetta del suo Signore, Bellatrix tornò a respirare. Sapeva che sarebbe tornato da lei. Lui manteneva sempre le sue promesse.
Era riuscito a risorgere grazie ai suoi immensi poteri ed era tornato per lei.
«Mio Signore…» Bellatrix si era prostata a baciargli la veste, incurante degli sguardi degli altri codardi o del disprezzo di Rodolphus.
«Alzati, Bellatrix» le intimò. La voce fredda, meno umana, più distaccata, la lasciò smarrita. Rodolphus, accanto a lei, sghignazzava soddisfatto del vederla umiliata in quel modo. Non sapeva che la stessa notte Lui l’avrebbe chiamata a sé e l’avrebbe fatta sua nuovamente. Rodolphus non aveva idea dei modi in cui l’Oscuro Signore si divertiva a tormentare Bellatrix, facendole sentire, su un altro piano, il tormento che le vittime delle sue torture pativano. Più Bellatrix torturava le vittime con le Maledizioni Cruciatus, più il suo Signore la faceva soffrire prima di gratificarla.
Più volte una missione si era protratta oltre il necessario per colpa del divertimento di Bellatrix. Più volte avevano dovuto affrontare gli Auror perché lei non voleva fare un lavoro pulito. Eppure, Lord Voldemort sembrava affascinato dal gusto sadico di Bellatrix, dal piacere che provava nel subire le torture del suo Signore e infliggerne altre – ben più spietate – alle sue vittime.
Il passare degli anni, la detenzione ad Azkaban, la condizione di debolezza dell’Oscuro Signore, nulla di tutto ciò aveva fatto venire meno la passione di Bellatrix per il suo Maestro. Né la predilezione di lui per la sua ancella.
«Sei ancora la mia migliore allieva, Bella» le aveva confidato il giorno in cui lei aveva visto sparire suo cugino Sirius oltre il Velo. Le labbra si erano incurvate in un sorriso compiaciuto.
«Vediamo se sei brava come insegnante.» Aveva acconsentito ad istruire personalmente il figlio anemico di Lucius e Narcissa. Gli insegnò l’Occlumanzia, per difendersi da Silente, Pozioni, Maledizioni e Incantesimi. Draco era presuntuoso e arrogante come il padre e c’era voluto un grosso impegno da parte sua per sopprimere il ragazzino viziato e piagnucolone e tirare fuori un soldato appena decente.
Poi arrivò il momento del trionfo: la morte di Albus Silente.
Il suo Signore era euforico come non lo si era mai visto. Era riuscito nell’impresa in cui persino Gellert Grindelwald aveva fallito. Nel giro di poche settimane, Silente era morto, il Ministero era caduto e l’Ordine Oscuro aveva preso il sopravvento.
La notte della caduta del Ministero della Magia, Lord Voldemort la chiamò a sé e non la lasciò andare fino all’alba.
Bellatrix tornò a casa solo al mattino, reggendosi appena sulle gambe, con le ginocchia tremanti e il sorriso estasiato sul volto. Rodolphus, chiuso nelle sue stanze, nemmeno si era accorto della sua assenza.
Seguirono molte notti come quella, in cui il suo Signore la chiamava a sé e le faceva sua, mentre lei invocava il suo nome e si abbandonava a lui, compiacendone ogni desiderio.
«Sei mia, Bella» le ripeteva incessantemente mentre affondava dentro di lei, quando le mordeva il collo o l’attirava a sé per i fianchi. Quando giungeva silenziosamente alle sue spalle e infilava una mano tra le pieghe della gonna e poi la prendeva da dietro, incurante del fatto che lei fosse pronta o meno. Il suo Signore sapeva che ogni volta che il Marchio Nero la chiamava a sé, il suo corpo iniziava a fremere dal desiderio e Bellatrix cercava di controllarsi durante le riunioni. In quelle occasioni, Rodolphus sedeva tra lei e l’Oscuro Signore.
Bellatrix notò che Rodolphus con il passare dei giorni diventava sempre più cupo e i litigi a casa scoppiavano con sempre maggiore frequenza.
Non le aveva perdonato il non essersi opposta al coinvolgimento di Draco Malfoy nella missione contro Silente.
«Se fosse stato nostro figlio o il bambino che hai perso ad Azkaban?»
«Sarei stata orgogliosa che venisse scelto! È un onore, è l’occasione per i Malfoy di redimersi.»
«Ma ti senti come parli? Hai dimenticato che fine ha fatto Regulus? Basta un niente perché una famiglia Purosangue venga spazzata!»
«Hai paura della guerra, Lestrange?»
«Vaffanculo!»
Rodolphus spariva dalla sua vista per giorni. Si chiudeva nei suoi appartamenti, perso tra gli allenamenti, le esercitazioni e le missioni con i Mangiamorte. Passava molto tempo con Rabastan, entrambi con lo sguardo sempre più cupo e le notti rallegrate dal Fire Whisky.
Rodolphus raggiunse il culmine della pazienza dopo una riunione abbastanza agitata dai Malfoy.
Il maniero dei Malfoy era diventato il quartier generale dei Mangiamorte, come il loro castello in Cornovaglia lo era stato durante la prima guerra magica. Si dava la caccia a Potter e spesso occorreva organizzarsi con i Ghermidori, o negoziare possibili alleanze strategiche. La guerra esigeva anche questo. Rodolphus, però, era il solito idealista e, lontano dall’Oscuro Signore, perdeva le staffe. Bellatrix sapeva che sarebbe rimasto fedele fino alla fine, perché i Lestrange non avrebbero mai macchiato con il disonore il loro albero genealogico, ma non le avrebbe risparmiato la sua rabbia e la sua contrarietà alla piega che stavano prendendo gli eventi.
«Allearci con i Goblin e i Lupi Mannari? Non è per questo che stiamo combattendo!» urlava. «Volevamo un mondo dominato dai Purosangue e ci troviamo in casa i peggiori ibridi!»
Bellatrix lo ascoltava sconcertata e difendeva le scelte del suo Signore: «Siamo in guerra! Le alleanze sono necessarie! Lo sai che saranno rimessi al loro posto una volta finita la guerra.»
Rodolphus scoppiò a ridere. «Se queste sono le premesse, andremo incontro a un’altra sconfitta! Che razza di strategia è questa? Non so come Malfoy riesca a tollerare che quella feccia giri per casa sua! Hai visto che sguardo ha Greyback?»
Bellatrix non poteva credere alle sue orecchie. Adesso il problema era Greyback?
«Sei il solito esagerato! Fenrir è a posto!» minimizzò, «È solo un po’… esuberante!»
Rodolphus scoppiò a ridere, una risata fredda, piena di scherno. Alzò un sopracciglio e le domandò: «Cos’è? Ti scopi anche lui, adesso? Oltre ai Mezzosangue ti fai scopare anche dagli ibridi? Come tua nipote? Sei corrotta, come tutti i Black! Sei peggio di Andromeda e di quella stronza della figlia Auror. Almeno loro hanno il coraggio di non nascondersi dietro un matrimonio di convenienza!»
«Come osi!»
La mano afferrò la bacchetta, batté Rodolphus sul tempo e scagliò la Maledizione Cruciatus. Rodolphus continuava a ridere di lei: «Pensi che non sappia resistere alle tue Maledizioni, Bella?»
Lo vide divincolarsi e sfuggirle.
«Cosa ti dice lui per scoparti? Che sei la migliore? Ma non ti rendi conto che ti sta usando da anni? L’ultimo dei Mezzosangue, con le tare dei Gaunt nel sangue che si scopa una Black. Ah, quanto deve farlo impazzire, che senso di onnipotenza che deve sentire!»
«Lo stesso che senti tu quando ti scopi la moglie di Avery, eh?» lo provocò.
«Ma non farmi ridere! Mi fai schifo, Bella!»
Andò via, lasciandola da sola nel castello dei Lestrange. La pazienza di Rodolphus era giunta al termine. Nei giorni successivi si trincerò in un ostinato mutismo ed evitò di incrociarla e rivolgerle la parola.
Bellatrix si sentì smarrita dal gelo improvviso che era sceso nella loro casa. Definire Rodolphus suo marito era riduttivo: lui era il suo alleato più stretto, la persona di cui si fidava di più al mondo dopo il suo Maestro, e sapeva che avrebbe potuto fare affidamento su di lui sempre. Persino ad Azkaban, le loro mute recriminazioni erano state un modo per mantenere acceso un legame.
«L’amore è una debolezza» si ripeté per farsi forza. «Ho giurato fedeltà assoluta solo a Lui» continuava. Erano giorni in cui si sentiva debole e odiava quella sensazione. Persino la Cruciatus su Rodolphus era uscita incerta. Ne parlò con Narcissa e si lasciò convincere a farsi visitare da un Guaritore.
Nel settembre del 1997, dopo una visita approfondita, il Guaritore le sorrise ed esclamò: «Non c’è niente che non vada in lei, signora Lestrange. Aspetta un bambino.»
Non si era mai immaginata madre, per quanto avesse saputo da sempre che la procreazione rientrava tra i doveri di una strega Purosangue. Aveva pianto quando aveva perso un figlio ad Azkaban e diverse volte si era ritrovata a pensare che il figlio sarebbe stato poco più giovane di Draco.
Adesso la vita le dava una seconda opportunità di diventare madre.
C’erano studi che rivelavano che la magia oscura impediva il concepimento, perché chiedeva come prezzo le energie positive che avrebbero consentito la creazione di una vita. Non era un caso che entrambi i figli erano stati concepiti dopo missioni importanti, in mesi in cui le azioni sul campo lasciavano il posto alle tessiture politiche. Erano i giorni della ricerca dei Potter, prima, e quelli della formazione del Governo di Pius Thicknesse.
«Rodolphus sarà contento» le sussurrò Narcissa uscendo dal San Mungo.
«Ne dubito seriamente, Cissa. Non è suo.»
Non ci fu bisogno di dire altro. Sua sorella le sapeva leggere dentro come l’Oscuro Signore, ma senza usare la Legilimanzia. Narcissa non fece altre domande, limitandosi a metterle una mano sulla spalla e accompagnarla fuori. Non appena Narcissa si Smaterializzò, Bellatrix sentì il Marchio Nero bruciare sul braccio. Chiuse gli occhi e si Materializzò al cospetto del suo Signore.
«È vero dunque?» le domandò senza giri di parole.
«Sì, mio Signore.»
«Quanto è?»
«Un mese e mezzo, mio Signore. Potrebbe andare male, non sono più molto giovane.»
«Non direi» le disse avvicinandosi e accarezzandole il ventre. Bellatrix sentì un tonfo nello stomaco nel sentire quel gesto così intimo, avrebbe osato definirlo persino affettuoso.
«Siete miei. Entrambi miei.»
«Bisognerà parlare a Rodolphus» disse preoccupata. Dopo l’ultima sfuriata, lui aveva smesso di parlarle e aveva organizzato i suoi orari in modo da non incrociarla per casa. Oramai si incontravano solo in occasione delle riunioni dei Mangiamorte.
«Rodolphus capirà. Posso farglielo capire» le disse.
«Mio Signore, forse è meglio che sia io a parlare con Rodolphus.» Non voleva che la situazione degenerasse. Rodolphus non meritava di finire sotto la bacchetta dell’Oscuro Signore, non per una reazione sbagliata a una simile notizia.
«E sia.»
Passarono giorni prima che Bellatrix trovasse il coraggio di parlare a Rodolphus. Lo fece una mattina, entrando nei suoi appartamenti, nella sala in cui da tempo si faceva servire la colazione da parte degli elfi domestici. Lo vide intento a leggere la Gazzetta del Profeta, vestito di tutto punto. Forse aveva un impegno al Ministero della Magia. Sapeva che stava cercando di ottenere un permesso per fare qualcosa, tipo acquistare un Ippogrifo, qualcosa del genere.
Si sedette di fronte a lui e si servì il tè. Prese una tartina alla crema e continuò ad osservarlo in silenzio.
«Dimmi almeno che ti è piaciuto. Dimmi che ne vale la pena» le disse lui, con il suo tono sarcastico del cazzo. Voleva farle perdere le staffe, ma lei aveva un obiettivo da raggiungere. Decise di ripagarlo con la stessa moneta, provando a ribaltare il senso della frase. «Non gli piacciono gli uomini.»
Bellatrix lo osservò con lo stesso sguardo divertito di quando erano fidanzati e lei lo prendeva in giro dicendo che lui si era innamorato di quel misterioso mago oscuro che compiva imprese incredibili in giro per il mondo. Rodolphus, però, sembrò non cogliere il riferimento a un passato tanto lontano. Forse aveva dimenticato quei giorni, quando si amavano ancora.
Adesso, sembrava che lui stesse facendo qualsiasi cosa per innervosirla. Continuava a leggere quella dannata Gazzetta del Profeta e le lanciava occhiate torve da dietro le pagine. Non poteva indugiare oltre, avrebbe perso la pazienza da un momento all’altro. Posò la tazza di tè, fece un sospiro per calmare il nervoso e gli disse: «Rodolphus, molla quel giornale, dobbiamo parlare. Sono incinta. Di Lui
«Congratulazioni.»
La risposta la lasciò di sasso. Non si sarebbe mai aspettata una simile freddezza da parte di Rodolphus. Non su un argomento per lui spinoso come la paternità. Lo aveva perso? Era definitivamente uscito dalla sua vita? In quel momento si sentì smarrita. Lo vide alzarsi, posare il giornale e dirle: «Vado al Ministero. Tu riposa. Non devi affaticarti nelle tue condizioni.»
Quel codardo si Smaterializzò prima che potesse metter mano alla bacchetta. Era sempre il solito stronzo. Avrebbe approfittato della sua gravidanza per scavalcarla nella gerarchia dei Mangiamorte e relegarla al ruolo di ancella. Si vide nei panni di Narcissa, a correre dietro un figlio, dipendendo in tutto e per tutto dal marito.
Le mancava l’aria.
Uscì fuori alla ricerca di aria. Le gocce di pioggia sul viso la riportarono alla realtà. Il suo Signore non l’avrebbe abbandonata. Non era proprio il tipo di persona che avrebbe giocato a fare il papà. Non lo vedeva affatto in quel ruolo. Il figlio era una cosa che si poteva delegare agli elfi domestici.
Lui le aveva detto che stava studiando la magia antica che aveva vanificato la sua maledizione. Un figlio avrebbe permesso di studiare i legami di sangue e i rapporti più ancestrali. Aveva fiducia nel suo Maestro. Avrebbero percorso insieme i sentieri della ricerca e allargato i confini della conoscenza magica. Non c’era nulla che le suggeriva che avrebbe fatto la fine di sua sorella.
I giorni si susseguirono, Rodolphus riprese a ignorarla e solo in pochi le stettero vicini in quel momento. Il suo Maestro era ossessionato dai legami di sangue, dalla creazione della vita e dal sacrificio per sfuggire alla Morte. Era al quinto mese, quando lui le accarezzò il ventre e sentì un colpo. Il bambino aveva riconosciuto la magia del padre e gli era andato incontro. L’Oscuro Signore sembrò sorpreso dall’accaduto e tornò sui suoi libri a studiare e verificare altre teorie, mentre attendevano i Ghermidori con notizie su Potter e gli altri sudici ribelli.
Nel giorno di Imbolc, Bellatrix diede alla luce Delphini Riddle.
Narcissa le teneva la mano e l’aiutò a prendere le pozioni che l’avrebbero fatta tornare in forze. Nell’aria si sentiva l’odore del sangue e Bellatrix era certa che lo scontro finale con Potter sarebbe giunto presto.
Pochi giorni dopo i Ghermidori portarono nel maniero dei Malfoy che la ospitava, Potter, Weasley e la Sanguesporco Granger. Non le sembrò vero: poteva tornare a utilizzare le Arti Oscure. Si sentì nuovamente sé stessa solo quando si avventò sulla Granger e la torturò. Fu scossa ancora una volta da brividi di piacere quando si accorse di aver ucciso Dobby, lo stupido elfo traditore dei Malfoy.
Il sangue era vita e lei tornava nella sua dimensione reale: la guerra.
Il giorno della battaglia di Hogwarts, Bellatrix corse lanciando maledizioni e sentendosi nuovamente viva. Aveva la bacchetta stretta in mano e quando incrociò lo sguardo della nipote, le tornarono alla mente le frasi di scherno di Rodolphus, il suo disprezzo, e la uccise senza nemmeno divertirsi un po’.
Incontrò di nuovo due recenti ospiti dei Malfoy che avevano avuto modo di assaggiare la sua bacchetta: la Granger e la Lovegood. Poi, vide la Weasley e si scagliò anche contro di lei. Stava per colpirla quando arrivò la madre, Molly.
Bellatrix ricordava ancora il momento in cui i fratelli Fabian e Gideon erano caduti sotto i colpi dei Mangiamorte. Avrebbe fatto fare la stessa fine anche a quella donnetta patetica. Quella strega che aveva passato la vita a usare la bacchetta solo per girare i mestoli dello stufato. Quella strega che poteva essere una comune Babbana, troppo impegnata a figliare e badare alla casa per coltivare la magia. Stava per scagliare l’Anatema che uccide quando venne colpita da Molly.
L’ultima cosa che Bellatrix sentì fu l’urlo pieno di rabbia del suo Signore e il Marchio Nero che bruciava, come a rimarcare il possesso su di lei. Il sorriso le rimase sul volto. Era morta in guerra, al fianco del suo Signore, fedele fino alla fine. Non poteva desiderare una morte migliore.
 
 
 
Nda:
Ciao a tutti! Grazie per aver letto questa follia. Sto lavorando molto sull’evoluzione del rapporto tra Bellatrix e Voldemort per via della mia long Kintsugi. Per quanto questa storia possa essere considerato un missing moment, ho omesso ogni riferimento alla long.
La cerimonia tradizionale dei maghi Purosangue è una mia invenzione basata sui matrimoni dei reali in cui ci sono testimoni (al di là delle tende del baldacchino) che verificano che il matrimonio sia stato consumato.
L’esito della prima notte di nozze è stata ispirata da quel pessimo soggetto di Ecate, compagna di fangirling su Bella e Voldemort, che ha scritto una bellissima one-shot su di loro “Posso chiamarti Bella?” che vi invito a leggere.
Alcuni di voi sicuramente avranno notato che la scena in cui Bellatrix annuncia a Rodolphus di essere incinta è speculare rispetto alla flash-fic “Fine di matrimonio
in cui c’è il pov di Rodolphus. Era un’occasione troppo ghiotta per non far vedere il pov di Bellatrix. xD
   
 
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