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Autore: LilithGrace    29/05/2020    1 recensioni
"Ci sono ferite che non guariscono, quelle, ferite che ad ogni pretesto ricominciano a sanguinare".
(Oriana Fallaci)
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dick Grayson, Jason Todd, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Buonasera, scusate per il tremendo ritardo nell'aggiornamento, ma ho avuto un piccolo incidente di percorso AHAHAH
Anche per questo capitolo, ringrazio di cuore la mia amorina Longgriffiths <3
Buona lettura! 


***

Sentimmo delle voci provenienti da un palazzo disabitato: effettivamente era una scelta ovvia, Jason non avrebbe coinvolto nessun’altro nel suo ‘conto in sospeso’, faceva tanto il menefreghista, ma in fondo non lo era poi così tanto.
Entrai lentamente nell’edificio e seguita da Harley, senza accorgermi però di star trattenendo il fiato: “Ragazzina, ho detto che li devi lasciare fuori, non che li devi nascondere quindi non giocare a fare la tostona e che nulla può scalfirti. Hai quasi vomitato l'altra sera dal piangere quando mi parlavi di tizio.” Sussurrava, tenendo alta la pistola e camminando in modo da non far sentire neanche un passo. Stretta alla parete del muro, Harley teneva una mano sul mio petto per potersi parare tra me e una qualsiasi improvvisa minaccia: “Non ricordarmelo… Tizio è stato un po’ stronzo e mi ha fatto un pelino arrabbiare perché si è fidato stupidamente di una brutta, bruttissima persona. Con o senza fossa di Lazzaro, se ci fossi stata io, non sarebbe andata così... E poi non ho vie di mezzo, zietta. O scoppio in lacrime o mi chiudo totalmente.”
Passo dopo passo, salimmo più piani sino a sentire chiaramente le voci dei tre uomini: Joker era tenuto in ostaggio da Jason che, nel mentre, stava mettendo Batman davanti ad una scelta: avrebbe dovuto sparare al Clown o altrimenti l’avrebbe fatto lui.
“Merda...”, sussurrai “Harley, a Tizio che sta tenendo in ostaggio il tuo ex ragazzo piacciono molto gli esplosivi. Dove potrebbe averli nascosti?”
“Io metterei gli esplosivi, laddove vorrei creare dei danni. Per esempio, se facessi esplodere un edificio con qualcuno dentro vorrei che la scientifica dovesse ricostruire i brandelli del corpo per seppellirlo. Io li metterei nelle fondamenta, oppure, addosso alla vittima. O, a portata di arma da fuoco. Tu che lo conosci bene, dove pensi li abbia messi?” Disse, mentre ascoltava la fredda risata senza anima del Joker, e quasi avvertiva la rabbia di Jason e la tensione del Cavaliere Oscuro.

Iniziai a guardarmi intorno e il mio sguardo si soffermò su un camino… Già il camino, avrei scommesso qualsiasi cosa che li aveva messi lì: facili da nascondere e massimo danno alla struttura. I miei occhi continuarono a viaggiare analizzando scrupolosamente ogni mattonella di quella dannata stanza.
Picchiettai leggermente sulla spalla della mia bodyguard: “Ti concedo di guardargli il sederino solo perché ha lì il detonatore.”, affermai indicandole l’oggetto nella tasca posteriore dei pantaloni.

Non feci in tempo a terminare la frase che il Pipistrello scelse di non accontentare la richiesta di Jay e da lì fu una manciata di secondi: sparo, tizio per terra, Joker che rideva e che cercava di ferire Bruce.
Harley mi fece scudo col suo corpo e mi tappò la bocca sapendo in anticipo che avrei urlato come mia nonna alla vista di una lucertola.
L’attimo di distrazione mi fece perdere di vista il detonatore. Fu l’arlecchino ad accorgersi che era finito nelle mani sbagliate.
Prima che potesse intervenire, la presi per un polso: “Dobbiamo andare via di qui!”
“Grace, moriranno tutti e tre se non facciamo qualcosa! Altro che sangue, non ci saranno neanche le ossa!”
“A questo punto non mi importa più… non voglio morire qui.”
Harley spostò lo sguardo da me alla stanza che occupavano i tre, provata. E fu allora che si accorse di essere ancora e indecentemente, troppo simile a Joker. Voleva che morisse. Ma voleva ucciderlo lei, e solo lei, a costo di salvarlo da qualcun altro. Ma il desiderio di liberare sé stessa dalla dipendenza, e di istruire qualcuno che di rimando l'aiutasse ad essere meno orribile, si mescolò alla consapevolezza che ci sarebbero stati cinque cadaveri se non andavano via. Lanciò qualche imprecazione piuttosto blasfema, e mi spinse: “Vai, corri, non ci pensare più corri e basta!”
Corremmo a pardifiato fino al suo bolide: le mani mi tremavano a tal punto da non riuscire a prendere decentemente in mano la chiave, non ero in condizione di guidare. Le passai velocemente alla mia collega, avevamo i minuti contati, se non secondi addirittura: salimmo in macchina e mise in moto, partendo con una sgommata in retromarcia.
“Sappi che non ti avrei permesso di rimanere lì e non l’avrei permesso neanche a me stessa… Ho promesso a Jonathan che ci saremmo laureati insieme e tu che saresti venuta alla mia proclamazione.”
“Certo, mi auguro solo che non finirai un giorno per guardare la laurea appesa al muro, senza poterla usare per rendere giustizia al culo che ti fai per prendertela.”
Ansimò la bionda prima che l'esplosione esordisse nell'aria.
Fummo abbastanza lontane da non essere coinvolte nell’esplosione, ma abbastanza vicine da sentirne il boato.
Dopo qualche metro, arrestò del tutto il motore, tenendo lo sguardo in avanti. Il boato le aveva scosso le membra suo malgrado: “Sul serio, quando stai con me dobbiamo fare in modo che non ti riconoscano. Potresti rovinarti la carriera.” La guardai ancora un po’ ansimante per la corsa. Spostai i capelli dal viso, mettendoli dietro le orecchie: “Hai ragione, dovrò cercare di far combaciare questa mia nuova vita con il resto e probabilmente dovrei trovarmi anche un nome d’arte…”, accennando un lieve riso.
“Sì, ti chiameremo The lost sheep. Allora, vuoi aspettare di vederlo in televisione domani, o vuoi controllare che siano stati tutti sviscerati a dovere di persona?”
Iniziai a mordermi compulsivamente il labbro inferiore, riflettendo: “Andiamo a controllare… questa volta devo affrontare la realtà.”


Entrambe avevamo un conto in sospeso, ed era ora di presentarsi al destino senza esitazioni.
Ritornammo velocemente nel luogo dell’esplosione che in meno di mezzora sarebbe stato pieno di tipi in divisa blu; calammo velocemente dall'auto osservando i danni che l'esplosione aveva causato e il fuoco che in alcuni punti divampava.
Mi incamminai in solitudine tra le macerie, cercando di udire qualsiasi suono potesse vagamente ricordare un segno di vita.
Sentii tossire e imprecare, e poi lo vidi lì, seduto mentre si manteneva un fianco.
Mi avvicinai a lui senza preoccuparmi di fare troppo rumore: “Sei felice, ora?”, gli chiesi guardandolo con una punta di delusione.
Alzò lo sguardo su di me e accennò un sorriso strafottente, di quello che avrebbero mandato su tutte le furie chiunque.
“Lieta che tu trova divertente tutto ciò, ma cos’altro potevo aspettarmi da uno come te? Secondo Robin, secondo Red Hood e sempre, solo, la seconda scelta di qualcuno…”
Mi accovacciai di fronte a lui e mi allungò una mano, come per toccarmi. Glielo permisi: “Vuoi ripulire Gotham ed essere un Batman migliore di lui, ma un Batman migliore non avrebbe messo a repentaglio la vita di nessuno…”
Respirava a fatica, ma ciò non gli impedì di rispondermi: “Il palazzo era disabitato, vuoto”
Presi il pugnale e glielo portai all’altezza degli occhi: “Sei accecato dalla rabbia e dalla delusione, non avresti guardato in faccia niente e nessuno, solo ora me ne sono resa conto. Ciò ti rende non diverso da Joker o da qualsiasi altro malvivente da cui vorresti ripulire questa città… avrei dovuto fer-”
A distrarmi dalla mia ramanzina fu la voce del mio mentore.
Harley, che fino a quel momento era stata in silenzio ad esplorare la zona, iniziò a tossire palesemente senza sentirne il bisogno fisico: “Tutto ciò è molto commovente. Lo avete notato vero che il Pipistrello è scomparso?” Con quella scusa, dopo aver lanciato una furtiva occhiata al ragazzo vivo per miracolo, mi allontanò da lui per potermi parlare senza essere ascoltata. Si avvicinò al mio orecchio e mi disse in un sussurro quasi impercettibile: “Il clown è vivo, l'ho trovato in mezzo alle macerie, svenuto, ma respira ancora. Non lo deve vedere o sarà stato tutto inutile, questo gran colpo di culo. Portiamolo via, e tu non fare mai niente che potrebbe essere il più grande errore della tua vita.” Mi intimò avvicinandosi a Jay, battendo forte le mani come alla fine di una bella commedia teatrale:
“Molto bene, molto bravo! Adesso però ce ne andiamo di qui, mh? Tieni le manine bene in vista, so che conosci la procedura.”
Gli strizzò l'occhio sarcasticamente, facendomi segno di aiutarla a farci uscire tutti e tre incolumi e prima dell'arrivo della polizia.

Scocciata, mi abbassai nuovamente all’altezza di Jason: “Non ti azzardare a fare passi falsi altrimenti ti lascio morire dissanguato, sono stata chiara?”, accennò un lieve segno di assenso. Ci caricammo il corpo del ragazzo quasi a peso morto, barcollando fino all’auto, alternando un passo, uno sbuffo e un quanto pesi.
Mi girai indietro, puntando il mio sguardo severo sul malconcio: “Hey Jay, sai una cosa? Anche se siamo simili, io non oltrepasserò mai quella linea e sai questa come si chiama? FORZA DI VOLONTA’.”
Tornai a sedermi composta e mi rivolsi ad Harley: “Portiamolo da me, non se ne parla di andare in ospedale…”
Fui grata alla mia guru per non avermi posto domande, se non per chiedermi dove abitassi.
Raggiungemmo la mia casa a tempo record e mi aiutò nuovamente a trasportare il ragazzo mascherato fino al mio appartamento, adagiandolo sul letto.
“Fai come se fossi a casa tua, prendi tutto quello che vuoi”, dissi lasciandola nel salotto.

Una volta poggiatolo lì, Harley lo lascio nelle mie grazie, fermandosi su una poltrona.
Conoscendola, non avrebbe cercato nemmeno di origliare, ma essendo consapevole che fossi in compagnia di un criminale avrebbe sicuramente tenuto comunque salda la pistola, in caso di precauzione.
Camminò per il salotto incuriosita dell'arredamento e dalle tante foto che adornavano le pareti.
Le osservò con sincero interesse tutte, non sapendo tenere le mani a posto. Era un brutto vizio, doveva toccare.
Non facendosi ripetere due volte l'invito, dopo un quarto d'ora aprì un paio di ante del mobilio in cerca di biscotti. Trovò di meglio: patatine fritte in confezioni extra. Gli occhi le si illuminarono e un sorriso le comparve in volto mentre stringeva quel mega pacco come se avesse vinto un Oscar, e lo aprì lentamente gustando il profumo di formaggio con cui erano aromatizzati i bastoncini salati.
Accese la televisione, e indirizzò il canale sulle ultime della sera. Era troppo presto.
Decise di fondarsi sui cartoni animati che le tenevano compagnia di notte, cartoni che le sue coinquiline non sopportavano.
Sgranocchiò il suo snack praticamente stesa sui braccioli della poltrona, ridendo di gusto delle scene demenziali infantili.
Si pulì le dita succhiandole, o strofinandosele addosso di tanto in tanto.
Dopo un po' troppo silenzio, si accigliò.
“Tutto bene da quelle parti?”
“Sopporta bene il dolore, tranquilla…”, risposi continuando a ricucire alla meno peggio lo squarcio sulla spalla del mio paziente.
Fino a quel momento non fiatammo, non c’era molto da dire.
“Strano che tu non stia vomitando”, disse per rompere il ghiaccio.
“Si chiama adrenalina… La mia mente è focalizzata sul salvarti la vita, appena avrò terminato quest’opera d’arte, sverrò. Tieniti pronto a prendermi, altrimenti mi verrà una commozione cerebrale.”
Infilai lentamente l’ago facendolo passare tra i due lembi di pelle. Avvertii una leggera tensione e un sospiro strozzato di dolore: “Jay, rilassati, ho finito, mi manca l’ultimo.”
“Volevi fare il medico… ho realizzato il tuo sogno, vedi? Non sono poi così male…”
“Volevo fare il medico legale ed avere a che fare con i morti… ma considerando che sei legalmente morto, sì ci sei riuscito.”
Tagliai il filo e mi ripulii le mani con un fazzoletto imbevuto.
Gli porsi un antidolorifico ed un bicchiere d’acqua, accomodandomi accanto a lui: “Senti, non voglio dirti che ciò che fai sia sbagliato perché mentirei. Non voglio neanche dirti che non stia funzionando, perché mentirei ancora… ma devi capire che a tutto c’è un limite. Non puoi dire di voler salvare Gotham per poi sporcarla per i tuoi interessi, devi scegliere da che parte stare. Non voglio farti la predica sui tuoi metodi anche se non sono tra i più pacifici e sai già che non li condivido. Non li giudicherò, ma quello che mi preme dirti è che tu non sei un carnefice… tu sei meglio di così.” Allungai la mano verso la sua e la strinsi: “Quando ti verrà da spaccare il cranio a qualcuno, pensa a questa conversazione… ci sarò per te, come ho sempre fatto e non mi importa quante volte passerai la linea prima di capire quanto, delle volte, non occorra farlo, io sarò lì pronta a prenderti a calci nel sedere e a ricordarti che Jason Todd non è un mostriciattolo pestifero. Abbi un metro di giudizio, ok?”
Rimase interdetto da ciò che gli avevo appena detto, ma sembrava averne preso nota.
Gli diedi un bacio sulla fronte e mi alzai e raggiunsi con passo poco sicuro Harley nell’altra stanza, chiudendomi la porta dietro.
“Har-”, non riuscii a pronunciare il nome completo che caddi con un tonfo pesante sul pavimento. L’ultimo ricordo nitido che avevo era quello della bionda che accennava ad un sorriso che non tardò a sparire.
Harley gettò praticamente l'intera confezione di patatine in aria incurante di averne addirittura tra i capelli e nella scollatura del vestito, fiondandosi in terra e poggiando come prima cosa, la mia testolina mora sulle sue ginocchia cercando di non ricordare l'inquietante rumore della sua testa sbattere sul pavimento. Controllò le pulsazioni del cuore poggiandomi due dita al lato del collo, mi diede qualche buffetto sulle guance cercando di non attirare l'attenzione del ragazzo imbottito di pillole nell'altra stanza: “Grace? Grace? Coraggio bambina bella, torna qui, mi senti?”
Chiamò il mio nome in un tono poco più alto della norma, anche se leggermente in falsetto, e si sporse al tavolino solo per raccogliere un vasetto porta fiori, lanciando via la rosa bianca e vuotando tutto il contenuto liquido dritto sul mio viso, scuotendomi nel mentre. “Niente panico, sei addestrata per questo!” si ripeteva come un mantra, sbuffando ugualmente per il panico.
“Dai, sveglia!”

Sentendo lo scroscio d’acqua fredda in viso mi alzai di scatto urlando “Ci sono!”
Harley mi si avvicinò facendomi segno con un dito sulle labbra di far silenzio: “Sto bene, è che sono sensibile al sangue e-e-e lui ne aveva tanto addosso e…” mi soffermai a riflettere sino ad avere gli occhi lucidi: “Chissà quanto avrà sofferto quando è stato picchiato dal Joker...” Alzai lo sguardo sulla bionda “…e chissà quanto avrà sofferto quando si è accorto che sua mamma l’aveva venduto… e quando si è reso conto che era spacciato”
“Tesoruccio, quando guardi in faccia una come me, uno come lui, associ la capacità di assassinare a sangue freddo, le pratiche di tortura e la vita senza rimorsi da fuggitivo o carcerato, o a una vita di lenzuola profumate e coccole?”
Le sopracciglia dell'arlecchino schizzarono in alto, e la voce divenne più dura.
“Siamo stati presi tutte a pedate nel culo, dalle persone in generale. E non mi riferisco a 'mamma sono grande e voglio uscire per conto mio, buh.”
Accentuò quella frase con il tono acuto di una bambina pestifera: “I miei genitori adottivi mi hanno venuta alla mafia per la taglia sulla mia testa all'epoca, dopo che mio padre biologico mi ha scaricata in collegio, ti pare che mi sia abbattuta? No, mi sono chiusa le ferite, e alla vista del sangue mi ci sono abituata. Fallo anche tu, o riponi l'arma.”
Feci per alzarmi e mi buttai pesantemente sul divano: “Come si fa a far del male ai propri figli? Non me ne capacito… mi verrebbe voglia di abbracciarvi. Posso abbracciarti?”
“Provaci a tuo rischio e pericolo, se ti contagi e ti cresce qualche pustola non te la prendere con me poi.”
 La strinsi forte a me, come una bimba che stringe la propria bambola di pezza preferita: “E comunque, io preferirei le lenzuola profumate e coccole, ma non si può avere tutto nella vita.”
Mi schiarii la voce e la richiamai con un psss, come per rivelarle un segreto: “Senti, con me non è troppo schizzato di testa. A livello psichiatrico come lo interpreteresti?”, sussurrai per non farmi sentire.
Dopo aver raccolto quel che rimaneva delle patitine, offrendone anche alla sua interlocutrice, la bionda masticò volgendo gli occhi al cielo in maniera riflessiva: “Io penso che ti associ a qualcosa che, sia nel periodo d'oro che in quello buio, lo faceva a suo modo star bene, e che quindi non scateni l'ira funesta che detta la sua sociopatia attuale, perché ha ancora un barlume mentale di sanità stabile nel quale rientri tu, probabilmente lo leghi alla sua umanità.”
Presi la patatina e iniziai a masticarla guardando un punto fisso, ascoltando attentamente le parole dell'ex psichiatra: "Credo che sia totalmente andato per via della fossa di Lazzaro.... tu ne sai qualcosa? E poi non mi è andato a genio che sia andato a letto con Talia. Gli ho detto di non essere gelosa, ma ho mentito. Anzi, in quel momento mi aveva dato più fastidio che lui l’avesse fatto per dispetto… poi mi ha dato fastidio anche per orgoglio personale" sospirai rumorosamente "Che casino! Non so se ho fatto bene, ma gli ho detto che non mi importa quanto sbaglierà, io ci sarò per lui e sarò sempre pronta a ricordargli che i suoi modi sono un tantino estremi… ma a me non importa che lui uccida, ma vorrei che avesse un criterio.” Mi stesi portando la testa sulle sue gambe "a me non fa paura... Sono pazza anch’io?"
“Ho sempre trovato la mente una macchina prodiga.” Cominciò: “Così complessa, così perfetta. La macchina più importante della natura umana. Il mio obiettivo è sempre stato capire, quando e come si perde qualche rotella, e perché poi sono cazzi amari per rimetterla a posto. L'amore e la paura hanno tante facce, alle volte complementari. Una risata che per te può essere il suono più inquietante al mondo, per me era come il canto di una fenice.” Le passò una mano tra i capelli distrattamente, assumendo un tono serio: “Come il dolore e il piacere, divisi da una linea così sottile che quasi non ti accorgi di aver superato, se non troppo tardi. Nel caso, troppo tardi tradotto in inglese vuol dire quando hai accettato che chi ami, si comporti nell'esatto opposto modo che vorresti tu. Ma la vita è fatta di scelte. Il tuo cervello è sano e dalle nostre parti esiste qualcosa che si chiama ultimatum.”
Mi alzai nuovamente e riabbracciai la bionda con affetto, perché grazie a lei avevo fatto la mia scelta: "Credo di aver capito da che parte stare. grazie...", le sorrisi e mi commossi: "Credo starò sempre dalla sua parte, a costo di mettermi contro Batman e tutta la Justice League.... lui ha dei buoni propositi. Con questo non cerco di giustificarlo, però voglio cercare di capirlo... cosa che gli altri forse non riescono o vogliono fare."
“Brava ragazza!”
Guardò l'orologio masticando rumorosamente gli snack, divertita ed evidentemente contenta per l'ultima affermazione della giovane collega, scattando quasi in piedi.
“Okay, prima che Pam e Selina mi diano per dispersa assieme al Joker, e più che a una fuga d'amore penserebbero a un brutale omicidio, torno a casa. Immagino che il ragazzino disturbato resti qui, vero?”
Mi portai una mano sul viso leggermente imbarazzata: “già….”.
Si alzò e si avviò verso la porta.
“Ti scrivo per la laurea”, sorrisi e la lasciai andare.
  
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