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Autore: Elbeth    30/05/2020    0 recensioni
Era un vecchio personaggio che avevo creato per un GDR, che non ho mai finito di approfondire. Una grifondoro, scozzese, purosangue. Sono una serie di "ricordi" legati alla sua storia in anni diversi della sua permanenza ad Hogwarts.
Edit: aggiunti come pg altri della serie post HP.
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Dal 4° capitolo
Sbadigliò ancora, mentre sentiva ridacchiare qualcuno al suo fianco. Elbeth si girò e gli lanciò un’occhiata curiosa, mentre lo squadrava. Era un serpeverde, o avrebbe dovuto dire il serpeverde. Il secondogenito di Harry Potter aveva fatto scalpore al suo arrivo ad Hogwarts e – come sempre – non era da solo. Scorpius Malfoy era immancabimente con lui.
“Non fare caso a loro…” le mormorò un’altra ragazzina passandole veloce accanto e notando il suo sgaurdo fisso sui due “Amano darsi delle arie!” affermò a voce più alta, in modo che sentissero anche loro.
Rose Weasley. Era sua la voce e ultimamente aveva iniziato a prenderla in simpatia, nonostante l’ormai nota ritrosia di Elbeth in dormitorio.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Albus Severus Potter
Note: Raccolta | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Nuova generazione
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Di difesa (contro le Arti oscure?)
(alle fine del primo anno ad Hogwarts)

Bizzarra! Quella lezione di Difesa, già dalla location che aveva scelto il professor Gstadt, si stava manifestando come bizzarra. Guardavo con circospezione intorno a me, mentre avanzavamo all’aperto. Cosa ci avrebbe spiegato? Chi avremmo dovuto sconfiggere quel giorno? Quale strana creatura da non poterlo fare in aula, ma addirittura fuori, all’aperto? Non mi veniva in mente niente. Niente che dovessimo poter affrontare fuori  dal castello e dalla nostra rassicurante aula. Certo, con Gustav Gstadt c’era ben poco di rassicurante, ad iniziare dal suo severo cipiglio e dallo sguardo che aveva il potere di incatenarti a terra e di farti trattenere addirittura il respiro.
Ok, ok… Forse era un effetto che faceva solo a me! Eppure, avrei potuto giurare che anche qualche Tasso (e finanche qualche Serpe) era fortemente in soggezione con il professore di Difesa, almeno al pari di me.
Quindi la mia sorpresa fu ancora più grande nel vederlo in un abbigliamento insolito per lui. In tuta! In tuta da ginnastica! La mia postura dapprima baldanzosa – avevo deciso di affrontare così quelle lezioni, nonostante la mia scarsa attitudine finora dimostrata – diventò improvvisamente floscia: la tuta da ginnastica, no! Non la potevo sopportare! Già le lezioni di Volo, per me, erano uno strazio, ma doverlo sopportare anche a Difesa…
La mia scarsa attitudine allo sforzo fisico era anche peggio della mia difficoltà a mantenere la concentrazione per eseguire gli incantesimi. Quella materia mi interessava e ci mettevo tutto l’impegno che potevo, ma spesso mi ero dovuta scontrare con i miei limiti ed i miei difetti. Difesa dalle Arti Oscure era forse la materia che più li metteva in risalto. Forse per la celerità delle risposte che richiedeva o per la mia ancora incompleta capacità magica, fatto sta che finora non ero riuscita ad eseguire bene nessuno degli incantesimi fatti a lezione. Quindi, speravo, ora che l’anno stava quasi volgendo al termine, di potermi rifare. Almeno una volta! Una volta sola!
Invece LUI era in tuta! Il mio disappunto, chiaramente leggibile nella mia espressione corrucciata, mi aveva fatto distrarre un poco. Quando incrociai lo sguardo di fuoco di Gstadt, riportai ad un livello alto il mio grado di concentrazione e automaticamente eseguii il suo comando.
“Formate un cerchio attorno a me! Sbrigatevi!”
Iniziò a muoversi, mi sembrò una sorta di riscaldamento. Mi rimisi la bacchetta in tasca: avevo come l’impressione che quel giorno mi sarebbe servita a poco.
Gstadt iniziò la lezione e dopo una breve introduzione, mentre ancora si muoveva all’interno del cerchio che formavamo intorno a lui, una frase mi colpì.
“Ognuno di voi ha un proprio punto di forza.”
Inarcai un sopracciglio leggermente perplessa.
Ah, sì? Anche io?
Ero fortemente titubante. Il professore iniziò ad elencarli
“…velocità… strategia … resistenza…”
*Forse, la strategia!* Pensai.
Per quanto potesse essere “strategica” una ragazzina di undici anni!
“…ciò che vi insegnerò oggi raggruppa tutte queste capacità.”
Questo era interessante: se non ne possedevo nessuna, sarebbe stato utile aver un po’ di tutte e tre! Gstadt riprese a muoversi e a riscaldarsi, fissando il suo sguardo gelido su ciascuno di noi. In cerchio era semplice tenerci tutti sotto controllo, ma quella volta almeno riuscii a sostenere la profondità dei suoi occhi. Passarono senza in realtà vedermi, mentre continuava a spiegare. Prese la bacchetta.
Un moto di gioia attraversò il mio sguardo.
Allora in fondo, l’avremmo usata.
Sfoderai la mia, quando infine disse
“…la “Guardia”! Tutti con la bacchetta in mano, svelti!”
Eravamo scattati tutti. Tutti ugualmente pronti, chi più esitante, chi meno.
“…è la posa che assume un mago quando si prepara a ricevere un attacco.”
In effetti, con la bacchetta in mano, mi sentivo già meglio. Il suo cuore che alcuni avrebbero definito freddo era come se pulsasse nella mia mano, condotto dal legno che lo avviluppava. Era come se il mio cuore e quello della mia bacchetta fossero in simbiosi. Era così che mi ero sentita la prima volta che mi aveva scelto, era così che mi sentivo sempre quando la impugnavo: questa sensazione mi metteva già in una condizione di maggior agio. Mi sentivo completa! Il professore, intanto, continuava a spiegare.
Io ero piccola ancora, quindi per me era importante imparare. Avevo pensato bene, quando avevo sentito che quella lezione avrebbe potuto darmi qualcosa in più.  In difesa, tutti erano uguali: assorbire un colpo, contenere un attacco, non era cosa da tutti e come stava dicendo il prof, mi avrebbe potuto fornire un vantaggio in un eventuale scontro.
*Sono una Grifa, piccola, ma coraggiosa!*
Mi era già capitato di dover subire la magia di un compagno più grande e ripensai con astio ad una vecchia lezione di Incantesimi, dove Elisabeth mi aveva inflitto una sonora sconfitta! Eppure in altra occasione, seppur fortuitamente, c’ero riuscita.
Assunsi la posizione che ci stava mostrando. Seppur le mie capacità fisiche fossero notevolmente inferiori alla media, dovevo tenere bene a mente che non era importante la forza fisica, ma come sfruttare una posizione per la difesa e poi per l’attacco. Sorrisi lievemente. Mentre spostavo il piede sinistro in avanti e flettevo leggermente il ginocchio della gamba destra, cercando di imitare la posa di Gutav Gstadt, mi vennero alla mente le lezioni di Richard.
Più o meno quando avevo sei anni, durante una delle lunghe assenze dei miei genitori, essendo stata affidata alle sue cure, il mio maggiordomo aveva inventato un “gioco” per me.
Era un’età in cui mettevo duramente alla prova i suoi nervi. Ero irrequieta, esuberante, avevo voglia di giocare e ne combinavo di tutti i colori a Queen Castle, pur di divertirmi ed attirare la sua attenzione. Richard così aveva deciso di incanalare la mia energia in qualcosa di più …utile!
Era un Magonò, quindi non poteva insegnarmi il Quidditch. Optò invece per una disciplina a cui si era appassionato da giovane: la scherma. Forse era quello il motivo per cui con la bacchetta in mano mi sentivo molto più sicura di me e delle mie capacità ed anche il motivo per cui i miei gesti, nell’eseguire gli incanti che ci venivano proposti a lezione, avevano una certa innata eleganza. La posa di Difesa che ci fece assumere il professore mi portò alla mente quelle vecchie lezioni con Richard. Il maggiordomo mi aveva sempre battuto! Non potendo difendersi con la bacchetta, disse, che aveva dovuto ingegnarsi e che la scherma -  tra tutto ciò che aveva provato - era quella che gli era più congeniale.
Era vero. Era molto preciso e letale, quando affondava un colpo in punta di fioretto. Era veloce e scattante, nonostante la sua età ed io ero sempre troppo lenta, troppo poco precisa, rispetto a lui. Continuava a ripetermi che mancavo di concentrazione. Spesso mi prendeva in giro, rimandandomi l’espressione del mio volto serio e corrucciato.
“Deve rilassarsi, Miss… Il rilassamento è alla base di tutto. Anche il suo animo deve rilassarsi…”
Solo in quelle lezioni, dopo anni e sforzi, riuscivo a raggiungere un certo grado di rilassatezza del corpo e della mente. Non capivo cosa intendesse, all’inizio. Ora, ad Hogwarts, iniziavo a sperimentarlo. Ero troppo impulsiva, troppo emotiva. Mi inquietavo troppo facilmente. Era quello che dovevo riuscire a controllare! La voce di Gstadt mi riportò nella radura dove ci stavamo allenando con lui.
“Sguardo fermo….”
La mano che impugnava la bacchetta era rivolta verso il basso, ma con la giusta tensione pronta a scattare; l’altra aperta era leggermente spostata più avanti, ad equilibrare il peso del corpo e in contrapposizione alla gamba in avanti. Mi mossi ondeggiando, come il professore ci richiedeva, sfruttando anche la flessione delle ginocchia.
“Si muova lentamente, Miss. Muoversi confonderà il suo avversario, perché sarà più difficile prevedere la sua prossima mossa, dove scatterà il suo corpo, dove porterà il suo colpo…” le parole di Richard ancora una volta si sovrapposero alla voce di Gstadt, che spiegava.
“….vi dividerete a coppie e proverete ad attaccare l’altro…”
Mi guardai intorno cercando Lucas. Di solito, quando facevano lezione insieme, avevamo preso l’abitudine di esercitarci insieme. Ma non fui abbastanza rapida! Elisabeth Walker si parò davanti a me.
“Perfetto!” mormorai a bassa voce.
La Walker evidentemente quando si trattava di lanciare un Everte Statim contro la sottoscritta, non se lo faceva ripetere due volte. Era quello, infatti, l’incantesimo che avremmo dovuto scagliare.
“Inizio io!” il tono perentorio della Serpeverde mi fece un po’ sorridere. Eravamo in pareggio finora. Lei mi aveva battuto alla lezione di Incantesimi, io l’avevo battuta nel nostro scontro segreto avvenuto qualche mese prima in una notte particolarmente agitata. E dato che in quell’occasione eravamo state interrotte dall’arrivo di Gazza, era ovvio che ora volesse rendermi la pariglia. Feci un cenno di assenso con il capo, quasi ironico. E mi misi in posizione.
Inspirai profondamente, prima di assumere la posizione che Gstadt ci aveva illustrato. Lo avevo già scansato una volta e senza neanche avere il supporto della Posizione di Difesa, spiegataci pocanzi. Quindi, potevo rifarlo. La forza non contava. Solo l’equilibrio, la concentrazione ed i riflessi potevano aiutarmi a contrastare l’attacco di Elisabeth.
Spostai il piede sinistro in avanti, la mano che impugnava la bacchetta rivolta verso il basso, l’altra a bilanciare la mia posizione era aperta leggermente spostata in avanti. Inspirai ed espirai. Mentre flettevo il ginocchio della gamba rimasta indietro, naturalmente iniziai ad ondeggiare. Non sentivo nulla intorno a me: non volevo lasciarmi distrarre. Non volevo perdere di nuovo! Una leggera brezza decise di spirare e sfiorare il mio volto nel momento stesso in cui la Walker scagliò con sicurezza il suo “Everte Statim”.
Il fascio si dirigeva preciso verso di me. Eravamo stretti in delle file, ingenuamente mi ero ritrovata stretta tra due compagni, senza molto spazio di manovra. Mi diedi della stupida per non aver valutato bene il campo di “battaglia”: non mi restava che incassare il colpo.
Mi rilassai. Mi concentrai. Sentii il mio corpo fermo e stabile come una roccia. Avrei incassato il colpo, ero certa che ci sarei riuscita!
Il contraccolpo fu violento, come la prima volta che Elisabeth mi aveva colpito. Solo che questa volta, invece di essere sbalzata indietro e cadere rovinosamente, tesi leggermente il mio busto in avanti, quasi ad andare incontro al colpo e quado impattò con il mio torace, pur facendomi male, rimasi stabile e ferma al mio posto. Solo un sussulto, tradì il dolore che avevo provato ed il respiro che mi si mozzò in gola!
Porco Merlino, se faceva male!
Avevo da poco iniziato, almeno mentalmente, ad utilizzare un intercalare che avrebbe fato rizzare i capelli in testa a mia madre!
Ma - per tutti i Dorsorugoso della Norvegia! – non pensavo che il colpo mi fosse stato assestato così bene! Registrai nella memoria che forse avrei fatto meglio a scartare la prossima volta e quasi che la Walker mi leggesse nel pensiero, mi chiese sarcastica
“Vuoi provare ancora, El?” la sua voce falsamente zuccherosa mi fece quasi imbestialire, ma il professore scelse quel momento per parlare ancora.
“….Essere soli significa che in primis, se non sarete voi a badare alla vostra incolumità, alla vostra anima e al vostro corpo, nessuno potrà salvarvi, nessuno potrà esservi d’aiuto…”
Quella frase in particolare mi colpì. Mi ero sempre sentita sola, sempre! Ero cresciuta da sola, con dei genitori troppo indaffarati per badare a me, senza amici, isolata nel mio splendido castello, che era un luogo bellissimo e incantato, ma che non mi aveva consentito di intessere relazioni, come avrebbe fatto qualsiasi altro bambino della mia età. Avevo avuto solo Richard, ma Richard non ci sarebbe stato sempre. Lo avevo già dolorosamente appreso in quel primo anno ad Hogwarts.
Mi era mancato, mi era mancato da morire. Non avrei potuto fare sempre affidamento su di lui o su Lucas …o su Rose! Dovevo iniziare a cavarmela da sola.
E, soprattutto, Hogwarts mi stava insegnando che ero in grado di farcela.
“Siete Voi, soltanto Voi… i detentori della Vostra Vita e, come tali, dovete proteggerla! AD OGNI COSTO! SU CON LA GUARDIA!”
Scattai con rinnovata determinazione nella posizione di Difesa.
La posa, ormai, iniziava a diventare familiare. Ero stanca, non ero abituata a sentire quella tensione nelle gambe e il colpo che avevo subito prima, doveva aver creato un bel livido, dato che ad ogni respiro, ad ogni allargamento della mia cassa toracica, avvertivo un po’ di dolore.
Eppure incanalai tutta la stanchezza e la sofferenza (fisica ed emotiva) in quella Posizione di Difesa. Questa volta mi ero fatta largo tra i miei compagni, indietreggiando un po’, per guadagnare più spazio. Non sempre avrei potuto scegliere la posizione in uno scontro, ma lì, in quel preciso momento, lo potevo fare.
Elisabeth era certa di colpirmi ancora. Io ero certa del contrario!
“Everte Statim”
Quando il colpo partì, il movimento che avevo impresso alle gambe, meno accentuato di quello della volta precedente, mi portò naturalmente a fare perno sulla gamba d’appoggio indietro. Ruotai di lato il mio corpo, effettuando un giro completo, fino ad abbassarmi, rannicchiata, quasi in ginocchio a terra.
La mano libera dalla presa della bacchetta si era poggiata contro la terra tiepida.
La scia sfrigolante e luminosa passò sopra il mio capo, lasciandomi indenne. Sorrisi con sguardo furbo.
“Everte Statim!”
Da quella posizione di apparente svantaggio, decisi di scagliare il mio di incantesimo!
Sapevo che non avrei potuto imprimere la potenza che avrei voluto, ma Elisabeth era distratta e non si aspettava un contro-attacco così istantaneo.
Aveva ragione Gstadt!
La Difesa non era da vigliacchi: era usare tutte le armi che avevo a mia disposizione per avere ragione del mio avversario.
Attesi speranzosa che il colpo andasse a buon fine.
 
*****
N.d.r.
Bene, se siete arrivati fin qui, meritate qualche parola in più su questa strana storia.
Mi dispiaceva che andasse persa nei meandri di forum che non esistono più. Sarà un po’ difficoltoso assemblarla, sto facendo un lavoro di revisione dei personaggi di contorno che erano cambiati o evoluti, cercando di darle un’armonia nuova. Non si concluderà in senso classico, né sarà narrata in senso classico. In parte sarà introspettiva e narrata in prima persona, in parte sarà un racconto e quindi narrata in terza.
Spero vi piaccia e che continui a piacervi. Era un pezzo di cuore che non potevo lasciare abbandonato.
Quindi, grazie …di cuore!
El
  
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