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Autore: Exentia_dream2    30/05/2020    1 recensioni
È nato tutto da una scommessa, persa forse volontariamente.
Hermione e Draco, Harry e Ginny, Theo e Daphne... Cosa succederà?
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Ginny Weasley, Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Più contesti
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Il Bagno di Prefetti

Si erano parlati per l'ultima volta quasi un mese prima, nei giorni di fine Marzo che regalavano i primi fiori della primavera, i boccioli schiusi, le rondini nel cielo. 

-Io non ci credo. - le aveva detto con voce ferma, senza smettere di guardarla negli occhi. 

-A cosa non credi? 

-Non ci credo. Non ci credo che ti sei già dimenticata di me, che te ne sei fatta una ragione… 

-Dovresti crederci, perché è proprio così. - e a dire quelle parole, aveva sentito il vuoto scavare nell'anima, bucare la pelle, esplodere nella testa. 

-Se è veramente questo che vuoi… 

-Ho bisogno di andare avanti e se tu continui a guardarmi, a toccarmi, a parlarmi… non credo di poterci riuscire. 

-Perchè? 

-Perché è la cosa giusta per entrambi… 

-Chi ti dice che lo sia anche per me? - poi l'aveva guardata e lei aveva sentito le gambe venir meno in quelle emozioni di grigio e poco coraggio. 

-Non me lo dice nessuno. 

-Non puoi scegliere per tutti e due. 

-Allora, fai come se stessi scegliendo solo per me. 

-Va bene. Allora, te lo prometto. 

-No, Malfoy, ti prego. Le tue promesse non valgono niente. 

-Non è vero. 

-Si che lo è. 

-Solo perché ho provato a tornare assieme? 

-Sì. 

-Non succederà più. Davvero. 

E quando Draco era uscito da quell'aula, Hermione aveva deciso di chiudere a chiave la porta del suo cuore e guardare il mondo attraverso le finestre, senza mai aprirle, senza mai esporsi.

Da quel momento, Draco aveva evitato di incontrarla e di salutarla e lei si era sentita più sola che mai, nonostante fosse tra tanta gente. 

Soltanto durante le lezioni che avevano in comune riusciva a sentire il suo sguardo addosso e nella Sala Grande, mentre lei lottava con se stessa per vincere quella voglia assurda di andare avanti e di tornare indietro allo stesso tempo, di allontanarlo e di stendersi su di lui e sentirlo dentro, di andare lontano da tutto senza di lui e di andare lontano da tutti insieme a lui. In perenne lotta, in perenne guerra con quell'amore che voleva ancora e che non voleva più, mai più. Per sempre. 

Era entrata in punta di piedi nel candore di quella camera, sporcando il pavimento con i disegni della sua ombra; aveva aperto i rubinetti riempiendo l'ambiente di profumi e bolle di sapone colorate, perdendosi in quelle trasparenze fragili come lei, come il suo cuore. 

Si era immersa nell'acqua, in quei fruscii e carezze di capelli che le sfioravano la schiena e i fianchi, in apnea dai ricordi e dai dolori. 

Nell'acqua che le lambiva la pelle, in quei tocchi di magia e colori sbiaditi che la allontanavano dai minuti che scorrevano lenti sulla sua sottoveste di seta bianca. 

Coperta da una stoffa sottile che nascondevano i graffi e le cicatrici di un corpo che sembrava vivere solo con le memorie di quelle dita che le curavano senza saperlo. 

Ma il dolore sembrava lontano, il battito del cuore ridotto ad un sussurro debole; immersa in quella immobilità che la incatenata a se stessa, Hermione capí di aver amato davvero per la prima volta. 



-Se fosse dipeso da me, Granger, le cose non starebbero così. 

- E come? 

-Non lo so. 

-Ah, no? 

-No, ma di sicuro non avrei scelto di innamorarmi di te. 

-Mi stai dicendo che mi ami? 

-No. 

-Lo hai appena detto… 

-No, ho detto che provo qualcosa per te, ma non so cosa sia. 

-Perchè non lo ammetti? Perché non riesci a dirlo? - lo aveva guardato negli occhi, in quelle iridi che urlavano la voglia di lasciarsi andare, di scivolare in quei deserti di incertezze e sabbie mobili, di venti a cui era impossibile resistere.

Poi, lo aveva visto perdersi nel gelo di quei laghi dietro cui si nascondeva, dietro cui si sentiva al sicuro e nessuno poteva ferirlo e Hermione si sentì trascinata sul fondo. 

-Perchè non ho niente da ammettere e niente da dirti. 

-Va bene, d'accordo. 

-Forse… Forse è meglio se… 

-Si, hai ragione. Meglio allontanarsi adesso. 

L'aveva visto allontanare le mani e subito dopo posarle sul suo viso, poggiare la fronte alla sua. - Del dopo. 

-Cosa? 

-Una volta ti ho chiesto di cosa avessi paura, mi hai risposto così. 

-E… e tu hai paura del dopo? 

-Sì. 

-Quale dopo? 

-Quando finirà. 

-Non deve succedere per forza. 

-Succederà, lo so. 

-Non è vero. 

-Sì, te ne andrai. 

-Ma… Abbiamo promesso di partire insieme, di andare al mare…

-E lo faremo, se me lo permetterai. 

-Sì, sì. 

-'Mio… io non ti chiederò di curare il mio passato, né di accettare quello che ho fatto o far finta di non averlo visto, né di abbracciarmi… 

-Puoi chiedermi tutto quello che vuoi. Tutto. - si sentiva pronta a curarlo, a cancellare il suo passato se necessario; si sentiva pronta ad abbracciarlo, a baciarlo, a spogliarsi per lui e vestirlo della sua pelle. Avrebbe promesso, giurato qualsiasi cosa pur di stare con lui. 

-Non mi allontanare. 

-Non lo farò. 





-Non posso dargliela. 

-Ho bisogno di quella pozione. 

-Sono spiacente, signor Zabini. 

-Lei non capisce, professore, è importante davvero. 

-No. 

-Professor Piton… 

-Signor Zabini, mi ascolti: l'infelicità è come la pelle e non può essere strappata via. Possiamo lavarla, disinfettarla, ma sarà sempre su di noi, restiamo sporchi.

-Non ho tempo per prepararla, professore. 

-Ed è soltanto un bene. 

-Ho il permesso di Silente. 

Lo vide irrigidire la mascella e fare un gesto di stizza con la testa. -Cosa crede di ottenere? 

-Non lo so. 

-Non le è bastato aver spinto tanto in una direzione che si è rivelata sbagliata? 

-La direzione era giusta. Solo che.. 

-Nessuno può proseguire tanto a lungo sulla stessa strada. 

-Professore…

-Signor Zabini, a volte non c'è niente da fare. Non tutto può essere riparato. Sono le cose che amiamo di più a distruggerci.*

-E lei lo sa bene, vero? Per questo non riesce ad essere felice della felicità di qualcun altro? 

-La porta è lì. Prego. 

Blaise aveva stretto i pugni, sentiva l'aria bruciare nelle narici e scendere nei polmoni con lembi di fiamme gelide. 

Guardò la stanza cupa, buia, colma di scaffali e pozioni, con il camino posto in un angolo ed un enorme tavolo rotondo accanto ad una poltrona verde.

Ricordò le lezioni di Occlumanzia, le volte in cui Piton era riuscito ad entrare nella sua mente, vagato nelle sue paure; ricordò quell'unica volta in cui era stato lui ad invadere i pensieri del professore e lo aveva visto amare da lontano e in silenzio, perdere quell'amore che aveva sempre vestito da amicizia. Ed aveva sempre mantenuto il segreto. 

Rivolse ancora uno sguardo all'uomo che aveva di fronte, poi lasciò l'ufficio ed i sotterranei. 

Sentiva il bisogno soffocante di uscire fuori, di guardare il cielo e capire che le parole di Piton fossero solo bugie, che non era vero, che si poteva percorrere una strada infinita con la stessa persona accanto. 

E pensò ad Aria, al desiderio di vita quotidiana che avrebbe voluto vivere con lei ed al suo sorriso sul cuscino, i suoi sogni tra le lenzuola. 

Mentre il cielo diventava blu e salutava l'arrivo della sera, mentre il mondo girava e la vita proseguiva, Blaise pensò a quanto essere se stesso fosse stato più facile quando aveva finto che la magia non esistesse. 





Aveva camminato nei corridoi senza meta, percorrendo più gli stessi angoli di pietra, pareti su cui l'aveva spinta per insultarla e poi per amarla. 

Si era perso in quei colori che sentiva esplodere dentro, mescolandosi al nero e al bianco che ricoprivano l'anima, senza sfumature, senza gradazioni, senza legami. 

E si era ritrovato nella consapevolezza di essere diventato un estraneo per la persona che più amava al mondo, di cui conosceva l'odore e i respiri, i sogni che si nascondevano dietro le sue palpebre, i punti deboli. 

Ripensò a quante volte si era sentito messo con le spalle al muro, schiacciato da quelle verità con un solo volto che lo spingevano in ginocchio, senza difese e con troppe paure. 

Tradito da quel sangue che aveva sporcato con gli ideali sbagliati, tradito da quelle labbra che gli aveva giurato amore. 

Si era fermato di fronte alla parete su cui sarebbe apparsa la porta della Stanza delle Necessità, quel luogo dove tutto era stato vero e dove tutto era stato possibile; quel luogo in cui Draco Malfoy era diventato soltanto Draco, in cui quella che per anni aveva definito una mezzosangue era diventata un vaso di cristallo troppo fragile, troppo pulito, con troppe crepe sulla superficie e nelle profondità nascoste. 

Proseguì dritto, con gli occhi bassi per non posarli sulle pietre impregnate di ricordi e discorsi spezzati a metà con le dita sulla bocca e i pensieri annodati. 

-Mi sono sentito sempre nascosto nell'ombra… 

-Lo sei sempre stato. 

-È scomoda. 

-A volte è necessaria. 

-Perchè hai paura di farti vedere con me? 

-Perché non sono pronta. Non sono pronta a provare quello che provo. 

-A cosa ti serve ostacolarlo? 

-A trattenere energie. 

-Per? 

-Per potermi rialzare. 

Le aveva teso la mano. -Questa non ti basta. 

-Non lo so. Potrebbe essere la stessa che mi scaraventa al suolo. 

-Oppure no. 

-Oppure no, ma potrebbe. 

-Anche le tue, allora… 

-Sì, anche le mie. 

Era seduta sulle scale della Torre di Astronomia, con la gonna stropicciata e i capelli gonfi. 

Gli occhi rossi, le mani tremanti e di fronte a lei aveva commesso l'errore più grande della sua vita e deglutì a fatica, con il fiato che faceva a pugni con la gabbia toracica per essere sputati fuori prima delle parole; si perse nelle ciglia e nelle linee di quel viso che ormai conosceva a memoria; con quel cuore tra le dita che aveva paura di spogliare e di essere spogliato ed aveva sentito il sangue gelarsi nelle vene, in frammenti di ghiaccio che sembravano tagliargli la pelle da dentro. 

La vedeva sedersi nei suoi pensieri, prendere spazio e aria e sentiva il respiro pesante. 

Aveva pensato che avrebbe dovuto andare via in quel momento, prima che fosse troppo tardi e poi capì che avrebbe potuto attraversare il mondo a piedi, ma non si sarebbe mai sentito abbastanza lontano da lei, perché la portava dentro e che avrebbe potuto navigare tutti i mari, ma non avrebbe avuto senso nuotare in quelle acque se non ci fosse stata anche lei.

Era arrivato davanti alla porta del Bagno dei Prefetti ed aveva sentito l'irrimediabile desiderio di bagnarsi, di perdersi nei profumi dei saponi appoggiati nel vuoto della vasca. 

Aprí la porta e poi la vide: immersa nell'isolamento di quella stanza candida, pura, come la sottoveste che le disegnava il corpo nelle curve, con l'acqua che aderiva alla stoffa, quasi come fosse nuda. 

La vide sollevare la testa, passare le mani nei capelli lunghi, rami bagnati dall'umidità e le incrinature di quelle piccole onde che erano figlie dei suoi movimenti piccoli, stanchi. 

E il rancore, la rabbia sembrava esserle scivolati dal viso, con gli occhi chiusi in una pace idilliaca di carezze di bolle e raggi di luna in quel silenzio devastante. 

Continuò a guardarla con l'anima dolorante per la sua mancanza, la voglia di bagnarsi ancora di lei, con lei. 

E si chiese perché, nonostante fosse lei quella ad essere immersa in acqua, l'unico ad annegare fosse lui. 



Angolo Autrice:

 

Eccomi qui, con il penultimo capitolo di questa storia ed un'emozione immensa a scrivere questo piccolo angolino tutto mio. 

Vi avevo già avvisate che i capitoli precedenti all'ultimo sarebbero stati meno corposi e, questo in particolare, lo è davvero. 

C'è un piccolo asterisco che segnala una bellissima frase di Hunger Games, il canto della rivolta. 

Ora, spero che il capitolo vi sia piaciuto e spero di potervi ringraziare ancora una volta. 

A presto, Exe. 





   
 
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