Capitolo 3
“Mashi-chan!” All’urlo acutissimo di Ashido,
il piccolo Mashirao si girò, guardandola.
Aizawa
era ancora accanto a lui e a Bakugou, dopo averli riportati in dormitorio alla
fine dell’orario di lezione, e per qualche motivo per prima cosa alzò gli occhi
su di lui, come a chiedere il permesso di andare.
In
qualche modo, pur avendo tenuto i bambini da solo per appena un’ora e averli
mollati tutto il resto del tempo a All Might e Eri, era comunque riuscito a far valere la sua
autorità.
Almeno
su Ojiro.
Bakugou
neanche lo calcolava.
Appena
entrato nel dormitorio, infatti, era corso verso Midoriya.
Non credeva, Aizawa, che avrebbe mai visto quella scena prima della sua morte,
Bakugou che va a cercare Midoriya e lo tirava per la
manica, per attirare la sua attenzione.
E
che gli parlava normalmente.
Ah, i bambini. Che creature
strane.
Fece
un cenno del capo a Ojiro e quello, dopo essersi aperto in un timido sorriso,
corse verso Ashido che ancora lo stava aspettando.
Appena
lo ebbe vicino, Mina lo prese da sotto le ascelle e lo tirò su, ad altezza
viso. Per qualche ragione Mashirao arrossì di botto, la coda che disegnava
piccoli cerchi nell’aria.
“Vuoi
giocare con noi, piccolo tenero Mashirao?”
“A-a che cosa?”
“Stavamo
per giocare a Uno, vero Tooru-chan? Giocate anche
voi, Momo-chan? Ochako-chan?
Tsuyu-chan? Kyoka-chan?”
“Sì,
va bene!”
“Perché
no.”
“Io
ci sono, kero.”
“Ashido, mettilo giù. Questa è violenza su minori!”
“Ah,
giustappunto! Visto che sei qui, Shinsou-kun, vieni vieni! Gioca con noi!”
“Non
mi interessa,” sospirò lui. “E Uno non è un gioco per un bambino di cinque
anni.”
“Perché
no?” mormorò il diretto interessato, ancora in braccio a Mina che pareva del
tutto intenzionata a non lasciarlo scendere, “Non ci posso giocare?”
“Sì
che puoi,” fece Shinsou, “Ma non penso che ti possa piacere. E’ un gioco di
carte e tu sei piccolo.”
“Però
posso provare lo stesso?”
“Oh,
Shinsou, ho un’idea!” trillò Hagakure, prendendolo
per il braccio, “Vieni vieni!”
Shinsou
sospirò, “Faccio a meno volentieri dalle vostre idee. Siete pericolose, tu e Ashido...”
“Oh,
quante storie!” rispose lei, “Su vieni, vieni!”
Lo
fece sedere quasi a forza a capotavola e Shinsou, seppur controvoglia, seguì il
movimento. Una volta che fu seduto,
prima ancora che potesse lamentarsene, Ashido gli
piazzò sulle ginocchia il piccolo Ojiro e Tooru gli
passò le carte.
“Ma...”
“Così lo aiuti tu a giocare, no?”
“Non
è una cattiva idea,” rise Kyoka, continuando a
passare le carte anche alle altre ragazze, “Perché tu stai iniziando adesso a
leggere e scrivere, vero piccolo?”
Mashirao
annuì, “Sì,” disse, per poi alzare il capino verso
l’alto, per poter vedere come riusciva Shinsou, “Scusa fratellone...” mormorò,
quasi in imbarazzo.
Neanche
fosse stata sua l’idea e non di quelle due squilibrate.
Dio
solo sapeva come facesse Sero a stare insieme a
quella pazzoide di Ashido, anche se in effetti
neanche Hanta era sano di mente.
Sì,
a pensarci si somigliavano pure troppo.
Dio
li fa e poi li accoppia, si dice.
“Non
ti preoccupare,” sorrise, carezzandogli la testolina bionda e scarmigliandogli
tutti i capelli. L’adulto non glielo faceva fare, quindi perché non
approfittarne adesso. Il piccolo Ojiro non fece neanche caso di avere adesso
tutti i capelli alla rinfusa e invece fissava il piano di gioco come se ne
fosse davvero interessato.
Forse
lo era. In fondo le ragazze facevano sempre una gran confusione giocando e
sapevano come renderlo divertente.
“Tocca
a te, piccolo,” sorrise Ochako, “O un cinque o un
numero rosso,” lo aiutò.
Ojiro
abbassò gli occhi sulle sue carte, che era Shinsou a tenere su in modo che
fossero tutte alzate e le altre non potessero vederle. Non lo aiutò a
scegliere, ma sorrise quando Mashirao puntò il ditino su un cinque blu e alzò
gli occhi su di lui.
“Si,
quello va bene,” gli disse, prendendolo per la vita per evitare di farlo cadere
quando lui prese la carta e si allungò sul tavolo per poggiarla perfettamente
sopra le altre.
All’urlo
di Ashido, sobbalzarono entrambi.
“Ma
sei matta?!”
“Ma
io non ce l’ho il colore blu! Cattivi!”
“Scusa...”
“Non
devi chiedere scusa, Mashirao,” sogghignò Shinsou, “Queste sono le regole del
gioco.”
“Uffa!
Siete cattivi, così devo pescare!”
“Facciamo
così, pesca anche per me, Mina-chan!” esclamò Jirou, buttando giù un più quattro a cui Ashido rispose con un enorme gridolino.
“Mostro,
Kyoka-chan!”
“Ma
che avete da urlare tanto?” s’intromise Satou dalle
scale che stava ancora scendendo.
In
mano aveva un enorme vassoio con uno dei suoi famosissimi dolci e a Ojiro venne
subito l’acquolina in bocca.
“Mina
non ama perdere!”
“Ah,
capisco. Volete una fetta di plumcake?”
“Sì!”
Satou rise dell’entusiasmo
di Ojiro e ancora di più quando Shinsou starnutì uno, due volte di fila,
stuzzicato dalla peluria della coda di Ojiro che da quando Satou
era comparso con il dolce non faceva altro che scodinzolare.
“Ma
a proposito di dolci, io l’avevo fatto per i bambini,” esclamò Satou porgendo a Ojiro il suo piatto, “Dov’è finito
Bakugou?”
“Era
con Deku-kun prima,” rispose Ochako,
“Non so dove lo abbia portato...”
Midoriya tirò subito
fuori il cellulare, leggendo di sfuggita il messaggio di Shinsou e tenendo
d’occhio nello stesso momento Bakugou.
Era
più complicato del previsto.
Bakugou
era una peste, questo lo ricordava da sempre. Il problema era che l’idea di
essere alla Yuuei lo aveva anche reso iperattivo,
adesso, più del solito quantomeno, ed era tutto il pomeriggio, dal momento
esatto che era rientrato in dormitorio, che lo portava avanti e indietro per
tutta la scuola.
Voleva
vedere la palestra, la piscina, la mensa –per fortuna
vuota in quel momento- e tutti i luoghi dove anche All
Might aveva studiato. Anche lui era stato così i
primi giorni prima dell’inizio delle lezioni, elettrizzato all’idea di essere
così vicino al suo sogno e di vedere il luogo dove All
Might era stato formato per diventare il meraviglioso
eroe che era riuscito ad essere. Quindi lo capiva.
Ma
non riusciva a smettere di essere ansioso: era meglio se non si facevano
vedere, che succedeva se incontravano qualcuno della B –anche
se a quell’ora probabilmente erano tutti quanti in Dormitorio a studiare per il
giorno successivo- o se qualcuno li riconosceva? E poi, soprattutto, non
riusciva a smettere di pensare a Todoroki.
Quando
erano rientrati dalle lezioni, avevano trovato Bakugou, Ojiro, Eri e Aizawa
nella saletta. Aizawa se ne stava seduto placidamente annoiato sul divano,
palesemente voglioso di andare a fare altro, tanto che era Eri che si stava
occupando dei bambini. Ormai aveva quasi otto anni, era una bambina molto più
solare e serena adesso, stava imparando a controllare il suo reale potere a
piccoli passi, aveva anche iniziato ad andare a scuola con altri bambini
quell’anno –Aizawa non si era sentito di farglielo
fare prima per sicurezza, non volendo che il suo potere facesse erroneamente
del male a qualcuno- e questo si manifestava bene nel modo in cui riusciva a
gestire i due bambini più piccoli. Non tanto Ojiro, lui non era un problema, ma
anche Bakugou le dava retta –più o meno.
Almeno
finché non l’aveva visto.
“Ah,
Deku!” aveva sbottato, correndogli incontro, “Eccoti!
Ci hai messo un sacco!”
“Mi...dispiace,
Kacchan. Tu stavi giocando con Erichan?”
“Io
non gioco con le femmine! Ci ha fatto vedere come si fanno le mele caramellate
e adesso ci stava raccontando di come gli eroi l’hanno salvata. Bello, eh? Gli eroi sono proprio incredibili!”
“Ah,
ecco perché la stavi ad ascoltare...” aveva ridacchiato Midoriya,
spostando l’attenzione su Erichan che gli aveva
rivolto un gran sorriso, salutandolo con la mano libera mentre con l’altra
teneva quella di Ojiro.
Sarebbe
stata un’ottima sorellona, si era ritrovato a
pensare, prima che Bakugou se lo trascinasse via. O meglio, ci provasse, e lui
decidesse quindi di seguirlo.
Aveva
alzato solo gli occhi verso Todoroki, scusandosi in silenzio. Avrebbe anche
voluto vedere l’espressione dell’altro, ma non aveva fatto in tempo.
E
dopo un’ora era ancora lì che girava, su e giù, di qua e di là.
Almeno
Bakugou era tranquillissimo. Non l’aveva mai visto così. Cioè, saltellava
praticamente sul posto, ma per il resto non dava fastidio a nessuno.
Anzi,
era tenero a vederlo così.
“Kacchan, ti va se torniamo indietro? Non hai voglia di fare
merenda?”
Bakugou
alzò su di lui uno sguardo di estrema sufficienza. “Sei proprio scemo, Deku. Sei alla Yuuei e pensi solo
a mangiare! Non ci pensi che se giriamo per bene e guardiamo tutto potremmo
anche incontrare All Might
in persona?”
Midoriya, per tutta
risposta, mosse le mani davanti al viso, agitato, “Ah, no, non è possibile che All Might sia qui, Kacchan! E’ assolutamente impossibile! Vieni adesso andiamo
a fare merenda, coraggio, sono sicuro che la torta di Satou-san
ti piacerà. Cioè non che io sappia com’è la torta di Satou-san
eh cioè neanche che lui di solito faccia torte voglio dire...-”
“Deku, ma che stai dicendo? Parli troppo veloce, non si
capisce niente!”
“Perfetto
così, non importa se non hai capito nulla! Forza, forza, vieni a fare merenda!”
“Ma
io...Aspetta! Uffa, non vale che tu adesso sei più grosso e riesci a
trascinarmi! Deku!”
Ma
Midoriya lo ignorò volutamente, continuando a
camminare verso il dormitorio. Non era cattiveria né reale svogliatezza di
stare con Bakugou, anzi era contento e quella situazione gli creava tanta
nostalgia.
Ma
aveva davvero terrore di quello che poteva succede ad incontrare qualcuno...o All Might. Non che Bakugou
potesse riconoscerlo, era impossibile, lui stesso non l’avrebbe mai
riconosciuto se non l’avesse visto con i suoi occhi.
E
poi era preoccupato anche per Todoroki. Gli dispiaceva per l’amico e non
avrebbe mai voluto che ce l’avesse con lui per quella storia.
A
lui Bakugou non interessava, era solo un caro, vecchio amico. Quasi un
fratello, non fosse che Bakugou non lo trattava affatto con lo stesso garbo.
Anche se era molto migliorato, negli anni, non era più un problema considerarlo
un suo caro, carissimo amico. E un buon compagno d’allenamento e combattimento.
Però
poteva anche capire che magari Todoroki rischiava di prenderla un po’ sul
personale.
Non
era così sciocco da non capire certe cose così ovvie.
“Allora
dov’è questa merenda? Mi hai trascinato fino a qui, adesso la voglio!” sbottò
Bakugou, entrando per primo di nuovo in dormitorio, Midoriya
al seguito.
Todoroki
era seduto sul divano ma neanche li guardò, almeno non sembrava lo stesse
facendo. Lo vide però stringere la presa sul libro che stava leggendo, o
facendo finta di leggere.
Povero
Todoroki. Doveva parlargli. Per forza. Solo che per dirgli cosa?
“Bakugou-kun, vuoi anche tu una fetta di plumcake?”
chiese cordiale Satou, avvicinandosi con il dolce già
affettato in mano.
“Sì,
adesso la voglio! La mia deve essere più grande, però!”
“Non
avevo dubbi,” se la rise Satou, mentre tagliava la
fetta richiesta.
“E
da bere?”
“Oh,
beh...posso farti una spremuta. Non ci avevo pensato...”
“La
spremuta va bene,” affermò Bakugou, sedendosi a terra al tavolino basso per
poter mangiare in santa pace.
Praticamente
davanti a Todoroki.
Avrebbe
voluto fare qualcosa per loro due, sul serio, ma con quel Bakugou tornato
bambino c’era poco da fare. Non si fidava granché neanche di Kirishima, maltrattava tutti. Non era questione di fiducia
o sfiducia, come poteva esserlo per il piccolo Ojiro.
Semplicemente
era Bakugou.
Che
lo conosceva da anni.
“S-senti, Todoroki-kun...”
“Mh? Che c’è, Midoriya?”
“Beh,
ecco...-”
“Smettila
di far tremare il tavolo, Mina-chan, kero!” la voce di
Asui lo interruppe prima ancora che potesse iniziare
a parlare.
Accidenti.
O
forse per fortuna.
Voleva
davvero consolare il suo amico, Midoriya, ma che
dire? E come?
“Oh,
ma siete davvero cattive, ve la prendete sempre con me! Non sono io!”
“Allora
se non sei tu chi è?” domandò anche Shinsou, ma stava già guardando la
bottiglia e l’acqua al suo interno che già aveva iniziato a ondeggiare.
In
pochi secondi quello che all’inizio sembrava solo un lieve tremore diventò
molto più forte. La bottiglia d’acqua si rovesciò a terra e a giudicare
dall’enorme botto dal piano di sopra, qualche mobile doveva aver ceduto. O
forse era caduto qualcosa da librerie e scrivanie.
“Il
terremoto!” urlò Uraraka, alzandosi in piedi.
“State
tutti quanti calmi!” tuonò la voce di Iida dai divani
dietro di loro, “Non succederà nulla! Il dormitorio della Yuuei
di certo non ci cadrà in testa!”
“Ma
le nostre stanze alla fine saranno ridotte un disastro!” gracchiò Tooru.
“Pensate
che dovremmo uscire?” chiese Sero, guardandosi
intorno, “Voglio dire, non ci cadrà in testa, ovvio, ma sembra bella forte...”
“Bakugou?!”
Todoroki alzò di scatto il capo, cercando Katsuki con
gli occhi. Se era da solo...ma non era da solo.
Si era già avvicinato a Midoriya, come sempre
da quando era tornato bambino. E se non era con lui, era con Kirishima e Kaminari.
Lui
era troppo noioso per un bambino.
Ma quantomeno, era al sicuro. Non sarebbe crollato nulla ma, in caso, c’era Midoriya a proteggerlo.
Non
ci poteva fare nulla per quello, dopotutto Bakugou conosceva Midoriya fin da quando erano bambini e quindi, costretto in
un posto nuovo, era ovvio si attaccasse a qualcuno che già conosceva bene. Era
del tutto normale.
Per
questo non poteva proprio farci niente se Bakugou passava tutto il tempo con Midoriya e per lui non aveva che smorfie. Non poteva
trattarlo come trattava l’adulto.
Era
un bambino.
Solo
un bambino. E ancora di più adesso, in quella falsa tranquillità che non
riusciva a nascondere, non a lui, quegli occhioni
rossi e spaventati.
“Dura
anche tanto...” mormorò Midoriya, guardandosi
intorno. La tv sembrò sul punto di cadere, ma Shoji
era già lì a sorreggerla.
Sorprendendolo,
la mano di Bakugou, che era accanto a lui, cercò la sua e gli prese subito due
dita, stringendole forte nel pugnetto. A guardarlo,
però, si dimostrò già bravo a dissimulare la paura.
Ojiro
non sembrava intenzionato ad essere altrettanto fintamente coraggioso, invece.
All’ennesimo botto dal piano di sopra, infatti, aveva arpionato il braccio di
Shinsou con entrambe le mani.
Tremava
come una foglia, lo vedeva da lì.
Shinsou
si alzò in piedi, tenendolo fra le braccia e carezzandogli la schiena e i
capelli. “Va tutto bene, Mashi, è tutto apposto. Qua
siamo al sicuro.”
Mashirao
singhiozzò, stringendosi ancora di più a lui, “Ho paura...”
“No,
no, va tutto bene! E’ tutto apposto!”
Alla
sua età, ricordò Midoriya, anche lui aveva sempre
paura durante i terremoti. Piangeva sempre come un pazzo e solo sua madre
riusciva a calmarlo. Però per quanto piangesse, Bakugou non l’aveva mai preso
in giro, in quelle occasioni spaventose.
Erano
le poche volte che non lo chiamava piagnone o femminuccia.
Ma
da bambino non aveva mai notato quanto anche Bakugou avesse paura, per lui era
forte e coraggioso. E voleva essere come lui, lo ammirava tanto.
Adesso
che era grande, e si ritrovava quel piccolo Bakugou vicino, si rendeva conto di
quanto si fosse sbagliato. Ma non su tutto, però.
Lo
ammirava comunque, per il suo coraggio.
Bakugou
attirò di nuovo l’attenzione di Midoriya, tirandogli
la manica, “Scommetto che hai paura, Deku,” gli
disse, ma il tono era appena un sussurro. “La Yuuei
non...non crolla. Fifone.”
Midoriya sorrise,
abbassandosi alla sua altezza, “Hai ragione, Kacchan,
non crolla,” sussurrò, sforzandosi di non carezzargli i capelli solo per quieto
vivere, anche se era abbastanza certo che non gli avrebbe detto nulla sul
serio, stavolta.
Pareva
davvero spaventato. Tanto che, infatti, all’ennesimo tonfo dal piano di sopra
sobbalzò anche lui.
“E’
tutto apposto, Kacchan.”
“Lo...lo
so bene. Che...che credi?”
“Perché
non finisce?!” gracchiò Ojiro, che invece era sul punto di piangere nonostante
Shinsou cercasse di consolarlo come riusciva.
Ma
non era davvero in grado. Proprio no.
“Voglio
andare a casa!”
Bakugou
si morse il labbro, forte, “A-anche io...” pigolò.
“Oh,
no, no, no, Kacchan! Non...non...”
“Cavolo
non ci credo! Sta piangendo?!” la voce di Kaminari
risultò acuta come al solito, ma stranamente non troppo sul punto di ridere.
“I-io non piango!”
“No,
certo che no!” sorrise invece Kirishima, indicandogli
il soffitto, “E poi guarda, guarda, ha quasi finito. Il lampadario è quasi
fermo!”
Bakugou
alzò pian piano gli occhi, lucidi e sgranati, e come lui anche Ojiro fece lo
stesso gesto, ancora ancorato alla felpa di Shinsou.
“Ha...ha
finito?”
“Pare
di sì,” sorrise Shinsou, carezzandogli i capelli come poteva. La coda, infatti,
gli si era ben arpionata al polso. Non che gli impedisse troppo i movimenti, ma
aveva paura di fargli male, strattonandolo.
“V-visto Deku? Che...che ti avevo
detto? Non...non crolla la Yuuei...”
“Eh,
già...”
Il
professor Aizawa aprì la porta di botto, in quell’esatto momento. Li guardò ad
uno ad uno e poi fissò i due bambini, uno ancora in braccio a Shinsou e l’altro
che teneva ancora la mano di Deku, ma adesso guardava
Kirishima che faceva le boccacce.
“State
tutti bene?”
“Certo
che sì, prof!” esclamò Sero, “E’ antisismica la Yuuei, no?”
“Ovvio,”
sbuffò Aizawa, “Ma la scossa è stata molto forte. Andate a controllare se ci
sono stati danni al piano di sopra e mettete tutto in ordine.”
“Sì,
professore!”
“Uffa,
ma subito?!”
Shinsou
stava per ribattere che lui ci sarebbe andato più tardi, perché non aveva
minimamente intenzione di lasciare il piccolo Ojiro da solo né portarselo di
sopra a vedere il caos della stanza, che sicuramente c’era stato.
I
libri, la sveglia, di sicuro tutto quello che aveva sulla libreria era venuto
giù. La scossa doveva essere stata poco profonda o molto vicina a loro.
Ad
ogni modo, non era sicuro che il piccolo Mashirao fosse abbastanza tranquillo,
gli tremava ancora fra le braccia e gli teneva ancora la felpa ben salda nei pugnetti.
Aizawa
lo guardò appena con la coda dell’occhio, lui e poi Bakugou, che era nella
stessa situazione e di cui pareva si stesse prendendo cura Kirishima,
e non sembrò avere nulla in contrario perché non aggiunse altro.
Anzi
annuì, a nessuno dei due in particolare, come se fosse soddisfatto ad ogni
modo.
Non
sapeva di cosa. Di lui non di certo, che si limitava a stare lì col bambino in
braccio e carezzargli la schiena.
Forse
era per Kirishima.
Lui
era bravo coi bambini. Di sicuro stava facendo un sacco di idiozie o facce
buffe, perché Bakugou rideva così di gusto che non si era neanche accorto che Midoriya si era allontanato.
In
effetti, con tutte le figures di All
Might che aveva nella stanza, doveva essere
preoccupato che si fosse rotto tutto. Con quello che costavano.
Qualcuno
gli picchiettò sulla spalla, ma non sentì voci a chiamarlo. Girandosi, vide che
c’era solo Koda.
Strano,
lui di solito gli stava ben alla larga. In effetti, era completamente la sua
antitesi, il timido Koda, nonché a pensarci bene il
suo perfetto rivale: non parlando, non avrebbe potuto usare su di lui il suo Quirk. Per fortuna non si era mai ritrovato contro di lui.
“Oh...”
la vocina di Ojiro tremava ancora, ma riuscì a staccargli la mano dalla felpa per
allungarla verso il compagno di classe. Si accorse solo in quel momento che in
braccio Koda aveva il suo coniglietto bianco. “Il
coniglietto sta bene?”
Koda annuì
ripetutamente.
“Ha
avuto paura anche lui?”
Koda annuì di nuovo,
più volte. Ojiro non sembrava fare molto caso al fatto che l’altro non
rispondesse mai a voce, invece fissava gli occhietti neri e vispi dell’animale.
“La
mamma dice sempre che gli animali sentono il pericolo prima di noi. Se è
tranquillo significa che va tutto bene?” chiese ancora Mashirao, fissando
stavolta Koda. Che neanche a dirlo, annuì di nuovo.
“Ma
certo che va tutto bene,” fece anche Shinsou, approfittandone subito.
Aveva
smesso di tremargli fra le braccia, quindi si era tranquillizzato anche lui.
Meno male.
Koda aveva avuto una
splendida idea a prendere quel coniglio e portarlo lì in salotto.
“Che,
alla Yuuei si possono portare anche gli animali?!”
gracchiò Bakugou, venendo verso di loro, Kirishima al
seguito, “Solo se hai il permesso di uno dei professori,” gli rispose al posto
di Koda.
“E’
così carino!” esclamò Ojiro, “Sembra soffice! Posso accarezzarlo?”
“Io
voglio giocarci!” tuonò Bakugou, “Mettilo giù, dai! Sbrigati!”
Shinsou
alzò gli occhi al cielo, anche se Koda aveva già
annuito e si era piegato per far arrivare il coniglio alla loro altezza.
Così
anche lui fece scendere subito Ojiro, “Certo che potresti essere un po’ più
educato, Bakugou,” sbuffò.
Osservò
Ojiro solo un po’, poi decise che andava bene. Sembrava tranquillo lì a giocare
con il coniglio e Koda si occupava di loro, quindi si
avvicinò a Kirishima.
“Dov’è
finito Todoroki? Perché molla quella bestiaccia a te e Midoriya
ogni volta?”
“Bella
domanda,” sussurrò Kirishima con lo stesso tono di
voce, concitato, “Credo che sia un po’ geloso. Forse? Insomma...Gira che ti
rigira Bakugou se ne sta sempre dietro Midoriya.”
“Per
forza, è l’unico che conosce qui!”
“Lo so, ma sai com’è: tu non
saresti geloso se fossi al suo posto?”
“Forse.
Salgo alla mia stanza e a quella di Ojiro a vedere se è caduto qualcosa,” fece
sapere, “Torno subito.”
“Okay.
Io salgo dopo, anche se stanno giocando resto qui un po’. Sai se Todoroki ha la
chiave della stanza di Bakugou?”
“Mi
pare di sì, ci ha dormito stanotte. Al massimo ci passi tu dopo.”