Anime & Manga > Boku no Hero Academia
Segui la storia  |       
Autore: Saruwatari_Asuka    07/06/2020    0 recensioni
[Probabile Spoiler per Shinsou]
[Shinoji -of course- TodoBaku -con accenni KiriBaku e DekuBaku-]
[Fluff - nonsense]
--
Shinsou l’ascoltava solo con un orecchio, l’altro era impegnato a capire se sentiva qualcosa da quel fagotto di abiti. Tipo perché la coda che spuntava da essi pareva un po’ più piccola di come avrebbe dovuto essere.
Idem per Todoroki, che era inginocchiato accanto alla zazzera bionda che, incastrata nella maglia nera troppo larga, stava lottando con uscire all’aria aperta.
Ma forse era un gatto.
Più o meno si comportavano così, i gatti.
Doveva essere un gatto anche quello che si stava facendo strada dalla maglia bianca di Ojiro.
“Mi dispiace, mi dispiace tantissimo! Tornerà tutto normale da solo, ma non so bene dirvi quando! Mi dispiace ancora, chiedo ancora scusa! Addio!”
Shinsou allungò un braccio verso di lei, ma non riuscì a dire niente.
Non che ci fosse niente da dire. O chiedere.
Lei aveva detto tutto e la testolina bionda che era sbucata dai vestiti con l’aiuto della codina rendeva impossibile confondersi ancora.
O sperare.
Era proprio Ojiro.
E quell’altro era Bakugou. Preciso spiccicato.
Genere: Fluff, Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Hitoshi Shinso, Izuku Midoriya, Katsuki Bakugou, Mashirao Ojiro, Shouto Todoroki
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 4

 

 

 

Shinsou rimboccò le coperte a Ojiro, pienamente soddisfatto. Finalmente era riuscito a togliersi di mezzo Bakugou, che era andato a dormire con Deku, per l’infelicità di Todoroki.

In realtà un po’ gli dispiaceva.

Quando Bakugou aveva tirato un calcio sugli stinchi del povero Midoriya e gli aveva detto che aveva sonno e che dovevano andare a letto, lo aveva guardato. Non aveva potuto fare a meno di notare l’aria malinconica.

L’idea iniziale di Aizawa, di punirli chiedendo loro di occuparsi dei bambini, era andata in fumo. Lui non trovava affatto una punizione occuparsi di Ojiro e Todoroki non ne aveva mai occasione, visto che Bakugou aveva affermato di non fidarsi di lui e si era appioppato a Midoriya.

Ma dopotutto era ovvio fosse così: lo conosceva e si fidava.

Solo che, essendo il Bakugou adulto il suo fidanzato, Todoroki non doveva prenderla molto bene, seppur stoicamente. Non se l’era mai presa con Midoriya e non aveva neanche fatto troppe storie.

Ma ogni tanto lanciava occhiate sospette.

Anche lui sarebbe stato di cattivo umore al posto suo. Per sua fortuna Ojiro non era come Bakugou. Stava un po’ con tutti ma, avendo sentito con le sue orecchie la strigliata di Aizawa, alla fine era a lui che chiedeva di accompagnarlo a letto, quando aveva sonno.

Come quella sera, prima del solito, prima ancora del piccolo Bakugou, ma se lo aspettava. Dopo la paura del terremoto si era dato da fare per giocare a tutto spiano, saltellando e correndo dietro al coniglio che Koda aveva lasciato libero in giardino, sempre con lui fuori a controllarli.

Bakugou invece aveva giocato poco, poi era tornato dentro e si era scolato tutta la spremuta che gli aveva preparato Satou, seduto accanto a Midoriya.

Shinsou aveva avuto la netta sensazione che bramasse di giocare e sfogarsi come stava facendo Ojiro, ma si tratteneva perché Midoriya non lo faceva. Evidentemente quella cosa di non sentirsi inferiore a lui ce l’aveva fin da bambino.

Ritornò al piano di sotto dopo essersi chiuso il più silenziosamente possibile la porta alle spalle, ma nella sala comunque adesso c’erano solo Midoriya e Todoroki.
Gli altri evidentemente erano tutti presi a sistemare la propria stanza dopo il terremoto. Anche lui ci aveva messo un po’ a ritirare su tutti i libri e i dvd caduti a terra, ma si era sbrigato per evitare che, tornato in stanza, Ojiro trovasse il disastro.

Per un attimo, Shinsou rimase sulla soglia delle scale. Quei due stavano parlando così fittamente che non voleva disturbarli.

E di solito non farebbe neanche la spia ma...era curioso.

“Non devi scusarti, Midoriya. Sta facendo tutto Bakugou.”

“Sì, è vero. Però...mi dispiace comunque.”

“E’ un bambino adesso, non è la stessa cosa che se fosse adulto. Questo riesco a capirlo anche io.”

“Però immagino che sia frustrante...”

“A volte. Posso farti una domanda, Midoriya?”

“Sì, certo. Dimmi pure.”

“Bakugou sembra molto legato a te. Io credevo che il vostro rapporto fin da bambini fosse stato poco idilliaco, invece ti cerca sempre, ti chiama per nome. E’...strano. Che cos’è successo tra voi che ha rotto così il rapporto?”

Midoriya per un attimo irrigidì le spalle, da dietro dov’era nascosto Shinsou lo notò perfettamente. Si era teso come una corda di violino.

Come se la domanda posta fosse scomoda e indesiderata.

Eppure non c’era niente di strano nel volerlo sapere. Avevano notato tutti che era...diverso da come se lo erano immaginato, il comportamento di quel Bakugou bambino nei confronti di Midoriya.

Molto più affettuoso, per quanto burbero. Protettivo, avrebbe detto.

“Ecco...” Midoriya deglutì, cercando nella mente una risposta utile da dare.

E ce n’erano tante, ovvie e realistiche, senza neanche doverci stare troppo a pensare.

Eppure, l’unica cosa che gli veniva in mente adesso era di lui e Bakugou, bambini, che giocavano insieme al parco.

Prima che Bakugou clonasse per lui il soprannome di Deku.

Inutile, nullità.

Perché non aveva un quirk e lui sì. Lo ricordava bene quel giorno.

Fin troppo.

 

Izuku, che stai facendo?!”

Il piccolo Midoriya alzò sul suo amico uno sguardo carico di lacrime, gli occhi verdi lucidissimi e le guance lentigginose ancora rigate.

Bakugou gli si sedette accanto, schiena al tronco dell’albero dietro cui si era nascosto Izuku e gambe allungate sull’erba umida della pioggia di quella mattina.

“Ho sentito la mamma parlare con la tua,” gli rivelò.

Izuku incassò la testa ancora di più nelle spalle.

Aveva avuto così paura quando aveva sentito le parole del medico. Non avrebbe mai più potuto diventare un eroe, senza un quirk. E aveva anche paura di come l’avrebbe presa Bakugou.

Lui ci teneva tanto. Ogni volta si vantava del suo e veniva poi a chiedergli se aveva capito quale avesse lui.

Non aveva mai saputo come rispondergli, e adesso sapeva perché.

“La tua mamma dice che non hai un quirk, tu. E’ vero?”

“Io...il dottore ha detto così. Mi...mi dispiace, Kacchan...”

“Magari si è sbagliato. Il fratello di uno in classe con noi ha mostrato il quirk a cinque anni e mezzo, sai, invece che a quattro. Anche i dottori sbagliano.”

S-sì, però...”

Bakugou si alzò, costringendo anche Midoriya a fare altrettanto, “Dai muoviti. Torniamo a casa altrimenti tua mamma rompe!”

Kacchan...posso chiederti una cosa?”

“Che vuoi, Izuku?”
“Ecco...se non ce l’avessi davvero, tu mi vorresti bene comunque?”

“Che scemo sei! Certo che ce l’hai. Muoviti dai!”

 

Ma al secondo anno delle elementari, Izuku Midoriya era ancora un quirkless.

Bakugou aveva iniziato ad avvicinarsi a chi poteva contrastare il suo quirk, chi ne aveva uno, con cui poteva giocare senza doversi preoccupare più di tanto.

Si era allontanato lentamente, poco per volta. Con scuse stupide per non andare da lui a giocare, anche quando sua mamma veniva a trovare la signora Midoriya.

Ignorandolo a scuola, a mensa, al parco.

Fino al giorno in cui aveva davvero coniato quel soprannome.

 

Kacchan! Kacchan...avevi detto che anche se non avevo un quirk saremmo rimasti amici!”

“Io non l’ho mai detto! Figurati se sono amico di uno che non ha neanche un quirk!”

“Ma, Kacchan, non è colpa mia se non ne ho uno. Io lo volevo tanto, qualcosa che mi permettesse di non sfigurare accanto al tuo...”

“Impossibile! Quelli come te sono destinati sempre a sfigurare con me! Sei solo un inutile mammoletta, un piantagrane piagnone! Sei...un Deku! Sì, Deku! Da oggi ti chiamerò così!”

 

“Beh, credo sia normale, no, Todoroki-kun?” ridacchiò alla fine, scuotendo appena il capo per ritornare alla realtà. “Voglio dire, si cresce. Si cambia un po’. Kacchan ha sempre avuto me intorno perché le nostre mamme erano amiche. Alla fine deve aver deciso che ero troppo noioso, e mi ha messo da parte,” sorrise, “Ma io sono sempre stato parecchio confuso. Ammiro ancora tantissimo Kacchan e quando ero bambino era...quasi un idolo al pari di All Might, per me. Volevo fare di tutto per non essere lasciato indietro, e a lui questo dopo un po’ ha iniziato a non stare troppo bene. Ero...appiccicoso, capisci?”

Todoroki annuì, “Capisco, certo. Anche se secondo me non è così.”

“In...in che senso, Todoroki-kun?”

“Ormai credo di conoscere abbastanza Bakugou. E non credo che lui ti abbia mai trovato appiccicoso o noioso. Adesso che l’ho visto bambino, così protettivo nei tuoi confronti, ne sono ancora più convinto: ti proteggeva. Anche se non capisco da cosa.”

Da se stesso.

E’ l’unica cosa che riusciva a pensare, Midoriya.

Lo proteggeva dal suo stesso quirk, Bakugou, perché la prima volta che aveva mostrato i suoi poteri, per sbaglio, era insieme a lui. E Izuku si era fatto male, quella volta.

La ricordava bene, Midoriya, la paura negli occhi di Bakugou quando lui aveva urlato, iniziando a piangere. Ricordava che l’aveva portato Katsuki dalle loro mamme, ferme più in là, che la sua si era messa a piangere, ed era stata la signora Bakugou a prendere in mano la situazione, portando entrambi i bambini in ospedale.

La lieve ustione di Izuku era sparita in pochi giorni. Bakugou portava ancora le sue cicatrici, sui palmi delle mani.  

 

“Ti prometto che diventerò forte, Kacchan! Sono sicuro che col mio quirk, anche se non so ancora qual è, potrò resistere alle tue esplosioni!”

Bakugou annuì, “Sì, però datti una mossa!”

 

Era stata una promessa che non aveva potuto mantenere.

Pochi mesi dopo aveva scoperto di essere un quirkless, e mai sarebbe riuscito a resistere alle esplosioni di Bakugou, che si facevano sempre più forti.

E lui aveva così iniziato ad ignorarlo, a ritenerlo noioso e patetico.

Chissà se era vero che voleva proteggerlo, per impedirgli di farsi male giocando ancora insieme.

“E poi c’è un’altra cosa, Midoriya.”

C-cosa?”

“Credo che Bakugou abbia sempre avuto una certa ammirazione nei tuoi confronti. Che si è portato avanti per anni. Per questo è così fissato con te. E’ lui che non vuole rimanere indietro, rispetto a te, che non vuole perderti di vista. E non solo adesso. Credo anche prima. Ma è solo...una sensazione.”

Midoriya sbatté le palpebre una, due volte.

Kacchan che provava...ammirazione, per lui? Che non voleva essere lasciato indietro? E come poteva mai essere possibile, considerando che era lui quello col quirk forte?

Todoroki doveva essersi per forza sbagliato. Su questo, si era sbagliato.

“Beh, adesso vado a dormire, Midoriya. Buonanotte e....non ti preoccupare, per Bakugou. Anzi, grazie. Se non ci fossi tu, sarebbe un disastro tenerlo a bada.”

“Ma figurati, Todoroki-kun. Buonanotte.”

Shinsou sgusciò via prima che potessero beccarlo ad origliare, di nuovo verso la sua stanza.

Non poteva però dire di non essere d’accordo con Todoroki.

Aveva avuto anche lui quella stessa sensazione.

 

--

 

La prima cosa che vide una volta rientrato in stanza, in punta di piedi, e che lo sorprese, è la figura di Ojiro seduta sul letto, i piedini penzoloni e la codina dritta sul letto che si muoveva leggermente a destra e sinistra.

Hey,” mormorò entrando e chiudendo la porta, “Non ti avevo messo a letto?”

Ojiro sobbalzò, spostando l’attenzione dalla finestra a lui, “Sì, ma mi sono svegliato.”

“Ho visto. Hai anche aperto la finestra?”

Ojiro annuì, “Da qui non si vedono le stelle,” pigolò, “Peccato.”

Shinsou sorride, sedendosi accanto a lui sul letto, “E’ perché ci sono troppe luci artificiali, sai. Dove abiti tu si vedono bene?”

“No, perché io abito in centro!”, spiegò il bambino, tutto serio, dondolando i piedi dal bordo del letto, “Però quando vado dalla nonna in montagna ogni volta se ne vedono tantissime!” Per un po’ rimasero in silenzio, Shinsou guardava il nasino a punta di Ojiro illuminato dalla luna, che non staccava gli occhi dalla finestra.

Si accorse solo in un secondo momento di quanto gli tremassero le labbra, come se fosse sul punto di piangere.

Hey...”

“Voglio andare a casa! Dalla mia mamma! Perché non posso ancora?!”

Shinsou trattenne il fiato. Già, perché? Come lo spiegava ad un bambino?

Non sei davvero un bambino, in realtà hai diciassette anni e non puoi tornare a casa perché i tuoi genitori non ci sono più.

No, decisamente non era il caso.

Però se non diceva subito qualcosa si sarebbe messo a piangere, sicuro.

Lui non era bravo con i bambini. Nemmeno gli piacevano.

Preferiva mille volte i gatti.

E anche se questa volta le due cose quasi coincidevano, non era facile trattare con quel piccolo Ojiro come lo sarebbe stato con un gattino.

Anche se la piccolezza e il modo in cui muoveva la coda ricordavano un micio più che mai.

Di certo più di quando era adulto.

“Sono sicuro che presto la tua mamma arriverà a prenderti,” gli disse alla fine, inginocchiandosi davanti a lui per poterlo guardare negli occhi, “Forse è un po’ in ritardo, ma di sicuro sta arrivando. L’aveva detto il professor Aizawa, ricordi? Che forse ci volevano uno o due giorni.”

“Sicuro?”

“Ma certo,” sorrise ancora Shinsou, scarmigliandogli i capelli, “E poi qui ti stai divertendo, no?”

Ojiro annuì, “Sì!” esclamò “Sono tutti gentili! Però voglio comunque tornare a casa...”

“Presto, vedrai,” assicurò, “Ma adesso, da bravo, si dorme. E’ tardi!”

Mashirao tornò ad arrampicarsi sul letto, e mentre Shinsou si alzava per chiudere di nuovo le tende e far calare la stanza nell’oscurità necessaria a dormire si tirò le coperte fin sotto al naso. Nonostante fosse ben coperto, Shinsou andò comunque a sistemargliele per bene sopra, poi spense la luce e tornò a sdraiarsi sul futon che si era fatto prestare da Todoroki, per poter lasciare il letto al bambino e farlo dormire con comodità.

Ma Ojiro quella sera non sembrava di quella stessa idea.

“Posso chiederti una cosa?” mormorò quindi, con una vocina sottile che faceva tenerezza almeno quanto quegli occhietti neri che sbucavano dal bordo del letto e che lui, con la poca luce della stanza, vedeva appena.

“Certo.”

“Secondo te anche io posso davvero diventare un eroe? Davvero?”

Shinsou rimase perplesso qualche istante, considerando che quel dubbio non c’entrava nulla con il discorso fatto fino a quel momento, ma alla fine sorrise, “Ma certo. Perché pensi che non sia così?”

Ojiro mise il broncio, “Beh, il mio quirk è brutto. A volte mi fanno i dispetti perché sono strano rispetto agli altri.”

“Sei strano?”

“Di aspetto.”

“Ancora fanno queste cose?”

“Boh. Con altri bambini non lo fanno, quindi forse è perché sono io...”

“Non è assolutamente così. Non devi dare retta a quei bambini, sono solo dei bulli.”

Gli risultava difficile credere che oramai ci fossero ancora bambini che prendevano in giro chi possedeva dei quirk di mutazione come quello di Ojiro, era quasi sicuro che lo facessero solo perché lo vedevano fondamentalmente insicuro sulle proprie capacità. E anche quello era colpa loro.

Forse era per quello che adesso, da adulto, quando otteneva un risultato Ojiro ne era orgogliosissimo e non permetteva a nessuno di farsi mettere i piedi in testa. In primis a lui, com’era accaduto al festival sportivo del primo anno.

“Non so. Però, senti. Hai detto che anche il tuo quirk è strano. Anche a te trattavano male?”

Shinsou sospirò, “Un po’. A volte. Ma adesso non più,” e poi con lui era diverso. Non avevano tutti i torti a trattarlo male, un po’ per via del suo potere e un po’ per via del suo comportamento, per quanto fosse solo un modo per difendersi, il suo.

 

“Non parlate con lui,” sentì sussurrare, “Ignoratelo!”

Hitoshi mise il broncio, incrociando le braccia sul banco. Non prestavano mai attenzione che lui li potesse sentire o meno, non interessava a nessuno che anche lui potesse restare male. Che potesse essere ferito da tutto quello.

“L’altro giorno, quando Yasu gli ha chiesto una penna per scrivere, gli ha fatto il lavaggio del cervello! L’ha costretto a fargli i compiti e ad andargli a comprare il pranzo!”

Non era corretto, ma tacque lo stesso. Perché era vero che gli aveva usato contro il quirk, ma solo per farlo tornare al suo posto e toglierselo di torno, perché era stanco della sua insistenza.

Ma non gli avrebbe creduto nessuno.

“Parola mia, sicuro fra qualche anno lo vedremo al telegiornale per aver commesso qualche crimine! Ci scommetto!”

Shinsou digrignò i denti, alzando la mano. “Posso andare al bagno?” chiese all’insegnante.

Che rispose con un cenno d’assenso.

Nemmeno loro rispondevano, se non erano costretti.

Persino loro avevano paura, e se non dovevano farlo a forza non gli rivolgevano parola.

Quanto odiava il suo potere. Quanto avrebbe preferito non averne affatto uno, piuttosto.

 

“Hitoshi Shinsou?”

“Sì?”

“Sei sicuro di aver scritto bene la tua scelta per le scuole superiori?”

“Sì.”

“Ma...la Yuuei è una scuola per eroi molto prestigiosa.”

“Lo so.”

“Non è...” l’uomo si bloccò, quando vide gli occhi di Shinsou ridursi a fessure. “Come vuoi.” Concluse.

Qualcuno dei suoi compagni rise, anche se sommessamente per non farsi sentire dall’insegnante, ma senza temere lui che gli era seduto davanti.

“Tanto sicuro non ci riuscirà. Se la Yuuei lo facesse entrare sarebbero dei pazzi, mica sono così prestigiosi per niente! Figurati se uno così può essere un eroe. Io non mi farei mai salvare da uno così!”

“Sì, sì infatti!”

“E’ proprio vero.”

 

Shinsou li aveva odiati tanto, quella volta, ma sapeva che avevano ragione su una cosa: non sarebbe mai riuscito ad entrare con il suo potere.

Per questo aveva fatto domanda anche al corso Generale. Era stato previdente.

E quando la notizia era uscita, del suo fallimento al test, aveva dovuto sopportare le loro risate per nulla sommesse e le loro prese in giro.
Quanto avrebbe voluto vedere le loro facce adesso che ce l’aveva finalmente fatta!

Ma non si era mai informato su che scuola frequentassero ora e che fine avessero fatto. Nemmeno gli interessava.

Era ad un passo dal suo sogno, di loro non gli interessava più nulla.

“Come li hai fatti smettere?” ritornò a guardare il piccolo Ojiro, che lo fissava con gli occhi sgranati di stupore e ammirazione.

Shinsou sorrise, alzandosi dal futon su cui era e infilandosi nel letto insieme al bambino, che si fece piccolo piccolo contro il muro, girato verso di lui ad aspettare che raccontasse la sua storia, probabilmente.

Non sapeva perché aveva lasciato il futon per il letto, all’inizio aveva scelto il contrario per paura di spaventarlo, ma adesso era così sereno che aveva voglia di avvicinarsi.

Quindi l’aveva semplicemente fatto.

“Sono diventato più forte. E non mi sono arreso mai. Anche se significava non avere amici,” spiegò. E avrebbe continuato così, se non si fosse innamorato.
Era stata un po’ la sua disgrazia, ma anche la sua fortuna.

“Mi dispiace che non avevi amici.”

“Ma adesso li ho. Quindi ne è valsa la pena.”

“E sei quasi un eroe!”

“E sono quasi un eroe, sì.”

“Nemmeno io mi arrenderò!” esclamò Ojiro, gli occhi già a mezz’asta per il sonno “Diventerò forte come te.”

“Molto più di me.” Fece Shinsou, rimboccandogli per l’ennesima volta le coperte e stendendosi a sua volta. “Non farti mai dire cosa puoi o non puoi fare.”

Ojiro sbadigliò, gli occhi già chiusi, “Prometto!”

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Boku no Hero Academia / Vai alla pagina dell'autore: Saruwatari_Asuka