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Autore: _Tati2308    02/06/2020    0 recensioni
"Da piccola credevo che l'amore fosse la magia più potente del mondo. Da piccola credevo anche che esistessero gli unicorni."
Isabelle Smith, una causa persa, il mondo le è crollato sotto i piedi troppo presto. Da quella terribile notte il suo modo di vedere il mondo è cambiato per sempre mostrandosi davanti ai suoi occhi soltanto in sfumature grigie. Per lei l'amore esiste ormai solo nei libri, dove deve rimanere, sa che niente nella vita permane, l'amore brucia, consuma e distrugge e lei ne vuole stare più alla larga possibile.
O almeno così credeva finché per uno strano incidente si risveglia a casa di uno sconosciuto. Folti capelli castani ed occhi d'ambra, Cole Standall con la sua sicurezza e quell'apparente indifferenza che lo contraddistingue distruggerà tutto ciò che Belle credeva di conoscere sull'amore, mostrandole la luce alla fine del tunnel. Ma Isabelle non sa che i segreti che Cole nasconde così tenacemente sono ben più pericolosi dei suoi. Segreti che minacciano di far crollare nuovamente il fragile equilibrio delle loro vite.
Genere: Azione, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
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Entro in camera mia, getto le scarpe ai piedi delle letto e mi ci butto letteralmente sopra, sono distrutta, stanotte non sono riuscita a dormire molto. Sono tornata a casa per il Weekend ed il viaggio dalla Columbia e Philadelphia, è stato abbastanza lungo, infatti non faccio nemmeno in tempo a contare fino a tre che cado in un sonno profondo.

Corro, sono troppo veloci, li sento si stanno avvicinando, vedo un muro davanti a me. Sono in trappola. Tento di arrampicarmi, ma qualcuno mi tira per la manica della giacca trascinandomi rovinisamente a terra. Sento le urla nelle orecchie le persone intorno a me in quel vicolo buio sono ombre appena visibili, la sagoma di quel ragazzo che torreggia su di me, vedo il suo volto osceno, gli occhi chiari scintillano famelici anche in una notte buia come questa. 
Gli tiro un pugno più forte che posso colpendolo, lo vedo ritrarsi per un attimo con un ringhio di dolore, si pulisce il sangue dal labbro ed io tento di divincolarmi, ma quello mi schiaccia nuovamente sul cemento freddo e duro. Urlo, mi dimeno più che posso, mi ringhia contro di stare zitta tappandomi la bocca, sento un dolore lancinante, le sue luride mani bruciano su di me come carboni ardenti, sento le mie urla, imploro affinché smetta, mi lasci andare, i suoi amici tutt'intorno ridono, mentre si gustano quella scena orrenda, vedo il suo sguardo ferino e lo sento ridere mettendo in mostra il canino insanguinato spezzato dal mio pugno, mentre abusa di me prima di lasciarmi così, paralizzata e mezza svestita in un vicolo buio immersa in una pozza di sangue e lacrime. 

Gli incubi sono tornati. I ricordi mai sbiaditi tornano alla mente e mi sveglio in un bagno di sudore, con il cuore a mille ed il battito nelle orecchie, conati di vomito cercano di salire lungo l'esofago, li ricaccio indietro, ho promesso a me stessa che non l'avrei fatto, non stavolta. Faccio respiri profondi arrancando verso il bagno bisognosa di una doccia fredda per cancellare l'opprimente sensazione delle sue mani addosso a me. Lascio cadere a terra gli abiti e l'intimo prima di entrare in doccia regolando il getto dell'acqua, lascio che scivoli su di me, immaginando che essa si porti nello scarico con sé anche i miei tormenti. Dieci minuti dopo sento mia madre che dal piano di sotto avvisa che la cena è pronta. Ci risiamo, faccio un respiro profondo e conto sulle dita di una mano i giorni in cui fino ad oggi sono riuscita a mangiare senza rimettere nulla, poi mi stampo un finto sorriso sul volto e scendo 
"Amore ti ho fatto le lasagne, una volta erano il tuo piatto preferito" 
Esclama mia madre con entusiasmo, ma so bene che dietro a quella facciata si nasconde la paura e l'angoscia per una figlia che non è più la sua. "G-grazie mamma, saranno sicuramente buonissime" 
Rispondo sforzandomi di sorridere, mio fratello esce dalla sua stanza con indosso i pantaloni della tuta e una t-shirt rossa, il suo pigiama 
"Non sei andato a scuola oggi?"
Chiedo non riuscendo a comprendere il motivo per cui indossi il pigiama alle otto di sera, lui non è tipo da film e coperta di pile, è più un tipo da festa e dopo festa
"No, ieri sera alla festa di Trent abbiamo scommesso su chi reggesse di più l'alcol e...Beh ho vinto, ma il dopo sbornia non è stato molto piacevole" 
Ridacchia grattandosi l'arcata del naso dritto
"Kyle ti ho già detto di smetterla con questo genere di scommesse, sono pericolose, e se un giorno inizassero a scommetre con qualcosa di peggio?" Lo rimprovera mia madre, lui le passa affianco dandole un bacio in fronte come a rassicurarla
"Mamma sai bene che so quel che faccio, non farei mai nulla di troppo pericoloso" 
Le ricorda sfilandole un pezzo di pane al formaggio da sotto il naso. 
Mamma non risponde, sappiamo entrambe quanto le parole di Kyle siano vere, si è sempre occupato di noi da quando mio padre ci ha lasciati, lui se n'è andato con un'altra donna, ha lasciato mia madre in un momento difficile della nostra vita. Era da poco successo ciò che mi aveva distrutto, io avevo iniziato a rifiutare il mio corpo, lo sentivo estraneo, sentivo quelle sensazioni sulla mia pelle e mi odiavo, mi odiavo per essermi lasciata fare ciò, volevo punirmi, volevo un corpo nuovo, uno che non fosse il mio e proprio quando ne avevamo più bisogno lui, mio padre, se n'è andato dimenticandosi di avere una famiglia. 
Da quel giorno non l'ho più sentito, è sparito dalla mia vita e Kyle si è fatto carico della nostra famiglia, o di ciò che ne restava, studiando di giorno e lavorando di notte, allora avevo solo sedici anni. 
Un anno dopo ho iniziato anche io a cercare un lavoretto per contribuire alle spese nonostante le proteste di Kyle, il quale sosteneva di poter benissimo badare a noi e che non c'era bisogno che anche io lavorassi. Ma la verità era un'altra, lo sapevo bene, lui, come anche mia madre, avevano paura che potessi fare qualche pazzia. 
Dopo circa sei mesi di prova però, acconsentirono a lasciarmi lavorare e così facevo la cameriera in una piccola caffetteria all'angolo sulla main street, mi dividevo fra la scuola di giorno e la caffetteria di sera, un localino tranquillo frequentato solitamente da topi da biblioteca e gentili coppie di anziani, uno sballo in pratica. Ma a me andava bene così, non mi piacciono i locali troppo affollati e odio sentirmi al centro dell'attenzione, quindi per quanto mi riguarda questo posto era perfetto.
"Belle il piatto si fredda"
Trasalisco dai miei pensieri, non mi ero neanche resa conto di essermi seduta al tavolo. 
Prendo la forchetta e inforco un pezzo di lasagna, lo osservo e cercando di non pensare a nulla lo porto alla bocca, mastico e ingollo. Uno. Ripeto la stessa operazione per quattro volte fingendo di non essermi accorta delle occhiate furtive che mi lanciano i miei familiari. 
Sono fiera di me, sto masticando il quinto boccone e va tutto bene, ma poi come un lampo prendo coscienza di cosa sto facendo e accade tutto in un attimo. 
La forchetta scivola dalla mia mano per cadere rumorosamente nel piatto, lo fisso, fisso il mio più grande nemico in quel piatto di ceramica. Eccolo, ecco il tremore alle mani, la testa gira, la vista si appanna e lo stomaco si attorciglia in un nodo inestricabile. Mi alzo da tavola rovesciando la sedia a terra e mi lancio su per le scale, sento il fiato mancare, il battito del mio cuore è l'unica cosa che riesco a sentire al momento. Sbatto la porta del bagno alle mie spalle, riesco non so come a raggiungere il water ed è più forte di me, mi aggrappo alla tavoletta come se fosse il mio ultimo appiglio al mondo, mi ficco due dita in gola e come ogni volta rigetto quel poco che sono riuscita ad ingerire, il sapore della bile è forte in gola, brucia e provoca altri conati. 
Dopo pochi minuti i conati finalmente si fermano e trovo la forza di alzarmi sulle gambe  esili e sciacquarmi la bocca, bagno i polsi con le mani ancora tremanti. 
Non mi guardo allo specchio, non lo faccio da cinque mesi ormai, ciò che vedo non mi piace, quella persona riflessa nello specchio non sono io, ma forse, forse non so nemmeno io chi sono davvero, il problema è che, probabilmente, non lo ricordo nemmeno più. 
Appoggio la schiena al muro e mi lascio scivolare contro di essa con le lacrime che solcano il volto e il solo rumore dei singhiozzi spezzati che non mi abbandona mai.
Sento mio fratello urlare contro mia madre, stanno litigando e so che il problema sono io, sento lui urlarle contro che non possiamo continuare così, che ho bisogno di aiuto, lei sta piangendo e la voce le si spezza mentre dice che non sa più cosa fare, che abbiamo cambiato più di otto psicologi e alimentaristi, e che la mia vita le sta scivolando dalle mani. 
Odio dover essere il loro dolore, e vorrei davvero poter cambiare le cose, ma il fatto è che non posso, io non riesco a fermarmi, il mio corpo ragisce ancora prima che il mio cervello dica cosa fare.
   
 
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