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Autore: Jeck86    02/06/2020    2 recensioni
Dante è quasi un Hikikomori.
Quando esce di casa, Dante sente una sensazione di disagio e di agorafobia.
Vive una vita da recluso, ma ha un lavoro e delle relazioni.
Ha ancora dei sentimenti per la sua ex, che non vede da mesi.
Un giorno, all'improvviso, cominciano a capitargli cose strane.
Comincia a vedere cose impossibili.
A volte spaventose, a volte comiche.
Che gli sta capitando? Il suo cervello gli fa brutti scherzi o l'universo ce l'ha con lui?
Alla fine, Dante otterrà ciò che cerca?
E se lo otterrà, ne sarà soddisfatto o se ne pentirà?
Un racconto surreale che vi spiazzerà più e più volte.
Genere: Angst, Comico, Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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Capitolo quarto:
Mercoledì
 
Dante si alzò alle 3 del pomeriggio, come faceva di solito, e andò a lavarsi i denti.
Aveva fatto un sogno davvero strano, e così vivido. L'ombra che si staccava dal suo corpo...e quel barbone...e la puzza. Sembrava davvero reale.

Quando entrò in bagno, trovò la sua ombra: indossava l'accappatoio rosa che aveva lasciato la mamma. In testa aveva una cuffia a fiorellini e ai piedi aveva due pantofoline pelose a forma di coniglietti. Si coprì pudicamente con un asciugamano, spinse Dante fuori dal bagno e chiuse a chiave la porta.

Che cosa stava succedendo? Niente aveva più senso e non credeva ai suoi occhi.
Era tutto cominciato con lo schermo del cellulare. Sì, era tutto cominciato da lì. Ma dove lo aveva messo?
Con mani tremanti, si frugò cercando lo smartphone, rivoltò le tasche dei pantaloni senza trovare nulla e poi andò verso una sedia della cucina, dove giaceva appallottolato il giacchetto indossato il giorno prima.
Anche le tasche del giacchetto erano vuote.
La figura scura uscì dal bagno, si appoggiò con una spalla alla parete e si mise ad osservare Dante silenziosamente.
- Ma certo! - Ora ricordava - L'ombra, me lo ha fatto cadere di mano stanotte. -
Quindi Il ragazzo, tornò all'ingresso ed aprì il portone di casa sua.
Forse il cellulare era ancora in quel vicolo.
E davanti alla porta, trovò sua madre.
- Se stavi venendo a prendermi alla stazione, ti avverto che sei mezz'ora in ritardo. -

- Mamma, che sorpresa! Pensavo che saresti venuta nel fine settimana. -
- Oh cazzo! è arrivata mia madre. E adesso che faccio? - pensò Dante. Si guardò dietro le spalle per un attimo e vide l'ombra portarsi le mani al viso e piegare leggermente la testa di lato. Era una espressione di paura? Era difficile dirlo visto che l'ombra era, be...ecco...un'ombra. E non aveva i lineamenti. Era solo una silouette leggermente più scura del muro dietro di lei.
- Sta imitando una scena di mamma ho perso l'aereo? - Si domandò mentre faceva ben attenzione a tenere aperto solo uno spiraglio del portone, non voleva che sua madre vedesse la cosa nera che si muoveva per casa.
- Sono più di 12 ore che non chiami. Al telefono non rispondi. Credevo che fossi morto. - La signora, anziana ma vigorosa, fece per aprire. Dante cercava di tenere la porta ma sapeva di non poter battere sua madre con quelle braccia da contadina.
- Perchè non mi fai entrare? -
- è che la casa non è tanto in ordine. -
- Sai che novità! Non capirò mai perchè sei andato a vivere da solo. Ti ricordi quando mi sono sentita male e tu non eri a casa per curarmi? - Sua madre stava lentamente ma inesorabilmente spalancando la porta.
Dante aveva la risposta pronta - Io mica faccio il dottore. E poi era solo un'indigestione. -
- Stai zitto. Mi avevi detto che chiamavi... - Disse la signora con voce tremolante di commozione.
Le braccia del ragazzo cominciavano a fargli male per lo sforzo. - è davvero molto in disordine, mamma. -
- Mi stai nascondendo qualcosa? -
- Chi? Io? Ma figuriamoci. - Una goccia di sudore gli colava dalla fronte.
- Fammi entrare. -
- OK, mamma. Io ti faccio entrare, ma tu mi prometti che non ti arrabbi. -
- Certo che mi arrabbio. Adesso fammi entrare. -
- Prometti. -
- Dante Rossi, apri immediatamente questa porta. - Questa volta aveva un tono che non ammetteva repliche. C'era una spaventosa aura di minaccia in quelle parole.
Se solo quella maledetta ombra avesse capito la situazione. Non era il momento di andarsene in giro a bighellonare, questo. Dante si voltò nuovamente.
La figura nera proiettata contro la parete alle sue spalle penzolava lentamente a destra e a manca. I piedi sollevati dal suolo e sospesi. Sembrava tenuta dall'ombra di una corda o qualcosa del genere.
- Si è impiccata? - Pensò dante - Stiamo scherzando? Non posso fare entrare mia madre con quella cosa lì sul muro. -
Dante fece un passo oltre la soglia e fece molta attenzione a chiudersi la porta dietro le spalle.
- Senti, mamma. Se ti faccio vedere la casa tu ti arrabbi. E passiamo tutto il giorno a litigare e pulire come al solito. Perchè invece non usciamo? -
- Usciamo...dove? - Il sopracciglio sinistro di sua madre si sollevò legeremente.
- Andiamo a mangiare fuori. -
- Sto ascoltando... -
- Poi torniamo a casa e almeno litighiamo a pancia piena. -
- Mi piacerebbe andare a mangiare fuori. -
- Anche a me. -
- Tuo padre non mi porta mai da nessuna parte. -
- Che mascalzone! - Disse Dante.
- Scusa papà. Mors tua vita mea. - Pensava il ragazzo, invece disse. - Allora siamo daccordo? -
- Dove andiamo? -
- Al fast food qui all'angolo. Lo conosci, no? -
- Quel posto fetente? Sono sicura che il cibo farà schifo. - La signora portò i pugni alla vita e sbattè il piede nervosamente. - Andiamo al ristorante. Ma ti ci arriva la mano al portafoglio? Attento a non farti venire un ernia. -
Ottimo! Era fatta. - Allora andiamo subito. -
- Non dirmi quello che devo fare.- Rispose la signora con tono irritato -Fermiamoci prima al bar che devo prendere un gatorade. Devo reintegrare i sali minerali consumati nello sforzo. -
- Che sforzo? -
- Quello di farti tirare fuori i soldi per il ristorante. Non mi sorprende che tu non trovi uno straccio di morosa. -
Alla fine offrì sua madre.

Dante e sua madre stavano seduti ad un tavolino del ristorante.
L'anziana signora voleva un filetto al pepe verde e non c'era verso di farle cambiare idea. Quella portata doveva essere illegale. Costava un vero capitale.
Arrivò la cameriera, una brunetta. Non era alta, ma aveva due occhi da cerbiatta.
- Che cosa vi porto? - Disse con un bel sorriso.
- Il pane è gratis? - Domandò Dante
- Sì -
- Ce ne porti due chili. -
La cameriera rise di gusto, appoggiò la mano alla spalla del ragazzo e dette una spintarella leggera. Lui sentì il calore della mano attraverso la maglietta.
La cameriera si allontanò verso un altro tavolo.
- Carina. Vero? - Disse la madre di Dante ammiccando verso di lui con un sorriso sornione.
- Si, è molto gentile e simpatica. -
- Vuoi che vi lasci da soli per qualche momento? Sembra ci sia qualcosa tra voi. -
- Certo che c'è: si chiama mancia. - Disse il giovane. - Immagino faccia parte del lavoro. -
Un signore sovrappeso schioccò le dita per richiamare l'attenzione della cameriera. - Bene. Io sono pronto ad ordinare. -
- E chi se ne importa? - Disse la cameriera con un sorriso. Poi si allontanò.
- Non sembra così allegra con tutti. -
Vendendo che il figlio lasciava cadere il discorso. Pensò: - Uffa. Se aspetto che questo pesce lesso si dia una mossa, non avrò mai un nipotino. -

La mamma di Dante alzò un dito.
Ricomparve la cameriera con gli occhi da cerbiatta - Tutto bene? -
- Si, era tutto ottimo. - Rispose il ragazzo.
- Senta signorina, mio figlio, qui, la trova molto carina. Ma è troppo codardo per chiederle il numero di telefono. So che a guardarlo non sembra tanto sveglio, ma le assicuro che ha tante buone qualità, anche se al momento non me ne viene in mente nessuna. Le chiedo solo la cortesia, se non è interessata, di dirglielo con gentilezza - E così dicendo, si alzò da tavola e andò alla cassa a pagare il conto.
- Mi spiace. - Disse la cameriera. - Ma io non do il mio numero agli sconosciuti. - La ragazza era arrossita, guardava in basso. La frangetta le copriva gli occhi.
Dante guardava sua madre che si allontanava, con due occhi sgranati dallo stupore.
- Però, se vuoi, puoi darmi il tuo. - Aggiunse la cameriera, sempre guardandosi la punta dei piedi.
Dante le scrisse il numero di telefono su un tovagliolino.
- Comunque, io sono Violetta.- Disse la ragazza con una voce sottile sottile.
- Io sono Dante. Pi...piacere di conoscerti.-
Il signore sovrappeso di prima attirò l'attenzione della ragazza. - Cameriera, quando arriva il mio caffè? -
- Subito - disse Violetta - Mi dia solo il tempo di sputarci dentro. -
- Stai scherzando? - Disse Dante.
- Ma certo. - Consegnò il caffè al signore che lo aveva richiesto. Avvicinò il suo viso al suo mentre lo fissava con uno sguardo omicida e gli occhi sgranati.
- O forse no... - Sussurrò la ragazza nell'orecchio del signore.

Tenere sua madre lontano da casa era stato facile, ma maledettamente stancante.
Era bastato portarla in giro tutto il giorno a visitare la città.A un certo pòunto Dante si arrese e chiese alla genitrice una tregua. Si misero a sedere su una panchina in un vicolo all'ombra.
- Sai, tuo cugino Francesco, a giugno si sposa. Ovviamente siamo tutti invitati. - Buttò lì la matrigna, mentre Dante si toglieva le scarpe. - Mi ha chiesto di te? Come stai? Che lavoro fai? - Poi alzò lo sguardo e appuntò i suoi occhi verdi in quelli di Dante. - Che gli devo rispondere? -
-Che sto bene.- Poi Dante piegò in angolo della bocca in un mezzo sorrisetto smargiasso. - Francesco fa ancora il fabbro? -
-Vedessi quanto guadagna. Ha già acceso un mutuo e comprato casa.- Disse la donna portando alla bocca un a mano a coppetta.
Stava cercando di spronarlo, anche se in modo un po'passivo-aggressivo, a darle anche lui dei risultati concreti o almeno qualche obiettivo di vita da gettare con nonchalance in pasto agli squali, alla prossima rimpatriata di famiglia.
- A te invece come vanno le cose come ... cosa è che fai? Lo youtuber? -
- E-commerce. E quanto a questo...- Cazzo, che bell'atmosfera. Non era così che Dante avrebbe voluto che uscisse fuori. Ma prima o poi doveva dirlo, tanto valeva togliersi il pensiero. - Potrei aver bisogno di un aiutino con l'affitto questo mese. Moltò presto avrò finito di rivendere una partita di articoli da regalo. Mi serve solo qualche settimana e riavrai tutto. - A Dante non piaceva il suo lavoro, ma quale era l'alternativa? Un avvenire di stage e contratti bimestrali?
- Non ti preoccupare per i soldi.- L'anziana signora stese una mano a prendere la sua. - Io qui ti sto parlando di futuro. Mica di salcicce. -
- Futuro? - Pensava Dante con cinismo. - è meglio che vi abituiate all'idea che io non ho un futuro. Così non saremo delusi. -
Ma era inutile spiegare quelle cose a sua madre. Era figlia del Boom Economico. Cresciuta nell'età dell'oro. Lei e, più ancora di lei, il papà credevano che sforzandosi si potesse ottenere tutto, solo perchè loro, sforzandosi, avevano ottenuto qualcosa.
- Oggi, con quegli stessi sforzi, a mala pena si sopravvive. - Pensò Dante. Ma non disse niente. Tanto a che serviva?
Dopo un lungo silenzio il sole, sbucato a chissà dove si riflettè per terra e colpì gli occhi di Dante.
Il suo celulare, perduto la sera prima, se ne stava lì buttato da una parte e rifletteva un piccolo arcobaleno di colori.
Dante si alzò dalla panchina e lo raccolse. Era proprio il suo, era intatto e bellissimo.

Dopo un intero pomeriggio di camminate, quando già i suoi piedi bruciavano più del fuoco dell'inferno, aveva dovuto accompagnarla alla stazione, ma finalmente Dante arrivò a casa.
Si tolse le scarpe, e andò in cucina, dove trovò di nuovo la sua ombra impegnata ai fornelli.
Questa volta indossava un grembiule bianco ed un cappello da cuoco.
- E quello dove lo hai trovato? -
L'ombra lo guardò, sollevò le spalle e tornò a friggere patatine.
Poi prese il piatto pieno delle patatine fritte e glie lo porse.
- Davvero posso prenderne? -
La figura nera annuì.
- Ferto che pti piafe parecchio cufinare. - Disse Dante con la bocca piena.
Poi, senza neppure accorgersene, si appoggiò con la schiena al frigorifero e accese il cellulare.
Di nuovo lo schermo si estroflesse e si gonfiò verso di lui come un serpente.
L'ombra afferrò il cellulare e lo spense. Poi fissò il ragazzo e scosse la testa.
- Sì, lo so. Il dottore ha detto che non dovrei avvicinarmi agli schermi. Ma che ne sa lui? - Dante si mise a gesticolare. - Non ritieni che invece sarebbe il caso che io faccia qualche test? -
La silhouette scura lo osservava in silenzio.
- Dopo quanto tempo che fisso il cellulare si mostrano i sintomi? L'effetto della luce ecc. -
L'ombra lo fissava immobile.
- Va bene. - Spense lo smartphone.
L'ombra tornò a cucinare e il ragazzo prese un'altra patatina.
- Domani ho un'apuntamento con una ragazza. -
L'ombra piegò la schiena in dietro, si mise le mani sulla pancia ed iniziò a sussultare leggermente.
- Non c'è niente da ridere. è totalmente vero. -
La figura semitrasparente si voltò verso di lui, piegò leggermente la testa di lato e sollevò le mani in modo interrogativo.
- è una storia lunga. Il punto è che non posso andare in giro senza un ombra. Cosa penserebbe Violetta. - Dante si guardò le punte dei piedi. - Per te sarebbe un problema tornare a ...cioè rifare... insomma... tutto come prima? - Sollevò lentamente lo sguardo con occhi da cucciolo.
L'ombra si accarezzò il mento e poi annuì sollevando un pollice.
- Davvero? Fico. Allora siamo daccordo. -

Dante uscì dalla cucina e si diresse in camera sua.
- Parlo con la mia ombra. Mi sa che sto impazzendo. -
Stava davvero perdendo il contatto con la realtà o era tutto vero?
Era tutto così strano.
Forse era tutto un sogno, o peggio, una allucinazione.
L'idea di stare impazzendo lo terrorizzava: Quanto potevano diventare spaventose le visioni? Avrebbe finito per fare male a qualcuno o a se stesso?
Doveva indagare. Doveva scoprire che cosa gli stava succedendo. In quel momento non aveva altro piano che quello, non vedeva altri passi da compiere.

Chiuse la porta a chiave.
Non era certo che sarebbe servito a tenere l'ombra lontana, ma non si sentiva al sicuro con quella cosa attorno.
Non accese la luce. Voleva far credere all'ombra che fosse andato a dormire o qualcosa del genere.
Accese il computer.
La luce azzurrina dello schermo era l'unica fonte luminosa nella stanza.
Rimase in attesa trattenendo il fiato mentre il sangue gli si gelava nelle vene, ma l'ombra non venne a disturbarlo.
Si mise a sedere e come le altre volte lo schermo del computer si gonfiò nella sua direzione.
Si muoveva lentamente verso la sua faccia e vibrava leggermente, come quando si soffiano le bolle di sapone.
Questa volta Dante non si allontanò. Chiuse gli occhi ed immerse il viso completamente nello schermo.
All'inizio sentì una leggera frescura.
Poi aprì gli occhi e vide una immagine stranissima. Migliaia di linee spezzate. A volte parallele. A volte si intersecavano.
Erano percorse da luci dai colori fluo che correvano a grandissima velocità.
Sentì un rumore metallico provenire dalla cucina.
Dante tirò indietro la testa. Lo schermo si ritirò e gli si staccò dalla faccia come una maschera.
Udì qualcosa all'esterno che tentava di aprire la maniglia con una certa violenza.
Cercando di fare meno rumore possibile, Il ragazzo spense il computer ed andò a letto.
Dopo poco l'ombra smise di tentare di aprire la porta.

Dante si svegliò dopo una nottata poco riposante, piena di incubi ed inquietudini notturne.
Quando mise i piedi giù dal letto, osservò che la sua ombra era attaccata a lui.
   
 
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