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Autore: bridgetvonblanche    05/06/2020    4 recensioni
[bts crime/noir au]
«Volevo davvero riuscire ad odiarti per aver pensato a cosa fosse meglio per me quando eri tu il meglio per me»
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jeon Jeongguk/ Jungkook, Kim Taehyung/ V, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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BLACK INK.

 

[7]
 
 

Sollevò quel piccolissimo bicchiere di vetro all'altezza dello sguardo, provando poi ad avvicinarlo a sé per poter scrutare con maggiore attenzione il lento ma instancabile movimento del liquido al suo interno. Sorrise dolcemente Jieun, le guance leggermente rosse, sorprendendosi di come le fossero bastati un paio di bicchieri di quel fluido della stessa trasparenza dell'acqua per allentare i suoi muscoli tesi e calmare così le sue preoccupazioni, allontanando dalla sua mente - seppur momentaneamente - tutti quegli oscuri pensieri che le avevano tenuto compagnia durante l'intera giornata.

Portò poi quel tozzo bicchiere di vetro alle labbra, lasciando che l'acre odore di alcool si perpetrasse tra le sue narici prima di inghiottire tutto d'un fiato quel liquido incolore, senza lasciare adito ad alcun tipo di ripensamento. Solo una volta dopo aver appoggiato il piccolo calice nuovamente vuoto al bancone con un tonfo sordo e acuto, Jieun avvertì il suo stomaco bruciare intensamente, chiedendole probabilmente tregua. Si rese così presto conto che forse arrivare lì senza nemmeno aver cenato non era stata proprio la più brillante delle idee. Nonostante quella pesante fitta allo stomaco però, il suo cervello decise comunque di catalogare quella sensazione come "piacevole", il che le permise di sentirsi meno in colpa quando scelse di rivivere da capo quella esperienza al limite dell'afrodisiaco, tornando quindi a riempire quella piccola coppa con del nuovo liquido trasparente.

— Ti è sempre piaciuto bere bene, ma non credevo bastassero così pochi sorsi per metterti al tappeto, —

Le ci volle ben più di un semplice istante per capire che quella voce fin troppo conosciuta che aveva percepito arrivare alle proprie orecchie non era solo un vibrante eco nella sua testa, ma sembrava provenire piuttosto da un ragazzo in carne ed ossa che - proprio in quel momento - Jieun vide prendere posto accanto a lei davanti a quell'elegante bancone.

— Da quando ti interessa come occupo il mio tempo libero, Jeon? — domandò con sarcasmo lei non degnandolo nemmeno di uno sguardo, preferendo invece dedicare ancora una volta tutte le proprie attenzioni verso il liquido trasparente che osservò incantata tornare a fluttuare all'interno del suo bicchiere nuovamente pieno.

— Perchè sei qui? — avanzò quindi la sua domanda il ragazzo, per nulla intimidito dal quel tono di voce leggermente scocciato, facendo poi cenno al barista di servirgli un bicchiere del suo "solito".

— Potrei chiederti la stessa cosa, — gli rispose schietta lei, prima di trascinare nuovamente alla labbra il suo bicchiere di costosissimo soju, — Una condanna per stalking può arrivare fino a tre anni di reclusione lo sai vero? — aggiunse poco dopo, facendo sparire nuovamente all'interno del suo stomaco tutto il contenuto di quel liquido amaro e portandosi poi una mano alla bocca per pulire le proprie labbra dall'acre sapore di quell'alcolico appiccicoso, con l'unico effetto di scatenare nel suo interlocutore una risata leggera e divertita.

— Ho acquisito il White Wall da due anni, ma tu vieni sempre qui quando vuoi disperatamente dimenticare qualcosa, —

— Già, per esempio tendo a scordarmi del fatto che anche questo locale ti appartenga ormai, — ammise lei a quel punto, tirando un sospiro più forte di quanto avrebbe voluto. Sorrise mesta quando, allontanando quel bicchiere trasparente da sé, si ritrovò a riflettere sul fatto che persino il locale dove aveva incontrato Taehyung per la prima volta ora portasse con sè il nome ed il ricordo di Jeon Jungkook, come se quest'ultimo continuasse a tornare nella vita di Jieun, anche quando era stato lui stesso ad ordinarle di uscire dalla sua.

— Allora, come mai sei qui? —

Solo messa nuovamente di fronte a quella insolita richiesta di spiegazioni, la giovane detective si prese la briga di rivolgere il proprio sguardo verso il ragazzo che proprio in quel momento, accanto a lei, stava sorseggiando con estrema calma il suo bicchiere di amaro. I capelli color cenere leggermente più lunghi di come lei li ricordasse erano coperti da un cappellino del colore del suo intero outfit. Nero come l'inchiostro che gli ricopriva il braccio destro. Nero, proprio come quegli occhi che ora si erano specchiati nei suoi, decisamente più chiari, cogliendola di sorpresa.

— Non credevo di trovarti qui, ma dato che ci sono, — prese parola la giovane, schiarendosi un poco la voce, — Vorrei solo sapere come è andato il primo giorno di Taehyung, non mi ha ancora telefonato, — ammise subito dopo, appoggiando la propria testa, ora fattasi improvvisamente più pesante, contro la superficie liscia del bancone.

— E' per questo che stai bevendo? — avanzò allora Jungkook, e Jieun giurò di aver percepito della sincera preoccupazione nel tono della sua voce.

— No, — tenne subito a precisare lei, sapendo perfettamente che, nove volte su dieci, il motivo che la spingeva ad entrare e passare la serata da sola al bancone del White Wall erano le sue discussioni con il fratello.

— Ok, perchè quindi non torni a casa e non lo chiami tu stessa? —

— Perchè so che non mi racconterebbe niente, — si ritrovò ad ammettere a quel punto, tornando a sollevare la propria testa per cercare di mettere un freno a alle incalzanti e continue domande del ragazzo accanto a lei. All'improvviso si sentì come una colpevole sotto interrogatorio e questa sensazione, aggravata dal fatto che si era ritrovata inaspettatamente in una condizione di debolezza davanti allo sguardo inquisitore di Jungkook, aveva iniziato a farla sentire a disagio.

— Quindi ti aspetti che lo faccia io, —

Non riuscì bene a comprendere se sua fosse stata una domanda o una mera affermazione, ma Jieun era consapevole di essersi già spinta fin troppo oltre per permettersi il lusso di decidere se fare un passo indietro.

— Mi aspetto, — asserì allora, ponendo l'accento su ogni singola parola che uscì subito dopo dalla sua bocca, — Di essere informata da te se dovesse succedere qualcosa, —

Si irrigidì dopo aver pronunciato quella frase, non potendo fare a meno di notare che Jungkook le si era fatto più vicino. A quella distanza così ravvicinata sarebbe stato impossibile non riuscire a sentire con chiarezza l'odore di quel tabacco costoso che era solito fumare e, se solo fosse stata più lucida, non avrebbe avuto difficoltà a percepire anche l'intensità dei suoi respiri.

— Taehyung è stato vago su molti punti del nostro accordo, ma su una cosa non ha permesso di transigere, — affermò in tono estremamente serio, — Che tu venga coinvolta in questa storia, — le confessò poi, abbassando volutamente il tono della propria voce, già di per sé profonda, invitando così Jieun a fare lo stesso. In fondo, nonostante il locale fosse di sua proprietà e nonostante solitamente avesse una clientela fedele e ben conosciuta, Jungkook aveva imparato a fare della prudenza uno dei suoi principali punti di forza.

— Lo sono già, da più di cinque anni almeno, — gli fece notare allora un'esasperata Jieun, cercando per quanto possibile di mantenere un tono di voce calmo e pacato, — Ti prego non farmi anche tu la predica di mio fratello, non sono più una bambina, — esclamò infine, il tono di chi non era più intenzionato ad ammettere repliche.

— Ok allora cosa ci fai ancora in un bar del genere ad ubriacarti di soju invece che affrontare i tuoi fottuti problemi da adulta? —

Non era sua intenzione attaccarla in maniera così diretta ed alzare la voce in quel modo, non solo costringendo tutti i clienti del locale a tacere per guardare nella loro direzione, ma notando il viso di Jieun rattristarsi improvvisamente. Non avrebbe voluto vedere i suoi occhi farsi sempre più lucidi, eppure Jeon Jungkook era riuscito a procurarle solo questo, solamente altro dolore.

Dal canto suo invece erano ben altri i pensieri che stavano occupando la mente già offuscata dall'alcool della ragazza. E tra questi, il più vivido e lucido era la piena presa di coscienza di quanto, in fondo, Jungkook avesse ragione. L'alcool, l'isolamento, un locale affollato dove nessuno avrebbe badato a lei costituivano solamente escamotage perfetti per rifuggire dalla realtà, una gabbia d'oro in cui nascondersi e sentirsi al sicuro, lontano da tutto e da tutti. Quella lacrima che avvertì rigarle la guancia all'improvviso non era quindi dovuta al tono severo o alle dure parole uscite inavvertitamente dalla bocca di Jungkook, ma dalla consapevolezza di quanto si sentisse una vera sciocca e provasse ribrezzo e rabbia solo ed esclusivamente nei confronti di se stessa e del suo riprovevole comportamento.

— Hai ragione, — fu quindi l'unica cosa sensata che si sentì in dovere di dire in quel momento, raccogliendo frettolosamente la propria borsa dal pavimento prima di mimare un veloce gesto di inchino nei confronti di colui che, dopotutto, rimaneva comunque il solo proprietario di quel bel locale.

— Jieun, — provò a richiamarla a sè Jungkook, iniziando ad avvertire una strana sensazione di odio nei confronti di se stesso per non aver riflettuto più a lungo prima di risponderle in quel modo, il suo sguardo all'apparenza così impassibile ancora intento a scrutare ogni suo più piccolo movimento. Rimase immobile ad osservarla indossare il suo cappotto e scostare poi con la mano una ciocca di lunghi capelli castani dietro l'orecchio prima di tornare a sollevare il capo nella sua direzione.

— Non so davvero perchè io ancora mi ostini a rivolgermi a te quando posso benissimo cavarmela da sola, ti chiedo scusa, — furono le ultime parole che udì chiaramente uscire dalla labbra della ragazza che però, a quel punto, si era già fatta largo tra la gente, incamminandosi velocemente verso l'uscita del locale.

Tornò a respirare a pieni polmoni solo una volta fuori dalle mura del White Wall, rimanendo immobile per qualche istante sul ciglio della strada beandosi della leggera brezza scompigliarle un poco i capelli e spazzando via ciò che era rimasto sul suo bel viso al passaggio di quell'unica, pesante lacrima. Prese poi in mano il suo cellulare, digitando velocemente il numero per prenotare un taxi, sperando in cuor suo di poter tornare a casa a dormire il prima possibile.

— Kim Jieun? —

Ma non ebbe nemmeno il tempo di far squillare che un paio di volte il telefono quando la sua attenzione venne catturata da un uomo, che lei non ricordava di aver mai visto in vita sua, chiamarla per nome. Lo vide avvicinarsi lentamente, scoprendo solo un poco la sua giacca per mostrarle il profilo lucidissimo di una pistola.

— Non vorrei doverla usare, quindi sarei felicissimo di accompagnarla io stesso a casa e nel frattempo farci una bella chiacchierata, non è d'accordo con me? — le intimò, afferrandole il polso in cui Jieun teneva ancora strettamente saldo il proprio telefono, avanzando poi ancora di qualche passo.

Ancora stordita dall'alcool, terrorizzata e di nuovo sola, la giovane Jieun si sentì improvvisamente come paralizzata. Sapeva che forse avrebbe dovuto urlare, chiedere aiuto o quantomeno intimare quell'uomo a lasciarla in pace per evitare ben più gravi conseguenze, ma era come se - nonostante il suo corpo stesse in qualche modo cercando di combattere e di difendersi - la sua mente si fosse invece già arresa. Non fece quindi altro che chiudere i propri occhi, lasciando che quello sconosciuto le si facesse sempre più vicino, fino a sentirne il respiro affaticato solleticarle fastidiosamente le guance e consentendogli poi di posare la sua mano ancora libera sul suo capo, accarezzandole la testa come se fosse riuscito nell'impresa di ammansirla.

— Perchè la chiacchierata invece non la fai con me? —

Improvvisamente però, sia il respiro di quell'uomo e che la sua presa sul suo polso sottile si fecero sempre più lievi fino a scomparire del tutto. Riaprendo di scatto i propri occhi, Jieun non potè fare a meno di notare che ora quello sconosciuto, che fino a pochi istanti prima si era sentito tanto potente e spavaldo, era ora riverso a terra e, a cavalcioni su di lui, Jungkook lo aveva già privato della pistola e lo stava letteralmente massacrando di pugni.

— Chi ti manda? — gli domandò in tono sgarbato, prendendogli il viso tra le mani, costringendolo in quel modo a guardarlo negli occhi, ora brucianti di rabbia, le mani ancora pronte a scagliarsi nuovamente sul suo volto già insanguinato.

— Io no-non posso dirtelo, — rispose quella persona ancora senza nome, balbettando quelle parole in tono sommesso e sconfitto.

— Perchè maledetto, perchè? — tornò ad alzare la voce Jungkook, ricominciando a colpire il volto già tumefatto di quell'uomo, facendolo rantolare dal dolore.

— Jungkook ti prego fermati, —

— Perchè lui st-sta ricat-tando la mia fa-miglia, — sputò la propria verità l'uomo, stupito dal timido tentativo di Jieun di far desistere il proprio assalitore dal continuare a sfogare la propria rabbia sul suo volto, prima di lasciare andare il proprio capo contro il freddo asfalto della strada, preparandosi a ricevere l'ennesimo pugno in faccia dal suo avversario, decisamente più allenato e preparato di lui.

— Jungkook! —

Gli afferrò il polso esattamente come quello sconosciuto aveva fatto con lei poco prima: ma non c'era alcuna violenza nel suo gesto, se non la ferrea volontà di impedire a Jungkook di compiere un omicidio in piena notte usando come arma le sue stesse mani. Allentò la sua presa delicata sul polso fermo di lui solo quando lo vide rilassare i muscoli del braccio, per poi rimanere immobile ad osservarlo passare in rassegna le condizioni dell'uomo che aveva riempito di pugni prima di decidere di alzarsi da terra, offrendogli così su un piatto d'argento la possibilità di scappare.

— Vattene prima che cambi idea, — gli intimò allora, rimanendo impassibile ad osservarlo allontanarsi da loro e dal locale senza nemmeno voltarsi indietro, dimenticando persino di raccogliere da terra la pistola che Jungkook gli aveva prontamente sottratto.

Solo quando l'uomo scomparve dalla vista di entrambi lo sguardo di Jungkook tornò a posarsi sulla mano infreddolita della ragazza, ancora stretta attorno al suo polso. Con la mano sinistra, quella libera e priva di tatuaggi le scostò quindi la mano ma, a dispetto di ciò che Jieun aveva immaginato e che lui stesso sapeva di dover fare, Jungkook la avvicinò a sé, cingendole la vita in un abbraccio di cui Jieun difficilmente avrebbe dimenticato il calore.

— Devi starmi lontana, lo capisci adesso vero? — le sussurrò, stringendola ancora di più a sè, non permettendole nemmeno di poter ricambiare quel suo solido e confortante abbraccio.

Rimasero così per un solo istante che parve però infinito agli occhi di entrambi, prima che Jungkook decidesse di staccarsi da lei e prendere in mano il suo telefono, prenotandole un taxi. Nessuno dei due osò più dire una parola fino a quando i fari dell'auto in arrivo non illuminarono i loro volti già abbastanza provati da tutto quello che avevano vissuto nel lasso di tempo di una sola serata.

Jieun si fece posto nell'auto ringraziando con voce sottile il tassista e fornendogli poi le dovute indicazioni sull'indirizzo di destinazione. Ma prima che l'uomo potesse rimettere in moto il proprio veicolo, Jungkook bussò al finestrino dalla parte opposta dell'autista, facendogli cenno di abbassare il vetro. A quel punto estrasse dal suo portafoglio qualche banconota senza nemmeno impegnarsi a contarle, porgendole all'uomo che - nonostante l'espressione incredula - non fece però alcuna domanda.

— E' la seconda volta che paghi per me, —

La voce di Jieun gli arrivò alle orecchie come un tiepido sussurro e Jungkook non potè fare altro che sorridere di fronte alla schiettezza della ragazza che, nonostante tutto ciò a cui aveva dovuto assistere quella notte, sembrava non aver dimenticato il suo debito.

— E ho come la sensazione che non sarà l'ultima, — le rispose lui altrettanto pacatamente, prima di estrarre dal suo giubbotto di pelle nera il suo inseparabile pacchetto di sigarette e, allo stesso tempo, picchiettare con il palmo della mano contro la capote dell'auto, invitando l'autista a partire.

Ebbe solo il tempo di vedere il movimento delle labbra di Jieun mimare un timido "grazie" prima di tornare a focalizzare la sua attenzione sull'asfalto grigio della strada, estrarre il proprio telefono dalla tasca e comporre un numero sconosciuto.

— E' successa una cosa, ti devo parlare, — disse, prima di riattaccare, non consentendo alla persona dall'altro capo del telefono nemmeno il tempo di chiedere spiegazioni o ribattere.

Jeon Jungkook si sedette quindi sul bordo di quella strada ora più buia, stringendo nella sua mano sinistra il suo inseparabile cilindro di nicotina e, nella mano destra, il documento d'identità dell'uomo che quella sera aveva deliberatamente cercato di lanciargli un avvertimento.
 



 

 

「a/n 」

anneyeong haseyo! 👋🏻

ah, jeon jungkook. jeon jungkook che beve amaro dal bancone del suo stesso bar, dice sempre quello che pensa (per poi pentirsene) e infine salva una ragazza che forse, ma forse, non gli sta proprio totalmente indifferente. non so se avrei potuto essere più clichè di così, ma in ogni caso vi avevo avvisati: avevo veramente bisogno, forse, di catapultarmi e cimentarmi nella stesura di una fanfiction del genere, vogliate perdonami se questa volta le vicende qui descritte non stanno soddisfacendo le aspettative delle due long che l'hanno preceduta.

in ogni caso per tutti coloro che si schierano dalla parte del tenebroso jungkook: la cena è servita, lol

per chi invece parteggia per il bel taehyung: non preoccupatevi, the best angst is yet to come ;)

come sempre, ci tengo a ringraziare tutti per tutti i meravigliosi feedback che sto ricevendo. come vi dicevo, quando ho iniziato a scrivere questa long, non l'avrei mai creduto possibile.

alla prossima, vi abbraccio.

「bvb」

 

  
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