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Autore: sunonthesea    07/06/2020    1 recensioni
Il bosco è da sempre centro dell'immaginario umano: una distesa immensa di alberi che si protraggono in altezza fino a rendere le loro cime invisibili, i rami che paiono mani scheletriche pronte ad afferrare i malcapitati e i sentieri sporchi di foglie, che si contorcono con il solo scopo di far perdere gli ospiti delle fronde.
Ma la cosa che sicuramente fa più paura, in una foresta, è ciò che può nascondere. Come nelle profondità dell'oceano, nessuno può sapere con certezza cosa possa nascondersi in mezzo alle foglie illuminate soltanto dalla luce della luna. Ci sono solo animali innocui, trappole di cacciatori oppure qualcos'altro?
Aziraphale non vede l'ora di scoprirlo.
Genere: Angst, Dark, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aziraphale/Azraphel, Crowley
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Le immagini del paesaggio correvano sotto gli occhi con una rapidità impossibile: le case, i lampioni radi e gli alberi si fondevano fuori dal finestrino del treno, lasciando Aziraphale a contemplare quel grande marasma che non riusciva a comprendere.

Non aveva mai amato viaggiare, era sempre stato radicato alla sua casa, a Londra. Però non poteva lasciarsi sfuggire un caso di quella portata. Guardò distrattamente lo schermo del portatile aperto sul tavolino in plastica -voleva chiuderlo per non avere mal di testa- ma l'aveva dimenticato lì, la mail che aveva ricevuto poco tempo prima dal comune che stava per raggiungere.

Era mal scritta, la sintassi arricchita inutilmente da espressioni ricercate da cui era formata sembrava voler abbellire il messaggio centrale: si sono registrati degli eventi di natura straordinaria dopo anni, una creatura sconosciuta pare abiti nel bosco che circonda il nostro villaggio. Richiediamo delle indagini di natura giornalistica per la documentazione.

Non aveva capito fino in fondo quel messaggio. Non era quel tipo di persona che credeva al sovrannaturale, non era un esperto di folklore o cose simili. Però, aveva bisogno di grana. Aveva un gran bisogno di soldi.

Spendere tutti i suoi risparmi nel trovare un tetto dove stare in quel soggiorno che, a quanto pare, sarebbe durato mesi non era stata proprio la mossa più intelligente della sua vita, però era arrivato a quel punto e non poteva tornare indietro.

Il villaggio in cui doveva avventurarsi, a quanto pareva dalle brevi informazioni che aveva trovato su internet, si chiamava Tadfield. Fondato da cacciatori e boscaioli, era dimenticato nel profondo del nulla. Aveva letto che era famoso per essere stato il luogo dell'esecuzione dell'ultima strega d'Inghilterra.

Pareva l'avessero trovata nella foresta, in una capanna sperduta tra gli alberi. Secondo le cronache, non aveva nemmeno opposto resistenza mentre veniva condotta al patibolo.

Aziraphale non era stupido dal terrore di cui il suo direttore gli aveva parlato, quando aveva discusso con lui in merito a quell'incarico. Si sedette più comodamente, mentre fuori dal finestrino i segni di umanità stavano venendo rimpiazzati dalla boscaglia, gli alberi che si prendevano i loro spazi mentre il treno correva veloce nel vuoto.

Si sistemò gli occhiali sul volto paffuto, quando sentì la voce metallica dell'altoparlante provenire dal corridoio del treno. Mancavano dieci minuti all'arrivo alla stazione di Bridgetown, diceva, e il meteo era deliziosamente tempestoso. Ovviamente non aveva detto quello, però poteva notare i lampi sopra la sua testa squarciare le nuvole come artigli nella carne di un animale e le gocce di pioggia iniziare a cadere sulla terra erbosa.

Dalla stazione di Bridgetown avrebbe dovuto trovare un taxi per arrivare a Tadfield, le monetine per la corsa e la mancia che tintinnavano nella tasca del suo giaccone. Non sapeva precisamente cosa avrebbe trovato, cosa avrebbe visto. Aveva letto abbastanza favole da piccolo e libri di mistero quando era cresciuto da sapere come doveva comportarsi, a grandi linee: non doveva sembrare uno scettico, non doveva dare nell'occhio. Doveva essere schivo, non fare troppe domande se non quelle estremamente necessarie. Non doveva fidarsi di nessuno.

Sarebbe stato molto divertente.

La strada davanti alla stazione di Bridgetown era vuota: i le casupole di rocce grosse erano le regine del nulla, ad un passo da essere inglobate nella boscaglia alle loro spalle. La pioggia aveva iniziato ad essere sempre più forte, quando Aziraphale era uscito dalle porte della piccola stazione. Sentiva le gocce cadere sulla sua fronte, bagnargli sempre di più i corti capelli biondi mentre si portava la sua lunga giacca color crema sul capo, nel tentativo di non essere totalmente in balia dell'acqua.

-Ci voleva solo questa...- mormorò con noia, scrutando la strada alla ricerca di qualche taxi di passaggio. Nessuna auto sembrava volersi fermare, ne erano passate due, e un dubbio sorse nella sua mente. Il sole stava per scendere oltre i monti, l'oscurità stava per divorare tutto il mondo, e lui non aveva la minima idea di cosa fare. Si sedette sul marciapiede fradicio, il volto tra le mani mentre un profondo sospiro abbandonava le sue labbra. Non doveva finire così, si aspettava molto meglio.

Certo, non si aspettava il tappeto rosso. Ma chiedere il sole nel cielo non era impossibile.

Dopo una decina di minuti, una piccola automobile bianca scalò faticosamente la strada, mettendosi proprio davanti alla stazione. Come già detto, era di dimensioni esigue, tuttavia non sembrava vecchia o poco funzionante. Nel vederla, un barlume di speranza crebbe nel cuore di Aziraphale mentre si alzava assieme alle sue valigie e alzava impacciato la mano per farsi notare.

I passi brevi sull'asfalto bagnato lo portarono davanti alla portiera, quando un ometto uscì: era alto e scheletrico, quasi non sapeva come potesse essere uscito da quella portiera così bassa, e si copriva la testa con il braccio cercando di non bagnarsi troppo la testa pelata.

-Buongiorno!- Aziraphale gli corse incontro trascinando le sue borse verso il taxi. Aveva visto quell'uomo come una valchiria che trasporta gli spiriti dei guerrieri morti verso il Valhalla.

-Buongiorno- l'uomo squadrò il ragazzo con i piccoli occhi grigi. Erano mesi che non vedeva uno straniero in quei luoghi.

-Devo andare a Tadfield- il tono di Aziraphale era al limite del depressivo, le mani che a causa della pioggia stavano per perdere il controllo sulle maniglie delle borse.

L'uomo sembrò quasi sorpreso, per poi dirigersi verso il bagagliaio. -Salti su, la pioggia sta peggiorando-.

Il taxi puzzava di fumo stantio. Aziraphale stringeva la borsa più piccola che aveva al petto, fissando il bosco attraverso la parete di vetro che lo separava dall'autista, che concentrato guidava nella pioggia più incessante.

-Cosa la porta a Tadfield?- l'uomo voleva iniziare un discorso con lo straniero, dimenticandosi la parete di vetro che lo separava dall'altro.

-Scusi?- il biondo bussò al vetro, non capendo le parole nella loro completezza.

-Ho detto- l'uomo aprì una piccola finestrella dietro la sua nuca con un rapido movimento della mano -cosa la porta a Tadfield, se posso chiedere?- era la prima volta che sentiva uno straniero dire di voler andare a Tadfield.

Perché nessuno voleva andare in quel posto. Era poco più di un villaggio, non aveva niente di interessante. Inoltre, le storie non erano poi così sconosciute.

-Sono un giornalista. Lavoro per l'Indipendent- mormorò con timidezza palpabile nella sua voce -mi hanno mandato per indagare sugli avvistamenti di quella creatura misteriosa, in realtà-

-Ah, intende Crawly- l'autista si aspettava una risposta simile. Era l'unico motivo per cui una persona desiderasse andare in quel buco. -Sì, certo. La sua storia è famosa da queste parti- una breve pausa, il bosco che iniziava ad inglobare la piccola macchina che scivolava sulla strada bagnata.

Aziraphale colse la palla al balzo, estraendo rapidamente il block notes dalla tasca del giaccone assieme alla penna. -Interessante- il suo tono semplicemente cambiava quando prendeva appunti. Più serio. Quasi glaciale. -Potrebbe dirmi di più?-

-Nessuno sa molto- l'uomo cercò di ricordare i vecchi racconti -alcuni pensano non esista, ma una ragazza l'ha visto, mi sembra. Dicono sia discendente della strega...ha presente, giusto?-

-Sì. L'ultima strega ad essere stata bruciata in Inghilterra- la scrittura di Aziraphale era piccola, quasi incomprensibile: i ghirigori a penna scura dominavano il quadernino giallo che stringeva tra le mani, in geroglifici che solo lui pareva comprendere nella loro completezza. -Oltre a questo, nessuno sa nient'altro?-.

-Assolutamente nulla. È il grande mistero di Tadfield da secoli, ormai-

-E perché lo chiamate Crawly, se nessuno sa com'è fatto?-

L'uomo rimase per un secondo stranito dalla fervente curiosità del suo cliente, una persona così...inusuale, da vedere in quelle parti, aguzzando la vista per non schiantarsi tra gli alberi e cercare di combattere l'oscurità liquida che si parava davanti alla vettura. -La ragazza ricorda occhi tipo di serpente e una esse sibilante, quindi la gente pensa sia una creatura stile mostro di Loch Ness, ma nella foresta-.

-Aspetti, aspetti- il giornalista si era perso alla "esse sibilante". Aveva parlato? La creatura sapeva parlare? -In che senso esse sibilante?-

-Oh- pensava fosse abbastanza ovvio che la creatura avesse parlato -la ragazza ricorda di aver sentito delle parole, qualcosa sul sangue di strega o cose così- una risata dura, sprezzante nella sua semplicità -ma quella è una mezza sciroccata, non molti credono a quello che dice-

-Capisco- senza volerlo, anche dalla sua bocca uscì una risata imbarazzata.

Il cartello segnalante il nome della cittadina si stagliò sulla strada oscura scoperto dai fanali del taxi, poco prima che gli stessi fari colpissero le prime case di Tadfield. Erano basse, con minuscoli giardinetti che a mano a mano andavano ad immergersi nella foresta che pareva star per divorare ogni cosa fatta dall'uomo in un solo istante, le grandi pietre che formavano quelle costruzioni parevano denti di giganti impilati da un valoroso guerriero dopo averli sconfitti.

-Siamo arrivati- il tono dell'autista era flebile, quasi un sussurro di fronte all'immensità dei boati provenienti dalle nuvole.

Aziraphale si guardò intorno, mentre le monetine dalla sua tasca passavano dalla sua mano a quella umida del tassista. Il paesaggio attorno ai suoi occhi era miserabile: una manciata di case si protraeva sulla via principale, probabilmente l'unica strada, fino ad una grande chiesa. Nessuna traccia di municipi o edificio che si distinguesse dalle piccole casette con le pietre scoperte.

Gli avevano comunicato che avrebbe dovuto andare alla chiesa per incontrare colui che aveva fatto la richiesta dell'intervento del giornale per documentare, padre Gabriel, se non andava errato, e poi doveva assolutamente trovare la ragazza di cui aveva sentito parlare sul taxi. Sembrava interessante, come fonte.

Ricordava gli anni di studi: la parola del testimone diretto vale sempre il doppio di quella di chiunque altro. O una cosa del genere. Onestamente parlando, non ricordava molto in merito a quell'argomento.

Prese le borse, per poi ringraziare rapidamente l'autista. L'aveva visto scomparire di nuovo nel suo veicolo, dirigendosi silenzioso verso il luogo da dove era venuto.

Quando non riuscì più a vedere le luci dei fanali dell'auto, che presto stavano iniziando a scomparire attraverso la boscaglia, capì finalmente una cosa: era solo, in una terra che non conosceva, alla ricerca di un mostro.

La porta della chiesa era grande, possente. Una creatura di legno che nuda si ergeva davanti ai suoi occhi. Sentiva le gocce continuare a scendere sui suoi vestiti, Sulla sua testa a ritmo incessante. Il tragitto dalla piazzola principale -dove era stato abbandonato dal taxi- al portone della chiesa gli era sembrato infinito: il peso delle borse che pareva trascinarlo verso la terra, l'acqua che gli appannava la vista mentre i rari lampioni sembravano osservarlo.

Per un attimo temette di soccombere alla stanchezza e al peso delle borse, quando si era ritrovato davanti alla porta della chiesa. L'unico edificio che si distingueva dagli altri in grandezza. Il legno non era presente solo sulla porta, ovviamente. L'intera struttura sembrava essere stata estratta da un gigantesco albero. Come se qualcuno avesse strappato un pezzo della foresta per riportarlo nella civiltà.

Non sapeva se bussare o no. Probabilmente c'era una funzione, oppure padre Gabriel non era lì dentro. In ogni caso, aveva molto timore di bussare. Non sapeva di preciso perché, ma fin da subito ogni cosa gli aveva dato il senso di essere nient'altro che uno straniero, in quella terra. Un po' come il topo di campagna e il topo di città. Aveva timore a farsi vedere, a comunicare la sua presenza in quella terra a lui sconosciuta.

L'unico rumore che riusciva a sentire erano le gocce costanti della pioggia che imperterrita continuava a scendere, i rivoletti che formava sull'asfalto che andavano irrimediabilmente a gettarsi nei tombini ricoperti di foglie. I tuoni in lontananza seguivano le lamentele del suo stomaco, scandendo il ritmo monotono che lo stava accompagnando per quei minuti che sembravano infiniti.

Quando sentì qualcosa. Muoversi. Un ringhio soffuso, una bestia affamata.

Probabilmente era solo la sua immaginazione. Era affamato, stanco e infreddolito. Il suo cervello non funzionava più come avrebbe dovuto. Sì, decisamente era la sua immaginazione.

Decise di prendere un lungo sospiro -non era il momento di spaventarsi così per nulla, andiamo- quando, assieme al rumore dell'aria che usciva dalle labbra, sentì nuovamente un ringhio proveniente dal lato destro della strada, nel vicolo che divideva due casette l'una dall'altra. Nel girare la testa, notò prima un movimento nell'oscurità, poi uno scintillio. Sembravano occhi. Sembravano lucenti, alla luce liquida del lampione.

Non ebbe nemmeno il tempo di rabbrividire e di provare un certo senso di sconforto, che la porta della chiesa si aprì.

Sulla soglia c'era un uomo sulla cinquantina, i capelli neri delineati da striature argentee in perfetto ordine. Il nero della sua veste faceva a pugni con lo splendore della sua pelle, gli unici difetti erano l'oceano di rughe che solcavano la sua pelle. -Entri dentro, entri dentro- l'espressione serafica riuscì a dargli un senso di tranquillità, quanto bastava per scacciare il ricordo del baluginio degli occhi nel buio. -La stavo aspettando- Aziraphale si sentì trascinato dentro da una mano forte, per poi sentire un moto di calore entrargli nelle ossa.

L'interno della chiesa era esattamente come se l'era immaginato: file di panche di legno scuro su pavimento chiaro, l'altare anch'esso bianco che voltava le spalle ad un'enorme vetrata, un arcobaleno di colori che si trasmetteva attraverso figure angeliche stilizzate. I suoi passi si miscelavano a quelli dell'altro uomo, un tacchettio che pareva scandire il ritmo del suo cuore vibrante schiacciato volta per volta sul pavimento freddo. Seguiva il prete come fosse la sua unica guida, la sua torcia nel buio, mentre il caldo dei termosifoni pareva scioglierli le ossa.

Era al caldo.

Era al sicuro ora.

angolo autrice:
emh...ciao? ciao. Questa è una storia un po' dark fantasy, potrebbero esserci scene abbastanza crude e basta. Ci sarà tanto fluff tho non angustiatevi.



 

   
 
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