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Autore: Daphne_07    07/06/2020    1 recensioni
E' la mia prima fanfiction, siate clementi! La storia inizia quando Hermione, intrappolata nel ruolo di una ragazzina sempre seriosa e altera, ha 12 anni. I personaggi naturalmente cresceranno nel corso dei capitoli. Riassunto primi capitoli: Hermione, durante un attimo di distrazione, fa esplodere il suo calderone. I genitori, per punizione, la obbligano a trascorrere le vacanze natalizie con la nonna, un'acida aristocratica amante del gioco d'azzardo. La signora decide di portare Hermione con se a Montecarlo, dove la ragazzina farà uno spiacevole incontro: Malfoy. Essendo entrambi bloccati lì con i nonni e non avendo altri bambini con cui passare il tempo, i due metteranno da parte il loro astio e inizieranno a raccontarsi i loro segreti più profondi, al fine di aiutarsi a vicenda. Quando torneranno a scuola qualcosa sarà cambiato? Diventeranno le loro frecciatine solo prese in giro bonarie?
E non è finita qui: questa storia parla di un amore difficile, complicato, bugiardo e inarrivabile, che spingerà i sedicenni Hermione e Draco, insieme a tutti i nuovi personaggi che presenterò, a fare delle scelte crudeli e sconsiderate. Recensite!
Genere: Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Hermione Granger, Nuovo personaggio | Coppie: Draco/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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Bacche

Ma sciao! Eccomi qui con questo nuovo capitolo. Vi confesso che sono sempre più soddisfatta di come il lavoro sta venendo(anchè perchè ho tante idee sul finale). Forse questo capitolo è un po' più corto del normale, ma volevo dividere la vicenda che leggerete in due parti. 
Daphne_07



Più i mesi passavano più le temperature si facevano alte. Quell’estate fu velata di mosche e ventagli auto-sventolanti, tanto che Hermione, stufa del clima torbido che attanagliava Hogwarts, decise che avrebbe passato le vacanze estive con i suoi genitori.
                                                                                                                        
Munita della maglietta più leggera che aveva, la ragazzina si concesse un’ultima passeggiata con Harry, Ron e Madeline.
-Noi quest’estate andremo alla Tana, Hermione- le sussurrò Ron, in modo che Madeline, che non era stata invitata, non sentisse -Ci verresti con noi?-
-Grazie dell’invito, Ron! Starò un po’ con i miei genitori e poi verrò di sicuro- Hermione ansimò, stremata da quelle temperature cocenti.
Il sudore scivolava sul suo corpo, lasciandovi leggere striature salate. I suoi piedi si sbucciavano, lentamente, soggiogati dai sandali troppo stretti. La maglietta bianca si appiccicava alla pelle, evidenziando ogni chiazza di sudore. Beh, era Maggio, un’afosa tortura che metteva alla prova tutti. Che dire, l’inverno di quell’anno si sarebbe scontato sopportando l’estate.
 
Non appena Hermione rientrò al suo dormitorio, iniziò subito a fare le valigie. Quell’anno sarebbe andata a sciare con gli amici dei suoi genitori, e la cosa non avrebbe potuto emozionarla di più.
Prese il treno con i suoi amici e, entro qualche ora, si ritrovò nel suo letto. Era bello andare a sciare con i Rankins, ma… aveva un cattivo presentimento rispetto a George, il loro unico figlio. George non mancava mai di farsi male, tanto che, di solito, i genitori lo bardavano con caschi e ginocchiere ogni volta che usciva di casa. Aveva una decina di anni e il suo hobby preferito pareva quello di sbucciarsi, rompersi qualche osso o andarsi a cacciare in posti non adatti a lui.
 
Alle 14.30 del giorno dopo Hermione era già nella baia dei Rankins, vicina a Sky*Chel-London.
Loro erano tra i pochi a sapere del suo “segreto”, ovvero la magia, e non si stupirono affatto quando, al passaggio di Hermione, si schiusero diversi fiori tra la neve. I Granger e i Rankins si ritrovarono sulla cima di una collinetta morbida e innevata. “L’essenziale per i principianti”, aveva spiegato Rufus Rankins.
-Allora, Hermione, hai con te l’attrezzatura?- chiese la signora Rankins, una fervente appassionata di sci.
Hermione, orgogliosa della sua stessa preparazione, annuì.
-Mi  scusi, ma George… scierà con noi?- chiese Hermione, timorosa. George aspettava dietro la comitiva, completamente privo dell’attrezzatura. Sul suo volto paffuto troneggiava un’espressione oltremodo scocciata.
-Ah, no, assolutamente no… l’ultima volta che ha sciato, George si è rotto un braccio- La signora Rankins rise, garrula. Evidentemente la goffaggine del figlio non l’infastidiva affatto, anzi, era un qualcosa che la divertiva.
-Pronta, Hermione?-
-Pronta!- Le due si diedero una spinta e cominciarono a sciare giù per la collina. Era una bella esperienza… l’aria che le sferzava la faccia, il vento nelle orecchie, la distesa candida, le scie che, velocemente, tracciava nella neve…
-JESSICA! STAI ATTENTA, ARRIVA GEORGE!- L’urlo del signor Rankins rimbombò per tutta la pista, distogliendo le due donne dal loro divertimento. George, evidentemente, era sfuggito al controllo del padre, e ora stava sciando a velocità supersonica verso madre e Hermione. La signora Rankins piantò i piedi nella neve e aprì le braccia, pronta ad afferrare il figlio. Hermione capì subito che quel botolo non avrebbe fatto altro che distruggere la sua povera madre, talmente andava veloce. La situazione era ormai fuori controllo, e la signora Rankins, intimorita da tale velocità, alla fine decise di scostarsi. George continuò la sua folle scivolata tra urla e lividi, e tutta la comitiva di adulti (più Hermione) si sgolò affinché le loro indicazioni giungessero alle sue orecchie.
Alla fine il ragazzo mise gli scii di traverso, e, come prevedibile, cadde faccia in avanti. Tutti corsero nella sua direzione, per accertarsi che non fosse morto.
-Oddio, George…- disse la signora Rankins, con aria di severa preoccupazione. La strabiliante caduta del figlio non la sconvolse più di tanto, insomma, George combinava disastri da sempre.
-Stai bene, figliolo?- George si rialzò dalla neve, reggendo in mano ciò che restava dei suoi occhialoni quadrati.
-Oh, diavolo, George, li avevamo appena ricomprati… Sai, Jane, qualche mese fa è caduto di faccia mentre andava sul monopattino…- Si mise a ridere, come se spaccarsi gli occhiali fosse la cosa più naturale del mondo.
-Beh, ne abbiamo di scorta- Hermione si fece sfuggire una risatina, decisamente divertita da quella scena surreale.
La comitiva rientrò nella baia, decidendo che per quel giorno gli scii sarebbero tornati nello scantinato.
 
La casupola era arredata con grandi mobili di legno chiaro, tovaglie a fiori, divani strabordanti di cuscini e caminetti fuligginosi. La stanza di Hermione era in alto, adiacente al pagliaio, e la ragazzina si sentì un po’ come un’Heidi londinese.
-Per festeggiare la scampata morte di George, io e Jessica abbiamo cucinato la polenta!- annunciò il signor Rankins, pomposo, mentre si passava un dito tra i baffoni.
La polenta dei Rankins era densa e abbondante, piena di pezzi di carne.
-E’ così che la fanno gli italiani, sulle alpi… Ci siete mai stati in Italia?- I genitori di Hermione scossero il capo. Hermione trattenne a stento una risata: cavolo, se ci era stata in Italia!
A cena finita, Hermione salì in camera sua e cominciò a rovistare nella propria valigia: a causa dei numerosi viaggi, aveva un arretrato di tre settimane con i compiti. Questo era praticamente inammissibile per le sue tabelle di marcia, e così, disubbidendo ai genitori, aveva deciso di portarsi il libro di Pozioni e qualche ingrediente con sé. Uno dei compiti assegnati da Piton era quello di preparare la pozione Sbiancante. “Sembra tanto un detersivo”, aveva commentato Harry. La pozione era abbastanza semplice, ecco perché Hermione aveva deciso di portarla in vacanza.
Chiuse bene la porta a chiave, e, quando capì che tutti erano andati a dormire, iniziò a versare gli ingredienti nella piccola ciotolina di vetro. La polvere lunare… il siero fluidificante… qualche bacca RitornoAlCangiante… Oh, cavolo, le serviva un bicchiere per pestare le bacche. Purtroppo non ne aveva con sé, e l’unica alternativa era quella di scendere in cucina e di prenderne uno.
Hermione aprì lentamente la porta e, gradino dopo gradino, si ritrovò in cucina. Aprì i cassetti in un silenzio religioso, tanto preoccupata che i Rankins la scovassero (insomma, non le andava di fare brutta figura).
Trovò una tazza da latte e, non appena ebbe finito di pestare le bacche, si premurò ben bene di pulirla… o, almeno, la pulì in parte: sentì il soffitto scricchiolare, segno che qualcuno al secondo piano stava camminando. Hermione ripose lestamente la tazza nel cassetto e ritornò nella sua camera, appena in tempo.
 
-Ah, buongiorno!- li salutò il signor Rankins, stiracchiandosi la schiena. Tutti si sedettero al tavolo della colazione, pronti a servirsi latte, caffè e biscotti. Cavolo… il signor Rankins prese proprio la tazza delle bacche… la riempì di latte… la diede a George… Hermione pregò di aver pulito a dovere la tazza: non sapeva esattamente quali effetti avessero potuto avere le bacche, ma il loro nome, RitornoAlCangiante, non comunicava nulla di buono.
George tracannò qualche sorso di latte.
-Ha un sapore… particolare- commentò. Hermione sentì un brivido freddo attraversarle la schiena, e, dalla pessima attrice che era, lasciò trasparire parte della sua inquietudine.
-Tutto bene, cara?-
-Sì…-
-MAMMA!- urlò George, realizzando le peggiori paure di Hermione. La faccia del ragazzino si stava poco a poco cancellando. Naso, bocca e occhio destro erano già spariti, lasciando al loro posto una distesa di carne piatta e flaccida. George, privo della parola, del respiro e della vista, cominciò ad agitarsi, frenetico. Tutti urlarono, sconvolti. Cavolo, le bacche gli avevano completamente sbiancato la faccia… Fortunatamente i polmoni di George non parvero risentire della mancanza d’ossigeno (evidentemente le bacche avevano privato George del sistema respiratorio). Il ragazzino sbatté contro la parete e cadde a terra, simile ai corpi decapitati delle galline che, nonostante manchino della testa, continuano a muoversi per qualche secondo.
-State tranquilli… non credo morirà…- Hermione si pentì di quelle rassicurazioni. Tutti i presenti, completamente consapevoli del fatto che solo Hermione poteva essere la causa di quel disastro, le elargirono sguardi severi e riprovevoli.
-Hermione! Ti avevo detto che era pericoloso praticare la magia al buio, e, peraltro, con gli oggetti degli altri!- la sgridò suo padre, mentre George, impazzito dalla paura, agitava forsennatamente le braccia.
-Sai come curarlo?- chiese la signora Rankins, che, per la prima volta dopo tanto tempo, era davvero preoccupata per i malanni del figlio.
-Dobbiamo andare al San Mungo- spiegò Hermione, a disagio -E’ un ospedale magico-
-E noi dobbiamo andare fino a laggiù?-
-Già…- Hermione si permesse un sorrisino sciocco, uno di quelli che si fanno quando anche le scuse paiono inadeguate. Era imbarazzata, imbarazzatissima…
-Cerchiamo di dare meno nell’occhio possibile… Jessica, Harold, Jane, restate a casa. Io, Hermione e George andiamo all’ospedale. Guidaci tu, Hermione- Nella voce del signor Rankins trasparì chiaramente un’ombra di fastidio. La ragazzina annuì, costernata, e si accinse a seguire il signor Rankins. Fortunatamente George aveva ancora le orecchie, così fu possibile calmarlo e convincerlo ad allacciarsi la cintura.
-Allora, è vicino al luogo in cui lei lavora… Ha presente il magazzino Purge & Dowse? Ecco, basta parlare con uno dei suoi manichini…-
-Quel magazzino è abbandonato- Avviò il motore, con un gesto brusco.
-Lo so, ma è una specie di passaporta- Mentre Hermione sussurrava parole di conforto nell’orecchio di George, il signor Rankins guidò fino al magazzino. Parcheggiò qualche metro più in là, avvolse la testa di George in uno scialle e si diresse a passo di marcia verso il magazzino, un edificio di mattoni molto trasandato. Una delle vetrine polverose lasciava intravedere un manichino di donna, con il braccio staccato.
-Ehm…- sussurrò Hermione, a disagio.
-Forza, Hermione- la incitò il signor Rankins.
-Dobbiamo andare al San Mungo… Abbiamo avuto un incidente con una pozione-
Dal manichino si sprigionò una voce robotica: -Prego, passate per la vetrina-
-Dobbiamo attraversare la vetrina- spiegò Hermione, tentando di non apparire troppo strana.
-Ci schianteremo!-
-No, i maghi possono passare-
-Ma io e George non siamo maghi!-
-Sì, ma siete pazienti totalmente consapevoli di quello che state per fare. Aspettiamo che non passi nessuno e poi ci buttiamo. Ok… tre… due… uno…- I tre si gettarono a capofitto contro la vetrina del negozio, e, in pochi secondi, si ritrovarono nella reception dell’ospedale. Una signorina con lunghe dita smaltate li aspettava dietro una scrivania.
-Noi abbiamo avuto un problema con una pozione- Hermione ansimò, sollevata che tutto stesse andando liscio.
-Bene, prendete l’ascensore e salite fino al quarto piano, il reparto “lesioni da incantesimo”- Hermione annuì e guidò i due fino al primo ascensore. Quello salì sferragliando fino al quarto piano, e, quando le porte scorrevoli si separarono, davanti a loro si proiettò un lungo corridoio immacolato, pieno di porte semiaperte, barelle e infermieri con il camice verde lime.
-Buongiorno- Hermione sfiorò la spalla di un medi-mago.
-Ciao, qual è il problema?-
-Mio cugino ha mangiato dei residui di bacche RitornoAlCangiante…-
-Seguitemi- Il medi-mago aprì loro la porta di una stanzetta e aiutò George a stendersi sul lettino.
-Allora, dottore?- chiese il signor Rankins, in ansia.
-Non avete nulla di cui preoccuparvi. Spesso ci capitano soggetti colpiti da queste bacche, e le assicuro che tutti sono tornati normali. Siete maghi e streghe?-
-Solo lei- Il signor Rankins indicò Hermione, un’aria lievemente accusatoria ad aleggiargli in viso.
-Fai attenzione con incantesimi e pozioni, ragazzina. Ebbene, il paziente potrà fare ritorno a casa fra tre giorni, quando l’antidoto avrà fatto effetto-
-Va bene- Il medi-mago si procurò un barattolino di crema verde, e poi ne cosparse il contenuto sulla faccia di George.
-Hermione… Vai pure a prenderti qualcosa, ho visto un cartello con su scritto “Quinto piano-caffetteria”- La voce del signor Rankins parve più raddolcita.
-Mi dispiace tantissimo!-
-Non preoccuparti, Hermione. Tutti sbagliano, e, per fortuna, al tuo errore c’è rimedio- Le sorrise, e Hermione, più sollevata che mai, uscì dalla stanzetta. Nell’attraversare il corridoio, però, notò un qualcosa che le fece drizzare i capelli in testa… Intravide due chiome bionde ai lati di un lettino, e noi possiamo chiaramente dedurre chi fossero (è una Dramione, infondo).
-Malfoy…- questo nome uscì dalle labbra di Hermione come un sussurro. Cosa ci faceva lui lì? Suo padre stava male?
-Draco, vai a prenderti qualcosa alla caffetteria- La signora Malfoy stringeva un fazzoletto di stoffa.
-Ma madre…-
-Vai, Draco- Malfoy obbedì e, a capo chino, uscì dalla stanzetta. Hermione era rimasta imbambolata a guardare la scena: Lucius Malfoy era in ospedale? Cosa gli era successo? Che disdetta, proprio adesso che la famiglia Malfoy aveva ritrovato un equilibrio!
-Granger? Cosa diavolo ci fai qui?- La voce di Malfoy suonò infastidita, ruvida.
-Mio cugino ha avuto un incidente… E tu? Ho visto la tua famiglia, mi dispiace-
-Dobbiamo per forza parlarci ogni volta che ci incontriamo?- Hermione cercò di non ribattere: aveva imparato a capire le emozioni di Draco*, e individuò chiaramente uno strascico di preoccupazione nel suo comportamento. Non voleva annoiarlo più del dovuto, quel ragazzino aveva già abbastanza problemi.
-Già, hai ragione. Meglio se adesso vado… Ciao- Hermione si voltò, lasciando Draco leggermente stupito: se ne stava andando senza combattere? Perché non si era arrabbiata? Lo stava facendo per lui? Ho visto la tua famiglia, mi dispiace. Mi dispiace. Mi dispiace.
-Che è successo a tuo cugino?- Non seppe neanche lui perché aveva pronunciato quelle parole. Era un modo di sdebitarsi?
-Ah, ha mangiato delle bacche nocive- Hermione fece un sorriso incerto, prima di procedere -Senti, non voglio sembrare invadente, ma… tranquillo- Draco sembrava sinceramente in ansia, Hermione non l’aveva mai visto così.
-Tranquillo cosa?-
-Per tuo padre-
-Sono calmissimo-
-Va bene. Allora rassicura la tua mamma-
-Lei sa il fatto suo, non ne ha bisogno-
-Perché fai così?- Hermione piantò i suoi occhi cioccolato in quelli di lui.
-Così come?- Malfoy storse il naso, stranito da tutte quelle attenzioni.
-L’indifferente, il duro. Guarda che tutti piangono-
-Io no-
-Proprio mai?-
-Proprio mai-
-Sicuro sicuro?-
-Sicuro sicuro-
-Ci sarà stata una volta in cui hai pianto, da bambino- Hermione abbozzò un sorriso timido.
-Sì, certo, da bambino- Malfoy sembrava abbastanza preso da quella conversazione, ed Hermione pensò bene che parlare un po’ gli avrebbe giovato.
Senza che nessuno dei due se ne accorgesse, cominciarono ad incamminarsi verso la caffetteria. Presero l’ascensore quasi senza pensare, come se quell’intera situazione fosse stata scontata. Si misero in fila per la cassa così, senza farci caso.
-Io da bambina piangevo sempre. Una volta ho messo la mano su un faretto da terra, mi ricordo che era incandescente. Ho pianto tutta la sera- Hermione rise, divertita dalla sua giovane versione.
-Io piangevo poco o niente, ma una volta, a tre anni, sono caduto dalle scale- Hermione si stupì, non tanto perché Malfoy fosse caduto dalle scale, ma per il fatto stesso che lui glielo avesse raccontato.
-Dalle scale?-
-Sì, sono rotolato fino al piano terra. Mia madre credeva che fossi morto-
-Oh Cielo!- Hermione rise di gusto.
-Già, così ha chiamato Selen- Si interruppe bruscamente. “Selene”, sua sorella.
-Malfoy?- Hermione lo richiamò -Malfoy? Tutto ok?-
-Sì, perché lo pensi?- Eccolo, era tornato scorbutico. Hermione riflesse attentamente su quale strategia adottare. Confessarsi anche lei? Sì, doveva essere sincera. Lui era malinconico? E allora anche lei sarebbe stata malinconica. Hermione di solito era molto orgogliosa, e nulla al mondo le premeva più dell’amor proprio. Però… perché essere silenziosa e riservata con qualcuno che conosce il tuo peggior segreto? Con qualcuno che, come te, ha perso una persona cara?
-Sai, una volta anche io sono caduta dalle scale. C’era mia madre, in cucina. Mi ha medicata, mi ricordo che, per precauzione, da quella volta in poi mi ha sempre tenuta d’occhio- Quel ricordo aveva un sapore dolce-amaro.
-Già- borbottò Malfoy.
-Già-
-Granger?-
-Sì?-
-Tu ti ricordi un po’ di spagnolo?- Hermione rabbrividì. Quella lingua la inquietava sempre.
-Pochissimo. Ho cercato di dimenticarlo, mi riportava sempre a quando ero bambina. Le ultime frasi che ricordo le dico per caso, senza accorgermene- Hermione sospirò.
-Ciao ragazzi, cosa ordinate?- chiese la strega al bancone.
-Per me un bicchiere di aranciata- Le piacevano, le arance.
-Per me niente-
-Niente?-
-No- Hermione credette che Malfoy, non avendo nulla da ordinare, se ne sarebbe andato da un momento all’altro. Così pensò anche lui: già, pensare, le azioni non erano spontanee, fingere, doveva fingere, non mostrarsi mai. Questo era il suo carattere, purtroppo: Malfoy era silenzioso, pragmatico, vendicativo, scorbutico e poco incline a mostrare le proprie emozioni, e sfortunatamente nemmeno io posso cambiare queste cose.
-Vado-
-Ok-
-Se non ti dispiace, posso chiederti ancora una cosa?- Malfoy indugiò un attimo.
-Cosa?- Ti prego, fa’ che non sia qualcosa riguardo al mio passato.
-Che lavoro facevano i tuoi genitori?- Perché la domanda suonava così… colpevole? Come se Malfoy stesso se ne risentisse? Come se il contenuto di quella singola frase fosse inappropriato? Quel ragazzino pensava forse a qualche mestiere criminale?
-Mio padre lavorava in una fabbrica. Mia madre era casalinga- Semplice, veloce. Falso.
-Senti, voglio solo dirti che mi dispiace… per tua madre- A Hermione salirono le lacrime agli occhi. Maggie, mamma.
-Tuo padre era cattivo, ma non è colpa tua- Malfoy, tutt’a un tratto, sembrava quasi… sensibile.
-Grazie. Spero che tuo padre si rimetterà- Riuscì a formulare Hermione, tentando di trattenere le lacrime.
-Già. Ha mangiato qualcosa di strano e non si è più svegliato, aspettiamo una diagnosi dai medi-maghi- Malfoy fece spallucce, come se la cosa non gli importasse.
-Non fare spallucce. Ti importa di tuo padre- Cavolo, doveva inculcargli a forza quell’idea: lui non era una cattiva persona. Cioè in fondo, in fondo, in fondo, in fondo, non era una cattiva persona.
-Pensala come vuoi. Ma… stai bene? Vuoi un fazzoletto?- Già, decisamente sensibile. Ciascuno dei due risvegliava nell’altro sentimenti abbastanza intimi, come l’onestà e la malinconia.
-Sto bene, ma… mi farebbe piacere se tu mi tenessi informata sulle condizioni di tuo padre- Hermione tirò su col naso. Doveva saperlo. Aveva molto a cuore quella famiglia, e sentiva che ogni loro vicenda, felice o triste che fosse, le importava tantissimo.
-Ok. Ci vediamo- E Malfoy se ne andò. Hermione finì di sorseggiare la sua aranciata.
Mia madre era casalinga. Che lavoro facevano i tuoi genitori? Mia madre era casalinga. Mia madre era casalinga.
Margareth!
Che c’è?
Quel tizio ti ha pagata?
Non ancora, ha detto che deve trovare i soldi.
Giuro che lo ammazzo, se non ti paga subito. Tu devi prima farti dare i soldi, stupida!
Sembrava dispiaciuto… Gli ho parlato, era così pallido…
Tu non devi parlare, cazzo, devi solo andarci a letto!
Hermione scosse la testa, sperando che in tal modo quei pensieri schizzassero via.
 
La sera lei e il signor Rankins abbandonarono il capezzale di George per recarsi a casa. Il ragazzino si era acquietato, e, alla fine, aveva consentito annuendo che il padre tornasse alla baita.
Mentre i due riprendevano la passaporta e salivano in macchina, un grosso gufo reale sfrecciò nella loro direzione e si posò sulla spalla di Hermione, attirando lo sguardo di molti passanti.
-Ma cosa diavolo…-
-E’ un gufo, signor Rankins- Hermione, incuriosita, slegò la lettera che il gufo portava alla zampina.
I medici non sanno ancora la causa dell’incidente, ma dicono che mio padre si è aggravato. Non sanno se si risveglierà. Non rimandarmi il gufo indietro, digli di andare a casa. È già un miracolo se siamo riusciti ad imbucarlo nell’ospedale.
Non c’era il mittente, ma Hermione capì subito chi la mandava.
No, non doveva morire! Avrebbe gettato i Malfoy in un baratro di dolore! Quella famiglia aveva già subito troppe perdite, troppe!
Hermione seppe quello che doveva fare in un milionesimo di secondo.
-Signor Rankins, devo tornare dentro!-
-Per George?-
-No, per il padre di una persona che conosco-
-Ma Hermione, è tempo di tornare…-
-La prego, avvisi i miei genitori. E tu, invece, rivola a Malfoy Manor- Hermione, senza aspettare risposta, si gettò a capofitto nella vetrina. Mentre correva a perdifiato verso l’ascensore dell’ospedale, riflesse sul motivo di tanta agitazione: Malfoy non le aveva chiesto di venire, e, soprattutto, lei non aveva promesso di farlo. Inoltre, la sua presenza non avrebbe cambiato la sorte di quell’uomo. Però… sentiva che era giusto così. Sentiva che i Malfoy, benché non volessero darlo a vedere, necessitavano di un appoggio, di delle rassicurazioni. La signora Narcissa, nonostante avesse del tutto rivoluzionato il suo rapporto col figlio, restava fredda e distante. Le persone non cambiano in così poco tempo, e Hermione avvertì che Draco Malfoy aveva bisogno di lei.
                                                       
 
*Precisazione: quando dico che Hermione riesce a capire i suoi sentimenti, intendo quelli che anche lei può comprendere. Hermione sa cos’è il dolore, la tristezza, l’allegria…  NO SPOILER.
 
   
 
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