31. Goodnight. And thanks…
Lo
scoraggiamento
è divenuto ormai generale.
Si
respira un’atmosfera pesante, nella sala comune della Height Alliance. Sono
tutti depressi, nessuno ha voglia di chiacchierare. Nemmeno la torta a cui
Satou ha lavorato per metà del pomeriggio, e con cui sperava di risollevare gli
animi affranti è servita granché.
Metà
della classe si è già ritirata. Alcuni sono seduti ai divanetti a guardare la
tivù, altra gente va e viene.
Nessuno
parla.
Hagakure
batte le carte dell’”Uno” da mezz’ora, ma sembra quasi voglia leggerci i
tarocchi e prevedere il futuro piuttosto che mettere insieme il gruppo per una
partita.
Nessuno
sa più quando e come finirà.
Iniziano
a dubitare anche del “sé”, ormai.
Hanno
portato tutte le loro cose da una stanza all’altra, attraverso il dormitorio,
di nuovo. Una transumanza di spiriti demoralizzati e facce lunghe, l’unica che
come al solito non l’ha presa troppo male è Mina, ma lei non fa più testo e poi
se ne sta buona buona accanto a lui sul divano, sapendo che nonostante tutto ci
sono cose che ancora non sono state risolte, per il suo ritrovato fidanzato.
Gli
occhi rossi si alzano di tanto in tanto su Ojiro, cioè Bakugō, seduto sul
pavimento, in disparte all’altro capo del salottino, lo sguardo nero di
Mashirao fisso sul televisore che manda una vecchia serie poliziesca trita e
ritrita, e gli pare quasi di sentire gli ingranaggi del suo cervello muoversi,
stridere, Eijirō non riesce a capire perché diversamente dal solito se ne
stia lì con loro e non sia salito in camera; non certo perché tema nuovi
assalti, più o meno reali, al suo corpo.
Ed
è a questo che corrono più spesso gli occhi scarlatti, cioè a Yaoyorozu. E alla
fine si posano anche su Momo, cioè Mina, che sfoglia una rivista.
Vista
così, si direbbe sul serio l’educata Creati.
Si
sta comportando bene. Di sicuro ci tiene a non combinare altri casini, ora che
sono tornati insieme; è così da quando sono usciti dallo stanzone
dell’infermeria.
“Gesù
Bambino!”, aveva sbottato Sero nel vederli sfilare uno per uno, una volta che
Recovery aveva dato l’okay per i rimanenti sei, dopo la fuga di Katsuki. “Chi è
chi, adesso? Io non ci capisco più niente.”
Con
santissima pazienza, quella che credeva fosse esaurita ma riusciva sempre a
grattare anche dal fondo più cupo del barile, Eijirō si era messo a
spiegargli che adesso Momo era Ashido e non più Bakugō; che Bakugō
era Ojiro e non più Mina, e Mina era Kaminari, nel cui corpo c’era Ojiro, e gli
unici tornati al loro posto erano Jirou e Midoriya.
E
Sero aveva fatto una faccia che nemmeno al test di storia. “Facciamo una cosa,
segnameli su un foglio, Kiribro”.
Tokoyami,
uno dei pochi ad aver mantenuto un ferreo stoicismo fin lì, si era lasciato
sfuggire un’espressione più consona ad un Katsuki in gran spolvero. Shoji
accanto a lui aveva sgranato gli occhi e così Koda, che si era tappato le
orecchie.
“Je
suis trop fatigue”, aveva mugugnato invece Aoyama portandosi la mano alla
fronte, e Tsuyu accanto a lui aveva inclinato la testa dai lunghi capelli,
guardando la sua amica Uraraka venire fuori afflitta da quel camerone.
“Che
gran casino, cra. A questo punto sarebbe stato meglio lasciare le cose come
stavano”.
Eh
già. Facile da dire adesso.
Ma
non voleva venire in urto anche con Tsuyu. Lei è fatta così, dice quel che
pensa, non lo fa per ferire le persone.
Ha
ancora in mente i pianti che si era fatta dopo il rapimento di Bakugō.
L’unica
fortuna, se così può chiamarla Kirishima, è che almeno con Todoroki le cose
siano chiare. E’ lieto che giusto il giorno prima abbia parlato a lungo con il
compagno, e che abbia stabilito certi punti: così potrà stare tranquillo,
Shouto.
Difatti
è tranquillissimo, o almeno così pare. E’ seduto accanto alla sua ragazza, che
non alza lo sguardo dal tavolino. Lo fissa come potesse farlo levitare, nemmeno
abbia mutuato il quirk da Ochaco e non da Bakugō.
“Kiriciccino?
Io vado in stanza”, lo avvisa piano Mina, d’un tratto, distraendolo dalle sue
cogitazioni.
“Mhmm?
Come mai?”.
“Be’.
Sai”.
Eijirō
per un attimo la guarda intimorito, spera non debba ricominciare la trafila dei
deliri dei giorni precedenti. Poi ricorda, collega i puntini e quasi si sente
in colpa per aver pensato male di nuovo.
Ma
non è colpa sua. Gli viene naturale, non osa sperare nella quiete mentre la
tempesta è ancora in corso.
“Ah
già. Andiamo. Ti accompagno”. Fa per alzarsi ma prima lancia un’altra occhiata
a Shouto, che guarda le mani di Momo come volesse tenerne una nella propria.
Ma
se soltanto ci prova di nuovo è facile che Bakubro lo strangola, e stavolta
sarebbe peggio che con le lunghe mani delicate di Yaoyorozu.
Poveraccio.
Meno male che Todoroki è uno tosto, qualcun altro sarebbe già crollato o quanto
meno sarebbe sul punto di farlo.
Come
Shinsou, ad esempio. Che ha una faccia ancora più cadaverica del solito, e se
perlomeno Shouto è stato in grado di “badare” a Bakugō in un modo o
nell’altro, riuscendo anche ad instaurare con lui un qual certo rapporto
diverso dal: “ti faccio saltare in aria stronzo” , a Hitoshi era andata male al
primo e peggio al secondo giro di giostra.
Con
certe persone il Fato si diverte proprio, è il caso di dire.
O
forse è solo che Shinsou non è in grado di gestire il carico di stress che gli
è caduto tra capo e collo tutto assieme.
Bakugō
è insopportabile, vero. Ci vuole un fegato grosso come una casa solo per
doverlo tenere vicino, e non necessariamente in senso amichevole, ma proprio
spaziale.
Ma
è leale. A livelli che rasentano l’incredibile, lo sanno tutti e
paradossalmente Shinsou pare molto più rassicurato di quando nel corpo del suo
ragazzo c’era Kaminari.
Quello
che non gli va davvero giù è che Mashirao sia adesso in quello di Denki, a
parere di Kirishima. Kaminari gli ha spiegato un po’ come sono andate le cose,
mentre lui – molto poco onorevolmente, ma non poteva agire in modo diverso in
quel momento- andava a chiudersi in camera come un appestato dopo aver cazziato
Mina e averla mollata, per uscirne solo quando era ormai certo non ci fosse più
nessuno in giro, nel dormitorio.
Jirou
è tornata normale, Denki è nelle sembianze di Mina. Kirishima in realtà non si
sente più in ansia ora di quanto non fosse quando c’era Midoriya.
Anche
perché, siamo onesti. Denki non potrebbe combinare più danni di quanti non ne
farebbe la stessa Ashido.
E
poi adesso c’è Kyoka. Che lo scruta di sottecchi con un sorrisino sardonico,
va’ a sapere perché; ma ciò che conta è che Kaminari dovrà stare molto attento
a non sfiorarsi nemmeno per sbaglio, se ci tiene alla salute. “Todoroki?”.
Gli
occhi eterocromi si rialzano, incrociano i suoi. Sembra abbia sonno, lo vede un
tantino perso ma è evidente che non vuole lasciare da sola Momo. “Dimmi,
Kirishima?”.
“E’
un problema se accompagno … Mina in stanza?”.
Il
compagno a metà abbozza un sorriso. “Ma no, certo che no. Buonanotte, ragazzi”.
Salgono,
Eijirō e Mina. Entrano nella camera di Momo, dove già hanno spostato le
cose di Mina da quella di Bakugō … in realtà è stata Uraraka ad
incaricarsi di quella bisogna, che Kirishima aveva il terrore di dover entrare,
anche se la chiave l’aveva ancora Ashido.
Non
lo ha guardato neppure una volta, neppure per sbaglio, Katsuki. Lo ha
completamente tagliato fuori, come non esistesse più per lui; il che è
infinitamente peggio dell’essere “maltrattato”.
Forse
è per questo che ha scelto di non salire subito in camera Bakugō: per
farglielo pesare meglio.
Leale
sì, vendicativo anche di più.
Si
fida di Todoroki, ma non può certo sperare in un miracolo da parte sua: se
Bakugō non vorrà perdonarlo Shouto potrà sdilinquirsi fino a perdere la
voce, non caverà un ragno dal buco.
Cazzo. Forse non è proprio una delle
espressioni più felici da usare, in questo momento.
Non
vuole più sentir parlare di … buchi per un pezzo, almeno. A meno che non si
tratti di quello in cui dovrà andare a seppellirsi una volta che le cose
saranno tornate al loro posto, e Katsuki andrà a cercarlo per spaccargli le
corna.
Aspetta
che Mina sia uscita dal bagno, con addosso il pigiama di raso rosa pallido di
Momo.
Se
non altro ora si copre, grazie al cielo. “Come va, tutto bene?”.
“Sì,
sì. Il primo giorno di solito è il peggiore, quindi tutto regolare”.
Kirishima
annuisce soltanto. Quel primo giorno è stato il peggiore su parecchi fronti,
altroché.
“Eiji?”.
“Sì?”.
“Posso
farti una domanda?”.
“Dimmi”.
Ashido
abbassa lo sguardo sul decolleté, sigillato fino all’ultimo bottone. “Secondo
te Yaomomo le ha più belle delle mie?”.
“Dannazione, Mina … non farmi pentire di essere tornato
con te”.
“Ma
no, sciocchino. E’ solo un’opinione
quella che ti sto chiedendo. Cioè … insomma. Sono più grandi”.
“A
me piacciono le tue”.
“Kiri
…”. Mina fa per abbracciarlo, ma si ferma a metà del gesto. “Okay. Niente
contatti”.
“Brava”.
Mina
va a sedersi sull’enorme letto di Yaoyorozu, afferra la spazzola e comincia a
pettinare i lunghi capelli corvini.
Sì,
finalmente sembra che si possa cominciare a respirare un po’ di pace, quantomeno
da questo punto di vista. “Sai che Momo-chan è ancora vergine?”.
Kirishima
si strozza, quasi.
Forse
ha parlato troppo presto. “Mina non credo che …”.
“Non
è una cosa strana?”, osserva lei, in tono pacato però.
E’
solo una conversazione come un’altra, alla fin fine. Di qualcosa devono pur
parlare, e della loro situazione attuale non vogliono farlo, non sarebbe
salutare.
Così
come di quella con Bakugō. “Non vedo perché. Ognuno ha i suoi tempi, non
sono tutti come noi”.
“Ma
sì, questo lo capisco. Però … cioè, non so. Mi pare curioso. Cioè, se fosse
single okay, ovviamente capirei. Ma sta da tre mesi con Todoroki … cioè, dai, Eiji,
lo sai che ho occhi solo per te tesoruccio, ma … wow. TO-DO-RO-KI”, scandisce
piano.
A
Kirishima scappa una risatina, che fortunatamente riesce a mascherare con un
colpo di tosse. “Appunto”.
“Eh?
Che vuoi dire?”.
Accidenti.
Ora
che ha tirato la pietra, sa che Mina non gli darà pace finché non avrà mostrato
la mano. “Ho … avuto una conversazione … piuttosto intima con lui, ieri sera. E
mi è parso un filo spaesato, non solo su cose particolari ma un tantino in
generale. Come stesse cadendo dalle nuvole insomma. Certo può anche essere che
fosse fuori bussola per via del casino successo, o che semplicemente … non sia
abituato a parlare di certe faccende con altri. In fondo non siamo nemmeno così
in confidenza, noi due. Ma ho avuto quest’impressione, tutto qui”. Osserva
Mina, gli occhi neri di Momo fattisi pensierosi. “Che c’è?”.
“Che
se davvero è così forse dovremmo dargli una mano …”.
“Mina?”.
“Ma
no, scemo. Dicevo in senso … buttare lì qualche dritta. Non pensare sempre male
di me, stellina. Sai che amo solo te”.
Kirishima
si scioglie.
E’
una delle doti di Mina. E’ una casinista, distrugge tutto quel che tocca ma sa
essere anche capace di slanci di generosità e sentimenti purissimi. “Anche io.
Ma è bene che si gestiscano le loro faccende personali da soli”.
“Ma
semmai Yaomomo venisse a chiedermi consigli … potrei dargliene?”.
Kirishima
tace, ponderando bene la risposta da darle.
E’
decisamente improbabile che la dolce, timida Yaoyorozu elegga proprio lei come
confidente, specie dopo tutto quello che va accadendo di questi tempi.
Tuttavia
è bene non essere troppo sicuri di niente. “Vedremo”.
“Grazie,
Eiji”. Mina posa la spazzola, batte le mani e si mette sulle ginocchia. “Però
adesso mi devi dire cosa vi siete detti con Todoroki!”.
“Ma
niente di speciale. Cose da ragazzi. E tu non lo sei più”.
Ashido
mette su un finto broncio, che si addice ai lineamenti di Momo. “Uff. E va
bene”.
“Dormi
bene, Mina”.
“Notte
Eiji!”.
Una
volta fuori Kirishima espira di sollievo.
Se
non altro almeno qualcosa, ora, è più gestibile.
E
… ad essere sincero gli mancava questo lato di Mina. La sua dolcezza.
Si
dirige alla scalinata, e sul pianerottolo si imbatte in Uraraka. Che ha l’aria
di essere sfinita, e a ragione: è praticamente tutto il giorno che fa avanti e
indietro, non l’ha vista nemmeno sedersi in sala comune con gli altri, solo
passare di volata con i capelli umidi. “Ehi, Uraraka. Torni in stanza?”.
“Macché.
Venivo solo a prendere il mio cellulare, l’ho lasciato prima sottocarica. Vado
a vedere come sta Momo-chan, l’ho vista molto abbattuta”.
“Non
finisce mai eh?”.
Lo
sguardo di Ochaco è quello di una povera martire rassegnata. “Se non altro,
almeno adesso qualcosina è meno peggio di prima, quanto meno per alcuni. Ma non
voglio cantare vittoria troppo presto”.
“Già.
Be’, allora …”.
Ochaco
indugia ancora, però. E la piccola fronte si aggrotta.
Non
è difficile capire che abbia ancora qualcosa da dire, Uravity. “Kirishima …
posso chiederti … una cosa?”.
“So
già cosa vuoi sapere. E no. Si è trattato di un malinteso, l’ho già spiegato a
Todoroki ieri sera”.
Uraraka
sospira di sollievo. “Meno male”. Poi d’un tratto avvampa, fino alla cima dei
capelli. “Cioè, voglio dire … insomma, per voi eh! Cioè alla fine sono cose che
non mi riguardano … io … desidero solo che … si sistemi tutto in fretta e
torniamo a starcene in santa pace, se è stato solo un equivoco meglio così, no?
Bakugō … non ha niente di cui preoccuparsi, alla fin fine”.
Se
non fosse che la questione lo tocca tanto da vicino, scoppierebbe a ridere
Kirishima.
L’espressione
di Ochaco è così confusa che mette tenerezza.
Ed
è chiaro che non si tratti di mero imbarazzo per l’argomento delicato. “Todoroki
ha detto che parlerà con lui, proverà a spiegargli le cose. Io ci spero, ma lo
sai com’è fatto Bakugō. E’ … terribilmente testardo”.
“Io
… be’, non garantisco nulla. Ma anche io … farò la mia parte, se serve”.
“Grazie,
Ochaco”.
“Di
niente. Mina-chan dorme?”.
“Sì,
l’ho appena messa a letto. Almeno lei sembra abbastanza in pace con se stessa …
e più disposta a lasciare in pace noi, ora che non ha più da portare le grazie
di Bakubro in giro per i corridoi della Yuuei”.
Uraraka
sobbalza. Eh sì.
E’
talmente evidente che gli pare inverosimile che nessuno, nemmeno la sua Mina
che ha le antennine per certe cose, se ne sia accorta.
Vabbé
ch’è troppo presa dalle proprie. E inoltre … è sempre stata fermamente convinta
di una cosa su Uraraka: e per quanto sia attenta, è difficile cambiare punto di
vista da un giorno all’altro, per lei.
Ma
Kirishima, forse perché la vede in modo “pulito”, chiaro, senza pregiudizi di
sorta se n’è reso conto.
Stanno accadendo cose strane, e non solo in senso negativo. “Allora … vado da Yaomomo”.
“D’accordo. Buonanotte, Uraraka”.
-
Ojiro
posa il cellulare sul ripiano del lavandino nel bagno di Kaminari, sotto
carica.
E’
stata Jirou ad occuparsi delle sue cose. Le ha trasferite dalla propria camera
a quella … di Kaminari, e probabilmente lei è l’unica che lo potesse fare senza
problemi visto il suo tour de force fisico. “Starai bene, Ojiro-kun?”.
Mashirao
per un attimo ha scordato la cautela e l’ha abbracciata. Jirou è stata così
buona con lui, così dolce… “Oh, scusa Jirou-san, perdonami”. Si è ritratto
immediatamente, ma la ragazza gli ha sorriso.
“Tranquillo.
Ci sono stata io dove sei tu adesso. Non serve nemmeno che ti dica che mi fido
ciecamente di voi, vero?”. Un leggero rossore si è sparso sugli zigomi di
Kyoka, è sempre comunque il corpo di Kaminari, in fondo.
E
dev’essere un sollievo esserne fuori, è sembrato dicessero quegli occhi blu scuro.
Anche se la voce ha taciuto.
In
effetti non dev’essere stato per niente facile, per Kyoka. Almeno finché non ha
chiarito con Denki.
Ma
adesso che guarda il volto teso, pallido di Hitoshi inizia a rendersi conto che
forse esiste qualcosa di peggio che ritrovarsi nel corpo di qualcuno che
malauguratamente ti piace.
Essere
dentro … un amico con cui hai avuto da ridire.
Non
è per nulla stupido Mashirao, no. Hitoshi ha serbato uno stoico mutismo fin da
quando si sono destati in infermeria, lui dentro Denki e Bakugō dentro di
lui.
E
… paradossalmente la delusione, l’afflizione di Shinsou erano molto meno legate
a quest’ultima faccenda di quanto non fossero dovute alla prima.
Eppure
gli aveva detto che lo avrebbe perdonato. Che … non gli avrebbe portato rancore
per quello che era accaduto.
Ma
l’istinto è una forza a cui non si può comandare tanto facilmente.
E
Hitoshi … almeno per quanto lo conosce lui … ultimamente ne è spesso preda.
A
voler essere sincero, nemmeno lui è felice di essere finito proprio nel corpo
di Kaminari; potendo scegliere, avrebbe preferito riavere il proprio.
Ma
non è andata così, non si poteva certo ammazzare, o disperare.
Quanto
meno non è più soggetto a quei crampi, a quella debolezza che nemmeno lo
facevano stare in piedi.
A
quel mal di testa che sembrava aver messo le tende dentro il suo cervello.
Anche
se ora … doveva affrontare il rischio di folgorare – e folgorarsi.
E
quella riprovazione silenziosa, ma non per questo meno dolorosa.
“Ti
accompagno … Mashirao”, ha detto subito dopo che Kirishima e Ashido hanno
lasciato la sala comune.
Oijiro
ha annuito appena, attendendo che anche il suo fidanzato si fosse messo in
piedi, si è avviato verso l’ascensore e ha premuto il pulsante del terzo piano.
Non
gli è sfuggito il sospiro di Shinsou, la sua aria abbattuta quando sono entrati
tutti e due nella cabina.
Mashirao
è una persona dolce e gentile. Pacata.
Però
ha un brutto difetto.
L’orgoglio.
Non
gli piace che lo si prenda in giro, non gli è mai andato a genio.
A
Hitoshi ha perdonato quel che è accaduto l’anno prima. Quella era stata una
situazione stringente, e nonostante tutto gli ci era voluto un bel po’ per
farsela passare.
Ma
questo, con tutto l’amore che gli porta, e tutta la comprensione di cui è
capace, no.
Proprio
non gli va giù.
Non
l’ha deciso lui di finire dentro Kaminari. E che ora Hitoshi debba farglielo
pesare, invece di provare a confortarlo, di tentare di metterlo a proprio agio
… e che diavolo, direbbe Bakugō.
Bakugō
che adesso ha il corpo di Mashirao.
E
che nonostante tutto, ma non è una novità, si sta comportando meglio del suo
ragazzo.
Davanti
alla stanza di Kaminari, Shinsou ha sospirato con forza. Ojiro ha finto di non
sentire ed ha aperto, seguito da Hitoshi.
Senza
dir nulla è entrato nel bagno di Denki, si è spogliato e si è rivestito con una
maglietta e un paio di pantaloni della tuta che il compagno usa per dormire, e
che Kyoka gli ha lasciato piegati sulla sedia.
Sarebbe
quasi riposante per lui avere a che fare con questo corpo dopo essersi giostrato
malamente con quello di una ragazza.
Se
non fosse per Toshi.
Quando
esce, lo trova che osserva con una piega torva della fronte le cose di
Kaminari. “Guarda che non sei obbligato a restare”.
Gli
occhi viola si sgranano. Lo fissano, d’un tratto attoniti. “Ma … che dici,
Mashi?”.
“La
verità. E’ tutto questo pomeriggio che non fai altro che farmi venire la
depressione”.
Lo
sguardo di Shinsou è quello di un cane bastonato. E Mashirao, invece che
sentirsene ammorbidito, si sente urtato.
E’
di nuovo lui, in quella situazione del cavolo. Lui, quello che deve affrontare
tutto da capo, imparare a gestire un altro corpo, un altro quirk.
Non
ha un minimo di empatia Hitoshi, è costretto ad ammetterlo. L’egoismo di cui
sta dando prova adesso è ancora più offensivo dopo quel discorso del giorno
prima in infermeria. “Scusa. Ma non pretenderai certo che faccia i salti di
gioi”", replica duro, infatti.
“E
certo. Perché il tuo unico problema è che io sia finito proprio nel corpo di
Kaminari, che guarda un po’, avevi promesso di perdonare. Se non fosse che sono
io a patirne le pene maggiori direi che ti sta proprio bene Hitoshi, così
impari a mentire”.
“Mentire?!”.
“Si!
Perché ne stai facendo un dramma. Tu, e non io, che rischio di finire fulminato
e fulminare altra gente, altre persone a me care, che ancora non posso tornare
a casa, che non posso nemmeno telefonare ai miei. E tu sei incazzato perché
adesso ho la faccia di Denki”.
“Ma
Ojiro porca miseria cerca di ragionare …”.
“SEI
TU CHE DEVI RAGIONARE! Io ne ho abbastanza, capito, abbastanza di dovermi
sentire in colpa quando sono la vittima! Sono stufo di dover sempre chinare il
capo davanti alle tue azioni! Invece di aiutarmi, non hai fatto altro che
mettermi in difficoltà, fin dal primo momento in cui mi sono ritrovato in
questa situazione. E io non penso che … siamo poi fatti per stare insieme, io e
te”.
Shinsou
tace, deglutisce a fatica. Un suono che fa male a Mashirao, ma non può cedere.
E’
troppo deluso, anche lui. Arrabbiato, e continuare così significherebbe
soltanto continuare a distruggere quel rapporto che soltanto il giorno prima
sembrava essersi rinsaldato.
Ma
non era colpa sua, no. E’ Hitoshi, per quanto gli costi ammetterlo, è a causa
sua se è tutto così complicato. “No Mashirao no …”, lo supplica, la voce
infranta.
“Mi
dispiace. Ma è l’unica cosa che sento giusta adesso … e devo farlo. Vorrei
pregarti di uscire”.
Sa
che le mani di Hitoshi si sono richiuse in due pugni. Che … vorrebbe poterlo
toccare e non lo può fare, ma non perché sia rispettoso del corpo di Kaminari,
soltanto perché prova … fastidio, che sia proprio quello del compagno.
Ed
è questo che non gli fa rialzare lo sguardo dal pallone da basket parcheggiato
in un angolo della camera pacchianissima.
“Va
… va bene. Come vuoi, Mashirao”.
Esce
piano, chiudendosi la porta alle spalle.
Ojiro
si siede con cautela sul letto di Denki. Si sdraia, fissando la parete.
Non
vuole ascoltare quel dolore al petto, nel cuore, che pulsa come una cosa viva.
Tanto
più che non è nemmeno il suo.
Ma
fa tanto male uguale.
-
Okay.
Gli
si è intorpidito abbastanza il culo a star lì seduto e non fare niente,
fingendo di seguire quella fottuta serie tivù di cui non ha colto nemmeno mezza
virgola.
Perché?
Perché aveva un po’ di cose da fare, e la prima della lista era far venire le
angosce esistenziali a quel maledetto di Capelli di merda.
Sì,
ce l’ha ancora con lui. E non gli passerà tanto in fretta: non lo può
perdonare, quel che ha fatto è gravissimo e ha tutta l’intenzione di fargli il
culo, appena se ne presenterà l’occasione.
Per
adesso si è accontentato di ignorarlo sistematicamente, quel … quel … quello
schifoso traditore di amici e violatore di corpi altrui.
E’
meglio che non ci ripensi troppo, dannazione.
Ma
non è solo per questo che è ancora lì.
Si
potrebbe quasi dire che è il karma, con tutto quello che gli è capitato adesso è
andato a finire giustappunto … nel corpo di uno degli unici gay della scuola, o
quanto meno uno dei due dichiarati.
Ma
onestamente a lui non frega un cazzo se allo scimmione piace … ecco sì, quello.
Problemacci suoi, in barba a tutte le offese che gli ha rovesciato addosso –
meritate, perché no, i cazzi suoi quello non se li poteva fare, doveva anche
andare a consolarlo, tsk - non gli interessa minimamente se propende da questa
o quella parte.
Ma
porca puttana, c’erano stati già abbastanza casini per colpa di quei dementi di
Faccia da Scemo e Occhi da Procione. E … non l’avrebbe mai ammesso del tutto,
ma se restava lì a farsi vedere Faccia da Morto quanto meno avrebbe avuto di
che stare sereno, su un fronte.
Un
po’ come lui.
D’
accordo, aveva gridato dietro a Todoroki, ma solo perché era incazzato a bestia
che il solito nerd di Merda avesse riavuto il proprio corpo e lui invece no.
La
Secca non lo infastidiva allo stesso modo e poi lo spasso che ora toccasse a
Kaminari – perché bisognava essere scemi per non capire che quei due avevano
qualche mezza tresca assieme - avere tette e ovaie gliel’aveva fatta perdonare
più in fretta.
Bakugō
si augura solo che abbia anche lui … le cose delle femmine. Quanto meno
potrebbe imparare ad avere un po’ più di rispetto per le donne, che non sono
solo pezzi di carne buttati lì per essere guardati da lui e quell’altro
pervertito di Mineta - che dopo le minacce di Aizawa ha pensato bene di rintanarsi
in camera- ; dalla faccia di Jirou ha il sospetto che la tipa ne sappia
qualcosa. Lui resterà in ascolto, aspettando gli sviluppi.
Ma
non stasera.
Non
vede l’ora di andarsene a dormire.
Faccia
Tonda ha fatto il lavoro sporco per lui, dopo aver spostato le cose di quella
fulminata di Ashido dalla sua camera, previa il suo permesso – è praticamente
l’unica a potergli parlare senza che gli scoppi un embolo, a Katsuki- dopo si è
anche offerta di andare a prendere le sue cose dalla stanza di Momo per
portarle in quella di Ojiro.
Non
c’è da stupirsi che non abbia ancora posato il fondoschiena sulla sedia. Ha
continuato a fare avanti e indietro come una dannata, non ha nemmeno asciugato
i capelli e le prenderà un accidente, se continua così.
Sarebbe
bene che mandasse tutti a farsi fottere e si ritirasse in camera.
E
anche lui, in realtà.
Quella
stramaledetta coda gli pesa un fottio, quasi quanto il davanzale di Yaoyorozu.
Che all’improvviso si alza.
Fa
un effetto strano vedere il suo stesso sguardo fissarlo come vedesse il vuoto.
Ha
mai avuto quell’espressione così … dannatamente vacua, lui?
Mah.
Non lo sa. Quanto meno non se lo ricorda.
Ma
non gli piace.
E’
anche per questo che indugia ancora. Non che lui possa farci nulla, non sono
fatti suoi, anche se è stato nel suo corpo non si può certo dire che abbiano
una qualche sorta di rapporto loro due.
Gli
fa un po’ pena, Yaoyorozu. Le concede questo lusso perché sa che da lei non ha nulla
da temere, che lo rispetterà molto di più di quanto non abbia fatto quella
dannata Occhi da Procione.
Che
adesso è nei panni della giunonica Creati.
Se
fosse un figlio di buona donna fino al midollo spererebbe davvero tanto che
quello stronzo di Kirishima e la sua degna metà combinino qualche casino anche
adesso, così il bastardo a metà avrebbe pure lui di che suonargliele di santa
ragione. Ma non lo è, e sa che se soltanto ci pensa, Capelli di merda, sarà
proprio Bakugō a dargliene di secche anche per Momo nonostante tutto.
Può
essere nato male, incazzoso, arrogante, avere un sacco di tratti che per la
gente comune sono difetti e lui valuta come pregi, su di sé.
Ma
quello no, non ce l’ha. E il solo pensiero che qualcuno sminuisca le donne
riducendole a meri oggetti sessuali gli brucia il cervello, gli fa venir voglia
di prenderli tutti a calci nel sedere e rompergli i denti.
Sua
madre gliel’ha inculcato ben bene fin da piccolo. “ Prendi pure a mazzate tutti
quelli che ti pare, ma tocca una ragazza in modo men che rispettoso e come ti
ho fatto, così ti distruggo, Katsuki Bakugō”.
E
per quanto tolleri poco la vecchia, e altrettanto poco le dia retta, i suoi
insegnamenti non riesce a levarseli dalla testa.
“Torni
in camera, Momo?”, sente domandare a Todopirla cavalier servente pronto
all’attacco.
Quanto
meno non deve più averlo tra i piedi e questo è già un sollievo.
Anche
se in fondo in fondo, e nemmeno questo confesserà mai, non è poi così male.
E
… pare anche aver ritrovato finalmente un briciolo di buon senso, occupandosi
della sua fidanzata, dandole le attenzioni che quella povera disgraziata si
merita.
“Mhmm
mhmm. Sì, Shouto”.
Gli
occhi spaiati si voltano verso di lui. “Bakugō, posso … “.
“Perché,
se dico di no cambia qualche cazzo? Vai”.
“Grazie”.
“Uh”.
Aspetta
che siano fuori portata, e poi, a fatica, si mette in piedi anche lui. “Be’, io
me ne vado”, annuncia.
“Ti
serve qualcuno per tenerti la coda, Bakugō?”, fa Faccia Piatta, che fin
qui se n’è rimasto zitto a farsi i cazzi suoi.
“No,
ma se non chiudi il becco servirà qualcuno a te per portarti le ossa, idiota”.
Trascinando quel fardello va verso l’ascensore, preme il terzo e ci si ficca
dentro.
Che
giornate del cavolo.
Appena
giunge nel corridoio si imbatte in Faccia da Morto. Più morto che mai, è il
caso di dire. “Ohi”.
Shinsou
nemmeno alza lo sguardo. Sembra che l’abbiamo picchiato. “Ba … Bakugō”.
“Cazzo
ti piglia?”. Domanda del tutto pleonastica, non è niente contento e non serve
mica un genio per capirlo.
Deve
guardare la faccia di quello che … ha messo impunemente le mani sul suo
fidanzato.
Lui
una ragazza non ce l’ha, manco la vuole, e in questo momento è più che mai
strafelice di non dover avere a che fare con qualche femmina “legata a lui
sentimentalmente”, uh.
La
dimostrazione che la vita di un Eroe è fatta per essere solitaria. All Might
non ha mai mica avuto una compagna, e che cavolo.
“Nulla,
Bakugō. Scusa. Vado in camera. Buonanotte”.
“Ehi,
demente, fermo qui. Pensavo fosse chiaro ma in caso non ti ci arrivi il
cervello vedi che io non ci combino casino col corpo del tuo scimmione”.
“Non
…”. Faccia da morto china ancora di più la testa, tira su col naso. “… E’ più
il mio scimmione”.
Katsuki
rimane per un attimo interdetto. “Che significa?!”.
“Che
mi ha piantato. Ma non voglio parlarne, scusami. Buonanotte”. Entra
nell’ascensore e le porte si richiudono, tagliandolo fuori.
Le
palpebre di Ojiro sbattono su due occhi che fissano allibiti il piano
metallico.
Ahhh, e che cazzo.
Ancora
casini.
Con
un piglio irritato va ad aprire la camera dello scimmione. Sbatte la porta, ma
non è un gesto voluto.
Se
n’è piene le scatole di tutto quel bordello.
Li
sta distraendo da quello che è il loro obiettivo principale: diventare degli
Eroi.
Da
quando è iniziata questa storia di merda non ha più fatto un allenamento come
si deve, e anche per questo gli dà fastidio ogni mosca che passa, ogni disastro
che non lo tocca direttamente.
Si
spoglia, piano. Bestemmiando nel lottare con la coda, è quasi peggio delle
tette atomiche di Yaoyorozu: almeno quelle erano sul davanti e anche se era
complicato poteva gestirle meglio di quel malloppo sulle chiappe.
Ha
appena finito con i suoi contorcimenti simil-yoga che di meditativo e
rilassante avevano ben poco, quando bussano alla porta.
E
Santo Dio. Adesso chi cazzo è?
E’
tentatissimo di mandare affanculo chicchessia. Però poi riflette sul fatto che
possa trattarsi di Uraraka, che magari è passata a chiedergli se ha bisogno di
qualcosa.
Sì,
ha troppo buon cuore quella ragazzina. Finirà con l’ammalarsi … e Bakugō
pensa di aver capito cosa l’ha spinta a darsi da fare tutto il giorno senza
trovare requie.
Il
pidocchio verde si è fatto un’amichetta. E non è certo un segreto che Faccia
Tonda avesse una cotta sviscerata per quel coglione.
Quei
due erano andati a chiudersi in camera appena rientrati al dormitorio. E …
porco diavolo, per quanto stimi deficiente Deku, è tornato normale –fottuto
bastardo- e non occorre avere la bacchetta magica per capire che ne starà
bellamente approfittando.
Tanto
più che quella Melissa è pure graziosa. E intelligente, anche se il piano era
andato a puttane quanto meno ci aveva provato, con quell’altra pazza di
Hatsume.
Lui
si è rifiutato di parlarle, ma non certo perché abbia qualcosa di personale
contro la biondina.
Non
era proprio in condizione di parlare con nessuno.
Non
lo sarebbe nemmeno ora in realtà, ma non può fare questo sgarbo a chi si è
spremuto tanto per lui senza ragione alcuna; per cui va ad aprire, tirandosi
addosso la maglia di Ojiro.
Ma
appena vede chi c’è oltre la soglia gli viene da bestemmiare daccapo. “Oddio,
ma non era finita questa storia che mi stai sempre tra le palle?”.
Gli
occhi spaiati del pirla a metà lo fissano senza battere ciglio. “Ti avevo detto
che dovevamo parlare, io e te”.
“E
io ti ho detto che non abbiamo un cazzo da dirci. Vai a vigilare su quella
pazza di Occhi da Procione e quel pezzo di merda del suo fidanzato, con quelli
hai davvero di che preoccuparti, tsk”.
“In realtà è giusto riguardo a questo, che
dobbiamo discutere. Io ho … parlato con Kirishima, ieri sera”.
L’irritazione
monta prima che Todoroki possa dire altro. “Non me ne frega un cazzo di quel
traditore di merda. Vedi di andartene”. E fa per sbattergli la porta in faccia.
Ma
Shouto infila il piede nello spiraglio.
Non
è disposto ad arrendersi. “Non è successo nulla. E’ stato solo un equivoco.
Posso assicurartelo”.
“Certo.
Parli proprio tu di equivoci. Che non capisci un cazzo”.
Faccia
a Metà tira un sospiro. Quando lo guarda di nuovo ha messo su un’espressione
sussiegosa che t’oh, lo fa sembrare quasi intelligente.
“Fino
a prova contraria sei stato tu quello che mi ha tirato un pugno perché credeva
gli avessi messo le mani addosso”.
Bakugō
schiocca la lingua tra i denti di Ojiro.
Ha
ragione Todoroki.
E’
un cretino, ma non un bugiardo. Non è proprio il tipo, esattamente come lui
stesso: non le concepiscono proprio le menzogne, non sanno che farsene, il loro
cervello non è programmato per dirne, oltre che per sentirne.
Katsuki
sbuffa. “E va bene, entra, cazzo”. Toglie la zeppa e Shouto si infila dentro,
chiudendo la porta.
Sembra
davvero afflitto. “So che non è facile, ma parla con lui. Sta soffrendo. Aveva
… lasciato Ashido per te, sul serio, l’hai sentito anche tu in infermeria. E
sai quanto ci tiene a lei … però tiene anche a te. Non puoi aver dimenticato
quanto gli devi. Io ero con lui in quei giorni del tuo rapimento, gli sono
stato accanto ogni momento, da quando abbiamo deciso di venire a recuperarti.
L’ho visto … devastato. Non puoi davvero mandare a monte tutto solo per un
malinteso”.
Uff… stronzo.
E’
proprio un bastardo Todoroki. Ha pescato quel nervo e sapendolo sensibile ci
sta premendo sopra senza pietà, la dimostrazione che l’abilità strategica non
gli difetta, malgrado la scemenza per tutto il resto.
Non
gli darà scampo finché non cederà. Allora tanto vale farlo subito. “Ahhhhhh e
va bene, ho capito, porca troia. Falla finite”.
L’ombra
di un sorriso si tende sulle labbra di Metà e metà.
Ha
vinto. “E che cazzo, però”.
Todoroki
si fa serio, adesso. Concentrato. “Per quanto riguarda quell’altro discorso …
non cambia niente, Bakugō. Puoi stare tranquillo. Momo è la mia ragazza,
lo sai, ma …”.
“Ma
se non la tocchi quando è nel suo corpo figuriamoci nel mio. Certo”.
E’
uno spasso vederlo perdere tutto quel contegno per avvampare fino alla cima dei
capelli.
E
Katsuki ridacchia.
Uno
pari. “Va bene, bastardo, mi voglio fidare. E vedi che mi costa, dopo tutti sti
casini. Perciò vedi di non farne altri … ma capisco anche che sta di merda, uh,
eccome se non la capisco. Non è giusto che quello stronzo di Deku abbia riavuto
il suo corpo e noi no, ma okay. Facciamocene una cazzo di ragione”. Sbadiglia, stiracchiandosi
con cautela. “Io me ne vado a letto. Se non altro spero di riuscire a chiudere
occhio, almeno stanotte, senza quei fottuti crampi”.
“Fa
davvero così male?”.
“E
lo chiedi a me? Domandalo alla tua donna. E’ lei che ci passa ogni mese.
Possibile tu non lo sappia?”.
Ora
è ancora più rosso. Quasi violaceo in effetti.
Due
a uno. Così si ragiona. “Be’ … io non le ho mai fatto di queste domande”.
“Torno
a dire, perché non capisci un cazzo. Dovresti prenderti cura di lei quando sta
così. Perché credimi, è una vera merda. Io non ci metterei certo la firma. Sono
stato meno peggio quando ero con quei pezzi di stronzi dei Villan. E adesso
levati dalle scatole”.
“Uhm.
Sì”. Shouto si volta per andarsene, ma sulla soglia si ferma.
E
lo chiama di nuovo. “Bakugō?”.
Katsuki
alza gli occhi al cielo.
Ora
lo mena. Non può usare la coda e non c’è nulla in quella stanza da lanciargli
contro ma le mani gli funzionano bene, quanto meno. “Che tu sia dannato, che
vuoi ancora?”.
“Grazie.
Per tutto. Anche per come … hai salvaguardato la dignità di Momo”.
“Sì,
sì, va bene. Levati dall’anima, adesso”.
“Sì,
andavo giusto da Midoriya in verità. Vorrei discutere con lui riguardo la
faccenda”.
“Se
ti fa entrare. Visto che è da quando siamo tornati che è chiuso dentro con la
biondina”.
“Ma
…”. Saggiamente Todoroki lascia cadere il discorso.
E’
meglio non mettersi in mezzo a certe cose. Soprattutto lui poi. “Buonanotte,
Bakugō”.
“Uh.
Buonanotte”.
Non
è del tutto persuaso dell’utilità di ciò che sta per fare.
A
lui però i casini danno fastidio. Quasi quanto Metà e metà.
E’
solo per puro senso del dovere che riapre e si dirige all’ascensore.
Per
puro senso del dovere che sale al quarto.
E
quando esce, trova il polpo nel corridoio. “Bakugō”, lo saluta quello, la
bocca sulla mano.
“Mhmm”.
Non
può certo dire che sia suo amico, Shoji.
Ma
… se non altro ha tenuto il becco chiuso riguardo la faccenda della mattina
prima.
E’
uno di cui fidarsi, anche lui.
Forse
troppo, dacché fin qui si è fatto alla grandissima i cazzi suoi.
Però
… è uno col cervello, pure questo.
E
poi è amico della scimmia. Non è difficile immaginare che si sia allegramente
tenuto in disparte per non fomentare altri puttanai. “Va tutto bene?”.
“Insomma.
Mica tanto. Il tuo amico, ha piantato il suo ragazzo”.
Gli
occhi lasciati scoperti dalla fascia elastica sulla faccia si sgranano. “Co…”.
“Sì,
hai capito bene. Ho appena incontrato Faccia da Morto che sembrava volesse
andare ad impiccarsi con le bende. Quindi … che so, magari vedi te. Oh e che
palle, non posso fare tutto io in questa dannata scuola, cazzo. C’ho pure io i
miei problem”.
Il
polpo si ammorbidisce. La bocca sulla mano sembra stirarsi in una specie di
sorriso.
Raccapricciante.
Ma pur sempre un sorriso. “Grazie, Bakugō. Vado subito da lui”.
“Sì
ma non dire che te l’ho detto io. Che sennò rompono il cazzo a me”.
“Non
ti preoccupare. Farò finta di voler fare due chiacchere con lui”.
“Bravo”.
Lo
vede dirigersi verso l’ascensore, apprezza il fatto che non gli abbia domandato
cosa ci fa al quarto piano.
Sì,
Shoji i fatti suoi se li sa fare benissimo.
Almeno
uno, ancora c’è.
Prende
fiato e bussa.
Se
ha da togliersi questo dente tanto vale farlo subito. Prima che scoppi qualche
altra storia del piffero e faccia finire per davvero tutti al manicomio.
Non
avrebbe mai pensato di poterlo dire, ma si stava meglio quando si stava peggio.
Quando
tutte le persone che non sopportava ugualmente se ne stavano per lo meno ognuna
al suo posto. “Sì?”.
“Apri
questa dannata porta”.
Un
rumore sospetto come di qualcosa che cade. Rimesso a posto frettolosamente.
Non
sarà che è con quella pazza no?
Forse
ha sbagliato ad andarci adesso Katsuki, perché se scopre che davvero … sta
incasinando il corpo della tettona, dopo che lui si è fatto un … sedere così
per tenerlo oltre che al sicuro … lo ammazza, Cristo se lo ammazza.
Il
battente si schiude.
Kirishima
ha gli occhi rossi, non nel senso di iridi ma di sclera.
Stava
… e che cazzo, stava piangendo? “Kam … ehm. Bakugō”.
La
voce è leggermente strozzata.
Sì.
Sicuro stava piangendo. E quell’altra non c’è, quanto meno non sembra esserci.
“Levati e fammi entrare, Capelli di merda”.
“S-sì”.
Entra
in camera di Kirishima, tira un profondo respiro. “Senti”.
“S-sì”.
“E
non dire sempre sì, cazzo! Oh”.
“S.sì,
cioè okay, Bakugō”.
“Un
uccellino mi ha detto che non mi hai davvero infilato le dita … lì”.
Kirishima
sbianca. Forse non è stato proprio il modo migliore per intavolare la
conversazione.
Ma
fanculo, è già tanto che sia lì. “Dio, Bakugō … certo che non l’ho fatto.
Ho spiegato … a Todoroki che …”.
“Fammi
il favore di non nominarmelo. Quando questa storia sarà finita, dovrò dargli
tanti di quei calci in culo da non farlo sedere per un mese”.
I
capelli scarlatti di Eijirō, ora abbassati, si raccolgono tutti su una
spalla. Ha inclinato la testa e lo sta fissando con curiosità. “Ti piace”.
Katsuki
fa un salto, riesce a trattenere per miracolo la coda prima che sbatta contro
il piede di ferro della panca per addominali di quello scemo. “Uh?! Hai
intenzione di prenderteli tu adesso, idiota? Che cazzo vai …”.
“Ma
che hai capito! Non intendevo in quel senso. Volevo dire, magari esiste la possibilità
che diventiate amici?”, azzarda timidamente.
“Io
e quel bastardo a metà non saremo mai amici”.
“Okay.
Solo … be’, si è prodigato parecchio per te. E’ stato … carino”.
“Dopo
che gli metterò le mani su quella faccia da pirla vedremo se sarà ancora
‘carino’. E comunque attento al cazzo
che combini con la sua donna, perché sennò vedrai che non sarà carino proprio
per un accidente”, borbotta mostrando di non fare caso al sorrisetto da squalo
del rosso
“Ma
no. Bakugō … vale anche per Mina, vero? Cioè … non sei arrabbiato con lei
per quel che è …”.
“Quello
è un altro paio di maniche. Però sì, okay. Le darò un’altra possibilità”.
“Grazie,
Bakubro ... posso chiamarti di nuovo
così no?”.
“In
realtà non te l’ho mai permesso io. Ma vabbé”.
Eijirō
si avvicina e fa per abbracciarlo. Ma si trattiene a metà. “Giusto. Niente …
contatti”.
Katsuki
alza gli occhi di Ojiro al soffitto. “Finalmente c’è riuscito a capirlo. Ci
sarebbe da festeggiare”, mugugna furbo.
E
tende la mano.
Il
rosso resta perplesso per qualche momento, pare … non comprendere la natura di
quel gesto.
Poi
nota la piega delle labbra di Bakugō. E batte il palmo contro quello di
lui … ovvero di Mashirao.
“Vedi
che questa è l’ultima però. Poi, vero o non vero la prossima volta prima ti ammazzo
e dopo ti chiedo scusa”.
“Okay”.
Sorride, Capelli di merda.
Se
non altro almeno un’altra cosa è andata al suo posto. “Ma vedi di tenere le
mani a cuccia”.
“Assolutamente.
Te lo giuro su ciò che ho di più caro al mondo”.
“Uh.
Vabbé. Non ti chiederò cos’è”. Alza le spalle. “Allora, buonanotte”.
“Buonanotte,
Bakubro”.
-
E’
difficile.
Difficile
frenare il pianto di un compagno, che si sta spezzando tra le tue braccia.
Ed
è lieto di averne tante Mezo.
Due
non sarebbero bastate ad accogliere quel profluvio di lacrime disperate, amare,
trattenute male e scoppiate a dirotto appena la porta della stanza di Kaminari
era chiusa dietro Shoji.
“Ojiro-kun”,
mormora battendogli la mano sulla spalla.
E’
vero, in realtà non dovrebbero avere contatti fisici. Ma Mashirao è così
affranto che nessuno, nemmeno lo stesso Denki troverebbe il coraggio di
indignarsi per quell’abbraccio fraterno.
Ha
mantenuto la parola data, nonostante dire bugie gli costi non voleva
‘inguaiare’ anche Bakugō, tanto più che non è per nulla sua abitudine
prendersi pena per gli altri, e soprattutto per certe cose.
In
realtà è in pensiero anche per Shinsou. Ma malgrado gli arti moltiplicabili non
è in grado di sdoppiarsi e non può trovarsi in due posti contemporaneamente.
E
inoltre Ojiro è suo amico da più tempo. Ha trascorso con lui l’intero primo
anno, ha imparato a conoscere il suo modo di agire.
Shoji
Mezo è un ragazzo molto empatico, nonostante non parli molto capisce
perfettamente come stiano gli altri, soprattutto i suoi amici più stretti.
Ha
compreso bene cosa quel pomeriggio ha portato Tokoyami a sbottare con quel:
“Vaffanculo!” sulla porta dell’infermeria, davanti ai professori che per
fortuna erano troppo sconvolti per prendersi la briga di punirlo.
La
stessa cosa che ha messo in petto a lui il timore che le cose fossero peggio di
prima, per alcuni degli ‘scambiati’.
Tokoyami
più che empatico è preveggente.
Gli
ha sussurrato mentre erano nel cucinotto che quei due non sarebbero durati, non
con Mashirao nel corpo di Kaminari.
E
dannazione se ci aveva visto giusto.
Mezo
aveva tanto sperato che non andasse così, e invece no.
Però
… sa anche che forse si può ancora recuperare. Se ha intuito anche lui cosa
davvero ha spinto Ojiro, sia pure sotto la sferza dell’irritazione, a prendere
quella decisione allora non è poi così grave.
“Ojiro-kun.
Non fare così, dai. Sta su”. Gli passa una mano sulla testa bionda, dalle
ciocche un po’ scomposte.
“Ma
… io …”. Singhiozza fuori controllo, povero.
“Hai
sicuramente fatto la cosa più giusta. Non devi rimproverarti. Hai bisogno di
prenderti cura di te stesso in questo momento, tanto più che il quirk di
Kaminari è decisamente più pericoloso di quello di Jirou-san. Devi stare
tranquillo. E … probabilmente Shinsou-kun adesso non è la persona più adatta”.
“Non
ha fatto altro … che farmi sentire peggio. E dire che mi sono illuso che …
potesse accettarlo anche questo, alla fine, quando mi si è avvicinato in
infermeria … ma poi ho visto il suo sguardo. Ed era centomila volte più triste
di quando ero … Jirou”.
“Ma
è anche ovvio, Ojiro … era deluso. Ha visto che Midoriya e Jirou erano tornati
normali, ci ha sperato, ed è stato un brutto colpo per lui”.
“Sì,
questo l’ho capito … e infatti lì per lì non gliene ho fatta una colpa. Però …
poi ho visto come si comportavano gli altri … cioè persino Todoroki non si è
spostato un attimo da Yaoyorozu, nonostante le minacce di Bakugō. E io …
io … mi sono sentito … messo da parte”.
“Ma
è normale. Anche io al tuo posto mi sarei sentito così”.
“E
allora … ho pensato … che non poteva proprio sopportarlo. Che avessi questo
aspetto qui, questa faccia qui … che … se per disgrazia questa storia non
finisse, io … lui … non potrebbe mai … adeguarsi. Per lui … Kaminari è un
amico. Cioè, ci pensi? E’ come se per me lui fosse finito … nel tuo corpo. Io
non avrei mai potuto …. adeguarmi, sapendo che … tu non sei così. Oddio, scusa,
non so più cosa dico, dannazione”. E giù un nuovo fiotto di lacrime, che si
riversano sulla spalla amica del compagno tentacoluto.
Ecco.
Aveva
letto bene.
Peccato
non possa sentirsene felice, Shoji.
Un
suo amico fidato sta male. E si sente dannatamente impotente, nonostante il suo
potere e la sua stazza.
Può
solo confortarlo, fino alla fine. Perché ci dev’essere una fine, non è
possibile che le cose restino in quel modo.
“Cerca
di stare calmo, Ojiro. O finirai col prenderti un malanno. Prenditi cura di te
… e sii forte. Prima o poi tornerà tutto al suo posto, lo so”. Gli batte una
delle mani sulla schiena.
Ojiro
è stato uno dei primi ad accettarlo così com’è. A … legarsi a lui, nonostante
quel suo aspetto minaccioso e strambo.
Nessuno
ha mai saputo quanto l’amore per la bellezza di Mezo sia stato frustrato
innanzi tutto dal suo stesso quirk.
Ha
sempre ritenuto … sciocco confidare una simile debolezza finanche allo
specchio, ogni volta in cui si guardava.
Per
questo alla fine ha scelto di coprirsi il volto. Non era poi così più strano o
deforme di tanti altri; molti quirk storpiavano i tratti del viso o le forme
del corpo del suo possessore.
Eppure
è triste.
Ojiro,
in fondo è un bel ragazzo. Anche Kaminari lo è.
Forse
non lo saranno ai livelli di Todoroki, o di Bakugō – che ha sempre in
faccia quell’espressione mortificante, altrimenti lo sarebbe molto anche lui,
bello -. Ma sono molto carini.
E
per quanto possa immedesimarsi nelle ragioni di Shinsou, si domanda cos’avrebbe
fatto se ad Ojiro fosse toccato in sorte un aspetto come quello che ha lui.
Non
avrebbe preferito forse doversi … adeguare a Kaminari, piuttosto che ad … un
mostro?
Quanto
meno la bocca di Denki non ispirava tanta repulsione quanto la propria.
E’
tutto un gran casino, sono pensieri sterili, che non servirebbero comunque
adesso.
Mashirao
deve stare tranquillo. Punto. “Shoji-kun … grazie”.
“Ma
figurati. Gli amici servono a questo, no?”.
Già.
Gli amici … servono a questo.
A
darti il conforto che latita quando la persona che ami ti delude.
-
L’istinto
si sa è una brutta bestia.
La
compassione e l’affetto poi non ne parliamo proprio.
Ochaco
è stremata. L’inquietudine, lo spavento, la speranza prontamente spezzatasi a
metà come un filo troppo teso, la fatica fatta a scarpinare da un piano
all’altro per trasferire la roba dei compagni, la doccia che ha fatto talmente
al volo che non ha potuto nemmeno asciugarsi i capelli, solo per continuare a
trottare e sudare da capo l’hanno ridotta a poco più che uno straccio; non
riesce più nemmeno a fare le scale – di solito le usa sempre, come allenamento
extra- così ha preso l’ascensore, per arrivare al quarto piano del dormitorio
maschile.
Ma
non può fermarsi adesso.
Ha
visto con che espressione Momo è rimasta seduta accanto a Todoroki per metà
della serata. Lui non le si è staccato un solo momento di dosso, l’ha seguita
per tutto il tempo e anche se non l’ha più sfiorata ha continuato a farle
sentire la propria presenza.
Eppure
lei non cessava di avere quel volto amareggiato.
E
Uraraka si sente in dovere di raccogliere il suo sfogo, quale che sia.
E’
… curioso che Momo sia finita proprio nel corpo di Bakugō. Una strana
coincidenza.
Ma
a lei non deve importare.
E’
sempre la sua amica Yaomomo, e spera di riuscire a rincuorarla; tanto più che
nonostante sia esausta si sente rinfrancata dal discorso avuto con Kirishima. E
le viene spontaneo dirsi che la tristezza di Momo nasce solo dalla stanchezza
di quella situazione indefinita.
Fino
al giorno prima era Deku. E già non doveva essere semplice adattarsi.
Ma
adesso ch’è … nel corpo di Bakugō … insomma.
Dev’essere
un trauma non indifferente dover imparare a convivere con …
Bussa.
“Yaomomo?”.
La
voce soffocata, pacata di Bakugō non manca di farla trasalire.
Se
non altro Ashido ha mantenuto il suo tono squillante, che seppure completamente
diverso dalla vocalità roca, graffiata e perennemente ruvida di Katsuki era pur
sempre meno sconvolgente della nota malinconica che ha assunto adesso. “Ochaco-chan.
Entra”.
Uraraka
apre, si guarda intorno.
Si
aspettava che la ragazza fosse in compagnia di Shouto. Invece è sola, seduta
alla scrivania di Bakugō su cui la stessa Ochaco ha portato alcuni dei
libri di Yaoyorozu prima.
Uno
è aperto. Ma Momo non ha l’aria di essere granché presa dalla lettura. “E …
Todoroki-kun? Non c’è?”.
Momo
rialza lo sguardo dal libro che ha aperto sul ripiano.
Da
vicino fa ancora più impressione quello sguardo appannato. “E’ … andato un
attimo da Midoriya. Voleva parlare con lui”.
“Ah”.
“In
realtà è un sollievo che non sia qui”, aggiunge quasi subito Yaoyorozu,
tornando a guardare il volume.
La
castana trasale. Che significa questo, adesso? “Ma… Momo?”.
“Scusa
Ochaco, mi spiace che debba fare sempre tu le spese del mio malumore. Ma
capirai bene che mi sento confusa come non mai, adesso”. Momo porta le mani
alla fronte. Sembra avere un gran mal di testa.
L’ha
vista spessissimo, la fronte di Bakugō aggrottata a quel modo.
Eppure
adesso le spiace un po’ di più non poter far nulla. Perché sa che è causato da
un malessere interiore e non da una semplice irritazione costante. “Inizio a
preoccuparmi”.
“E
di che?”.
Lo
sguardo di Momo – di Bakugō- è così eloquente che anche uno scemo
capirebbe.
E
Uraraka non è affatto una scema. “ODDIO MOMO-CHAN! Non dici sul serio”, è la
sua reazione immediata.
Tuttavia
lo sguardo rosso è così addolorato che deve contenersi. Anche se le pare
un’ipotesi più che campata in aria. “Sul serio?”.
“E
che ne so. Ma … è ben strano che Shouto abbia iniziato … a starmi addosso da
oggi, no?”.
La
testolina di Uraraka si scuote con forza.
E’
un’assurdità. Cioè, oddio, anche ammesso non ci sarebbe nulla di male … lei è
stata una delle prime in assoluto ad appoggiare la storia di Ojiro e Shinsou,
difendendoli a spada tratta da qualsiasi seccatore avesse da dire la propria.
Ma
questo si rifiuta proprio di accettarlo. Non per pregiudizio o cattiveria, ma
soltanto perché la mente di Yaoyorozu si sta involando per una strada che non
porta da nessuna parte se non a complicare ancora di più le cose.
E
sa il cielo se non è proprio il momento per altri disastri. “Momo, perdonami se
te lo dico, ma stai diventando un filo paranoica”.
L’amica
però non le dà retta. “Continuo a chiedermi cosa sarebbe successo se fossi
finita in un altro corpo. E credimi, ho paura di darmi una risposta”.
Uraraka
si avvicina, appoggia una delle manine sul ripiano della scrivania e si abbassa
davanti all’amica che sembra sul punto di scoppiare a piangere.
No.
Ha già visto Bakugō in lacrime, anche se aveva l’aspetto di Yaomomo.
Vedere
gonfie di pianto quelle iridi adesso è qualcosa che la getterebbe del tutto in
ginocchio e non può concederselo questo lusso, non può cedere allo sconforto
anche lei.
Solo
dopo realizza che è … una cosa senza senso anche questa.
Però
ora non ha il tempo di rifletterci su. “Momo-chan. Capisco tu sia … inquieta,
al tuo posto io sarei andata fuori di testa del tutto. Ma ti stai sbagliando.
Todoroki-kun ha spiegato chiaramente anche a me come stavano le cose, ieri
sera, e le sue azioni non sono che la conseguenza naturale di quello che sta
accadendo. Dovresti essere felice di avere un ragazzo che tiene tanto a te.
Okay, è un po’ … strano, sono d’accordo con te. Ma è fatto così. Ognuno a suo
modo, no? Lo dici sempre tu. Ho avuto anche lo stesso tuo dubbio, che stesse
dando più corda a Bakugō trascurando te, ma dopo averci parlato ho capito
che aveva assolutamente ragione. Se sei tu la prima a non capire che lo fa per
te, allora, forse, non te lo meriti”.
Le
è scappato. Forse ha esagerato, è stata un po’ troppo dura con lei.
Ma
… si sente ancora in colpa per il rimprovero mosso a Todoroki, che come Uraraka
è uno di quelli che sta impattando più di molti altri per tenere compatta la
classe impedendo che si sgretoli, seminando pezzi per strada.
E’
la verità. Per brutto che sia dirlo … la maggior parte del gruppo non sta
muovendo un dito, per fermare la catastrofe, anzi.
Ce
l’ha anche un po’ con la sua amica Asui. Che fin qui se n’è lavata le mani, e
basta.
Come
tanti altri.
Si
sente davvero sconfitta Uraraka. E’ bastato così poco a mandare tutto a gambe
all’aria.
E
adesso sul punto di piangere c’è lei.
“Ochaco
…”.
“Scusa.
Ma tu … non sai come ci si sente al mio posto”, mormora alzando appena la
testa.
Gli
sguardi si incrociano, ed è quello di Momo- Bakugō- a sembrare in pena per
lei.
E’
un istante in cui le braccia dell’amica le si stringono intorno. La soffocano
quasi, perché neppure lei si rende conto della forza che possiede Bakugō.
Uraraka
vorrebbe non arrossire. Ma le sale il sangue agli zigomi e non può nasconderlo.
E’
la seconda volta che qualcuno la stringe con il corpo di Katsuki.
E
.. è la seconda volta che percepisce quanto di caldo. Come sia odoroso di
resina, come le faccia trattenere il fiato e tremare le dita, quando ce l’ha
addosso.
“Scusa
tu. Non ho pensato che …”. La testa bionda si muove in cenno negativo. “Questa
storia mi sta rendendo egoista come mai”.
“Ma
no, cosa dici, Yaomomo. E’ solo che è un brutto momento. Passerà”.
“Me lo auguro”.
Le
gambe di Ochaco tremano quando si rimette in piedi. Deglutisce, a stento. “Io …
vado”.
“Okay,
Ochaco-chan. Grazie. E buonanotte”.
Scappa
quasi via dalla stanza, e senza accorgersene sbatte contro Ojiro, che era sulla
soglia della camera di Kirishima.
Per
un attimo non connette, un pezzo del suo cervello pare essersi fulminato
anch’esso, nonostante non sia affatto venuta a contatto con … Kaminari che
adesso è … oddio, chi?
E’
stordita. Il senso di vacuità diventa malessere fisico e ha quasi la nausea.
Sono
le braccia di Ojiro-kun a tenerla su.
Ojiro
che non è Ojiro e nemmeno Kaminari in questo momento, ricorda tutto d’un
tratto. “Ohi. Che ti piglia, Faccia Tonda?”.
Deve
trattenersi per non sussultare.
Gli
ha tenuto la coda, prima in infermeria. Le è venuto naturale, se non altro per
impedirgli di spedire Todoroki al Creatore.
Ma
adesso … è un’altra situazione.
E
lei si sentiva già scossa. Peggio di un terremoto.
E’
sul punto di crollare, e quell’abbraccio anche se involontario invece di
rincuorarla ora la fa sentire ancora più debole. “Io … sono un po’ stanca di
questa situazione”, ammette piano.
Ma
subito ci pensa e si morde un labbro.
Sta
parlando proprio con shi forse ne ha passate più di tutti gli altri, fino ad
oggi.
Ha
scelto proprio la persona sbagliata con cui andare a lamentarsi. “Oddio mi
spiace, non ho il diritto di dirlo, voi ci siete dentro e io non sono che una
semplice spettatrice ed è assurdo che sia io a dirlo cioè …”, sputa fuori tutto
d’un fiato.
“Hai
ingoiato una macchinetta?”.
“Eh?
No”.
Bakugō
ghigna. E lei avvampa, congiungendo le manine mentre Katsuki abbassa le
braccia.
Il
volto di Mashirao torna serio. Dolce, quasi.
Ma
di sicuro è merito dei tratti del compagno, che conservano quasi sempre
quell’espressione. “Ti stai facendo il mazzo peggio di tanti che ci stanno
dentro, in questo casino. Hai tutto il diritto di essere stanca, e che cazzo”.
Ochaco
si azzittisce.
E’
lo stesso pensiero che ha avuto lei, prima. E se n’è pentita, dacché le
sembrava poco ortodosso.
Ma
sentirlo proferire dalle labbra di qualcun altro … forse non è tanto in errore,
allora. “Vai giù?”, domanda Bakugō, infilando le mani nelle tasche.
“Io
… sì, scendevo”.
“Andiamo,
allora”.
Si
avviano per il corridoio, e solo ora Uraraka realizza dove ha incontrato il
compagno. “Sei stato da Kirishima- kun?”.
“Uh.
Sì”.
“E
avete chiarito?”.
“Mhmm”.
“Sono
contenta”.
“Pure
io, quanto meno avrò almeno un attimo di tregua. Anche quell’altro fesso di
Todoroki è venuto a dirmelo. E’ evidente che nemmeno fuori dal corpo di
Yaoyorozu sono destinato a trovare pace da quel cretino a metà”, borbotta con
un tono irritato che sembra buffissimo, nella voce di Ojiro.
Ovvero
sembrerebbe, se Ochaco non sentisse un vago rimprovero diretto anche a lei in
quelle parole. “E da me”, le sfugge, abbassando un po’ la testa.
Bakugō
le scocca un’occhiata obliqua. “Tu non mi dai poi così fastidio”.
E’
stato un commento buttato là.
Ma
Ochaco non se lo aspettava.
Come
non si aspettava di provare quello strano disagio. Lo stesso, che gli è
sovvenuto quando è stata tra le braccia di Ashido … le sue, alla festa.
E
tra quelle di Momo, sempre le sue, poco prima.
E
quelle di Ojiro, ma che al momento appartengono a lui. mannaggia. Che disastro.
“Oh. Be’ … grazie”.
Le
porte dell’ascensore si aprono, Bakugō aspetta che sia entrata prima lei e
la segue, premendo il pulsante del terzo e subito dopo, quello del piano terra.
“Tu tornavi da Yaoyorozu, no?”.
“Sì”,
mormora piano.
Teme
che Bakugō le dica qualcosa perché … insomma. Momo è lui, adesso.
Magari
non gradisce che ci stia tanto a contatto.
E
questo pensiero le incendia le guance ancora di più.
La
faccia di Ojiro-kun si fa pensierosa. Pare stia valutando se metterla al corrente
di qualcosa o meno. “Mhmm. Ecco, giacché ci stai, visto che è amica tua, butta
un occhio al mio corpo”, replica infine Bakugō.
E
quella frase la lascia basita.
Soprattutto
dopo la conversazione con Yaoyorozu. “Ma Bakugō, Todoroki-kun non …”.
“Non
capire male. Di quel coglione a mezzo mi fido, nonostante tutto, se non altro
perché è uno scemo. Ma non vorrei la sua donna si tagliasse le vene. Non aveva
una bella faccia, stasera”.
“Era
la tua”, sbotta spontanea Ochaco, mordendosi la lingua un attimo dopo.
Non
sa più cosa dice. Lo sforzo di trovare le parole giuste per tutti, per Momo, le
ha annebbiato la lucidità, è evidente.
Katsuki
però scoppia a ridere. E lei si sente un po’ più serena, forse. “Ben detto
Faccia Tonda. Ben detto”. L’ascensore si ferma, le porte si aprono. “Vabbé. Ci
si vede”. Fa per muovere un passo, ma il pennacchio dell’appendice è piantato
per terra e Bakugō non pensa a scostarla.
“Bakugō,
la co …”, tenta di avvisarlo.
Ma
è già tardi.
Il
compagno ci è inciampato dentro ed è quasi finito muso al pavimento. Ci ha
pensato lei a trattenerlo, per un riflesso incondizionato ha teso le mani e l’ha
toccato, evitando si schiantasse sul pavimento.
Ma
ora fluttua a mezz’aria.
“Dannata
scimmia”, ringhia Bakugō, esasperato. “Prima tirava avanti, ora tira
dietro. Mi ritroverò con un mal di schiena fottuto, quando questa storia di
merda sarà finita. Se finisce”.
Ochaco
evita di fargli presente che una volta riottenuto il suo corpo spariranno tutti
i fastidi.
Può
avere un caratteraccio, essere sboccato e irritabile e avere tanti, tanti altri
difetti.
Tuttavia
come ha detto Todoroki è quello che era messo peggio. Ha avuto tutto il
sacrosanto diritto di avercela col mondo per una ragione sensata, e anzi sicuro
ce l’ha ancora adesso ma paradossalmente è il solo che stia dando un qualche
valore alle sue azioni.
Che
l’abbia incoraggiata … e sì, a modo suo anche consolata. “Finirà. Ne sono
sicura. Andrà tutto bene”.
Angolino Autrici:
Un capitolo MOOOOOOLTO lungo per farci perdonare della lunga assenza.
Ricco ma carico d’eventi e POV.
Spero possa piacervi. Fateci sapere.
Le cose degenerano!
Un bacione,
Asu e Anya