Anime & Manga > Boku no Hero Academia
Segui la storia  |       
Autore: Saruwatari_Asuka    08/06/2020    2 recensioni
"L’urlo disumano straccia il silenzio di piombo calato sull’intera sezione A della Yuuei.
Un grido che a sentirlo altrimenti avrebbe fatto accorrere una frotta di Eroi, poliziotti, giornalisti e semplici curiosi.
Bakugō Katsuki serra il pugno.
Prova il bisogno fisico di far andare in frantumi qualcosa. Qualunque cosa.
E la frustrazione devastante di non poterlo fare.
Ma c’è di peggio.
Bakugō Katsuki nel corpo di Yaoyorozu.
Se esiste un Dio, e inizia a dubitarne seriamente a questo punto, sarebbe bene gli tiri addosso un meteorite all’istante.
Perché non potrà garantire delle sue reazioni da qui in avanti."
{Storia a 4 mani. Asuka e Anya_Tara.}
{KiriMina; ShinOji; KamiJirou; TodoMomo; Kacchako; MidoMelissa}
Genere: Comico, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

31. Goodnight. And thanks…

 

 

 

Lo scoraggiamento è divenuto ormai generale.

Si respira un’atmosfera pesante, nella sala comune della Height Alliance. Sono tutti depressi, nessuno ha voglia di chiacchierare. Nemmeno la torta a cui Satou ha lavorato per metà del pomeriggio, e con cui sperava di risollevare gli animi affranti è servita granché.

Metà della classe si è già ritirata. Alcuni sono seduti ai divanetti a guardare la tivù, altra gente va e viene.

Nessuno parla.

Hagakure batte le carte dell’”Uno” da mezz’ora, ma sembra quasi voglia leggerci i tarocchi e prevedere il futuro piuttosto che mettere insieme il gruppo per una partita.

Nessuno sa più quando e come finirà.

Iniziano a dubitare anche del “sé”, ormai.

Hanno portato tutte le loro cose da una stanza all’altra, attraverso il dormitorio, di nuovo. Una transumanza di spiriti demoralizzati e facce lunghe, l’unica che come al solito non l’ha presa troppo male è Mina, ma lei non fa più testo e poi se ne sta buona buona accanto a lui sul divano, sapendo che nonostante tutto ci sono cose che ancora non sono state risolte, per il suo ritrovato fidanzato.

Gli occhi rossi si alzano di tanto in tanto su Ojiro, cioè Bakugō, seduto sul pavimento, in disparte all’altro capo del salottino, lo sguardo nero di Mashirao fisso sul televisore che manda una vecchia serie poliziesca trita e ritrita, e gli pare quasi di sentire gli ingranaggi del suo cervello muoversi, stridere, Eijirō non riesce a capire perché diversamente dal solito se ne stia lì con loro e non sia salito in camera; non certo perché tema nuovi assalti, più o meno reali, al suo corpo.

Ed è a questo che corrono più spesso gli occhi scarlatti, cioè a Yaoyorozu. E alla fine si posano anche su Momo, cioè Mina, che sfoglia una rivista.

Vista così, si direbbe sul serio l’educata Creati.  

Si sta comportando bene. Di sicuro ci tiene a non combinare altri casini, ora che sono tornati insieme; è così da quando sono usciti dallo stanzone dell’infermeria.

“Gesù Bambino!”, aveva sbottato Sero nel vederli sfilare uno per uno, una volta che Recovery aveva dato l’okay per i rimanenti sei, dopo la fuga di Katsuki. “Chi è chi, adesso? Io non ci capisco più niente.”

Con santissima pazienza, quella che credeva fosse esaurita ma riusciva sempre a grattare anche dal fondo più cupo del barile, Eijirō si era messo a spiegargli che adesso Momo era Ashido e non più Bakugō; che Bakugō era Ojiro e non più Mina, e Mina era Kaminari, nel cui corpo c’era Ojiro, e gli unici tornati al loro posto erano Jirou e Midoriya.

E Sero aveva fatto una faccia che nemmeno al test di storia. “Facciamo una cosa, segnameli su un foglio, Kiribro”.

Tokoyami, uno dei pochi ad aver mantenuto un ferreo stoicismo fin lì, si era lasciato sfuggire un’espressione più consona ad un Katsuki in gran spolvero. Shoji accanto a lui aveva sgranato gli occhi e così Koda, che si era tappato le orecchie.

“Je suis trop fatigue”, aveva mugugnato invece Aoyama portandosi la mano alla fronte, e Tsuyu accanto a lui aveva inclinato la testa dai lunghi capelli, guardando la sua amica Uraraka venire fuori afflitta da quel camerone.

“Che gran casino, cra. A questo punto sarebbe stato meglio lasciare le cose come stavano”.

Eh già. Facile da dire adesso.

Ma non voleva venire in urto anche con Tsuyu. Lei è fatta così, dice quel che pensa, non lo fa per ferire le persone.

Ha ancora in mente i pianti che si era fatta dopo il rapimento di Bakugō.

L’unica fortuna, se così può chiamarla Kirishima, è che almeno con Todoroki le cose siano chiare. E’ lieto che giusto il giorno prima abbia parlato a lungo con il compagno, e che abbia stabilito certi punti: così potrà stare tranquillo, Shouto.

Difatti è tranquillissimo, o almeno così pare. E’ seduto accanto alla sua ragazza, che non alza lo sguardo dal tavolino. Lo fissa come potesse farlo levitare, nemmeno abbia mutuato il quirk da Ochaco e non da Bakugō.

“Kiriciccino? Io vado in stanza”, lo avvisa piano Mina, d’un tratto, distraendolo dalle sue cogitazioni.

“Mhmm? Come mai?”.

“Be’. Sai”.

Eijirō per un attimo la guarda intimorito, spera non debba ricominciare la trafila dei deliri dei giorni precedenti. Poi ricorda, collega i puntini e quasi si sente in colpa per aver pensato male di nuovo.

Ma non è colpa sua. Gli viene naturale, non osa sperare nella quiete mentre la tempesta è ancora in corso.

“Ah già. Andiamo. Ti accompagno”. Fa per alzarsi ma prima lancia un’altra occhiata a Shouto, che guarda le mani di Momo come volesse tenerne una nella propria.

Ma se soltanto ci prova di nuovo è facile che Bakubro lo strangola, e stavolta sarebbe peggio che con le lunghe mani delicate di Yaoyorozu.

Poveraccio. Meno male che Todoroki è uno tosto, qualcun altro sarebbe già crollato o quanto meno sarebbe sul punto di farlo.

Come Shinsou, ad esempio. Che ha una faccia ancora più cadaverica del solito, e se perlomeno Shouto è stato in grado di “badare” a Bakugō in un modo o nell’altro, riuscendo anche ad instaurare con lui un qual certo rapporto diverso dal: “ti faccio saltare in aria stronzo” , a Hitoshi era andata male al primo e peggio al secondo giro di giostra.

Con certe persone il Fato si diverte proprio, è il caso di dire.

O forse è solo che Shinsou non è in grado di gestire il carico di stress che gli è caduto tra capo e collo tutto assieme.

Bakugō è insopportabile, vero. Ci vuole un fegato grosso come una casa solo per doverlo tenere vicino, e non necessariamente in senso amichevole, ma proprio spaziale.

Ma è leale. A livelli che rasentano l’incredibile, lo sanno tutti e paradossalmente Shinsou pare molto più rassicurato di quando nel corpo del suo ragazzo c’era Kaminari.

Quello che non gli va davvero giù è che Mashirao sia adesso in quello di Denki, a parere di Kirishima. Kaminari gli ha spiegato un po’ come sono andate le cose, mentre lui – molto poco onorevolmente, ma non poteva agire in modo diverso in quel momento- andava a chiudersi in camera come un appestato dopo aver cazziato Mina e averla mollata, per uscirne solo quando era ormai certo non ci fosse più nessuno in giro, nel dormitorio.

Jirou è tornata normale, Denki è nelle sembianze di Mina. Kirishima in realtà non si sente più in ansia ora di quanto non fosse quando c’era Midoriya.

Anche perché, siamo onesti. Denki non potrebbe combinare più danni di quanti non ne farebbe la stessa Ashido.

E poi adesso c’è Kyoka. Che lo scruta di sottecchi con un sorrisino sardonico, va’ a sapere perché; ma ciò che conta è che Kaminari dovrà stare molto attento a non sfiorarsi nemmeno per sbaglio, se ci tiene alla salute. “Todoroki?”.

Gli occhi eterocromi si rialzano, incrociano i suoi. Sembra abbia sonno, lo vede un tantino perso ma è evidente che non vuole lasciare da sola Momo. “Dimmi, Kirishima?”.

“E’ un problema se accompagno … Mina in stanza?”.

Il compagno a metà abbozza un sorriso. “Ma no, certo che no. Buonanotte, ragazzi”.

Salgono, Eijirō e Mina. Entrano nella camera di Momo, dove già hanno spostato le cose di Mina da quella di Bakugō … in realtà è stata Uraraka ad incaricarsi di quella bisogna, che Kirishima aveva il terrore di dover entrare, anche se la chiave l’aveva ancora Ashido.

Non lo ha guardato neppure una volta, neppure per sbaglio, Katsuki. Lo ha completamente tagliato fuori, come non esistesse più per lui; il che è infinitamente peggio dell’essere “maltrattato”.

Forse è per questo che ha scelto di non salire subito in camera Bakugō: per farglielo pesare meglio.

Leale sì, vendicativo anche di più.

Si fida di Todoroki, ma non può certo sperare in un miracolo da parte sua: se Bakugō non vorrà perdonarlo Shouto potrà sdilinquirsi fino a perdere la voce, non caverà un ragno dal buco.

Cazzo. Forse non è proprio una delle espressioni più felici da usare, in questo momento.

Non vuole più sentir parlare di … buchi per un pezzo, almeno. A meno che non si tratti di quello in cui dovrà andare a seppellirsi una volta che le cose saranno tornate al loro posto, e Katsuki andrà a cercarlo per spaccargli le corna.

Aspetta che Mina sia uscita dal bagno, con addosso il pigiama di raso rosa pallido di Momo.

Se non altro ora si copre, grazie al cielo. “Come va, tutto bene?”.

“Sì, sì. Il primo giorno di solito è il peggiore, quindi tutto regolare”.

Kirishima annuisce soltanto. Quel primo giorno è stato il peggiore su parecchi fronti, altroché.

“Eiji?”.

“Sì?”.

“Posso farti una domanda?”.

“Dimmi”.

Ashido abbassa lo sguardo sul decolleté, sigillato fino all’ultimo bottone. “Secondo te Yaomomo le ha più belle delle mie?”.

“Dannazione,  Mina … non farmi pentire di essere tornato con te”.

“Ma no, sciocchino. E’ solo un’opinione  quella che ti sto chiedendo. Cioè … insomma. Sono più grandi”.

“A me piacciono le tue”.

“Kiri …”. Mina fa per abbracciarlo, ma si ferma a metà del gesto. “Okay. Niente contatti”.

“Brava”.

Mina va a sedersi sull’enorme letto di Yaoyorozu, afferra la spazzola e comincia a pettinare i lunghi capelli corvini.

Sì, finalmente sembra che si possa cominciare a respirare un po’ di pace, quantomeno da questo punto di vista. “Sai che Momo-chan è ancora vergine?”.

Kirishima si strozza, quasi.

Forse ha parlato troppo presto. “Mina non credo che …”.

“Non è una cosa strana?”, osserva lei, in tono pacato però.

E’ solo una conversazione come un’altra, alla fin fine. Di qualcosa devono pur parlare, e della loro situazione attuale non vogliono farlo, non sarebbe salutare.

Così come di quella con Bakugō. “Non vedo perché. Ognuno ha i suoi tempi, non sono tutti come noi”.

“Ma sì, questo lo capisco. Però … cioè, non so. Mi pare curioso. Cioè, se fosse single okay, ovviamente capirei. Ma sta da tre mesi con Todoroki … cioè, dai, Eiji, lo sai che ho occhi solo per te tesoruccio, ma … wow. TO-DO-RO-KI”, scandisce piano.

A Kirishima scappa una risatina, che fortunatamente riesce a mascherare con un colpo di tosse. “Appunto”.

“Eh? Che vuoi dire?”.

Accidenti.

Ora che ha tirato la pietra, sa che Mina non gli darà pace finché non avrà mostrato la mano. “Ho … avuto una conversazione … piuttosto intima con lui, ieri sera. E mi è parso un filo spaesato, non solo su cose particolari ma un tantino in generale. Come stesse cadendo dalle nuvole insomma. Certo può anche essere che fosse fuori bussola per via del casino successo, o che semplicemente … non sia abituato a parlare di certe faccende con altri. In fondo non siamo nemmeno così in confidenza, noi due. Ma ho avuto quest’impressione, tutto qui”. Osserva Mina, gli occhi neri di Momo fattisi pensierosi. “Che c’è?”.

“Che se davvero è così forse dovremmo dargli una mano …”.

“Mina?”.

“Ma no, scemo. Dicevo in senso … buttare lì qualche dritta. Non pensare sempre male di me, stellina. Sai che amo solo te”.

Kirishima si scioglie.

E’ una delle doti di Mina. E’ una casinista, distrugge tutto quel che tocca ma sa essere anche capace di slanci di generosità e sentimenti purissimi. “Anche io. Ma è bene che si gestiscano le loro faccende personali da soli”.

“Ma semmai Yaomomo venisse a chiedermi consigli … potrei dargliene?”.

Kirishima tace, ponderando bene la risposta da darle.

E’ decisamente improbabile che la dolce, timida Yaoyorozu elegga proprio lei come confidente, specie dopo tutto quello che va accadendo di questi tempi.

Tuttavia è bene non essere troppo sicuri di niente. “Vedremo”.

“Grazie, Eiji”. Mina posa la spazzola, batte le mani e si mette sulle ginocchia. “Però adesso mi devi dire cosa vi siete detti con Todoroki!”.

“Ma niente di speciale. Cose da ragazzi. E tu non lo sei più”.

Ashido mette su un finto broncio, che si addice ai lineamenti di Momo. “Uff. E va bene”.

“Dormi bene, Mina”.

“Notte Eiji!”.

Una volta fuori Kirishima espira di sollievo.

Se non altro almeno qualcosa, ora, è più gestibile.

E … ad essere sincero gli mancava questo lato di Mina. La sua dolcezza.

Si dirige alla scalinata, e sul pianerottolo si imbatte in Uraraka. Che ha l’aria di essere sfinita, e a ragione: è praticamente tutto il giorno che fa avanti e indietro, non l’ha vista nemmeno sedersi in sala comune con gli altri, solo passare di volata con i capelli umidi. “Ehi, Uraraka. Torni in stanza?”.

“Macché. Venivo solo a prendere il mio cellulare, l’ho lasciato prima sottocarica. Vado a vedere come sta Momo-chan, l’ho vista molto abbattuta”.

“Non finisce mai eh?”.

Lo sguardo di Ochaco è quello di una povera martire rassegnata. “Se non altro, almeno adesso qualcosina è meno peggio di prima, quanto meno per alcuni. Ma non voglio cantare vittoria troppo presto”.

“Già. Be’, allora …”.

Ochaco indugia ancora, però. E la piccola fronte si aggrotta.

Non è difficile capire che abbia ancora qualcosa da dire, Uravity. “Kirishima … posso chiederti … una cosa?”.

“So già cosa vuoi sapere. E no. Si è trattato di un malinteso, l’ho già spiegato a Todoroki ieri sera”.

Uraraka sospira di sollievo. “Meno male”. Poi d’un tratto avvampa, fino alla cima dei capelli. “Cioè, voglio dire … insomma, per voi eh! Cioè alla fine sono cose che non mi riguardano … io … desidero solo che … si sistemi tutto in fretta e torniamo a starcene in santa pace, se è stato solo un equivoco meglio così, no? Bakugō … non ha niente di cui preoccuparsi, alla fin fine”.

Se non fosse che la questione lo tocca tanto da vicino, scoppierebbe a ridere Kirishima.

L’espressione di Ochaco è così confusa che mette tenerezza.

Ed è chiaro che non si tratti di mero imbarazzo per l’argomento delicato. “Todoroki ha detto che parlerà con lui, proverà a spiegargli le cose. Io ci spero, ma lo sai com’è fatto Bakugō. E’ … terribilmente testardo”.

“Io … be’, non garantisco nulla. Ma anche io … farò la mia parte, se serve”.

“Grazie, Ochaco”.

“Di niente. Mina-chan dorme?”.

“Sì, l’ho appena messa a letto. Almeno lei sembra abbastanza in pace con se stessa … e più disposta a lasciare in pace noi, ora che non ha più da portare le grazie di Bakubro in giro per i corridoi della Yuuei”.

Uraraka sobbalza. Eh sì.

E’ talmente evidente che gli pare inverosimile che nessuno, nemmeno la sua Mina che ha le antennine per certe cose, se ne sia accorta. 

Vabbé ch’è troppo presa dalle proprie. E inoltre … è sempre stata fermamente convinta di una cosa su Uraraka: e per quanto sia attenta, è difficile cambiare punto di vista da un giorno all’altro, per lei.

Ma Kirishima, forse perché la vede in modo “pulito”, chiaro, senza pregiudizi di sorta se n’è reso conto.

Stanno accadendo cose strane, e non solo in senso negativo. “Allora … vado da Yaomomo”.

“D’accordo. Buonanotte, Uraraka”.

 

-

 

Ojiro posa il cellulare sul ripiano del lavandino nel bagno di Kaminari, sotto carica.

E’ stata Jirou ad occuparsi delle sue cose. Le ha trasferite dalla propria camera a quella … di Kaminari, e probabilmente lei è l’unica che lo potesse fare senza problemi visto il suo tour de force fisico. “Starai bene, Ojiro-kun?”.

Mashirao per un attimo ha scordato la cautela e l’ha abbracciata. Jirou è stata così buona con lui, così dolce… “Oh, scusa Jirou-san, perdonami”. Si è ritratto immediatamente, ma la ragazza gli ha sorriso.

“Tranquillo. Ci sono stata io dove sei tu adesso. Non serve nemmeno che ti dica che mi fido ciecamente di voi, vero?”. Un leggero rossore si è sparso sugli zigomi di Kyoka, è sempre comunque il corpo di Kaminari, in fondo.

E dev’essere un sollievo esserne fuori, è sembrato dicessero quegli occhi blu scuro. Anche se la voce ha taciuto.

In effetti non dev’essere stato per niente facile, per Kyoka. Almeno finché non ha chiarito con Denki.

Ma adesso che guarda il volto teso, pallido di Hitoshi inizia a rendersi conto che forse esiste qualcosa di peggio che ritrovarsi nel corpo di qualcuno che malauguratamente ti piace.

Essere dentro … un amico con cui hai avuto da ridire.

Non è per nulla stupido Mashirao, no. Hitoshi ha serbato uno stoico mutismo fin da quando si sono destati in infermeria, lui dentro Denki e Bakugō dentro di lui.

E … paradossalmente la delusione, l’afflizione di Shinsou erano molto meno legate a quest’ultima faccenda di quanto non fossero dovute alla prima.

Eppure gli aveva detto che lo avrebbe perdonato. Che … non gli avrebbe portato rancore per quello che era accaduto.

Ma l’istinto è una forza a cui non si può comandare tanto facilmente.

E Hitoshi … almeno per quanto lo conosce lui … ultimamente ne è spesso preda.

A voler essere sincero, nemmeno lui è felice di essere finito proprio nel corpo di Kaminari; potendo scegliere, avrebbe preferito riavere il proprio.

Ma non è andata così, non si poteva certo ammazzare, o disperare.

Quanto meno non è più soggetto a quei crampi, a quella debolezza che nemmeno lo facevano stare in piedi.

A quel mal di testa che sembrava aver messo le tende dentro il suo cervello.

Anche se ora … doveva affrontare il rischio di folgorare – e folgorarsi.

E quella riprovazione silenziosa, ma non per questo meno dolorosa.

“Ti accompagno … Mashirao”, ha detto subito dopo che Kirishima e Ashido hanno lasciato la sala comune.

Oijiro ha annuito appena, attendendo che anche il suo fidanzato si fosse messo in piedi, si è avviato verso l’ascensore e ha premuto il pulsante del terzo piano.

Non gli è sfuggito il sospiro di Shinsou, la sua aria abbattuta quando sono entrati tutti e due nella cabina.

Mashirao è una persona dolce e gentile. Pacata.

Però ha un brutto difetto.

L’orgoglio.

Non gli piace che lo si prenda in giro, non gli è mai andato a genio.

A Hitoshi ha perdonato quel che è accaduto l’anno prima. Quella era stata una situazione stringente, e nonostante tutto gli ci era voluto un bel po’ per farsela passare.

Ma questo, con tutto l’amore che gli porta, e tutta la comprensione di cui è capace, no.

Proprio non gli va giù.

Non l’ha deciso lui di finire dentro Kaminari. E che ora Hitoshi debba farglielo pesare, invece di provare a confortarlo, di tentare di metterlo a proprio agio … e che diavolo, direbbe Bakugō.

Bakugō che adesso ha il corpo di Mashirao.

E che nonostante tutto, ma non è una novità, si sta comportando meglio del suo ragazzo.

Davanti alla stanza di Kaminari, Shinsou ha sospirato con forza. Ojiro ha finto di non sentire ed ha aperto, seguito da Hitoshi.

Senza dir nulla è entrato nel bagno di Denki, si è spogliato e si è rivestito con una maglietta e un paio di pantaloni della tuta che il compagno usa per dormire, e che Kyoka gli ha lasciato piegati sulla sedia.

Sarebbe quasi riposante per lui avere a che fare con questo corpo dopo essersi giostrato malamente con quello di una ragazza.

Se non fosse per Toshi.

Quando esce, lo trova che osserva con una piega torva della fronte le cose di Kaminari. “Guarda che non sei obbligato a restare”.

Gli occhi viola si sgranano. Lo fissano, d’un tratto attoniti. “Ma … che dici, Mashi?”.

“La verità. E’ tutto questo pomeriggio che non fai altro che farmi venire la depressione”.

Lo sguardo di Shinsou è quello di un cane bastonato. E Mashirao, invece che sentirsene ammorbidito, si sente urtato.

E’ di nuovo lui, in quella situazione del cavolo. Lui, quello che deve affrontare tutto da capo, imparare a gestire un altro corpo, un altro quirk.

Non ha un minimo di empatia Hitoshi, è costretto ad ammetterlo. L’egoismo di cui sta dando prova adesso è ancora più offensivo dopo quel discorso del giorno prima in infermeria. “Scusa. Ma non pretenderai certo che faccia i salti di gioi”", replica duro, infatti.

“E certo. Perché il tuo unico problema è che io sia finito proprio nel corpo di Kaminari, che guarda un po’, avevi promesso di perdonare. Se non fosse che sono io a patirne le pene maggiori direi che ti sta proprio bene Hitoshi, così impari a mentire”.

“Mentire?!”.

“Si! Perché ne stai facendo un dramma. Tu, e non io, che rischio di finire fulminato e fulminare altra gente, altre persone a me care, che ancora non posso tornare a casa, che non posso nemmeno telefonare ai miei. E tu sei incazzato perché adesso ho la faccia di Denki”.

“Ma Ojiro porca miseria cerca di ragionare …”.

“SEI TU CHE DEVI RAGIONARE! Io ne ho abbastanza, capito, abbastanza di dovermi sentire in colpa quando sono la vittima! Sono stufo di dover sempre chinare il capo davanti alle tue azioni! Invece di aiutarmi, non hai fatto altro che mettermi in difficoltà, fin dal primo momento in cui mi sono ritrovato in questa situazione. E io non penso che … siamo poi fatti per stare insieme, io e te”.

Shinsou tace, deglutisce a fatica. Un suono che fa male a Mashirao, ma non può cedere.

E’ troppo deluso, anche lui. Arrabbiato, e continuare così significherebbe soltanto continuare a distruggere quel rapporto che soltanto il giorno prima sembrava essersi rinsaldato.

Ma non era colpa sua, no. E’ Hitoshi, per quanto gli costi ammetterlo, è a causa sua se è tutto così complicato. “No Mashirao no …”, lo supplica, la voce infranta.

“Mi dispiace. Ma è l’unica cosa che sento giusta adesso … e devo farlo. Vorrei pregarti di uscire”.

Sa che le mani di Hitoshi si sono richiuse in due pugni. Che … vorrebbe poterlo toccare e non lo può fare, ma non perché sia rispettoso del corpo di Kaminari, soltanto perché prova … fastidio, che sia proprio quello del compagno.

Ed è questo che non gli fa rialzare lo sguardo dal pallone da basket parcheggiato in un angolo della camera pacchianissima.

“Va … va bene. Come vuoi, Mashirao”.

Esce piano, chiudendosi la porta alle spalle.

Ojiro si siede con cautela sul letto di Denki. Si sdraia, fissando la parete.

Non vuole ascoltare quel dolore al petto, nel cuore, che pulsa come una cosa viva.

Tanto più che non è nemmeno il suo.

Ma fa tanto male uguale.

 

-

 

Okay.

Gli si è intorpidito abbastanza il culo a star lì seduto e non fare niente, fingendo di seguire quella fottuta serie tivù di cui non ha colto nemmeno mezza virgola.

Perché? Perché aveva un po’ di cose da fare, e la prima della lista era far venire le angosce esistenziali a quel maledetto di Capelli di merda.

Sì, ce l’ha ancora con lui. E non gli passerà tanto in fretta: non lo può perdonare, quel che ha fatto è gravissimo e ha tutta l’intenzione di fargli il culo, appena se ne presenterà l’occasione.

Per adesso si è accontentato di ignorarlo sistematicamente, quel … quel … quello schifoso traditore di amici e violatore di corpi altrui.

E’ meglio che non ci ripensi troppo, dannazione.

Ma non è solo per questo che è ancora lì. 

Si potrebbe quasi dire che è il karma, con tutto quello che gli è capitato adesso è andato a finire giustappunto … nel corpo di uno degli unici gay della scuola, o quanto meno uno dei due dichiarati.

Ma onestamente a lui non frega un cazzo se allo scimmione piace … ecco sì, quello. Problemacci suoi, in barba a tutte le offese che gli ha rovesciato addosso – meritate, perché no, i cazzi suoi quello non se li poteva fare, doveva anche andare a consolarlo, tsk - non gli interessa minimamente se propende da questa o quella parte.

Ma porca puttana, c’erano stati già abbastanza casini per colpa di quei dementi di Faccia da Scemo e Occhi da Procione. E … non l’avrebbe mai ammesso del tutto, ma se restava lì a farsi vedere Faccia da Morto quanto meno avrebbe avuto di che stare sereno, su un fronte.

Un po’ come lui.

D’ accordo, aveva gridato dietro a Todoroki, ma solo perché era incazzato a bestia che il solito nerd di Merda avesse riavuto il proprio corpo e lui invece no.

La Secca non lo infastidiva allo stesso modo e poi lo spasso che ora toccasse a Kaminari – perché bisognava essere scemi per non capire che quei due avevano qualche mezza tresca assieme - avere tette e ovaie gliel’aveva fatta perdonare più in fretta.

Bakugō si augura solo che abbia anche lui … le cose delle femmine. Quanto meno potrebbe imparare ad avere un po’ più di rispetto per le donne, che non sono solo pezzi di carne buttati lì per essere guardati da lui e quell’altro pervertito di Mineta - che dopo le minacce di Aizawa ha pensato bene di rintanarsi in camera- ; dalla faccia di Jirou ha il sospetto che la tipa ne sappia qualcosa. Lui resterà in ascolto, aspettando gli sviluppi.

Ma non stasera.

Non vede l’ora di andarsene a dormire.

Faccia Tonda ha fatto il lavoro sporco per lui, dopo aver spostato le cose di quella fulminata di Ashido dalla sua camera, previa il suo permesso – è praticamente l’unica a potergli parlare senza che gli scoppi un embolo, a Katsuki- dopo si è anche offerta di andare a prendere le sue cose dalla stanza di Momo per portarle in quella di Ojiro.

Non c’è da stupirsi che non abbia ancora posato il fondoschiena sulla sedia. Ha continuato a fare avanti e indietro come una dannata, non ha nemmeno asciugato i capelli e le prenderà un accidente, se continua così.

Sarebbe bene che mandasse tutti a farsi fottere e si ritirasse in camera.

E anche lui, in realtà.

Quella stramaledetta coda gli pesa un fottio, quasi quanto il davanzale di Yaoyorozu. Che all’improvviso si alza.

Fa un effetto strano vedere il suo stesso sguardo fissarlo come vedesse il vuoto.

Ha mai avuto quell’espressione così … dannatamente vacua, lui?

Mah. Non lo sa. Quanto meno non se lo ricorda.

Ma non gli piace.

E’ anche per questo che indugia ancora. Non che lui possa farci nulla, non sono fatti suoi, anche se è stato nel suo corpo non si può certo dire che abbiano una qualche sorta di rapporto loro due.

Gli fa un po’ pena, Yaoyorozu. Le concede questo lusso perché sa che da lei non ha nulla da temere, che lo rispetterà molto di più di quanto non abbia fatto quella dannata Occhi da Procione.

Che adesso è nei panni della giunonica Creati.

Se fosse un figlio di buona donna fino al midollo spererebbe davvero tanto che quello stronzo di Kirishima e la sua degna metà combinino qualche casino anche adesso, così il bastardo a metà avrebbe pure lui di che suonargliele di santa ragione. Ma non lo è, e sa che se soltanto ci pensa, Capelli di merda, sarà proprio Bakugō a dargliene di secche anche per Momo nonostante tutto.

Può essere nato male, incazzoso, arrogante, avere un sacco di tratti che per la gente comune sono difetti e lui valuta come pregi, su di sé.

Ma quello no, non ce l’ha. E il solo pensiero che qualcuno sminuisca le donne riducendole a meri oggetti sessuali gli brucia il cervello, gli fa venir voglia di prenderli tutti a calci nel sedere e rompergli i denti.

Sua madre gliel’ha inculcato ben bene fin da piccolo. “ Prendi pure a mazzate tutti quelli che ti pare, ma tocca una ragazza in modo men che rispettoso e come ti ho fatto, così ti distruggo, Katsuki Bakugō”.

E per quanto tolleri poco la vecchia, e altrettanto poco le dia retta, i suoi insegnamenti non riesce a levarseli dalla testa.

“Torni in camera, Momo?”, sente domandare a Todopirla cavalier servente pronto all’attacco.

Quanto meno non deve più averlo tra i piedi e questo è già un sollievo.

Anche se in fondo in fondo, e nemmeno questo confesserà mai, non è poi così male.

E … pare anche aver ritrovato finalmente un briciolo di buon senso, occupandosi della sua fidanzata, dandole le attenzioni che quella povera disgraziata si merita.

“Mhmm mhmm. Sì, Shouto”.

Gli occhi spaiati si voltano verso di lui. “Bakugō, posso … “.

“Perché, se dico di no cambia qualche cazzo? Vai”.

“Grazie”.

“Uh”.

Aspetta che siano fuori portata, e poi, a fatica, si mette in piedi anche lui. “Be’, io me ne vado”, annuncia.

“Ti serve qualcuno per tenerti la coda, Bakugō?”, fa Faccia Piatta, che fin qui se n’è rimasto zitto a farsi i cazzi suoi.

“No, ma se non chiudi il becco servirà qualcuno a te per portarti le ossa, idiota”. Trascinando quel fardello va verso l’ascensore, preme il terzo e ci si ficca dentro.

Che giornate del cavolo.

Appena giunge nel corridoio si imbatte in Faccia da Morto. Più morto che mai, è il caso di dire. “Ohi”.

Shinsou nemmeno alza lo sguardo. Sembra che l’abbiamo picchiato. “Ba … Bakugō”.

“Cazzo ti piglia?”. Domanda del tutto pleonastica, non è niente contento e non serve mica un genio per capirlo.

Deve guardare la faccia di quello che … ha messo impunemente le mani sul suo fidanzato.

Lui una ragazza non ce l’ha, manco la vuole, e in questo momento è più che mai strafelice di non dover avere a che fare con qualche femmina “legata a lui sentimentalmente”, uh.

La dimostrazione che la vita di un Eroe è fatta per essere solitaria. All Might non ha mai mica avuto una compagna, e che cavolo.

“Nulla, Bakugō. Scusa. Vado in camera. Buonanotte”.

“Ehi, demente, fermo qui. Pensavo fosse chiaro ma in caso non ti ci arrivi il cervello vedi che io non ci combino casino col corpo del tuo scimmione”.

“Non …”. Faccia da morto china ancora di più la testa, tira su col naso. “… E’ più il mio scimmione”.

Katsuki rimane per un attimo interdetto. “Che significa?!”.

“Che mi ha piantato. Ma non voglio parlarne, scusami. Buonanotte”. Entra nell’ascensore e le porte si richiudono, tagliandolo fuori.

Le palpebre di Ojiro sbattono su due occhi che fissano allibiti il piano metallico.

Ahhh, e che cazzo.

Ancora casini.

Con un piglio irritato va ad aprire la camera dello scimmione. Sbatte la porta, ma non è un gesto voluto.

Se n’è piene le scatole di tutto quel bordello.

Li sta distraendo da quello che è il loro obiettivo principale: diventare degli Eroi.

Da quando è iniziata questa storia di merda non ha più fatto un allenamento come si deve, e anche per questo gli dà fastidio ogni mosca che passa, ogni disastro che non lo tocca direttamente.

Si spoglia, piano. Bestemmiando nel lottare con la coda, è quasi peggio delle tette atomiche di Yaoyorozu: almeno quelle erano sul davanti e anche se era complicato poteva gestirle meglio di quel malloppo sulle chiappe.

Ha appena finito con i suoi contorcimenti simil-yoga che di meditativo e rilassante avevano ben poco, quando bussano alla porta.

E Santo Dio. Adesso chi cazzo è?

E’ tentatissimo di mandare affanculo chicchessia. Però poi riflette sul fatto che possa trattarsi di Uraraka, che magari è passata a chiedergli se ha bisogno di qualcosa.

Sì, ha troppo buon cuore quella ragazzina. Finirà con l’ammalarsi … e Bakugō pensa di aver capito cosa l’ha spinta a darsi da fare tutto il giorno senza trovare requie.

Il pidocchio verde si è fatto un’amichetta. E non è certo un segreto che Faccia Tonda avesse una cotta sviscerata per quel coglione.

Quei due erano andati a chiudersi in camera appena rientrati al dormitorio. E … porco diavolo, per quanto stimi deficiente Deku, è tornato normale –fottuto bastardo- e non occorre avere la bacchetta magica per capire che ne starà bellamente approfittando.

Tanto più che quella Melissa è pure graziosa. E intelligente, anche se il piano era andato a puttane quanto meno ci aveva provato, con quell’altra pazza di Hatsume.

Lui si è rifiutato di parlarle, ma non certo perché abbia qualcosa di personale contro la biondina.

Non era proprio in condizione di parlare con nessuno.

Non lo sarebbe nemmeno ora in realtà, ma non può fare questo sgarbo a chi si è spremuto tanto per lui senza ragione alcuna; per cui va ad aprire, tirandosi addosso la maglia di Ojiro.

Ma appena vede chi c’è oltre la soglia gli viene da bestemmiare daccapo. “Oddio, ma non era finita questa storia che mi stai sempre tra le palle?”.

Gli occhi spaiati del pirla a metà lo fissano senza battere ciglio. “Ti avevo detto che dovevamo parlare, io e te”.

“E io ti ho detto che non abbiamo un cazzo da dirci. Vai a vigilare su quella pazza di Occhi da Procione e quel pezzo di merda del suo fidanzato, con quelli hai davvero di che preoccuparti, tsk”.

 “In realtà è giusto riguardo a questo, che dobbiamo discutere. Io ho … parlato con Kirishima, ieri sera”.

L’irritazione monta prima che Todoroki possa dire altro. “Non me ne frega un cazzo di quel traditore di merda. Vedi di andartene”. E fa per sbattergli la porta in faccia.

Ma Shouto infila il piede nello spiraglio.

Non è disposto ad arrendersi. “Non è successo nulla. E’ stato solo un equivoco. Posso assicurartelo”.

“Certo. Parli proprio tu di equivoci. Che non capisci un cazzo”.

Faccia a Metà tira un sospiro. Quando lo guarda di nuovo ha messo su un’espressione sussiegosa che t’oh, lo fa sembrare quasi intelligente.

“Fino a prova contraria sei stato tu quello che mi ha tirato un pugno perché credeva gli avessi messo le mani addosso”.

Bakugō schiocca la lingua tra i denti di Ojiro.

Ha ragione Todoroki.

E’ un cretino, ma non un bugiardo. Non è proprio il tipo, esattamente come lui stesso: non le concepiscono proprio le menzogne, non sanno che farsene, il loro cervello non è programmato per dirne, oltre che per sentirne.

Katsuki sbuffa. “E va bene, entra, cazzo”. Toglie la zeppa e Shouto si infila dentro, chiudendo la porta.

Sembra davvero afflitto. “So che non è facile, ma parla con lui. Sta soffrendo. Aveva … lasciato Ashido per te, sul serio, l’hai sentito anche tu in infermeria. E sai quanto ci tiene a lei … però tiene anche a te. Non puoi aver dimenticato quanto gli devi. Io ero con lui in quei giorni del tuo rapimento, gli sono stato accanto ogni momento, da quando abbiamo deciso di venire a recuperarti. L’ho visto … devastato. Non puoi davvero mandare a monte tutto solo per un malinteso”.

Uff… stronzo.

E’ proprio un bastardo Todoroki. Ha pescato quel nervo e sapendolo sensibile ci sta premendo sopra senza pietà, la dimostrazione che l’abilità strategica non gli difetta, malgrado la scemenza per tutto il resto.

Non gli darà scampo finché non cederà. Allora tanto vale farlo subito. “Ahhhhhh e va bene, ho capito, porca troia. Falla finite”.

L’ombra di un sorriso si tende sulle labbra di Metà e metà.

Ha vinto. “E che cazzo, però”.

Todoroki si fa serio, adesso. Concentrato. “Per quanto riguarda quell’altro discorso … non cambia niente, Bakugō. Puoi stare tranquillo. Momo è la mia ragazza, lo sai, ma …”.

“Ma se non la tocchi quando è nel suo corpo figuriamoci nel mio. Certo”.

E’ uno spasso vederlo perdere tutto quel contegno per avvampare fino alla cima dei capelli. 

E Katsuki ridacchia.

Uno pari. “Va bene, bastardo, mi voglio fidare. E vedi che mi costa, dopo tutti sti casini. Perciò vedi di non farne altri … ma capisco anche che sta di merda, uh, eccome se non la capisco. Non è giusto che quello stronzo di Deku abbia riavuto il suo corpo e noi no, ma okay. Facciamocene una cazzo di ragione”. Sbadiglia, stiracchiandosi con cautela. “Io me ne vado a letto. Se non altro spero di riuscire a chiudere occhio, almeno stanotte, senza quei fottuti crampi”.

“Fa davvero così male?”.

“E lo chiedi a me? Domandalo alla tua donna. E’ lei che ci passa ogni mese. Possibile tu non lo sappia?”.

Ora è ancora più rosso. Quasi violaceo in effetti.

Due a uno. Così si ragiona. “Be’ … io non le ho mai fatto di queste domande”.

“Torno a dire, perché non capisci un cazzo. Dovresti prenderti cura di lei quando sta così. Perché credimi, è una vera merda. Io non ci metterei certo la firma. Sono stato meno peggio quando ero con quei pezzi di stronzi dei Villan. E adesso levati dalle scatole”.

“Uhm. Sì”. Shouto si volta per andarsene, ma sulla soglia si ferma.

E lo chiama di nuovo. “Bakugō?”.

Katsuki alza gli occhi al cielo.

Ora lo mena. Non può usare la coda e non c’è nulla in quella stanza da lanciargli contro ma le mani gli funzionano bene, quanto meno. “Che tu sia dannato, che vuoi ancora?”.

“Grazie. Per tutto. Anche per come … hai salvaguardato la dignità di Momo”.                 

“Sì, sì, va bene. Levati dall’anima, adesso”.

“Sì, andavo giusto da Midoriya in verità. Vorrei discutere con lui riguardo la faccenda”.

“Se ti fa entrare. Visto che è da quando siamo tornati che è chiuso dentro con la biondina”.

“Ma …”. Saggiamente Todoroki lascia cadere il discorso.

E’ meglio non mettersi in mezzo a certe cose. Soprattutto lui poi. “Buonanotte, Bakugō”.

“Uh. Buonanotte”.

Non è del tutto persuaso dell’utilità di ciò che sta per fare.

A lui però i casini danno fastidio. Quasi quanto Metà e metà.

E’ solo per puro senso del dovere che riapre e si dirige all’ascensore.

Per puro senso del dovere che sale al quarto.

E quando esce, trova il polpo nel corridoio. “Bakugō”, lo saluta quello, la bocca sulla mano.

“Mhmm”.

Non può certo dire che sia suo amico, Shoji.

Ma … se non altro ha tenuto il becco chiuso riguardo la faccenda della mattina prima.

E’ uno di cui fidarsi, anche lui.

Forse troppo, dacché fin qui si è fatto alla grandissima i cazzi suoi.

Però … è uno col cervello, pure questo.

E poi è amico della scimmia. Non è difficile immaginare che si sia allegramente tenuto in disparte per non fomentare altri puttanai. “Va tutto bene?”.

“Insomma. Mica tanto. Il tuo amico, ha piantato il suo ragazzo”.

Gli occhi lasciati scoperti dalla fascia elastica sulla faccia si sgranano. “Co…”.

“Sì, hai capito bene. Ho appena incontrato Faccia da Morto che sembrava volesse andare ad impiccarsi con le bende. Quindi … che so, magari vedi te. Oh e che palle, non posso fare tutto io in questa dannata scuola, cazzo. C’ho pure io i miei problem”.

Il polpo si ammorbidisce. La bocca sulla mano sembra stirarsi in una specie di sorriso.

Raccapricciante. Ma pur sempre un sorriso. “Grazie, Bakugō. Vado subito da lui”.

“Sì ma non dire che te l’ho detto io. Che sennò rompono il cazzo a me”.

“Non ti preoccupare. Farò finta di voler fare due chiacchere con lui”.

“Bravo”.

Lo vede dirigersi verso l’ascensore, apprezza il fatto che non gli abbia domandato cosa ci fa al quarto piano.

Sì, Shoji i fatti suoi se li sa fare benissimo.

Almeno uno, ancora c’è.

Prende fiato e bussa.

Se ha da togliersi questo dente tanto vale farlo subito. Prima che scoppi qualche altra storia del piffero e faccia finire per davvero tutti al manicomio.

Non avrebbe mai pensato di poterlo dire, ma si stava meglio quando si stava peggio.

Quando tutte le persone che non sopportava ugualmente se ne stavano per lo meno ognuna al suo posto. “Sì?”.

“Apri questa dannata porta”.

Un rumore sospetto come di qualcosa che cade. Rimesso a posto frettolosamente.

Non sarà che è con quella pazza no?

Forse ha sbagliato ad andarci adesso Katsuki, perché se scopre che davvero … sta incasinando il corpo della tettona, dopo che lui si è fatto un … sedere così per tenerlo oltre che al sicuro … lo ammazza, Cristo se lo ammazza.

Il battente si schiude.

Kirishima ha gli occhi rossi, non nel senso di iridi ma di sclera.

Stava … e che cazzo, stava piangendo? “Kam … ehm. Bakugō”.

La voce è leggermente strozzata.

Sì. Sicuro stava piangendo. E quell’altra non c’è, quanto meno non sembra esserci. “Levati e fammi entrare, Capelli di merda”.

“S-sì”.

Entra in camera di Kirishima, tira un profondo respiro. “Senti”.

“S-sì”.

“E non dire sempre sì, cazzo! Oh”.

“S.sì, cioè okay, Bakugō”.

“Un uccellino mi ha detto che non mi hai davvero infilato le dita … lì”.

Kirishima sbianca. Forse non è stato proprio il modo migliore per intavolare la conversazione.

Ma fanculo, è già tanto che sia lì. “Dio, Bakugō … certo che non l’ho fatto. Ho spiegato … a Todoroki che …”.

“Fammi il favore di non nominarmelo. Quando questa storia sarà finita, dovrò dargli tanti di quei calci in culo da non farlo sedere per un mese”.

I capelli scarlatti di Eijirō, ora abbassati, si raccolgono tutti su una spalla. Ha inclinato la testa e lo sta fissando con curiosità. “Ti piace”.

Katsuki fa un salto, riesce a trattenere per miracolo la coda prima che sbatta contro il piede di ferro della panca per addominali di quello scemo. “Uh?! Hai intenzione di prenderteli tu adesso, idiota? Che cazzo vai …”.

“Ma che hai capito! Non intendevo in quel senso. Volevo dire, magari esiste la possibilità che diventiate amici?”, azzarda timidamente.

“Io e quel bastardo a metà non saremo mai amici”.

“Okay. Solo … be’, si è prodigato parecchio per te. E’ stato … carino”.

“Dopo che gli metterò le mani su quella faccia da pirla vedremo se sarà ancora ‘carino’.  E comunque attento al cazzo che combini con la sua donna, perché sennò vedrai che non sarà carino proprio per un accidente”, borbotta mostrando di non fare caso al sorrisetto da squalo del rosso

“Ma no. Bakugō … vale anche per Mina, vero? Cioè … non sei arrabbiato con lei per quel che è …”.

“Quello è un altro paio di maniche. Però sì, okay. Le darò un’altra possibilità”.

“Grazie, Bakubro ...  posso chiamarti di nuovo così no?”.

“In realtà non te l’ho mai permesso io. Ma vabbé”.

Eijirō si avvicina e fa per abbracciarlo. Ma si trattiene a metà. “Giusto. Niente … contatti”.

Katsuki alza gli occhi di Ojiro al soffitto. “Finalmente c’è riuscito a capirlo. Ci sarebbe da festeggiare”, mugugna furbo.

E tende la mano.

Il rosso resta perplesso per qualche momento, pare … non comprendere la natura di quel gesto.

Poi nota la piega delle labbra di Bakugō. E batte il palmo contro quello di lui … ovvero di Mashirao.

“Vedi che questa è l’ultima però. Poi, vero o non vero la prossima volta prima ti ammazzo e dopo ti chiedo scusa”.

“Okay”. Sorride, Capelli di merda.

Se non altro almeno un’altra cosa è andata al suo posto. “Ma vedi di tenere le mani a cuccia”.

“Assolutamente. Te lo giuro su ciò che ho di più caro al mondo”.

“Uh. Vabbé. Non ti chiederò cos’è”. Alza le spalle. “Allora, buonanotte”.

“Buonanotte, Bakubro”.

 

-

 

E’ difficile.

Difficile frenare il pianto di un compagno, che si sta spezzando tra le tue braccia.

Ed è lieto di averne tante Mezo.

Due non sarebbero bastate ad accogliere quel profluvio di lacrime disperate, amare, trattenute male e scoppiate a dirotto appena la porta della stanza di Kaminari era chiusa dietro Shoji.

“Ojiro-kun”, mormora battendogli la mano sulla spalla.

E’ vero, in realtà non dovrebbero avere contatti fisici. Ma Mashirao è così affranto che nessuno, nemmeno lo stesso Denki troverebbe il coraggio di indignarsi per quell’abbraccio fraterno.

Ha mantenuto la parola data, nonostante dire bugie gli costi non voleva ‘inguaiare’ anche Bakugō, tanto più che non è per nulla sua abitudine prendersi pena per gli altri, e soprattutto per certe cose.

In realtà è in pensiero anche per Shinsou. Ma malgrado gli arti moltiplicabili non è in grado di sdoppiarsi e non può trovarsi in due posti contemporaneamente.

E inoltre Ojiro è suo amico da più tempo. Ha trascorso con lui l’intero primo anno, ha imparato a conoscere il suo modo di agire.

Shoji Mezo è un ragazzo molto empatico, nonostante non parli molto capisce perfettamente come stiano gli altri, soprattutto i suoi amici più stretti.

Ha compreso bene cosa quel pomeriggio ha portato Tokoyami a sbottare con quel: “Vaffanculo!” sulla porta dell’infermeria, davanti ai professori che per fortuna erano troppo sconvolti per prendersi la briga di punirlo.

La stessa cosa che ha messo in petto a lui il timore che le cose fossero peggio di prima, per alcuni degli ‘scambiati’.

Tokoyami più che empatico è preveggente.

Gli ha sussurrato mentre erano nel cucinotto che quei due non sarebbero durati, non con Mashirao nel corpo di Kaminari.

E dannazione se ci aveva visto giusto.

Mezo aveva tanto sperato che non andasse così, e invece no.

Però … sa anche che forse si può ancora recuperare. Se ha intuito anche lui cosa davvero ha spinto Ojiro, sia pure sotto la sferza dell’irritazione, a prendere quella decisione allora non è poi così grave.

“Ojiro-kun. Non fare così, dai. Sta su”. Gli passa una mano sulla testa bionda, dalle ciocche un po’ scomposte.

“Ma … io …”. Singhiozza fuori controllo, povero.

“Hai sicuramente fatto la cosa più giusta. Non devi rimproverarti. Hai bisogno di prenderti cura di te stesso in questo momento, tanto più che il quirk di Kaminari è decisamente più pericoloso di quello di Jirou-san. Devi stare tranquillo. E … probabilmente Shinsou-kun adesso non è la persona più adatta”.

“Non ha fatto altro … che farmi sentire peggio. E dire che mi sono illuso che … potesse accettarlo anche questo, alla fine, quando mi si è avvicinato in infermeria … ma poi ho visto il suo sguardo. Ed era centomila volte più triste di quando ero … Jirou”.

“Ma è anche ovvio, Ojiro … era deluso. Ha visto che Midoriya e Jirou erano tornati normali, ci ha sperato, ed è stato un brutto colpo per lui”.

“Sì, questo l’ho capito … e infatti lì per lì non gliene ho fatta una colpa. Però … poi ho visto come si comportavano gli altri … cioè persino Todoroki non si è spostato un attimo da Yaoyorozu, nonostante le minacce di Bakugō. E io … io … mi sono sentito … messo da parte”.

“Ma è normale. Anche io al tuo posto mi sarei sentito così”.

“E allora … ho pensato … che non poteva proprio sopportarlo. Che avessi questo aspetto qui, questa faccia qui … che … se per disgrazia questa storia non finisse, io … lui … non potrebbe mai … adeguarsi. Per lui … Kaminari è un amico. Cioè, ci pensi? E’ come se per me lui fosse finito … nel tuo corpo. Io non avrei mai potuto …. adeguarmi, sapendo che … tu non sei così. Oddio, scusa, non so più cosa dico, dannazione”. E giù un nuovo fiotto di lacrime, che si riversano sulla spalla amica del compagno tentacoluto.

Ecco.

Aveva letto bene.

Peccato non possa sentirsene felice, Shoji.

Un suo amico fidato sta male. E si sente dannatamente impotente, nonostante il suo potere e la sua stazza.

Può solo confortarlo, fino alla fine. Perché ci dev’essere una fine, non è possibile che le cose restino in quel modo. 

“Cerca di stare calmo, Ojiro. O finirai col prenderti un malanno. Prenditi cura di te … e sii forte. Prima o poi tornerà tutto al suo posto, lo so”. Gli batte una delle mani sulla schiena.

Ojiro è stato uno dei primi ad accettarlo così com’è. A … legarsi a lui, nonostante quel suo aspetto minaccioso e strambo.

Nessuno ha mai saputo quanto l’amore per la bellezza di Mezo sia stato frustrato innanzi tutto dal suo stesso quirk.

Ha sempre ritenuto … sciocco confidare una simile debolezza finanche allo specchio, ogni volta in cui si guardava.

Per questo alla fine ha scelto di coprirsi il volto. Non era poi così più strano o deforme di tanti altri; molti quirk storpiavano i tratti del viso o le forme del corpo del suo possessore.

Eppure è triste.

Ojiro, in fondo è un bel ragazzo. Anche Kaminari lo è.

Forse non lo saranno ai livelli di Todoroki, o di Bakugō – che ha sempre in faccia quell’espressione mortificante, altrimenti lo sarebbe molto anche lui, bello -. Ma sono molto carini.

E per quanto possa immedesimarsi nelle ragioni di Shinsou, si domanda cos’avrebbe fatto se ad Ojiro fosse toccato in sorte un aspetto come quello che ha lui.

Non avrebbe preferito forse doversi … adeguare a Kaminari, piuttosto che ad … un mostro?

Quanto meno la bocca di Denki non ispirava tanta repulsione quanto la propria.

E’ tutto un gran casino, sono pensieri sterili, che non servirebbero comunque adesso.

Mashirao deve stare tranquillo. Punto. “Shoji-kun … grazie”.

“Ma figurati. Gli amici servono a questo, no?”.

Già. Gli amici … servono a questo.

A darti il conforto che latita quando la persona che ami ti delude.

 

-

 

L’istinto si sa è una brutta bestia.

La compassione e l’affetto poi non ne parliamo proprio.

Ochaco è stremata. L’inquietudine, lo spavento, la speranza prontamente spezzatasi a metà come un filo troppo teso, la fatica fatta a scarpinare da un piano all’altro per trasferire la roba dei compagni, la doccia che ha fatto talmente al volo che non ha potuto nemmeno asciugarsi i capelli, solo per continuare a trottare e sudare da capo l’hanno ridotta a poco più che uno straccio; non riesce più nemmeno a fare le scale – di solito le usa sempre, come allenamento extra- così ha preso l’ascensore, per arrivare al quarto piano del dormitorio maschile.

Ma non può fermarsi adesso.

Ha visto con che espressione Momo è rimasta seduta accanto a Todoroki per metà della serata. Lui non le si è staccato un solo momento di dosso, l’ha seguita per tutto il tempo e anche se non l’ha più sfiorata ha continuato a farle sentire la propria presenza.

Eppure lei non cessava di avere quel volto amareggiato.

E Uraraka si sente in dovere di raccogliere il suo sfogo, quale che sia.

E’ … curioso che Momo sia finita proprio nel corpo di Bakugō. Una strana coincidenza.

Ma a lei non deve importare.

E’ sempre la sua amica Yaomomo, e spera di riuscire a rincuorarla; tanto più che nonostante sia esausta si sente rinfrancata dal discorso avuto con Kirishima. E le viene spontaneo dirsi che la tristezza di Momo nasce solo dalla stanchezza di quella situazione indefinita.

Fino al giorno prima era Deku. E già non doveva essere semplice adattarsi.

Ma adesso ch’è … nel corpo di Bakugō … insomma.

Dev’essere un trauma non indifferente dover imparare a convivere con …

Bussa. “Yaomomo?”.

La voce soffocata, pacata di Bakugō non manca di farla trasalire.

Se non altro Ashido ha mantenuto il suo tono squillante, che seppure completamente diverso dalla vocalità roca, graffiata e perennemente ruvida di Katsuki era pur sempre meno sconvolgente della nota malinconica che ha assunto adesso. “Ochaco-chan. Entra”.

Uraraka apre, si guarda intorno.

Si aspettava che la ragazza fosse in compagnia di Shouto. Invece è sola, seduta alla scrivania di Bakugō su cui la stessa Ochaco ha portato alcuni dei libri di Yaoyorozu prima.

Uno è aperto. Ma Momo non ha l’aria di essere granché presa dalla lettura. “E … Todoroki-kun? Non c’è?”.

Momo rialza lo sguardo dal libro che ha aperto sul ripiano.

Da vicino fa ancora più impressione quello sguardo appannato. “E’ … andato un attimo da Midoriya. Voleva parlare con lui”.

“Ah”.

“In realtà è un sollievo che non sia qui”, aggiunge quasi subito Yaoyorozu, tornando a guardare il volume.

La castana trasale. Che significa questo, adesso? “Ma… Momo?”.

“Scusa Ochaco, mi spiace che debba fare sempre tu le spese del mio malumore. Ma capirai bene che mi sento confusa come non mai, adesso”. Momo porta le mani alla fronte. Sembra avere un gran mal di testa.

L’ha vista spessissimo, la fronte di Bakugō aggrottata a quel modo.

Eppure adesso le spiace un po’ di più non poter far nulla. Perché sa che è causato da un malessere interiore e non da una semplice irritazione costante. “Inizio a preoccuparmi”.

“E di che?”.

Lo sguardo di Momo – di Bakugō- è così eloquente che anche uno scemo capirebbe.                            

E Uraraka non è affatto una scema. “ODDIO MOMO-CHAN! Non dici sul serio”, è la sua reazione immediata.

Tuttavia lo sguardo rosso è così addolorato che deve contenersi. Anche se le pare un’ipotesi più che campata in aria. “Sul serio?”.

“E che ne so. Ma … è ben strano che Shouto abbia iniziato … a starmi addosso da oggi, no?”.

La testolina di Uraraka si scuote con forza.

E’ un’assurdità. Cioè, oddio, anche ammesso non ci sarebbe nulla di male … lei è stata una delle prime in assoluto ad appoggiare la storia di Ojiro e Shinsou, difendendoli a spada tratta da qualsiasi seccatore avesse da dire la propria.

Ma questo si rifiuta proprio di accettarlo. Non per pregiudizio o cattiveria, ma soltanto perché la mente di Yaoyorozu si sta involando per una strada che non porta da nessuna parte se non a complicare ancora di più le cose.

E sa il cielo se non è proprio il momento per altri disastri. “Momo, perdonami se te lo dico, ma stai diventando un filo paranoica”.

L’amica però non le dà retta. “Continuo a chiedermi cosa sarebbe successo se fossi finita in un altro corpo. E credimi, ho paura di darmi una risposta”.

Uraraka si avvicina, appoggia una delle manine sul ripiano della scrivania e si abbassa davanti all’amica che sembra sul punto di scoppiare a piangere.

No. Ha già visto Bakugō in lacrime, anche se aveva l’aspetto di Yaomomo.

Vedere gonfie di pianto quelle iridi adesso è qualcosa che la getterebbe del tutto in ginocchio e non può concederselo questo lusso, non può cedere allo sconforto anche lei.

Solo dopo realizza che è … una cosa senza senso anche questa.

Però ora non ha il tempo di rifletterci su. “Momo-chan. Capisco tu sia … inquieta, al tuo posto io sarei andata fuori di testa del tutto. Ma ti stai sbagliando. Todoroki-kun ha spiegato chiaramente anche a me come stavano le cose, ieri sera, e le sue azioni non sono che la conseguenza naturale di quello che sta accadendo. Dovresti essere felice di avere un ragazzo che tiene tanto a te. Okay, è un po’ … strano, sono d’accordo con te. Ma è fatto così. Ognuno a suo modo, no? Lo dici sempre tu. Ho avuto anche lo stesso tuo dubbio, che stesse dando più corda a Bakugō trascurando te, ma dopo averci parlato ho capito che aveva assolutamente ragione. Se sei tu la prima a non capire che lo fa per te, allora, forse, non te lo meriti”.

Le è scappato. Forse ha esagerato, è stata un po’ troppo dura con lei.

Ma … si sente ancora in colpa per il rimprovero mosso a Todoroki, che come Uraraka è uno di quelli che sta impattando più di molti altri per tenere compatta la classe impedendo che si sgretoli, seminando pezzi per strada.

E’ la verità. Per brutto che sia dirlo … la maggior parte del gruppo non sta muovendo un dito, per fermare la catastrofe, anzi.

Ce l’ha anche un po’ con la sua amica Asui. Che fin qui se n’è lavata le mani, e basta.

Come tanti altri.

Si sente davvero sconfitta Uraraka. E’ bastato così poco a mandare tutto a gambe all’aria.

E adesso sul punto di piangere c’è lei.

“Ochaco …”.

“Scusa. Ma tu … non sai come ci si sente al mio posto”, mormora alzando appena la testa.

Gli sguardi si incrociano, ed è quello di Momo- Bakugō- a sembrare in pena per lei.

E’ un istante in cui le braccia dell’amica le si stringono intorno. La soffocano quasi, perché neppure lei si rende conto della forza che possiede Bakugō.

Uraraka vorrebbe non arrossire. Ma le sale il sangue agli zigomi e non può nasconderlo.

E’ la seconda volta che qualcuno la stringe con il corpo di Katsuki.

E .. è la seconda volta che percepisce quanto di caldo. Come sia odoroso di resina, come le faccia trattenere il fiato e tremare le dita, quando ce l’ha addosso.

“Scusa tu. Non ho pensato che …”. La testa bionda si muove in cenno negativo. “Questa storia mi sta rendendo egoista come mai”.

“Ma no, cosa dici, Yaomomo. E’ solo che è un brutto momento. Passerà”.

 “Me lo auguro”.

Le gambe di Ochaco tremano quando si rimette in piedi. Deglutisce, a stento. “Io … vado”.

“Okay, Ochaco-chan. Grazie. E buonanotte”.

Scappa quasi via dalla stanza, e senza accorgersene sbatte contro Ojiro, che era sulla soglia della camera di Kirishima.

Per un attimo non connette, un pezzo del suo cervello pare essersi fulminato anch’esso, nonostante non sia affatto venuta a contatto con … Kaminari che adesso è … oddio, chi?

E’ stordita. Il senso di vacuità diventa malessere fisico e ha quasi la nausea.

Sono le braccia di Ojiro-kun a tenerla su.

Ojiro che non è Ojiro e nemmeno Kaminari in questo momento, ricorda tutto d’un tratto. “Ohi. Che ti piglia, Faccia Tonda?”.

Deve trattenersi per non sussultare.

Gli ha tenuto la coda, prima in infermeria. Le è venuto naturale, se non altro per impedirgli di spedire Todoroki al Creatore.

Ma adesso … è un’altra situazione.

E lei si sentiva già scossa. Peggio di un terremoto.

E’ sul punto di crollare, e quell’abbraccio anche se involontario invece di rincuorarla ora la fa sentire ancora più debole. “Io … sono un po’ stanca di questa situazione”, ammette piano.

Ma subito ci pensa e si morde un labbro.

Sta parlando proprio con shi forse ne ha passate più di tutti gli altri, fino ad oggi.

Ha scelto proprio la persona sbagliata con cui andare a lamentarsi. “Oddio mi spiace, non ho il diritto di dirlo, voi ci siete dentro e io non sono che una semplice spettatrice ed è assurdo che sia io a dirlo cioè …”, sputa fuori tutto d’un fiato.

“Hai ingoiato una macchinetta?”.

“Eh? No”.

Bakugō ghigna. E lei avvampa, congiungendo le manine mentre Katsuki abbassa le braccia.

Il volto di Mashirao torna serio. Dolce, quasi.

Ma di sicuro è merito dei tratti del compagno, che conservano quasi sempre quell’espressione. “Ti stai facendo il mazzo peggio di tanti che ci stanno dentro, in questo casino. Hai tutto il diritto di essere stanca, e che cazzo”.

Ochaco si azzittisce.

E’ lo stesso pensiero che ha avuto lei, prima. E se n’è pentita, dacché le sembrava poco ortodosso.

Ma sentirlo proferire dalle labbra di qualcun altro … forse non è tanto in errore, allora. “Vai giù?”, domanda Bakugō, infilando le mani nelle tasche.

“Io … sì, scendevo”.

“Andiamo, allora”.

Si avviano per il corridoio, e solo ora Uraraka realizza dove ha incontrato il compagno. “Sei stato da Kirishima- kun?”.

“Uh. Sì”.

“E avete chiarito?”.

“Mhmm”.

“Sono contenta”.

“Pure io, quanto meno avrò almeno un attimo di tregua. Anche quell’altro fesso di Todoroki è venuto a dirmelo. E’ evidente che nemmeno fuori dal corpo di Yaoyorozu sono destinato a trovare pace da quel cretino a metà”, borbotta con un tono irritato che sembra buffissimo, nella voce di Ojiro.

Ovvero sembrerebbe, se Ochaco non sentisse un vago rimprovero diretto anche a lei in quelle parole. “E da me”, le sfugge, abbassando un po’ la testa.

Bakugō le scocca un’occhiata obliqua. “Tu non mi dai poi così fastidio”.

E’ stato un commento buttato là.

Ma Ochaco non se lo aspettava.

Come non si aspettava di provare quello strano disagio. Lo stesso, che gli è sovvenuto quando è stata tra le braccia di Ashido … le sue, alla festa.

E tra quelle di Momo, sempre le sue, poco prima.

E quelle di Ojiro, ma che al momento appartengono a lui. mannaggia. Che disastro. “Oh. Be’ … grazie”.

Le porte dell’ascensore si aprono, Bakugō aspetta che sia entrata prima lei e la segue, premendo il pulsante del terzo e subito dopo, quello del piano terra. “Tu tornavi da Yaoyorozu, no?”.

“Sì”, mormora piano.

Teme che Bakugō le dica qualcosa perché … insomma. Momo è lui, adesso.

Magari non gradisce che ci stia tanto a contatto.

E questo pensiero le incendia le guance ancora di più.

La faccia di Ojiro-kun si fa pensierosa. Pare stia valutando se metterla al corrente di qualcosa o meno. “Mhmm. Ecco, giacché ci stai, visto che è amica tua, butta un occhio al mio corpo”, replica infine Bakugō.

E quella frase la lascia basita.

Soprattutto dopo la conversazione con Yaoyorozu. “Ma Bakugō, Todoroki-kun non …”.

“Non capire male. Di quel coglione a mezzo mi fido, nonostante tutto, se non altro perché è uno scemo. Ma non vorrei la sua donna si tagliasse le vene. Non aveva una bella faccia, stasera”.

“Era la tua”, sbotta spontanea Ochaco, mordendosi la lingua un attimo dopo.

Non sa più cosa dice. Lo sforzo di trovare le parole giuste per tutti, per Momo, le ha annebbiato la lucidità, è evidente.

Katsuki però scoppia a ridere. E lei si sente un po’ più serena, forse. “Ben detto Faccia Tonda. Ben detto”. L’ascensore si ferma, le porte si aprono. “Vabbé. Ci si vede”. Fa per muovere un passo, ma il pennacchio dell’appendice è piantato per terra e Bakugō non pensa a scostarla.

“Bakugō, la co …”, tenta di avvisarlo.

Ma è già tardi.

Il compagno ci è inciampato dentro ed è quasi finito muso al pavimento. Ci ha pensato lei a trattenerlo, per un riflesso incondizionato ha teso le mani e l’ha toccato, evitando si schiantasse sul pavimento.

Ma ora fluttua a mezz’aria. 

“Dannata scimmia”, ringhia Bakugō, esasperato. “Prima tirava avanti, ora tira dietro. Mi ritroverò con un mal di schiena fottuto, quando questa storia di merda sarà finita. Se finisce”.

Ochaco evita di fargli presente che una volta riottenuto il suo corpo spariranno tutti i fastidi.

Può avere un caratteraccio, essere sboccato e irritabile e avere tanti, tanti altri difetti.

Tuttavia come ha detto Todoroki è quello che era messo peggio. Ha avuto tutto il sacrosanto diritto di avercela col mondo per una ragione sensata, e anzi sicuro ce l’ha ancora adesso ma paradossalmente è il solo che stia dando un qualche valore alle sue azioni.

Che l’abbia incoraggiata … e sì, a modo suo anche consolata. “Finirà. Ne sono sicura. Andrà tutto bene”.

 

 

 

Angolino Autrici:
Un capitolo MOOOOOOLTO lungo per farci perdonare della lunga assenza.
Ricco ma carico d’eventi e POV.
Spero possa piacervi. Fateci sapere.
Le cose degenerano!
Un bacione,
Asu e Anya

   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Boku no Hero Academia / Vai alla pagina dell'autore: Saruwatari_Asuka