Storie originali > Soprannaturale
Segui la storia  |       
Autore: Enchalott    09/06/2020    3 recensioni
Questa storia è depositata presso lo Studio Legale che mi tutela. Non consento "libere ispirazioni" e citazioni senza il mio permesso. Buona lettura a chi si appassionerà! :)
"Percepì il Crescente tatuato intorno all'ombelico: la sua salvezza, la sua condanna, il suo destino. Adara sollevò lo sguardo sull'uomo che la affiancava, il suo nemico più implacabile e crudele. Anthos sorrise di rimando e con quell'atto feroce privò il cielo del suo colore".
Genere: Avventura, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Il segnale
 
Tsambika si appoggiò all’impavesata di babordo, incrociando le braccia sul legno umido. La pioggia era leggera e irregolare quella mattina, ma lei aveva comunque sollevato il cappuccio scarlatto sulla chioma nera lucida come seta, avvolgendosi nell’elegante mantello che sfiorava l’assito lustro della Karadocc.
Accanto a lei, Dalian seguiva con attenzione il duello in corso poco oltre la banchina, nello spiazzo fangoso che precedeva l’ormeggio improvvisato: i due ospiti elestoryani si stavano scambiando micidiali colpi di spada, come se si trattasse un vero combattimento e non di una semplice esercitazione per vincere la monotonia.
“Non saprei stabilire quale di loro sia più abile” commentò, sporgendosi e sfregandosi la barba brizzolata con una certa ammirazione “Se i soldati di Erinna sono tutti così, incrociare alla larga dal suo porto d’appoggio è stata una scelta molto saggia”.
“Ne dubito” rispose la donna, continuando a osservare lo scontro “Questi conoscono il fatto loro o non sarebbero stati incaricati della missione che li impegna”.
“Certo che non sanno proprio stare fermi! Anziché riposare nell’attesa, preferiscono inzaccherarsi di melma fino alla radice dei capelli e menare fendenti mortali come spassoso passatempo… Non li capisco!”.
“Gente di terra…” considerò lei con un sorriso beffardo, senza tuttavia perdersi una sola mossa dello spettacolare scontro in corso.
Aveva già visto Dare Yoon combattere: nonostante il polso fasciato, agilità e forza erano sempre le stesse e i suoi movimenti perfetti erano qualcosa di unico. Ma Aska Rei andava oltre. Era svelto e intrepido, pur possedendo un singolare intuito; si muoveva come un ballerino e manifestava l’innata capacità di spiazzare l’avversario, per quanto scafato questi potesse essere. Il suo stile era addirittura ipnotico, impossibile staccargli gli occhi di dosso anche quando si batteva nella mota.
“Com’è andato l’incontro dell’altra sera, invece?” domandò Dalian con indifferenza.
“Quale incontro?” mugugnò la piratessa.
“Orsù, Bicks…” ridacchiò lui “Quanto ti sei alzata da tavola a metà della cena, sono certo che tu ti sia infilata nella cabina di Dare Yoon. Ho torto?”.
“No” ringhiò lei, seccata, senza distogliere l’attenzione dal duello “Ma non ho nulla da riferire. È andata a finire esattamente come stai immaginando”.
Il bucaniere scosse la testa, a mezza via tra il rammarico e il rimprovero.
“Non so se stupirmi o preoccuparmi, sono sincero” considerò “Ho escluso già da tempo l’idea che tu volessi vendicarti di lui e quella potevo comprenderla. Gli ultimi passeggeri della nostra compianta Xiomar sembravano così innocui e sprovveduti… invece hanno cambiato per sempre il nostro status quo. Non solo perché hanno affondato la nostra nave e la nostra reputazione. Sono riusciti a intaccare nel nucleo il nostro modo di pensare, un’eventualità che ho avuto occasione di valutare su me stesso in questi mesi. Mi sono sentito diverso da quando il reggente del Nord ci ha risparmiati, da quando la principessa ha perorato per te, da quando ho visto la comitiva che ci ha sconfitti inoltrarsi senza timore lungo quel sentiero. Ho pensato che, forse, ero diventato troppo vecchio per continuare con la vita di mare… ma non era quello il punto. Non è perché ci hanno vinti… è il modo in cui sono riusciti a farlo e in questo l’intervento del principe Anthos non ha avuto alcun peso. Hanno battuto su ogni fronte tutto ciò che rappresentiamo. Lo sai anche tu, Bicks, e sono sicuro che non lo negherai. Perciò, se non sei spinta da un ragionevole desiderio di rivalsa, perché ti ostini tanto con quell’uomo?”.
Aska Rei si spostò con una finta impensabile e disarmò il compagno, ponendo fine allo scontro mozzafiato. Poi gli porse benevolmente la mano, ridendo. Dare Yoon la accettò di buon grado, risollevandosi dal pantano.
La capitana inarcò un sopracciglio, meravigliata dall’esito apparentemente imprevisto, ma si disse che la sua spiccata attitudine di valutare le persone in pochi tratti non faceva mai cilecca. O quasi. In un caso, non aveva affatto funzionato.
“Che cosa vuoi insinuare, Dalian?” sibilò, irritata.
“Nessun sottinteso, mia cara” si schermì lui, paziente “Sto ventilando due possibilità in base a quel che vedo e non so decidere quale di esse mi piaccia meno. O stai facendone una capricciosa questione di puntiglio… e in questo caso ti consiglierei di mollare un braccio di ferro che sei sicuramente destinata a perdere contro un elemento del genere… oppure hai perso la testa per lui. E questa eventualità mi spinge a suggerirti di lasciar perdere con convinzione ancora maggiore”.
Tsambika gli scoccò un’occhiata furibonda. Si aggiustò il colletto della camicia color indaco e si artigliò con forza al corrimano.
“Io non credo che tu possa permetterti…!”.
“Oh sì, cara” cinguettò il filibustiere, cordiale “Non perché sulla carta sono il capitano della Karadocc e potrei farti sbarcare all’istante in base alle disposizioni preventive della principessa Adara, ma perché sono tuo leale amico. Anzi, a ben vedere, tu sei quanto di più vicino a una figlia io abbia mai avuto, Bicks! Giuro sulle onde sacre dell’oceano che non riesco a riconoscerti! Perciò spiegami che diavolo ti prende da un po’ di tempo a questa parte!”.
Dare Yoon aveva recuperato la spada, un’altra rispetto a quella che lei ricordava, e stava osservando con attenzione il compagno, che gli mostrava al rallentatore la serie di movimenti con cui lo aveva privato dell’arma, provando poi a ripeterli con impegno. Non ci avrebbe messo molto a impararli, poteva scommettere i suoi stivali preferiti. Aska Rei annuì con approvazione al terzo tentativo e Dare Yoon gli restituì un sorriso soddisfatto. Tsambika considerò che non lo aveva mai visto sorridere prima d’allora e qualcosa nel suo stomaco si ribellò.
“Suppongo che di figlie di letto tu ne abbia più di una, Dalian” ribatté meno acida “Sul fatto che nessuno di noi sia più quello di prima hai ragione. Solo gli idioti non cambiano mai. Per il resto, non so risponderti. Forse voglio solo capire a fondo le ragioni di un uomo differente da tutti quelli che ho incontrato sinora. Davanti a lui mi sento sempre in difetto… detesto che sia così!”.
“Ah, l’orgoglio femminile…” flautò lui, sagace “Considera che hai quasi ammazzato la ragazzina che stava proteggendo e hai minacciato di umiliarlo fisicamente… se ti tratta con aperto disprezzo, non puoi biasimarlo”.
“No, infatti. Ma teneva lo stesso cipiglio anche prima che mi rivelassi come pirata… e il suo amico, che certo sarà al corrente dell’intera la faccenda, non si comporta nello stesso modo”.
“Il capitano della Guardia ha un altro carattere, ma basta guardarlo negli occhi per capire che non è meno duro del compare. Non puoi semplicemente ammettere che quel soldato è stato soltanto il tuo primo e unico no?”.
“Certo che posso. Ma pretendo di capire perché la cosa mi reca così tanto fastidio”.
Dalian scosse la testa, sospirando. I due elestoryani stavano rientrando a bordo e la pioggia aveva ricominciato a cadere con insistenza.
“Quindi? Che cosa intendi fare con la loro richiesta d’aiuto?” sintetizzò poi.
Tsambika si staccò dal parapetto, pensierosa.
“La prenderò in considerazione a mio modo” replicò.
 
“Quando l’avresti pensata questa?” borbottò Dare Yoon, tergendosi gli schizzi di fanghiglia dal viso e camminando spedito a fianco dell’amico.
“Nelle segrete di Jarlath c’è tempo per tutto” ridacchiò Aska Rei, abbassando il cappuccio sulle spalle e scrollando la chioma fradicia “Persino per provare”.
“Contro i Daimar dovremmo sperimentare altre tecniche”.
“Già…” sospirò il comandante “Come vorrei essere già partito…”.
“A questo potrei rimediare io” intervenne una conosciuta voce femminile.
La mano di Dare Yoon guizzò all’elsa della spada: squadrò Tsambika con uno sguardo minaccioso e vigile. Il compagno, invece, apparentemente non reagì e si profuse in un breve e cavalleresco inchino. Tuttavia liberò con noncuranza la sinistra per far scattare la lama che nascondeva nel copri avambraccio.
“Lieto di sentirvelo dire” affermò gentile.
“Ci sono due condizioni” continuò lei, scoprendo il capo e mostrandosi in tutto il suo fascino ammaliante.
Il vice capitano fece per ribattere, ostile, ma l’amico lo dissuase con un cenno.
“Vi ascolto”.
“Ho bisogno del vostro aiuto per raggiungere la torre d’avvistamento che vedete laggiù, comandante. Siete disposto ad accompagnarmi? È anche un modo per verificare che non vi sto raggirando, se preferite intenderlo così”.
“Non lo penserei mai!” esclamò Aska Rei, scandalizzato “Verrò volentieri con voi”.
“Siete molto garbato, grazie” rispose la piratessa, fingendo di non aver colto l’ironia.
“La seconda richiesta?”.
“Vorrei assolutamente imparare la magnifica mossa con cui poco fa avete sbattuto nella melma il vostro vice…”.
“Nessun problema” accettò il giovane, trattenendosi dal ridere sgangheratamente.
Dare Yoon brontolò qualcosa tra i denti, ma non raccolse la provocazione.
“Siamo d’accordo, allora” concluse lei, appagata “Domattina calerò una scialuppa in mare e darò la segnalazione che mi avete chiesto”.
 
“Almeno sai nuotare?” grugnì Dare Yoon, indispettito dalla faccenda.
“Certo che sì!” ribatté l’altro con ovvietà “Eisen mi ha scaraventato nel Pelopi più di una volta, quando mi sono addestrato con gli Iohro. Lo definirei un metodo efficacissimo per convincere anche i più refrattari, levando contemporaneamente loro la sete. Dovresti provare anche tu”.
Il compagno reagì con un’espressione disgustata.
“Mi chiedo a quale scopo quella si stia prestando ad appoggiarci”.
Rei allargò le braccia. Un luccichio divertito gli illuminò gli occhi grigi.
“E senza profferte sessuali di alcun genere!” sbottò “Non sono proprio il suo tipo!”.
“Falla finita!” ringhiò Dare Yoon “Tu, lei e due dei suoi avanzi di galera a remare! Fiuto una trappola a miglia di distanza! Ci vorrebbe Narsas per tenerla sotto tiro con l’arco, accidenti! Le passerebbe la voglia di tentare qualunque nefandezza!”.
“Sono felice che tu ti preoccupi per me, ma non la vedo tanto brutta. Ovviamente non abbasserò la guardia nemmeno per un secondo… magari ha solo compreso la drammaticità degli eventi in atto o teme l’intervento a posteriori di Anthos”.
“Tsk!” sbuffò il soldato “Non capisco che cosa ti renda così ottimista”.
“Chiamalo intuito. Una persona che pianifica un omicidio non si mette poi a chiedere simpatiche delucidazioni in fatto di combattimento. Non trovi?”.
“No. Lo giudico solo un depistaggio. Quella strega ha tanti difetti, ma sull’intelligenza non ho nulla da eccepire”.
Aska Rei alzò gli occhi al cielo, rassegnato, e iniziò a lavarsi via il fango.
 
L’alba era nebbiosa e stinta come quarzo grezzo: le onde color piombo lambivano le sponde di Neirstrin e s’infrangevano contro le murate della Karadocc, che dondolava con ostentata pigrizia, ormeggiata alle spesse bitte di legno ricurvo.
Dal cielo striato di grigio non scendeva più l’acquerugiola molesta che aveva caratterizzato gli ultimi giorni, ma il freddo si era fatto per contro più intenso.
Il respiro delle persone raccolte sul molo si condensava in sbuffi di vapore bianco, che subito si confondeva con l’ambiente cinereo e monocorde.
“Magnifica mattinata per una gita in barca!” esclamò il comandante della Guardia di Elestorya, osservando la torre d’avvistamento che emergeva dalla bruma fluttuante.
“In vostra compagnia lo diverrà sicuramente” sorrise Tsambika, valutando il vento “La fortuna ci assiste, capitano. Tempo e correnti sono dalla nostra, oggi”.
Fece un cenno imperioso ai due uomini dietro di lei, che salirono senza fiatare sulla scialuppa e presero subito posto, inserendo remi negli scalmi. Uno dei due porse la mano alla donna, che saltò agilmente sulla ghirlanda di prua, per poi accomodarvisi. Aska Rei la seguì, infilandosi tra i banchi di legno per non ostacolare la vogata.
Il fodero della spada strisciò contro il fasciame del pagliolo quando si sedette; al contrario, la piratessa non sembrava armata, priva della sciabola che solitamente faceva bella mostra di sé al suo fianco sinistro. Indossava un paio di aderenti pantaloni color ruggine e una stola nera le stringeva la vita sottile; la camicia bianca di lino spesso occhieggiava come un punto di luce sotto il mantello di velluto bruno.
L’imbarcazione si mosse, staccandosi dalla banchina, e il rollio si fece istantaneamente più pesante. Lo stomaco dell’elestoryano cominciò a rivoltarsi in capriole nell’immediato, così come Dare Yoon gli aveva preventivato. Si aggrappò ai braccioli laterali, cercando di non pensare all’acqua salata e mutevole che lo stava lentamente circondando via via che la riva si allontanava nella foschia.
“Non manca molto alla meta” commentò Tsambika, scorgendo il suo disagio “Ce la fate a resistere ancora un po’?”.
Lui annuì rapidamente, evitando di aprire la bocca per paura che ciò che sentiva muovere dabbasso trovasse infine la via d’uscita.
I due uomini ai remi sogghignarono, evitando di dare eccessivamente nell’occhio e continuando a prestare attenzione affinché la chiglia della barca non urtasse contro qualche muratura sommersa dal mare scuro.
La massa arrotondata della torre di segnalazione si ergeva fuori dall’oceano per una buona metà dei suoi cinquanta metri e le finestrelle arcuate che intervallavano i piani non erano sbarrate dalle imposte. Aveva un aspetto desolato e asociale, che si intonava perfettamente al paesaggio circostante.
Nonostante la nausea, Aska Rei trovò il coraggio di voltarsi verso la costa, ma la Karadocc non era altro che un’ombra più scura nella nebbia.
Lo sciabordio del legno tra le onde si fece più rado, segno che la scialuppa stava rallentando, spinta dalla corrente verso il suo obiettivo.
“La cima, Yasi!” ordinò secca la capitana, calcolando l’ormai ridotta distanza dalla parete di pietra naturale e bagnata dell’edificio.
L’interpellato si alzò senza esitare, lanciando la fune verso una delle sporgenze di ferro e accalappiandola al primo colpo: poi si sporse per assestarla in modo che il movimento del mare non trascinasse via il natante.
Tsambika rimase a sua volta in equilibrio sul fondo viscido della barca, come se non sentisse il movimento, sollevando lo sguardo verso l’apertura a lei più prossima.
“Speravo non mi toccasse arrampicarmi come uno stupido maika delle isole…” borbottò seccata “Come ve la cavate con le scalate, comandante?”.
“Sicuramente meglio che con l’arte della navigazione” ribatté lui.
“Bene, allora. Jaden, tieni d’occhio la marea e la direzione del vento. Il meteo non è affatto stabile come sembra. Al minimo cambiamento avvertimi con il solito segnale, non possiamo restare intrappolati quaggiù. Yasi, presto con i rampini”.
Il secondo uomo porse celere i ganci richiesti, ai cui occhielli era già stata fissata una corda robusta. La donna mosse con maestria l’oggetto e lo lanciò, mandandolo ad agganciarsi con calibratura perfetta al davanzale della finestrella poco sopra.
“Volete favorire il vostro?” domandò poi con scherzosa cortesia, rivolta a Rei.
“Farsi servire da una fanciulla?” sorrise questi “Ne va del mio orgoglio!”.
Roteò l’arpione a tre punte e lo gettò verso l’alto, abbordando il parapetto con pari precisione, lasciando intendere che il suo impaccio non era altro che una posa. La corda si tese allo strattone successivo, mostrando la solidità dell’attacco.
“Prima le signore” aggiunse poi con un ossequio.
Tsambika iniziò a issarsi lungo la parete, facendo leva con le gambe sulla superficie ruvida. Il giovane attese che fosse a metà strada, poi fece altrettanto. La superò con facilità estrema: balzò quindi nella fenditura d’entrata e si affacciò per recuperarla.
“Alla faccia di tutti i maika spelacchiati che avete incontrato!” scherzò, afferrandole il braccio e tirandola su con un’unica mossa vigorosa.
La capitana atterrò sulle assi polverose del pavimento, rivolgendogli un sorriso grato.
“Siete energico. Sareste stato un valente pirata” asserì con ammirazione.
“E voi un ottimo guerriero” rispose lui “Dalle mie parti, gli Iohro e gli Haltaki fanno combattere anche le donne. Vi assicuro che sono pericolosissime. Mai provocarle!”.
“In un’altra vita non mi dispiacerebbe affatto, sapete?” rise la donna.
“Non vedo perché rinviare” rimarcò Rei, alzando lievemente le spalle “Se gli dei ci permetteranno di approdare a Elestorya, potreste rimanere con noi e vagliare una prospettiva diversa rispetto a quella del brigante caduto in disgrazia o del galoppino mercantile del principe del Nord”.
Tsambika inarcò un sopracciglio sottile, osservandolo mentre innescava la fiamma su una delle torce infilate negli anelli di ferro della torre.
“È un modo velato per suggerirmi di cambiare vita?” domandò irritata.
“Mh… no” rispose lui placido, iniziando a salire la rampa di scale incrostata di salsedine rappresa “Io non obbedirei ad Anthos per partito preso in primis. E poi sarei curioso di tentare una via che non ho mai percorso. Il deserto è un oceano altrettanto vasto, a ben vedere”.
“Cioè? Viceversa diventereste un corsaro dei mari? Non vi credo!”.
“Ma lo sono già!” ridacchiò il comandante, continuando a procedere cauto verso la vetta “Rubo i cuori delle ragazze, non ci avete fatto caso?”.
La piratessa scosse la testa davanti alla sua attitudine irrecuperabilmente sfacciata.
“Suppongo che il vostro nome di battaglia significhi qualcosa come malandrino impenitente oppure spudorato mentitore, a questo punto”.
“Ci siete vicina!”.
“E ipotizzo con altrettanta sicurezza che il nastro che portate alla sinistra sia un abile trucco per evitare le ammiratrici troppo focose…”.
“Avete buon occhio” rimandò lui, senza scucirsi in merito “Ve l’ho detto. Fareste carriera nell’esercito del Sud… o in qualunque altro settore desideriate”.
La luce fioca proveniente dalla cima iniziò a essere visibile, ma le rampe da percorrere erano ancora numerose e generalmente poco sicure. Alcuni gradini erano marci, mancavano interi tratti di mancorrente: il legno cigolava, denunciando a gran voce l’instabilità dell’intera struttura.
Aska Rei iniziò ad avvertire la fatica, ma per contro la fastidiosa sensazione di mal di mare aveva smesso di importunarlo. Dietro di lui, Tsambika procedeva al passo e il suo respiro era solo leggermente affrettato. Aveva scelto di tenerla a distanza di sicurezza, convinto che averla alle spalle costituisse un rischio, sebbene non avesse dato prova di star tramando qualche insidia.
“Il vostro compagno non vi ha messo in guardia da me?” domandò lei all’improvviso, come se gli avesse letto istantaneamente nella mente.
“Certo che sì. Conosco a menadito tutta l’avventura”.
La capitana si fermò sul pianerottolo, fissandolo dal basso verso l’alto alla luce della fiaccola. Le sue iridi nere nella penombra avevano la sfumatura della pece bollente.
“Allora perché non esibite alcun biasimo o diffidenza nei miei riguardi?”.
“Preferireste che lo facessi?” rimandò il giovane, serio.
“Che diavolo…?”.
“Come immaginate, non sono vostro amico e certo la fama che vi accompagna non gioca a vostro favore. Ma da qui a trattarvi con disprezzo senza considerare la possibilità che abbiate avuto occasione di riflettere su voi stessa…”.
La donna spalancò gli occhi, meravigliata. Il suo cuore accelerò stranamente i battiti.
“Non sono una che si cosparge il capo di cenere, capitano…” ringhiò, scontrosa.
“Può darsi” ammise lui, riprendendo a salire “Ma avete incontrato Adara e questo mi dà da pensare. Lei vi ha salvato il collo, vi ha perdonata e vi ha concesso una seconda chance. È impossibile che una persona intelligente come voi sia rimasta indifferente alla mia principessa. Pare non ci sia riuscito neppure il reggente di Iomhar, se può consolarvi”.
“Nascondete i rimproveri in mezzo alle lusinghe, siete scaltro!”.
“E voi il tormento interiore in mezzo alla rabbia e all’orgoglio. Siamo pari”.
Tsambika sogghignò, altezzosa, ma i suoi occhi non riuscirono a nascondere la verità che l’acume dell’uomo era riuscito a stanare dal suo nucleo. Su una cosa soltanto lui si era sbagliato: più che le parole della ragazzina sopravvissuta all’offerta sacrificale al mare, erano state quelle di Dare Yoon ad assestarle il colpo decisivo. Più che l’inatteso perdono di Adara, era stata l’assenza di quello del soldato a renderla tanto incerta e tormentata.
“Diffido che quel demonio dallo sguardo dorato si sia lasciato incantare dalla vostra protetta… e nemmeno mi riguarda” sbuffò, risentita “Anche se mi avete fatto venire voglia di tagliarvi la lingua, sono lieta di apprendere che siete un uomo che concede il beneficio del dubbio… a differenza del vostro compagno d’arme!”.
Aska Rei rise apertamente, scoperchiando la botola sconnessa che conduceva all’apice della torre. Il vento umido e il salmastro pungente dell’aria lo investirono, scompigliandogli i capelli corvini.
“Ascoltate il mio spassionato avvertimento, Tsambika” affermò poi con estrema gentilezza, aiutandola a salire sulla piattaforma di pietra “Lasciate perdere Dare Yoon. Non so che cosa vi siate messa in testa, ma…”.
“Era solo un paragone volto a esprimere la mia stima esclusiva per voi, nient’altro!”.
Il comandante elestoryano scosse la testa, paziente.
“Come volete” sospirò “Ma sappiate che il mio amico è l’uomo più leale che io conosca. Il più fedele, il più probo che abbia mai incontrato. Che è altrettanto testardo e limpido, introverso e coraggioso, solido e perseverante, che non mente mai. In virtù di questo, si aspetta che il suo prossimo faccia altrettanto… non concede facilmente aspettativa e indulgenza, meno che mai a chi ha mancato. Voi sapete di essere in grave torto, ve lo direbbe lui stesso se acconsentisse a parlarvi, ma dubito che voglia farlo. Insistere lo inasprirà e basta. Date retta a me… rinunciate! Neppure le vostre scuse sarebbero sufficienti a fargli cambiare idea”.
“Non ho certo intenzione di discolparmi!” sbottò lei, innervosita “Tantomeno di mendicare un’oltraggiosa comprensione da chicchessia! Io sono un pirata e non intendo domandare perdono per questo!”.
“Allora perché ve la prendete tanto?”.
“Perché ho perso!” esclamò lei, assestando un pugno sul mancorrente scricchiolante e chiudendo definitivamente il discorso.
Non era semplice circoscrivere la questione, definirla. Non erano le parole sdegnose di Dare Yoon e neppure il suo atteggiamento scorbutico a pungerla tanto, ma il suo sguardo. Non poteva tollerarlo in alcun modo.
“Che problema c’è?” bofonchiò Rei “Reclamate la rivincita…”.
Tsambika lo fissò come se fosse pazzo, pur sapendo di avere accanto un uomo estremamente sveglio. Non rispose e si accostò al parapetto, sciogliendo il fagotto di tela cerata che si era assicurata alle spalle. Ne cavò fuori alcune spesse candele colorate, disponendole a tre a tre in verticale tra le fenditure della spalletta di roccia.
“State attento quando attivate la miccia” raccomandò “Il sistema è collaudato, ma la sicurezza non è sempre garantita”.
Il giovane portò la torcia sul primo stoppino e fece un passo indietro: quando la fiamma consumò la cordicella, il cero partì verso l’alto con un fischio acuto che mandò in fuga disordinata tutti gli uccelli marini posati pigramente sulla torre.
L’oggetto esplose con una luce rossa accecante, detonando nel cielo incolore in un’eco prolungata e roboante.
“Per tutte le oasi!” proruppe l’elestoryano, osservando ad occhi sbarrati il fiore di fuoco ancora visibile nell’aria.
“Notevole, vero?” commentò la donna, deliziata dal suo genuino stupore “Dalle vostre parti nessuno usa questo sistema di comunicazione. Il colore vermiglio indica ai miei uomini la posizione: nord, Neirstrin. La prossima esplosione sarà verde, cioè necessità. Le navi che scorgeranno il segnale accorreranno quanto prima”.
“Come sanno che non si tratta di un’imboscata?” chiese Rei, accendendo il secondo innesco con una cautela ancora maggiore.
“Perché la tinta dell’ultimo ordigno è viola. Solo io possiedo quel colorante e ne faccio uso. Unito alla triplice sequenza è un messaggio inequivocabile. La ripeteremo per tre volte a intervalli di mezz’ora, poi torneremo sulla Karadocc”.
“Geniale!” sorrise lui, facendo partire l’ultimo cilindro “Sapete anche come impiegare le noiose pause tra le prossime deflagrazioni?”.
“Mi avete promesso una lezione di scherma”.
“Ma voi siete senza sciabola…”.
“Il coltello può bastare come sostituto?” mormorò la piratessa, cavando una lama lunga due spanne dal retro del corsetto.
“Sapevo che non mi avreste deluso!” sghignazzò il comandante.
Tsambika ricambiò l’espressione sagace. Quell’affascinante ufficiale le stava diventando fin troppo simpatico.
 
 
“Dove… dove siamo?”.
“Al sicuro. Non temere, qui non ci troverà nessuno”.
Màrsali si sollevò dal letto in cui era sdraiata, senza riconoscere il posto: un ambiente di legno, ordinato, con pochi mobili in buone condizioni. Avvertì l’indolenzimento delle sue membra, ma non il freddo intransigente del Nord. Non erano nelle prigioni della fortezza e forse in nessun altro angolo del palazzo reale di Jarlath.
Haffgan si sedette sul bordo dello spesso materasso, premuroso.
“Non muoverti, hai bisogno di riposare” disse con tenerezza, sistemandole addosso le coperte che le erano scivolate in grembo “Il reggente non ha avuto pietà con te, le tue lesioni non sono gravi, ma… se non fosse stato per il sopraggiungere del Traditore, Anthos ti avrebbe uccisa e io…”.
Deglutì con immensa amarezza.
“Mi racconterai dopo che cos’è successo durante il vostro contatto” aggiunse.
La veggente trasalì al ricordo, posando la mano sul volto ansioso del marito.
“I deamhan… quel deamhan ti ha percosso l’anima! Kesthar… non dovresti affaticarti neppure tu! Ora rammento! Mi hai portato sulle spalle sin qui per eludere l’attacco del Nemico e sono certa che tu non abbia chiuso occhio per vegliare su di me! Devi recuperare le forze! Tu eri disposto a dare la tua vita per la mia…”.
L’uomo accolse le dita di lei nel suo palmo caldo e sospirò, pieno di vergogna.
“Sto bene. Quelle ombre malvage hanno solo riesumato una realtà tristemente nota. Mi dispiace, non avrei mai voluto che tu ascoltassi quanto ignobile è ciò che riposa nel mio profondo… avrei dovuto reagire subito e proteggerti, mentre sei stata tu a farlo con me. Sono imperdonabile per entrambe le cose”.
I suoi occhi cianite si posarono sulle lame brunite della scure, che riflettevano le fiamme del camino acceso. Anche lui, come quell’arma che gli era congeniale, aveva due lati, due anime in conflitto, due vite… ma un unico, straziante amore.
“Guardami, Kesthar” reclamò la ragazza con dolcezza “Il demone Orothen ha piegato la verità. L’ha insozzata per annebbiarti la mente, per farti del male. Nient’altro”.
Il Custode rigirò al mignolo l’anello ora privo di pietra, scuotendo la testa, confuso.
“Ma io l’ho pensato realmente… io, nel mio profondo, ti ho desiderata…”.
I termini sferzanti dell’essere oscuro gli invasero nuovamente la mente con bruciante, lurida schiettezza: per te infliggere dolore è appagante piacere carnale, più che la ragazzina che hai risparmiato dai tuoi laidi propositi…
“Anch’io ti desidero. Non c’è nulla di sbagliato o proibito in questo”.
Haffgan sussultò, incredulo, sollevando di scatto il capo verso di lei.
“C-cosa?”.
“Ti amo, Kesthar” continuò la veggente, accarezzandogli la guancia segnata dalla cicatrice “Non esiste un amore composto esclusivamente di parole. Vorrei che tu… che tu non mi rifiutassi come hai fatto finora…”.
“Io non ti rifiuto, Màrsali!” esclamò lui, avvampando sotto la barba incolta “Io rispetto ciò che sei, non voglio importi me stesso e… non posso! Non chiedermelo!”.
La ragazza tacque per un istante, esitando davanti alla sua caparbietà. Poi le sue iridi azzurre risplendettero di determinazione. I dehalbh sulla sua pelle schiarirono.
“Non domanderò, dunque. Leggerò il tuo cuore, in modo che tu non possa più obiettare. Scoprirò soltanto la persona meravigliosa che vedo davanti a me, non la descrizione distorta dalla lingua mendace di un deamhan. Sono certa che non metteresti in dubbio la voce della veggente che riconosci come sacra”.
“Non lo fare, ti prego…” supplicò lui in un sussurro affranto.
“Nella tua mente scorgerò il desiderio di un amore concepito anche di carne, che non ha nulla di immorale, che è lo stesso che io percepisco in me” continuò lei, sorridendo “La tua anima è già congiunta alla mia, Kesthar… perché non vuoi che lo siano anche i nostri corpi?”.
Il guardiano trattenne il fiato, sconvolto dalla sua timida schiettezza.
“Tu vorresti… me?”.
“Non sono mai stata di un uomo… ma ti ho scelto consapevolmente in ogni tuo aspetto. Dichiara di non provare nulla per me e io rinuncerò a mio marito”.
“No! Lo sai… lo sai che io ti amo, Màrsali” mormorò il Custode, sfiorandole le labbra con le sue “La mia è soltanto… paura di farti male… di non essere all’altezza”.
La ragazza gli circondò il collo, aderì al suo petto possente e ricambiò il bacio. Sentì il contatto che si approfondiva, il cercarsi veloce delle loro bocche e le mani enormi di lui sui fianchi, i suoi gesti divenire sempre più decisi e intensi, il suo respiro vibrare di eros.
“Sconfiggila tra le mie braccia…”.
Si abbandonò all’uomo che amava, mentre Kesthar finalmente iniziò a riconoscerla come la donna con cui bramava fare l’amore e dimenticò, nella stretta ansante con cui l’avvinceva, la ragazzina spaurita che aveva salvato mesi prima.
Lasciò cadere gli indugi che lo avevano frenato.
“Mia moglie” disse con passione “Sei mia moglie!”.
   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale / Vai alla pagina dell'autore: Enchalott