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Autore: Traumerin_    11/06/2020    9 recensioni
Il primo incontro tra Lily e i genitori di James avviene ad una festa di capodanno organizzata a casa Potter, con la partecipazione di Sirius che continua a sopravvalutare la sua resistenza agli alcolici, Remus alle prese con una chitarra, Peter che tenta di farsi adottare da Euphemia, Alice che trascina il centenario nonno di James a ballare e i soliti amici che contribuiscono a fomentare quel clima di baldoria.
Una serata che per Lily inizia con un dramma insormontabile.
Dal testo:
Quale terribile maledizione si era scagliata su di lei? Chi aveva fatto arrabbiare, lassù, per essere condannata ad un tale destino? Doveva essere un incubo. Non poteva essere vero, non stava seriamente per incontrare la persona che si era abituata a considerare “il pioniere dei parrucchieri magici” con una criniera informe pronta ad entrare in competizione con i capelli di James al mattino!
Genere: Comico, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Euphemia Potter, Fleamont Potter, I Malandrini, Lily Evans | Coppie: James/Lily
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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31 dicembre 1977
 
Il ronzio del giradischi ancora acceso si diffondeva leggero nell’aria, creando un sottofondo sommesso e continuo, una vibrazione inverosimilmente gradevole che sembrava sposare perfettamente l’atmosfera carica di tensione e nervosismo impadronitasi della stanza.
Lily, rannicchiata sulla morbida poltroncina in tessuto bianco nell’angolo della sua camera, fissava con astio gli oggetti che l’avevano gettata in quello stato di autentico sconforto, quei cosi infernali, quegli infidi traditori a cui aveva affidato la riuscita della sua impresa e che l’avevano pugnalata alle spalle: gli elastici.
Quegli elastici maledetti, che adesso giacevano sulla moquette chiara del pavimento, avevano deciso di tirarle un tiro mancino, di vanificare tutto il suo impegno e i suoi sforzi per acconciare i capelli in graziosi boccoli, di rendere inutile l’aver passato quasi un’intera giornata con un’imbarazzante acconciatura – che le era costata le risate divertite dei suoi genitori e le occhiate sprezzanti di sua sorella.
Prese un respiro profondo e si trattenne dall’impulso di tirarsi i capelli, consapevole che la situazione sarebbe solo potuta peggiorare se avesse osato passarvi le dita in mezzo – e no, decisamente non poteva permetterselo.
Quale terribile maledizione si era scagliata su di lei? Chi aveva fatto arrabbiare, lassù, per essere condannata ad un tale destino? Doveva essere un incubo. Non poteva essere vero, non stava seriamente per incontrare la persona che si era abituata a considerare “il pioniere dei parrucchieri magici” con una criniera informe pronta ad entrare in competizione con i capelli di James al mattino.
James, quel perfido manipolatore! La colpa era sua, l’aveva tratta in inganno, l’aveva attaccata in un momento di debolezza e aveva approfittato delle sue basse difese per raggiungere il suo obiettivo.
Da quel momento era stata vittima di una strana inquietudine che, oltre ad averle attanagliato le viscere in una morsa fastidiosa, l’aveva costretta a ripensare a quel giorno continuamente.
 
4 dicembre 1977
 
Era la prima domenica di dicembre e, nonostante le basse temperature che ormai avvolgevano gli altopiani scozzesi, Lily era stata convinta dal cielo insolitamente terso e dalla presenza di un Sole promettente a recarsi nel suo luogo preferito per godersi un po’ di quella pace che, all’interno del castello, non avrebbe trovato nemmeno nel recesso più sconosciuto.
Si era accomodata nell’angolo più appartato della tribuna dei Grifondoro, laddove nessuno, a meno che non fosse su una scopa, avrebbe potuto individuarla e, di conseguenza, infastidirla.
Ma era certa che, quella mattina, nel campo di Quidditch non avrebbe visto neanche l’ombra degli altri studenti: molti, chi come spettatore e chi come partecipante, sarebbero stati impegnati nella gara di Scacchi Magici organizzata dallo stesso club; altri avrebbero approfittato del silenzio della biblioteca per rimettersi in pari con lo studio; la maggior parte sarebbe rimasta a poltrire nel tepore delle coperte, grata di poter recuperare le ore di sonno dopo la festa di Mary MacDonald che aveva reso quel sabato sera il più frenetico dal loro rientro ad Hogwarts.
Lily, seppur si fosse sempre considerata una ragazza piuttosto assennata, non era riuscita a resistere al richiamo della sua anima da Grifondoro che l’aveva portata, sotto lo sguardo divertito dei suoi compagni di Casa, a cedere alle provocazioni di Sirius Black, finendo per accettare una sfida su chi dei due reggesse meglio l’alcol.
Dopo un’inquantificabile bevuta di Whisky Incendiario, il ghigno sardonico del suo avversario, convinto di avere la vittoria in tasca, si era trasformato in un sorriso palesemente brillo e, da lì a poco tempo, era stato vinto dagli effetti della bevanda alcolica.
Sirius, poco stabile, l’aveva accusata di barare e Lily aveva sbuffato una risata con la promessa che, un giorno, gli avrebbe fatto conoscere la Vodka.
Benché vincitrice, anche Lily aveva iniziato a sentire la testa leggera e, reduce delle imbarazzanti figure fatte l’anno precedente, quando aveva osato spingersi al di là dei propri limiti – un indecente elogio agli addominali di un James mezzo nudo ed altrettanto ubriaco di cui, fortunatamente, non vi erano prove se non nei suoi ricordi e nelle testimonianze di quelle arpie delle sue compagne di stanza – aveva deciso di barricarsi dietro le tende del suo baldacchino e sottrarsi alla possibilità di mettersi in una situazione scomoda.
Il vento che soffiava freddo ma docile in quella mattina d’inverno era un toccasana per la sua mente ancora intorpidita ed annebbiata. L’assoluto silenzio che regnava tutt’attorno, poi, contribuiva ad infonderle un senso di pura serenità, fondamentale dopo quella festa in cui la musica aveva rischiato di stordirli tutti.
Si concentrò sul panorama innevato delle irte montagne che circondavano il castello, sugli alberi rigogliosi della Foresta Proibita, sulla lastra ghiacciata del Lago Nero su cui gli studenti adoravano scivolare. Si lasciò irretire dalla magia di quelle terre nordiche, dalla spettacolare visione sempre pronta ad accoglierla e ad essere fedele custode dei suoi pensieri più intimi. Le sembrava che nulla avrebbe potuto rompere la bolla di felicità che le si creava attorno quando si trovava in quel posto. Nulla, nemmeno il timore della guerra che imperversava sul Mondo Magico, né il terrore che alcuni compagni cercavano di incuterle, nemmeno la costante preoccupazione per la sua famiglia.
In quello squarcio di Hogwarts, Lily si sentiva libera di proiettarsi in una realtà dove niente avrebbe potuto scalfirla, dove le sue paure informi venivano sottoposte alla sua razionalità finché non riusciva a disciplinarle, ad averne il pieno controllo, a farne il motore della sua determinazione.
Se anni prima qualcuno le avesse detto che un campo di Quidditch avrebbe potuto farle provare emozioni così forti, probabilmente gli avrebbe riso in faccia. Adesso, invece, non poteva che essere grata a colui che l’aveva trascinata lassù, al ragazzo che le aveva confidato quanto l’atmosfera di quel posto riuscisse a farlo concentrare, a fargli mettere chiarezza su determinati pensieri, a regalargli una pace interiore impossibile da trovare altrove.
Lily, colpita da quella spiegazione quanto dalla serietà con cui James si era espresso, aveva deciso di dare una possibilità a quel luogo e, camminando su e giù per le gradinate, si era ritrovata a perdersi nei suoi pensieri finché proprio James – e solamente grazie alla Mappa – non era andato a recuperarla, prendendola bonariamente in giro per la sua incoerenza e sussurrandole nell’orecchio una frase che Lily si era impressa nel cuore: “Questo posto ci permette di stare soli, Evans. È importante prendersi del tempo per sé, ricordarci chi siamo, ricordare di amarci”.
Quello era uno dei motivi per cui Lily si era innamorata di James: la sua totale assenza di maschere. James era sempre sé stesso, seguiva i propri principi con una convinzione invidiabile, agiva di testa sua senza lasciarsi mai influenzare dagli altri, sarebbe stato pronto ad infrangere un numero indicibile di regole se fosse stato certo di fare la cosa giusta. Inoltre, vantava un’ammirabile sicurezza di sé, una cieca fiducia delle proprie capacità e la voglia di dimostrare a tutti quanto realmente valesse.
James era un’esplosione di vitalità ed ottimismo, un concentrato di energia capace di ridare il sorriso a chiunque gli stesse attorno, il sole in grado d’illuminare gli altri con la sua sola presenza.
Ed era anche la persona più ostinata che conoscesse: se non fosse stata per la sua tenacia, non sarebbero mai arrivati a quel punto.
Al termine dei G.U.F.O. di Difesa Contro le Arti Oscure, tutti gli studenti del quinto anno si era recati nei pressi del Lago Nero per scaricare un po’ di tensione.
Lily era con le sue amiche, si stavano confrontando su qualche risposta riguardo al test appena concluso, quando aveva visto la cerchia di persone riunite attorno alla betulla e s’era accorta di cosa stesse accadendo: James e Sirius, ancora una volta, avevano preso Severus di mira. Seppur i suoi rapporti con il Serpeverde si fossero incrinati già da qualche tempo, non era riuscita a starsene in disparte ed era intervenuta in sua difesa, ricevendo in cambio una “Sanguesporco” da Severus e finendo per riversare tutta la sua rabbia su James in uno sfogo a dir poco plateale – che il suo ragazzo continuava a rinfacciarle.
Non avrebbe mai pensato che quell’episodio sarebbe stato tanto significativo e, invece, l’aveva portata a chiudere definitivamente la sua amicizia con Severus e a rivalutare James. In verità, aveva già iniziato a riconsiderare James quando, durante quel quinto anno, aveva scoperto che il suo compagno di Casa avesse salvato la vita del suo acerrimo nemico – seppur nessuno ne conoscesse il motivo – ma aveva continuato a disprezzare i suoi comportamenti infantili ed arroganti – costretta però a riconoscere che, talvolta, quand’era inoffensivo, riusciva persino a strapparle un sorriso.
Prima di prendere il treno per tornare a casa, a fine di quello stesso anno, James le aveva chiesto di parlare e si erano attardati a raggiungere la stazione di Hogsmeade. Tra tutte le accuse che lei gli aveva mosso quel fatidico giorno, l’unica da cui James si era mostrato realmente infastidito era stata quella riguardo al fatto che lui e Piton fossero uguali.
Lily era consapevole di aver esagerato, per cui, quando James le aveva detto “Ti manderò ogni giorno una lettera con una mia qualità positiva e capirai chi sono davvero!”, si era limitata a stringersi nelle spalle e rispondere: “Montato come sei, Potter, sono sicura che riuscirai a trovare tranquillamente più di sessanta tuoi pregi” seguito da un occhiolino che aveva lasciato intendere al ragazzo la vena sarcastica nascosta sotto il tono infastidito.
James aveva mantenuto fede alla sua promessa e, per tutta l’estate, casa Evans era stata subissata da gufi e lettere. Le prime erano state più serie: “Darei la vita per i miei amici”, “La magia oscura mi fa ribrezzo”, “Ci tengo molto alla media, anche se non do a vederlo”; poi, anche secondo le risposte sempre più divertite di Lily, le lettere di James avevano preso una piega più leggera: “Bevo ancora un bicchiere di latte prima di andare a dormire perché da bambino mia madre diceva che mi avrebbe evitato gli incubi. Mamma mi ha svelato che era solo un trucco per farmelo bere perché non mi piaceva, ma io intanto ho convinto anche Sirius a farlo e abbiamo creato “il lattetempo”, ovvero, un appuntamento fisso in cui beviamo un bicchiere di latte prima di addormentarci”, “Sono mancino!”, “Se fossi un animale sarei un cervo. Ti piacciono i cervi?”, “La McGranitt è l’unica professoressa che temo, perché in realtà è una Malandrina dentro e sa come fregarci!”.
Quando si erano rivisti il primo settembre a King’s Cross, Lily era rimasta interdetta nel trovarlo così attraente: aveva sempre pensato che James fosse un bel ragazzo ma, quell’anno, complice la simpatia nata a seguito dello scambio epistolare che le aveva permesso di conoscerlo meglio, aveva fatto difficoltà a staccargli gli occhi di dosso.
Il sesto anno li aveva visti impegnati in un legame che nessuno avrebbe saputo definire. In un tacito accordo stretto tra le pieghe di quell’abbraccio imbarazzato che si erano scambiati quando s’erano rivisiti, avevano deciso di intraprendere lo stesso percorso.
Lily era consapevole che James fosse diversi passi avanti, ma era rimasto paziente al suo fianco, senza accelerare o metterle fretta. James aveva camminato con la sua solita andatura rilassata, serena, sicura; Lily aveva dettato il passo, ogni tanto aveva saltellato, poi corso, dinnanzi a determinate situazioni s’era persino fermata – come la volta in cui James aveva osato alludere al fatto di doverla proteggere dopo uno scontro con alcuni aspiranti Mangiamorte e Lily, infuriata, gli aveva detto di non aver bisogno del principe azzurro in sella al suo cavallo bianco – ma poi, inevitabilmente, si era ritrovata a procedere nell’unica direzione possibile – come avrebbe potuto non farlo se James s’era avvicinato pentito dicendole di non voler essere il suo “cavaliere blu sul Thestral bianco” ma soltanto assicurarsi che lei sapesse di poter sempre contare su di lui?
Si erano ritrovati compagni di un viaggio privo di meta, dove ogni nuovo giorno aveva segnato una tappa importante nell’itinerario della loro storia, dove ogni avventura era stata un’esperienza per conoscersi meglio, dove le mappe erano state completamente inutili perché Lily odiava i percorsi già tracciati e James preferiva orientarsi osservando le stelle, unendo le loro capacità per cimentarsi nella realizzazione di un sentiero sicuro che nessun altro avesse mai calpestato.
Loro due non erano fatti per una semplice strada rettilinea sotto il Sole tenue del tramonto: il loro cammino vantava numerose curve, talvolta tanto strette da sembrare invalicabili e da richiedere un notevole sforzo per riuscire a superarle assieme, e il tempo che li accompagnava s’alternava tra un sole capace di ustionarli ed un temporale che minacciava di spazzarli via e vanificare mesi di sforzi per riuscire a comprendersi, ad accettarsi, a mettersi sullo stesso passo, seppur con andature diverse.
Lily sapeva che ci fosse una frase che recitava “L’unica regola del viaggio è: non tornare come sei partito” e lei, che s’era avviata da sola e ne era uscita mano nella mano con James, era certa di esserne uscita diversa. Non diversa nelle sue idee o nei suoi comportamenti, non diversa dalla Lily che era sempre stata, ma diversa dentro. Era una Lily più felice, raggiante. Erano riusciti a far emergere la parte migliore dell’altro e l’avevano fatto nella maniera più semplice ed autentica esistente: amandosi.
Dopo l’estate del sesto anno passata a materializzarsi ora a Godric’s Hollow, ora a Cokeworth, avevano deciso di vivere la propria relazione alla luce del sole – in verità, s’erano ritrovati a farlo senza nemmeno accorgersene: Lily lo aveva baciato non appena erano saliti sull’Hogwarts Express, incurante di essere nel mezzo di un corridoio ancora affollato che, presto, avrebbe fatto diffondere la notizia in tutti gli scompartimenti e avrebbe continuato a parlarne per tutti i mesi successivi.
Se ripensava che il professor Lumacorno, da sempre famoso per la sua vena impicciona, soltanto la settimana precedente le aveva sussurrato un “Ottima scelta, signorina Evans” quando lei e James si erano presentati ad una cena del Lumaclub insieme, Lily avrebbe voluto sotterrarsi.
«Cos’è quella faccia afflitta?»
Lily sobbalzò al suono di quella voce, spostando immediatamente la sua attenzione sulla figura che si stagliava innanzi a lei. James, ormai, non aveva più bisogno di controllare la Mappa per indovinare dove fosse, ben consapevole che l’avrebbe trovata a “usurpare il suo posto”, come si divertiva a rinfacciarle.
«Pensavo a quanto tutti mi dicano che tu sia un buon partito» rispose, inarcando un sopracciglio «Secondo me è il loro modo di ringraziarmi per essermi accollata un tale caso umano»
James si lasciò andare ad una risata divertita, gettando la testa all’indietro e portandosi una mano sullo stomaco, colorandosi di quella vivacità da cui Lily aveva imparato a trarre gioia. La rossa trattenne a sua volta un sorriso, decisa a interpretare bene il suo ruolo da povera martire, ma arrendendosi alla seguente verità che ogni giorno diventata sempre più una certezza: James era bellissimo.
Era bello perché vantava un fisico slanciato ed allenato, perfettamente proporzionato e di un’armoniosità sorprendente; un viso sottile, dai lineamenti affascinanti e ben definiti; capelli neri indomabili che ricadevano in tutte le direzioni e gli donavano un’aria da ribelle; occhi dal taglio sottile, di un nocciola che si perdeva nelle sfumature ambrate e alla luce risplendevano come pozzetti d’oro; il naso a punta su cui poggiavano un paio d’occhiali squadrati dalla montatura scura e labbra piene.
Ciò che lo rendeva davvero bello, però, erano quelle labbra sempre piegate in un sorriso gioioso, lo sguardo rassicurante da cui trarre forza, le braccia calde pronte ad accogliere.
«Veramente sono io quello che andrebbe ringraziato per essersi appioppato una tale rompiscatole!» ribatté, stringendosi nel suo mantello nero per ripararsi dal freddo.
Lily schioccò la lingua sul palato «Ma se hai fatto fuoco e fiamme per avermi!»
«Perché pensavo che fossi una persona normale, non una squilibrata con manie suicide!»
«Io non ho nessuna mania» controbatté, piccata «E se ti stai riferendo al fatto che ti ho chiesto di venire con me nella Foresta Proibita l’altra sera… beh, vuol dire che non sai cos’è un po’ d’avventura!»
Il moro le rivolse un’occhiata allibita «Io corro una volta al mese con un Lupo Mannaro!» esclamò, incredulo «Tu mi hai chiesto di accompagnarti per fare una scorta di Elleboro! Persino io che non ci capisco niente di piante, so che quella è altamente velenosa!»
Lily, a quel punto, sorrise e scosse la testa «Sei un idiota. Non ho cattive intenzioni, ti ho già detto che sto provando delle nuove pozioni»
«Sì, genietto, e io ti ho già detto che la cosa non mi piace» sbuffò, incrociando le braccia al petto.
«Tu rischi di fratturarti un osso ogni volta che sali su quella scopa e io non ti ho mai chiesto di rinunciare al Quidditch!»
James roteò gli occhi «Ma è diverso. Non ti sto chiedendo di rinunciare alle pozioni, solo di non rischiare di saltare in aria per una combinazione sbagliata»
La diciassettenne gli scoccò uno sguardo divertito «Facciamo così: io m’impegnerò a non esplodere nella stessa misura in cui tu t’impegnerai a scansare i Bolidi»
Il ragazzo aprì la bocca per ribattere ma, consapevole d’essere stato incastrato, si limitò a mugugnare, sedendosi al suo fianco a gambe divaricate sulla panca di legno.
Lily affondò il viso nella sciarpa rossa-oro per evitare di sbattergli in faccia il suo sorriso trionfante, ma dovette uscire da quel nascondiglio quando James le accarezzò una guancia arrossata per il freddo e si sporse verso di lei, posando le sue labbra su quelle di lei e indugiando qualche secondo in un morbido bacio, prima di ritrarsi.
«Buongiorno, comunque» sussurrò, sfiorandole il naso con il proprio.
Lily si riappropriò della bocca del suo ragazzo, godendosi il piacevole calore che quel bacio era capace di donarle. Un contatto che scatenava inappagabile desiderio e totale assuefazione – un’antitesi che l’avrebbe condotta in un ossimoro di lieto delirio.
James, d’altra parte, non poteva che ripensare alla prima volta in cui l’aveva finalmente baciata, quasi un anno prima. Un istante che si era congelato nella sua mente e tatuato nel suo cuore, che non sarebbe mai riuscito a dimenticare.
Erano semi-sdraiati sul tappeto della Sala Comune e illuminati dal bagliore del camino, la notte ormai era calata su tutto il castello e Lily gli stava raccontando divertita l’ultimo pettegolezzo che si era diffuso tra le mura della scuola e a cui lui non stava prestando la minima attenzione.
Come sotto effetto di un incantesimo, le aveva portato una mano alla base del collo, facendola ammutolire all’istante per l’intensità del suo sguardo. Le aveva accarezzato la giugulare invisibile, solleticato la pelle liscia della guancia con la punta del proprio naso, aveva mescolato il suo respiro caldo con quello accelerato della ragazza e intrappolato con delicatezza il labbro superiore di Lily tra le proprie labbra. Era stato un contatto casto, quasi impercettibile. Le bocche si erano toccate senza assaporarsi realmente, senza approfondire quel tocco così delicato, a tratti innocente nella sua disarmante purezza.
James si era ritratto lentamente, lo sguardo fisso in quello di Lily, pronto a cogliere il minimo segnale di pentimento, di disgusto, di ripensamento. Ma, in quelle distese di prato, aveva visto solamente un’irriducibile felicità, appannata da lampi di puro compiacimento misti ad un genuino appagamento.
Era stata Lily, poi, a riavvicinarsi. Aveva catturato il labbro inferiore di James con una maggiore avidità, lo aveva succhiato appena e morso solo per provocare nell’altro una reazione, per farlo uscire da quello stato di meravigliata immobilità.
Reazione che era arrivata istantanea nell’attimo in aveva realizzato cosa stesse accadendo. James aveva assecondato le labbra vellutate che si muovevano decise sulle proprie, entrambi spinti da un nuovo desiderio, dalla voglia di scoprire quel lato ancora sconosciuto dell’altro, di impararne i punti deboli, di conoscerne l’intimità più segreta.
Per James, venire a contatto con il sapore di Lily, era stata un’esperienza capace coinvolgere ed inebriare tutti i sensi: non era un gusto, non era un qualcosa riconducibile al suo apparato gustativo, era, piuttosto, un tono, un carattere, una squisitezza connessa all’animo. Lily sapeva delle cose preferite di James: della libertà che provava quando sfrecciava sulla sua scopa sui campi verdi come i suoi occhi; della spensieratezza di una serata passata ad oziare in Sala Comune; del calore che solamente i suoi abbracci erano capace di donargli; della più autentica ed indissolubile felicità. Lily sapeva di tutte le cose belle della vita.
Avevano sorriso contemporaneamente. Avevano sorriso perché non potevano fidarsi delle parole, in quel momento: erano sprofondanti in una dimensione diversa, alternativa ma altrettanto reale, dove quel bacio così significativo aveva preso una sfumatura indefinibile, si era caricato di accezioni talmente sottili, mutabili e imprecise da risultare straordinarie nella loro complessa ma armoniosa costruzione. Limitare, moderare, circoscrivere quella pluralità di stati d’animo, emozioni e percezioni era un’idea così folle da non poter essere nemmeno concepita, perché non esisteva un solo colore che potesse contenere le sfaccettature di quel bacio, e nemmeno la parola più adeguata sarebbe stata capace di trasmettere la scabrosità di quel circolo vizioso in cui erano caduti: il disperato tentativo di disciplinare le proprie sensazioni e l’impossibilità di queste ultime di essere ridotte ad una totalità.
Avevano dovuto accoglierle tutte. Avevano dovuto accettare di poter provare una molteplicità di emozioni senza classificarle, senza definirle.
Loro non potevano essere schedati, o semplicemente etichettati. Non erano solo amici e non erano solo amanti. Erano sorrisi raggianti e occhiolini complici, erano abbracci rassicuranti e baci affettuosi, erano scherzi esasperanti e battute divertenti, erano fiducia e lealtà, presenza e supporto, amore e rispetto. Erano James e Lily, una molteplicità irriducibile.
«Come stai?» le chiese, mentre Lily gli avvolgeva le braccia attorno al corpo e rifugiava la testa nell’incavo del suo collo.
«Bene, solo un po’ frastornata. Tu, piuttosto? Hai una faccia…»
James sospirò «Sirius ha passato la notte a vomitare e io gli ho fatto da balia. Sono anche rimasto in silenzio mentre t’insultava, tirandogli solo i capelli quando esagerava»
«Quindi immagino che riprenderà ad evitarmi per i prossimi giorni finché non lascerà una Cioccorana nel mio zaino come segno di pace» ridacchiò, esasperata.
«Sarei tentato di dirvi di smetterla di scommettere su qualsiasi cosa, ma sono certo che non servirebbe a nulla»
Lily si raddrizzò per osservarlo «Sì, James, il rapporto tra me e Sirius va al di là della tua presenza»
Il moro le sorrise sincero «E io sono felicissimo che sia così» ammise, lasciandole un veloce bacio sulle labbra «Senti, ti devo parlare di una cosa» disse poi, animato da una nuova luce nello sguardo che fece incuriosire la ragazza «Sai che l’anno scorso io e Sirius abbiamo organizzato una festa di capodanno a casa con gli altri Malandrini, no?»
La rossa annuì.
«Bene, stavamo pensando di rifarlo, allargando però un po’ la cerchia. Quindi noi, ovviamente tu, le ragazze, Frank sperando che non sia di turno… insomma, una cosa ristretta da noi, che dici?»
«Sì!»
L’entusiasmo e l’euforia con cui Lily rispose, lasciò James vagamente stranito.
«Ti ricordi che ti ho detto che Petunia aveva intenzione di far conoscere i nostri genitori e i genitori di Vernon a Capodanno? Ecco, mamma mi ha confermato, qualche giorno fa, che questa cena si farà e, per fortuna, mi ha accordato il permesso di scansarmela, anche se sono piuttosto certa che sia stata Tunia a non volermi lì. Comunque, sì, certo che ci sono, sarà divertente!»
James rimase fermo qualche secondo, incerto se consolarla per la questione di sua sorella o entusiasmarsi con lei per il Capodanno che avrebbero passato assieme. La risposta la trovò nello sguardo di Lily: una supplica a lasciar correre, a non farle affrontare quel discorso ancora una volta.
«Ottimo!» sorrise allora, stampandole un rumoroso bacio sulla bocca «Però devi promettermi che ci sarai!»
«Perché dovrei?» rise, confusa «Ti ho già detto che vengo»
«Perché voglio assicurarmi che potrò davvero baciarti a mezzanotte sotto i fuochi d’artificio, concludere l’anno con te e aprirne un altro al tuo fianco»
Lily annuì «Te lo prometto»
«Fantastico, avviso mia madre»
«COSA?!» urlò, scattando in piedi «No, James, no! Non è il momento di conoscere i tuoi genitori, non-»
«Ah, ah, ah» la interruppe, alzando un dito con fare saccente «L’hai promesso»
Lily sgranò gli occhi e spalancò la bocca «Stronzo!» lo accusò, colpendolo sul braccio «Come hai potuto? Mi hai ingannata!»
«No, mio dolce tesoro, ti ho dato una lezione di vita: mai fare promesse senza prima conoscere bene la situazione!»
«Questa me la paghi, Potter»
«Oh, Evans, non vedo l’ora»
 
31 dicembre 1977
 
A risvegliarla dai suoi ricordi fu il rumore di qualcuno che bussava alla porta della sua camera e che non aspettò una risposta per entrare.
Sua madre accese immediatamente la luce, rivolgendole un’occhiata accigliata «Che succede?» domandò, avanzando verso il giradischi per rimettere il braccino al suo posto ed interrompere quel piacevole ronzio.
«Succede che io non vado da nessuna parte» sentenziò, imbronciandosi «I miei capelli fanno schifo»
La donna annuì «Capisco…» mormorò, avanzando lungo la stanza, scansando la strage di elastici sul pavimento e sedendosi sulla punta del letto, poggiando i gomiti sulle ginocchia e guardandola dritto negli occhi «E i tuoi capelli hanno niente a che fare con qualcuno che ci sarà a quella festa?»
Rose Evans, stretta in un semplice tubino azzurro che richiamava la sfumatura dei suoi occhi ed evidenziava il corpo sinuoso, con i capelli rossi portati in un caschetto ordinato e qualche cosmetico sul volto grazioso che non andava ad intaccare la sua naturale bellezza, era l’unica persona capace di leggerle dentro.
Rose era la donna a cui Lily s’era ispirata per tutta la sua vita, colei che le aveva insegnato ad essere forte nelle sue fragilità, a non permettere a nessuno di farla sentire inferiore, ad affrontare la vita con la giusta dose d’ironia e quale fosse il potere di un sorriso.
Sua madre aveva accettato il suo essere strega con le lacrime agli occhi e la certezza di aver sempre saputo che sua figlia fosse speciale, promettendole che si sarebbe sempre impegnata a capire quel mondo a lei sconosciuto e che non avrebbe mai smesso di farle sentire la sua vicinanza.
«No» rispose Lily, seppur fosse chiaro ad entrambe che stesse mentendo.
Lily non aveva ancora detto alla sua famiglia di James, non esplicitamente, almeno: quando casa sua era stata invasa dalle lettere e dopo che sua sorella gliene aveva rubata una per vendicarsi del torto fattole anni prima – fortunatamente, vi era semplicemente scritto “Non ho la minima idea di come io abbia fatto a prendere una O ai G.U.F.O. di Erbologia, è la materia che meno mi piace” – lei si era sentita in dovere di dare una giustificazione ai suoi genitori, spiegando che James fosse un suo compagno di scuola e che dovessero svolgere assieme un progetto per, appunto, Erbologia.
L’estate successiva le lettere erano state sostituite con incontri piuttosto frequenti e, dalle frecciatine dei suoi genitori – “Un altro progetto a cui lavorare?”, “Sicuramente sono incontri a scopo puramente formativo” – aveva intuito che non credessero più alla storia de “il mio amico James” ma non l’avevano mai forzata ad aprirsi, né erano scesi in domande che l’avrebbero messa in difficoltà.
Lily aveva capito che i suoi genitori fossero ben consapevoli della relazione con James e, se ancora non aveva trovato il coraggio di dirglielo apertamente, non era perché se ne vergognasse o temesse che i suoi non lo accettassero, ma semplicemente perché dirlo alla sua famiglia lo avrebbe caricato di una pesantezza che Lily non era sicura di voler già affrontare.
Lei e James erano leggeri, avevano lasciato che il loro rapporto si sviluppasse senza seguire dei canoni prestabiliti, non avevano mai sentito la necessità di imporsi un giorno in cui tutto era iniziato, né avevano mai preso in considerazione l’idea di conformarsi alle altre coppie che conoscevano.
I cliché di coppia la facevano entrare in uno stato di puro panico e non perché disdegnasse un mazzo di fiori il giorno del suo compleanno o camminare mano nella mano per le vie della città, no: era l’abitudine a terrorizzarla, la paura di cadere in azioni e gesti che non fossero più dettati dal cuore ma dalla noia.
Il solo pensiero di presentare James ai suoi genitori, di dover formalizzare la relazione con una noiosa cena che avrebbe messo in imbarazzo chiunque, riusciva a farle contorcere le viscere. Almeno quanto l’idea di conoscere i genitori di James ed essere sottoposta al loro giudizio.
«Quindi vorresti davvero dirmi che sei entrata in crisi per una pettinatura che si può aggiustare con spazzola e phon? Per favore, Lily, credevo di aver cresciuto una ragazza più intelligente di così»
«Beh, suo padre è diventato famoso proprio perché ha inventato una pozione per capelli, che figura ci faccio io se mi presento così?! Penserà che non sia neanche capace di pettinarmi!»
Rose sollevò entrambe le sopracciglia, con un sorriso divertito sul volto «Oh, stiamo parlando del padre del tuo amico James?»
Lily, infastidita per aver ceduto alla provocazione di sua madre e per quell’ironia non richiesta, spostò lo sguardo sulla parete celeste tappezzata di fotografie ed annuì, stizzita.
La donna si lasciò andare ad una risata ilare, allungando una mano per posargliela sul ginocchio «D’accordo, d’accordo. È comprensibile che tu sia agitata, ma non c’è bisogno di fare un massacro di elastici»
La ragazza accennò un sorriso e scosse piano la testa, decidendo di fidarsi dell’unica persona che non l’aveva mai delusa «Mamma, tu non sai quanto sia legato ai suoi genitori. Quando nomina sua madre gli brillano gli occhi e praticamente venera la terra su cui suo padre cammina»
«Beh, è una bella cosa che abbia un bel rapporto con i suoi genitori, no?»
Lily sbuffò «E se io non piacessi loro? Se non mi considerassero all’altezza del figlio? Hanno avuto James in tarda età e lo hanno sempre messo su un piedistallo»
«Quindi sono persone un po’… snob? Com’è che si dice? Sanguesano?»
«Purosangue» la corresse, a disagio «Sì, ma non è questo il problema. Loro ritengono assurde certe ideologie»
Il sorriso di Rose s’illuminò di una tonalità ancora più raggiante, rasserenata dalla notizia – Lily aveva riferito loro qualche notizia sulla tragica situazione che stava scuotendo il mondo magico e Rose, ormai, viveva in un continuo stato d’allerta quando la vedeva andar via «E allora perché tanta paura di non piacere?»
«Perché io e James non abbiamo mai dovuto rendere conto a nessuno della nostra relazione e ce ne siamo sempre infischiati del parere altrui, ma voi siete i nostri genitori e… se non mi considerassero adatta a lui, io non voglio perderlo»
«Lily, non conosco questo James, ma deve essere un tipo piuttosto in gamba per sopportarti da almeno un paio d’anni» disse, accarezzandole il volto e rivolgendole un occhiolino complice «Sono sicura che non lascerebbe che i suoi genitori vi allontanino, così come non lo permetteresti tu. So che James è il tuo primo fidanzato e-»
«No» la interruppe Lily, con una nuova determinazione nello sguardo.
«No? Ne hai avuti altri?»
«James non è solo il mio primo fidanzato, mamma» chiarì, alzandosi in piedi «Forse per te saranno solo le parole di una diciassettenne, ma lui è molto di più di qualsiasi cosa tu stia pensando. Lui è sempre di più»
Rose le sorrise, annuendo «Lo so, tesoro»
«Lo sai?»
«Da quando c’è lui sembra che niente riesca a farti smettere di sorridere»
Il sorriso luminoso di Lily portò sua madre ad alzarsi con uno scatto dal letto e chiuderla in un abbraccio «Tu e tua sorella mi fate sentire vecchia!» la accusò, accarezzandole i capelli – provandoci «Oh, dobbiamo assolutamente sistemare questo disastro» disse, sbrigativa, guidandola verso la sedia dinnanzi alla scrivania «Vado a recuperare spazzola e phon, non muoverti»
Rose si voltò per uscire per dalla stanza, ma Lily la richiamò.
«Mamma!»
«Sì?»
«Grazie»
 



 
 
 
 
Note dell’autrice
Salve a tutti!
Ringrazio chiunque sia arrivato a leggere fin qui! Questa storia mi girava in testa da un po’, mi sono sempre interrogata sul primo incontro con i rispettivi genitori di Lily e James e, alla fine, ho deciso di provare a scrivere la mia versione.
Ma veniamo alla storia!
La caratterizzazione di Lily non è ancora ben delineata ma spero si capisca che il suo sclero-da-acconciatura nasconda un timore ben più profondo: la paura di non piacere ai Potter, sì, ma soprattutto il terrore di “appesantire” la relazione con James che, in questo periodo che stanno vivendo (ergo, con Voldemort che la vuole morta per il suo essere Nata Babbana) è l’unica cosa che riesce a farla sorridere davvero… ma nel prossimi capitoli, la questione sarà spiegata meglio!
Spero di essere riuscita a spiegare la natura del rapporto libero da qualsiasi convenzione di Lily e James. So che nella versione originale dei fatti hanno iniziato a frequentarsi dal settimo anno, ma credo abbiano iniziato a conoscersi da ben prima!
Dare alla mamma di Lily il nome di un fiore è stato istintivo e, dato che Lily l’ho sempre immaginata come una persona molto forte – non indistruttibile, però – ho voluto darle un valido esempio a cui ispirarsi, una persona che le abbia fatto capire il valore dell’essere madre.
Era nata come un OS, poi si è arricchita di troppi dettagli e ho preferito dividerla!
Grazie per aver letto fin qui.
Alla prossima,
Traumerin
   
 
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