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Autore: NyxTNeko    14/06/2020    1 recensioni
Napoleone Bonaparte, un nome che tutti avranno letto almeno una volta sui libri di scuola.
C'è chi l'ha adorato, chi odiato, chi umiliato e chi glorificato.
Ma siamo sicuri di conoscerlo veramente? Come si sa la storia è scritta dai vincitori e lui, il più grande dei vincitori, perse la sua battaglia più importante.
Dietro la figura del generale vittorioso e dell'imperatore glorioso si nasconde un solitario, estremamente complesso, incompreso che ha condotto la sua lotta personale contro un mondo che opprime sogni, speranze e ambizioni.
Un uomo che, nonostante le calunnie, le accuse, vere e presunte, affascina tutt'ora per la sua mente brillante, per le straordinarie doti tattiche, strategiche e di pensiero.
Una figura storica la cui esistenza è stata un breve passaggio per la creazione di un'era completamente nuova in cui nulla sarebbe stato più lo stesso.
"Sono nato quando il paese stava morendo, trentamila francesi vomitati sulle nostre coste, ad affogare i troni della libertà in mari di sangue, tale fu l'odioso spettacolo che colse per primo il mio occhio. Le grida dei morenti, i brontolii degli oppressi, le lacrime di disperazione circondarono la mia culla sin dalla nascita".
Genere: Drammatico, Guerra, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Rivoluzione francese/Terrore, Periodo Napoleonico
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Avignone, 30 luglio

Erano passati parecchi giorni da quella cena a Beaucaire, in cui Napoleone aveva potuto dimostrare le sue abilità comunicative e, soprattutto, le sue idee in merito al ruolo della Montagna durante la Rivoluzione Francese. Sapendo che la situazione ad Avignone era relativamente tranquilla, decise di ritornarvi, soprattutto per poter osservare i segni dell'assalto, così disse al suo compagno cocchiere, che pazientemente, decise di assecondarlo.

In realtà Napoleone scelse di tornarci, proprio quando Carteaux se n'era andato per raggiungere Marsiglia, l'altra città in cui vi erano delle rivolte da sedare. Non aveva alcuna intenzione di rivedere di nuovo quel suo superiore che mal sopportava. Inoltre aveva saputo che il generale aveva messo alla testa delle sue batterie il tenente colonnello Elzéar Auguste Cousin de Dommartin, per cui si sentì quasi in diritto di non ritornare da egli.

Mentre tornava in città, il capitano aveva riflettuto non poco sull'incontro che aveva fatto in quella piccola osteria e pensò che forse sarebbe stato davvero utile metterlo per iscritto "Potrei guardagnarci" pensò profondamente, una ombra scese sui suoi occhi scavati "Sì, potrei aumentare di più il prestigio del mio nome, oltre ad avere un bel gruzzoletto da spedire a mia madre, se lo scrivo e lo pubblico, a mo' di pamphlet, opuscolo politico" continuava.

Il cocchiere, al suo fianco, lo guardava senza dire nulla, tuttavia aveva notato nel ragazzo un leggero rossore sulle guance scavate, quasi come se fosse davvero malato e non semplice impressione dovuta al suo fisico. Sapeva che le paludi attorno Beaucaire erano pericolose, poiché causavano la malaria, ma ricordava di non essere passato lungo quelle zone.

- Sentite, secondo voi se scrivessi un piccolo opuscolo riguardo la conversazione avuta quella sera con quei mercanti della taverna di cui ti ho parlato, ci guadagnerei qualcosa? - chiese il ragazzo, lo fissò intensamente, volendo avere anche un'opinione diversa, pur avendo preso la sua decisione.

- Può essere un'ottima occasione per mettervi in luce, capitano - emise l'uomo con molta convinzione.

Napoleone sorrise e ridacchiò - Incredibile, la pensate esattamente come me - esclamò.

- Oramai vi conosco bene, capitano - rise a sua volta l'uomo. Si voltò e vide nuovamente il profilo di Avignone, in quei giorni una cittadina calma e silenziosa.

Napoleone intanto aveva preso un biglietto dalla tasca e lo stava leggendo, vi era indicata la via di una piccola casa, chiamata Maison Bouchet dal nome del proprietario, Pierre Simon Bouchet. Glielo aveva dato Du Teil poco prima di partire e gli aveva raccomandato di alloggiare lì, una volta giunto in città. Invece aveva sempre declinato l'idea, era certo che ad Avignone sarebbe rimasto poco tempo, e di conseguenza, non ci diede molto peso. Infatti, inizialmente, era intenzionato ad andare a Marsiglia, presso la sua famiglia e Saliceti.

Adesso, però, che non sapeva davvero cosa fare, a parte recuperare altre munizioni e scrivere quell'opuscolo, con cui sperava di raggiungere un minimo di fama tra i vari club giacobini francesi, decise di chiedere ospitalità a quel mercante-politico, sperando di essere bene accolto. Inoltre si sentiva particolarmente stanco, assai insolito, e aveva freddo, pur essendo piena estate e il caldo soffocasse l'aria.

- Ci dirigiamo a quell'indirizzo? - domandò il cocchiere dopo aver sbirciato leggermente sul biglietto che aveva tra le mani e che aveva quasi rovinato a causa del suo continuo giocherellare. 

- Ehm... sì... sì - annuì il giovane capitano - Voi dove andrete? Magari, se volete, potreste venire con me... - propose immediatamente.

- Io sono solo un cocchiere... - disse l'uomo con umiltà, apprezzò tanto la generosità del compagno. Aveva compreso che, in fondo, non era poi così intrattabile, bastava semplicemente essere rispettosi e affidabili con lui, ed era capace di aprirsi, di rivelarsi come poche persone al mondo. Non si aspettava di poter trovare in una simile personalità, cresciuta in un ambiente duro, severo come quello militare, dell'ingenuità.

- Andrete ad un albergo? - interrogò ancora Napoleone, si era affezionato a lui e gli dispiaceva sapere che il suo compagno di viaggio non avesse un luogo in cui alloggiare durante quel periodo di sosta forzata. Il ragazzo nascondeva l'amarezza, la frustrazione di non poter esser utile sul campo di battaglia o nelle retrovie. Gli faceva provare del senso di colpa per il cocchiere, che considerava amico.

- Certamente, non molto lontano dalla casa in cui verrete ospitato, capitano - precisò il cocchiere. Era giusto che il ragazzo vivesse la sua esistenza nel fiore degli anni, in fondo lui era solamente un cocchiere, un uomo di passaggio. Quando il promettente ufficiale avrebbe ottenuto un ruolo più consono alle sue abilità, era sicuro che si sarebbe dimenticato di lui o non lo avrebbe più cercato.

- Vi verrò a trovare, anche per controllare il carico, è pur sempre il mio compito - promise Napoleone poggiando una mano sul petto.

- Vi aspetterò allora - ricambiò il cocchiere, sorridendo. Era un tipo davvero bizzarro. Poi si fermò in Rue Calade al numero 23, proprio nel punto in cui spuntava il portone d'ingresso di un colore molto scuro, sormontato da un arco e colonne in rilievo, non del tutto scolpite; le pareti erano grigio fumo e al di sopra vi era un piccolo balcone di ferro con delle decorazioni e un'ampia finestra che dava sulla via.

Buonaparte scese agilmente, balzando, mascherò la stanchezza che sentiva di avere in corpo, afferrò la sua sacca, la piccola valigia e lo salutò sventolando il cappello - A presto - ammiccò alla fine. Il cocchiere salutò allo stesso modo e si allontanò con il carico di munizioni e polvere da sparo, in un alloggio lì vicino.

Prima di bussare alla porta, Napoleone rimase a contemplarla per un paio di minuti, dal materiale e dalla lavorazione intuì che il proprietario doveva essere incredibilmente ricco e che la Rivoluzione l'aveva rovinato solo in parte, non compromettendo il suo patrimonio. Si augurò di trovarsi una persona rispettabile e ospitale. Ingoiò la saliva e bussò delicatamente. L'attesa durò poco: si trovò davanti una donna dall'aspetto gentile e cortese, nonostante fosse in avanti con l'età - Chi siete cittadino?

- Il capitano Napoleone Buonaparte - si presentò gentilmente - Cerco Pierre Simon Bouchet, mi hanno riferito che abita qui - rispose Napoleone chinando la testa, prese educatamente la mano della donna e le fece il baciamano, da vero gentiluomo.

La donna che non si aspettò né un ospite, né un gesto simile non riuscì a negare, al contrario, rivelò subitamente che fosse il suo capo - Lo vado a chiamare, attendete all'ingresso per favore - lo invitò ad entrare.

- Vi ringrazio - fece Napoleone, una volta dentro, mettendosi ritto, dinnanzi al portone. Vide la donna inoltrarsi all'interno, perdendosi nell'oscurità, anche i suoi passi si fecero sempre più sordi. Per familiarizzare con l'ambiente, iniziò ad ispezionare la casa "È davvero molto benestante" rifletté piacevolmente colpito.

- Non mi aspettavo ospiti quest'oggi - esordì l'uomo, il suo sorriso era affabile e al tempo stesso sincero, al pari del suo aspetto, molto curato e dei suoi gesti, pacati, misurati. Doveva avere circa una quarantina d'anni, li portava discretamente bene.

- Spero di non essere sgradito - fu ciò che disse Napoleone al proprietario, senza girare troppo dietro la questione. Il suo sesto senso gli suggeriva di fidarsi di lui, pur rimanendo in guardia, pronto ad andarsene se non fosse stato ospitato. Già immaginava l'alternativa in compagnia del suo amico cocchiere, che non gli dispiaceva così tanto come si poteva pensare.

- Assolutamente no, anzi, gradirei sapere il vostro nome

- Capitano Buonaparte, Napoleone Buonaparte - si ripresentò mettendosi in posa. Sperava di cuore di riuscire a fare colpo, se fosse riuscito a guadagnare la sua fiducia era fatta, non gli avrebbe negato la sua ospitalità.

Bouchet lo analizzò dalla testa ai piedi: un giovane ufficiale dal aspetto gracile, l'uniforme era consumata e di qualche taglia in più e dal volto pallido, malaticcio. Quando incrociò quegli occhi grandi e grigi, un grosso brivido di freddo lo pervase, intravide delle fiamme ardenti e una luce intensa risplendere in essi. Raramente aveva incontrato uno sguardo del genere, comprese che non era una persona qualunque. "Sarà un tipetto davvero interessante, inoltre credo che sia uno degli uomini che ha partecipato alla cattura di Avignone, un sottoposto di quel sanculotto di Carteaux".

"Lo sguardo di quest'uomo mi pare intelligente" notò Napoleone scrutandolo a sua volta "Mi auguro di non essermi sbagliato".

- Non restate lì impalato, capitano, entrate pure - fece Bouchet allungando il braccio nella direzione del salotto - Fate come se foste a casa vostra...

- Vi ringrazio profondamente, di cuore, cittadino Bouchet - replicò nuovamente Napoleone assieme ad un inchino colmo di gratitudine. Lo avrebbe ricordato per sempre. Avanzò all'interno e posò le valigie accanto al divano, non erano pesanti, però si sentiva incredibilmente stanco. "Che...che mi succede? Forse è stato il viaggio". Si asciugò la fronte imperlata di sudore con la manica della divisa. Sopraggiunsero alcuni servi che, vedendolo spossato, si offrirono di portare le valigie nella sua stanza, al piano di sopra. Era la stanza degli ospiti - Grazie...ma faccio da solo... - fece Napoleone, più per orgoglio che per altro.

- Non dovete vergognarvi di farvi aiutare, perché siete stanco, capitano, specialmente dopo un lungo viaggio - lo rassicurò Bouchet, poggiò la mano sulla spallina, come se fosse un amico di vecchia data. Napoleone si voltò e lo guardò, annuì, e li lasciò fare - A volte, conviene farsi dare una mano - sorrise.

Il mercante si accorse che era più magro di quanto non sembrasse, pareva non toccare cibo da settimane intere. Buonaparte, invece, notò quanto fosse pasciuto e rotondetto, era sempre più convinto che costui fosse una personalità importante ad Avignone, altrimenti non si spiegava quell'aura di prestigio che lo circondava.

- Immagino siate uno degli uomini di Carteaux - ipotizzò l'uomo, facendolo accomodare gentilmente sulla poltrona. Napoleone lo fece più che volentieri, era da tanto tempo che non sedeva su qualcosa di morbido e confortevole. Prima di rispondere si concesse qualche secondo per tastare, far scivolare la mano sul tessuto del divano, dalla foggia pregiata. Bouchet non insisté oltre, anzi, attese con pazienza che rispondesse al suo quesito.

- Più o meno, anche se non ho partecipato alla presa di Avignone - rispose Napoleone chiudendo gli occhi, sollevò la testa - Ho solo dato qualche consiglio qua e là con i cannoni...

- Dunque siete un artigliere... così si dice giusto?

- Per essere a digiuno di materia militare, mi sembrate più che preparato - ghignò divertito Napoleone.

- Diciamo che negli ultimi tempi bisogna prepararsi su molte cose, altrimenti non si va avanti - ammise l'uomo mettendosi a braccia conserte - Piuttosto c'è qualcos'altro che potrei fare per voi? Vi porto da mangiare? Mi sembrate molto affamato e stanco...

- La vostra premura nei confronti di uno sconosciuto mi colpisce molto - rivelò Napoleone dopo aver pensato a lungo a questa cosa, forse lo trattava così perché conosceva Carteaux o addirittura Du Teil, che gli aveva parlato di lui - E se fossi un malintenzionato?

- Mi avreste già investito - rispose con assoluta calma l'altro, non traspariva alcuna esitazione nel suo tono - E soprattutto non mi guardereste in questo modo...

- Certo, certo - ridacchiò Napoleone - Comunque sì, c'è una cosa che vorrei, se fosse possibile... Ma non mangiare, o perlomeno non adesso...

- Ossia? - alzò il sopracciglio Bouchet, curioso da quel ragazzo così inusuale e al tempo stesso dallo strano e misterioso fascino.

- Una vasca da bagno, desiderei lavarmi, sono settimane che non mi detergo e vorrei sentirmi pulito, forse per voi è troppo o può essere visto come qualcosa di anomalo, ma per me è la normalità... - accarezzava delicatamente la divisa sporca e rovinata. Fino ad allora non aveva fatto caso a quanto fosse lorda, insozzata la sua uniforme. Era stato il confronto con Bouchet a fargli rendere conto di quanto fosse trasandato, più del necessario.

Bouchet sorpreso da quella strana richiesta, glielo concesse e diede ordine di fargliela preparare. Napoleone lo ringraziò esasperatamente e fu accompagnato dai servi, nella stanza da bagno. La stavano pulendo per bene, poiché era stata usata pochissime volte "Anche lui crede a quella stupida diceria dell'acqua" si disse, poggiò le mani sui fianchi, continuando a guardare i servi fare tutto il lavoro con grande diligenza e velocità.

Sistemato il tutto, lo lasciarono solo e il capitano d'artiglieria poté bearsi di quel vapore che lo invase, si tolse gli abiti e si immerse delicatamente. Il solo contatto con l'acqua lo appagava. Quel rito lo fece sentire a suo agio, massaggiò accuratamente le membra nell'acqua bollente e si sentì subito meglio - Probabilmente era solo stanchezza, sì, ora mi sento di nuovo in forze - si rassicurò mentre ruotava i polsi sottili.

Si girò e rigirò, assicurandosi che ogni parte del suo corpo fosse ben detersa. Le gocce d'acqua ricadevano sulla superficie creando sempre delle sinfonie sottili e sempre diverse. Rimase a mollo per un bel po' di tempo, non sapeva nemmeno lui quanti minuti o ore fosse rimasto in acqua, era una sensazione davvero unica, che lo rigenerava. Non appena sentì la pelle farsi più morbida, decise di uscire e allungò le mani sui vestiti e li avvicinò a sé. Tuttavia pensò di dover fare pulire anche quelle, chiamò uno dei servi e riuscì ad ottenere degli abiti provvisori e a farsi lavare la vecchia e logora uniforme.

Non appena tornò dal suo 'benefattore' trovò una tavola imbandita esclusivamente per lui e si stupì sempre più della sua generosità e si chiese ancora una volta il perché, in fondo era uno sconosciuto, non si erano conosciuti, né parlati a fondo. Possibile che si fidasse al tal punto? Eppure non riusciva a rifiutare un simile gesto, perciò si sedette e mangiò anche se poco, non essendo abituato a quelle porzioni ricche e sostanziosi.

- Vi ringrazio ancora per la vostra generosità, ma forse mi avete scambiato per Giove - rise infine. Nell'antica Grecia, infatti, l'ospite era sacro e si pensava che in esso si celasse Zeus, per questo i greci non rifiutavano mai di accogliere chiunque venisse a bussare alla loro porta, evitando così di incappare nell'ira divina. Bouchet rise di gusto, quel ragazzo era sveglio e spigliato, probabilmente dietro la sua immagine di magro e giovane ufficiale si nascondeva qualcos'altro di assolutamente affascinante. Il caso era così strano nei suoi piani.

Dopo aver concluso il suo veloce pranzo, e aver espresso degli apprezzamenti, privi di qualsiasi tipo di adulazione, sulla lauta cena, Napoleone si fece portare un foglio, una penna e un calamaio, in modo da potersi dedicare ad un racconto di vitale importanza per sé e per la Francia. Questo incuriosì non poco Pierre Simon che gli diede tutto il necessario, Napoleone, a quel punto, iniziò a scrivere il suo racconto, ispirato alla cena di Beaucaire che descrisse a grandi linee, prima a Bouchet stesso, in quanto lo aveva visto bramoso di conoscere la vicenda.

Il mercante-politico rimase sbalordito da quel piccolo ufficiale, dalla sua cultura, dalla sua intelligenza. "Pur essendo un militare, per di più straniero, il suo accento parla per lui, possiede una padronanza di linguaggio e una vasta conoscenza della condizione francese straordinarie. Dà l'impressione di essere stato in ogni angolo di Francia, quanto invece non ha perlustrato che una minima parte". Era superiore a ciò che aveva immaginato e capì che quell'incontro non era dovuto al caso, ma a qualcosa di superiore, un destino che nessuno era in grado di prevedere, o almeno così pensava. 

 

 

   
 
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