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Autore: heliodor    14/06/2020    1 recensioni
Valya sogna di diventare una grande guerriera, ma è solo la figlia del fabbro.
Quando trova una spada magica, una delle leggendarie Lame Supreme, il suo destino è segnato per sempre.
La guerra contro l’arcistregone Malag e la sua orda è ormai alle porte e Valya ingaggerà un epico scontro con forze antiche e potenti per salvare il suo mondo, i suoi amici… e sé stessa.
Aggiunta la Mappa in cima al primo capitolo.
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Sangue e acciaio
 
Aggrappata alla schiena di Nara, Valya vide sfilare il sentiero sotto di lei.
“La figlia del fabbro” stava dicendo Falgan con tono divertito. “Non sapevo che Simm avesse una figlia. Tua madre?”
“È morta poco dopo che sono nata.”
Falgan grugnì qualcosa. “Non ti sei persa niente. Mia madre è ancora viva ma vorrei tanto che fosse morta.”
Valya valutò se rispondergli. Il suo sembrava più uno sfogo che un tentativo di fare conversazione.
“La tua spada è moto bella” disse Nara sorridendole a labbra serrate. “L’ha fatta tuo padre?”
“Sì” disse.
Aveva riavvolto la spada nel fagotto chiudendolo con dei lacci.
“Falle posto sulla sella” aveva detto Falgan alla donna. “Siete entrambe leggere.”
Nara l’aveva aiutata a salire.
“Cosa volevano da te quei tre?”
Valya scrollò le spalle. “Rezan e i suoi fratelli sono degli idioti” rispose. “Gli piace provocare. E io sono stata una stupida a cascarci.” Il pensiero di cosa le avrebbe fatto suo padre una volta tornata a casa la tormentava.
L’unica consolazione era che Falgan e i suoi gli affidassero abbastanza lavoro da essere troppo occupato nella forgia per pensare alla sua punizione.
“Non prendertela con te stessa” disse Nara. “Hai tutto il diritto di difenderti. Al tuo posto io avrei fatto lo stesso.”
“Grazie” disse Valya.
“Al suo posto” disse l’uomo alto e magro che li seguiva. “Tu avresti azzannato quei tre e strappato un braccio all’idiota con la spada.”
Nara spalancò la bocca per sorridere e solo allora Valya notò le due file di denti aguzzi. A quella vista trasalì per la sorpresa.
Nara le scoccò un’occhiata. “Che hai da guardare?”
“Sei nata così?”
“Certo che no, sciocca. Dalle mie parti tutte le donne si limano i denti per sembrare più belle e affascinanti.” Rise di nuovo.
A Valya non sembrava più bella e affascinante. Distolse lo sguardo dai denti di Nara sperando di dimenticarli.
In vista della casa rallentarono fino a fermarsi.
Valya saltò giù per prima e indicò la forgia. “È quella.”
“Non l’avrei mai detto” fece Falgan mettendo un piede a terra. “Ryde. Lascia parlare solo me, capito?”
L’uomo annuì solenne.
“Non fate entrare nessuno. Ci voglio parlare da solo.”
Nara e gli altri si fermarono davanti all’ingresso.
“Simm Keltel” esclamò Falgan affacciandosi sulla soglia della forgia.
Valya avrebbe voluto stare lì ad ascoltare, ma prima voleva rimettere a posto la spada. Se suo padre si fosse accorto che l’aveva presa sarebbero stati guai peggiori per lei, ne era certa.
Corse in casa e salì le scale arrampicandosi, trovò il baule ancora chiuso e l’aprì, gettandovi dentro il fagotto con la spada.
Dominando a stento il tremore, si lasciò cadere con la schiena appoggiata al baule. Solo ora si rendeva conto di quanto era stata stupida e ingenua a pensare di poter vendere quell’arma.
E di quanto fosse stanca.
Era esausta, come se avesse fatto di corsa il tratto tra il villaggio e la casa. La cavalcata con Nara aveva solo nascosto la sua stanchezza.
Le ossa e i muscoli le facevano male e faticò a rialzarsi, ma dovette sforzarsi. Era curiosa di ascoltare cosa si stavano dicendo Falgan e suo padre.
Forse gli sta ordinando spade e scudi per dieci o ventimila monete, come minimo, si disse. Risolverebbe tutti i nostri problemi.
Si affacciò dalla piccola finestra che dava sull’esterno, da dove poteva vedere uno scorcio della forgia. quando vide i cavalli allontanarsi sgranò gli occhi.
Hanno già finito? Si chiese. Hanno fatto in fretta. Forse Falgan e i suoi volevano tornare al villaggio prima che facesse buio, ma se avevano parlato così poco allora l’affare era saltato? O suo padre aveva rifiutato come a volta faceva?
Si precipitò giù per le scale e poi dal cortile di corsa alla forgia. Suo padre sostava sull’ingresso, le braccia incrociate sul torace ampio e l’espressione corrucciata.
Valya si fermò davanti a lui e lo fissò senza parlare per qualche istante. “Allora? Di che avete parlato?”
Simm Keltel allungò un braccio così veloce che Valya se ne rese conto solo quando il palmo della mano le colpì la guancia.
Sentì il dolore avvampare all’istante mentre gli occhi si riempivano di lacrime. “Perché?” riuscì a dire singhiozzando.
“Hai portato delle persone alla forgia” ringhiò suo padre facendola trasalire. “Hai scordato che abbiamo delle regole?”
“Erano clienti” annaspò alla ricerca di una scusa valida.
“Clienti o no, non dovevi. Sei una stupida.”
“Mi spiace” disse cercando di ricacciare indietro le lacrime.
Suo padre fece per rientrare nella forgia.
“Almeno” disse Valya facendosi coraggio. “Almeno hanno ordinato delle spade?”
Suo padre grugnì qualcosa senza voltarsi.
“Quante? Dieci? Venti?”
O magari trenta? Si chiese. Con trenta potremmo pagare tutti i debiti e ne avanzerebbe anche qualcosa.
“Diecimila” rispose Simm Keltel.
Per un attimo Valya pensò di avere capito male. “Diecimila?”
“Sei sorda oltre che stupida? Ho detto diecimila.”
Valya voleva mettersi a esultare. “Ma è stupendo” esclamò. “Risolveremo tutti i nostri problemi.”
Suo padre afferrò una pinza e la scagliò contro il muro. “No, non lo è affatto. E i nostri problemi sono appena iniziati. Prepara la tua roba. Partiamo tra due giorni.”
Valya lo guardò incredulo. “Partiamo? Per dove?”
“Ferrador.”
Aveva già sentito quel nome. Era una grande città a oriente di Cambolt.
Una città, si disse. Una vera città, non un semplice villaggio.
“Che cosa c’è a Ferrador?”
“Sangue e acciaio” rispose suo padre.
 
***
 
Battere il metallo era l’unica cosa che lo distraesse dai suoi pensieri. E dai ricordi. Almeno per un po’, finché non tornavano alla carica e lui si sentiva vacillare.
Allora nemmeno la quiete della forgia riusciva a calmare la sua inquietudine e il tremore delle mani che aumentava insieme al sudore che gli scendeva copioso bagnandogli a schiena.
In quel caso, abbandonava la mola e i martelli e frugava tra le pinze appese sopra il forno, sullo scaffale dove, in un incavo ricavato togliendo un paio di mattoni, aveva nascosto la bottiglia colma di liquido lattiginoso.
Gli bastava un sorso, a volte anche solo la sensazione del liquido che scorreva nella sua gola, per dargli sollievo e allontanare pensieri e ricordi.
Rimise la bottiglia al suo posto. Era costata parecchie monete che aveva passato al guaritore per averla, ma ne era valsa la pena.
Stava per tornare alla mola quando udì lo scalpiccio degli zoccoli.
Cavalieri, si disse, i sensi all’erta. Quattro. Tre grossi, uno leggero. Vengono qui.
Il primo istinto fu quello di afferrare la mazza ferrata che teneva vicino al banco di lavoro. Aveva anche una spada a due mani e lo scudo, ma per qualche motivo quella volta scelse la mazza.
Udì passi che si avvicinavano alla forgia e una voce che lo fece trasalire.
“Da solo” stava dicendo.
Un viso dal naso schiacciato e la mascella squadrata si affacciò all’ingresso. “Simm Keltel” disse l’uomo, la stola spelacchiata e unta avvolta attorno al collo. “Che io sia dannato. Sei proprio tu. Le voci dicevano il vero.”
“Falgan” rispose a denti stretti. “Pensavo fossi morto.”
Falgan mise un piede dentro la forgia e indicò la mazza. “Ho scelto un brutto momento? Vuoi che ripassi più tardi?”
Simm poggiò la mazza vicino al bancone. “Ormai sei qui, dimmi che cosa vuoi e vattene.”
“È questa la maniera di accogliere un vecchio amico?”
“Noi non siamo amici” disse Simm cupo. “Non lo siamo mai stati.”
“Alleati? Eravamo a Mashiba insieme, ricordi?”
“Purtroppo sì.”
Mashiba, pensò Simm. Udendo quel nome si sentì schiacciare dal peso del ricordo. Lo ricacciò nel buio con uno sforzo di volontà. Se gli avesse permesso di restare, la rabbia e il risentimento l’avrebbero sopraffatto.
“È stato il nostro momento più glorioso.”
“Forse per te.”
“Per tutti.”
“Ho del lavoro da completare. Sbrigati a dirmi quello che devi e vattene.”
“Non ci metterò molto. Ho fatto un viaggio di quattromila miglia per raggiungerti. Non avevo idea che ti fossi nascosto in un buco puzzolente come questo Cambell.”
“Si chiama Cambolt.”
Falgan sorrise mostrando i denti come un cane. “Quello che è. Molti ti davano per morto, ma io non ho voluto crederci. Dovevo vedere con i miei occhi la tua tomba, così ho preso una nave e da Valonde sono venuto qui.”
“Valonde” disse Simm con un mezzo sorriso. “Ti sei messo al servizio dei mantelli blu adesso?”
“Pagano bene e re Andew è una persona ragionevole.”
“Perché non sa che persona sei davvero. Andew è ingenuo, non come suo fratello Gurran. Doveva diventare lui re.”
“I morti non possono ereditare la corona” disse Falgan.
Simm annuì grave. “Continua.”
Una donna dalla pelle nera fece capolino sulla soglia. Lui le rivolse un’occhiata veloce e tornò a concentrarsi su Falgan.
La donna fiutò l’aria come un cane. “Puzza di latte dei sogni qui dentro.”
Simm si accigliò.
“Cerchi di parlare con gli spiriti, Simm Keltel? O sono i demoni che ti perseguitano e cerchi un po’ di pace?”
“Ti avevo detto di restare fuori” ringhiò Falgan.
La donna scrollò le spalle e andò via.
“Allora?” fece Simm impaziente.
“È stato un viaggio lungo e stavo quasi per rinunciare, quando a Lormist venni a sapere di un fabbro molto abile che si nascondeva vicino al confine e decisi di venire qui. Per mezza Luna abbiamo vagato per le campagne chiedendo un giro, ma nessuno sembrava conoscerti, né sapere dove ti trovavi. Ammetto che stavo per perdere le speranze, quando ho incontrato quella ragazzina dai capelli ricci.” Fece una pausa. “È davvero tua figlia, quella?”
“Purtroppo, sì” fece Simm con tono rassegnato.
“Non l’avrei mai detto” disse Falgan con un mezzo sorriso. “In ogni caso, è stata lei a portarci qui.”
“L’ennesimo fastidio che mi ha procurato. Più tardi le darò quello che merita.”
“Dovresti ringraziarla, piuttosto. Ha capito subito che volevamo proporti un buon affare.”
“I tuoi affari non mi interessano.”
“Simm…”
“Prima che tu vada avanti, sappi che la mia risposta sarà no in ogni caso.”
“Non ti è permesso di scegliere. Non più.”
Simm lo squadrò dall’alto in basso. “Se intendete costringermi” disse indicando la mazza appoggiata al tavolo da lavoro.
“Non ce ne sarà bisogno. Sarai tu stesso a seguirci quando ti dirò quello che è successo poco prima che lasciassimo Valonde.”
Simm attese che proseguisse.
“C’è una nuova guerra” disse Falgan.
“Non mi interessa.”
“Non è come tutte le altre.”
“Non importa.”
“È Malag” disse Falgan.
Simm sobbalzò. “L’arcistregone?”
“Proprio lui.”
“Che sciocchezza. È morto più di cento anni fa. Bellir lo ha ucciso.”
“Ma è tornato. Lo hanno visto, Simm. Nelle città orientali la voce corre incontrollata. Si dice che l’arcistregone stia ammassando un’armata per marciare sul continente maggiore. Se non verrà fermato, ci travolgerà, come cento anni fa.”
“Allora venne sconfitto.”
“Da Bellir e dagli altri eroi, ma era un’altra era. Adesso quegli eroi non esistono più. Tocca a noi affrontarlo, Simm. Che tu lo voglia o meno.”
Simm scosse la testa. “Che cosa posso fare io? Sono solo un fabbro e per l’arcistregone servono mantelli e incantesimi.”
“Serve anche un esercito che li accompagni” disse Falgan. “Ho una lettera firmata da Arabel di Talmist in persona che mi autorizza a reclutare chiunque sia utile alla nostra causa. E tu sei quasi in cima alla mia lista.”
“Non vi sarò di alcuna utilità. Non prendo in mano una spada da anni.”
“Non ci servono altri guerrieri. Ne abbiamo più di cinquantamila e altrettanti ne troveremo. Ma ci servono spade, lance, scudi e armature. La regina sta radunando i migliori armaioli del regno.”
“Dove?”
“Ferrador.”
Simm si accigliò. “E Città della Forgia?”
“Ci fornirà tutto l’acciaio che ci serve. I minatori stanno scavando senza sosta per rifornire l’esercito.”
“Chi si unirà alla guerra?”
“Tutti, Simm. Valonde guida un’alleanza nella parte occidentale del continente. Belliron sta radunando i suoi alleati nel nord e Oldorak e Lormist saranno al nostro fianco.” Falgan si lasciò sfuggire un mezzo sorriso. “Stavolta l’arcistregone ha commesso un errore. Lo distruggeremo a saremo ricordati come eroi.”
“Gli eroi muoiono.”
“Tutti dobbiamo morire. Meglio farlo da ricchi, no?”
Simm cercò di pensarci sopra. Poteva promettere a Falgan di seguirlo e approfittare della prima occasione per scappare con Valya. Con un po’ di fortuna potevano raggiungere una città sulla costa settentrionale e trovare un passaggio verso il continente antico.
E poi? Si chiese. Se Falgan non aveva mentito e se la regina aveva davvero ordinato di radunare tutti i fabbri a Ferrador, la sua fuga poteva essere considerata una diserzione. Sarebbe diventato un rinnegato e con lui Valya.
Si accorse che Falgan lo stava fissando con gli occhi socchiusi. “Sangue e acciaio, Simm. Come ai vecchi tempi.”

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