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Autore: ValeDowney    14/06/2020    1 recensioni
"Una strana sensazione mi pervase per tutto il corpo. La morte dovrebbe essermi vicina eppure è come se qualcosa, o qualcuno, mi trattenesse. Perchè non mi lasciate andare? Ormai non ho più nulla per la quale combattere"
Una storia di redenzione. La vita di un uomo che, nel mondo magico, ha dovuto portare una maschera per nascondere il suo vero intento. Una "morte" che gli ha donato una seconda possibilità, in una donna che nasconde un misterioso passato
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Severus Piton
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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REDEMPTION



Capitolo IV: Insegnamenti


 
“Althea. Althea. Althea…” Una voce così lontana, eppure così vicina la stava chiamando. Forse stava sognando, oppure…
 
Althea aprì gli occhi e di scatto si sedette. Volse lo sguardo alla finestra quando un tuono squarciò il cielo. Pioveva ancora. Maledetto tempo londinese, pensò. Ma quando volse lo sguardo alla sua sinistra, sobbalzò dalla paura. Accanto al letto c’era una cerva d’argento che la stava guardando.
La osservava in silenzio, mentre i lampi la illuminavano ancora di più. Allungò una mano verso di lei, ma appena stava per toccarla, questa aprì la bocca e parlò con la voce di Severus: “Althea! Dove sei finita?! È da ore che ti sto chiamando! Sei in ritardo e sei anche fortunata che quell’incompetente del tuo capo reparto non sia ancora arrivato. Sbrigati ad arrivare! E, per tua informazione, questa cerva scomparirà quando sarai pronta, quindi non prendertela con calma.”
Althea era rimasta senza parole. In fretta e furia, scese dal letto e, prendendo alcuni vestiti a caso dall’armadio, se ne andò in bagno. Poi però si accorse di aver ancora addosso i vestiti del giorno prima. Quindi, con un colpo di bacchetta se li tolse, per poi mettersi quelli appena presi.
La colazione non fu delle migliori, considerando che la cerva d’argento continuava a tenerla sotto controllo e la seguì anche quando uscì dall’appartamento. Ma, mentre stava chiudendo la porta, non si accorse che qualcuno la stava osservando. Volse lo sguardo quando sentì un rumore e vide il suo vicino d’appartamento – un babbano – che aveva appena fatto cadere delle buste.
Althea andò da lui e, abbassandosi, l’aiutò a raccogliere il tutto.
“No, grazie, lascia stare. Faccio io” le disse.
“Lo faccio volentieri, Ian” disse Althea e si rialzarono.
“Grazie. Io… non so cosa mi sia preso. È che… mi era sembrato di vedere qualcosa di trasparente accanto a te. Proprio lì” spiegò Ian e volsero gli sguardi in direzione dell’entrata dell’appartamento di Althea, ma della cerva d’argento non vi era più traccia. I due si riguardarono e Ian, dopo essersi messo meglio gli occhiali, aggiunse: “Eppure… ero convinto di aver veramente visto qualcosa.”
“Sarà stato solo il frutto della tua immaginazione o della stanchezza. Da quel che vedo, lavori sempre un sacco” disse Althea.
“In ufficio mi riempiono di lavoro” disse Ian. Ci fu silenzio. Poi propose: “Vuoi entrare a prendere qualcosa? Sono appena stato a fare un po' di spesa e…” Ma Althea lo bloccò: “Ti ringrazio molto, ma vado di fretta. La sveglia non è suonata e sono già in ritardo per il lavoro.”
Ian guardò l’orologio da polso e, stupito, disse: “Alle sei del mattino?! Inizi così presto? Non ti ho mai sentita uscire a quest’ora.”
“Sono le sei?!... Oh…sì… è che non voglio svegliarti. Non mi sembra corretto. Dopotutto tutti abbiamo diritto di riposarci come si deve, no?” disse Althea. Poi, tra sé, aggiunse: “Severus mi sente. Come si è permesso di svegliarmi così presto?”
“Allora ci vediamo” disse Ian. Althea gli sorrise e se ne andò. Ian la guardò e, con sguardo triste, entrò nel suo appartamento. Da tempo cercava di uscire con lei e tutte le volte Althea aveva rifiutato l’offerta.
Dopo aver chiuso la porta dietro di sé, si appoggiò contro di essa. Quella donna lo faceva sentire strano e strani erano anche i suoi comportamenti. A lui non importava. Adorava tutto di lei ed avrebbe trovato il coraggio di confessare ciò che provava nei suoi confronti. Ma era troppo timido e sbadato per poterci riuscire, per non parlare che non spiccava di bell’aspetto. Althea, invece, era una donna molto bella e non degna di stare con uno come lui. Si meritava di più ma, di certo, non avrebbe mollato il suo obiettivo proprio in quel momento.
Althea arrivò al San Mungo e si precipitò da Severus. A passo spedito lo raggiunse. Il mago, che stava leggendo una rivista di pozioni, disse: “Sei in ritardo.”
“Sono perfettamente in orario. Anzi, grazie a te, sono in anticipo” disse Althea. Severus abbassò la rivista e, guardando la donna, la corresse: “Appunto. Grazie a me non sei arrivata in ritardo, così quello scansafatiche del tuo capo reparto non mi rompe l’anima già di prima mattina” e riprese a leggere la rivista.
“Parla a bassa voce” gli disse.
“Hai paura che i quadri vadano a spifferare tutto al signor perfettino? La cosa non mi riguarda più di tanto” disse Severus e sfogliò una pagina.
“Ma riguarda me. Vuoi farmi perdere il posto di lavoro in anticipo?” ribatté.
“Intanto lo perderai lo stesso” disse Severus.
“Grazie per la comprensione” disse sarcasticamente Althea. Poi si schiarì la voce quando un’altra guaritrice passò di lì con un vassoio, che portò ad un paziente poco distante. Quindi, sottovoce, aggiunse: “E, comunque, non c’era bisogno che mi mandassi il tuo patronus. C’è quasi mancato poco che il mio vicino di casa babbano lo vedesse.”
“E lo ha visto?” domandò Severus.
“Penso proprio di no. Ma non è questo il punto” rispose Althea. Severus la guardò: “Allora il nostro mondo è ancora salvo, visto che un solo babbano non si è accorto di una cerva fluttuante e trasparente che ti stava accanto”
“Non avresti dovuto usare la magia” disse Althea.
“Se non l’avessi usata, saresti ancora a letto a ripensare a che piega prenderà la tua vita dopo che ti avranno licenziata. Invece, io, ti ho fatto un favore e vedi di non sprecare questa opportunità, anche perché la mia pazienza sta arrivando ad un limite” spiegò Severus, riponendo lo sguardo sulla rivista.
Althea preparò un’ampolla, il cui contenuto versò dentro un bicchiere. Quindi chiese: “Come mai odi tanto questo posto? Sei un pozionista e dovresti adorare i luoghi dove sono presenti cure di ogni genere.”
“Non ho mai detto di odiare il San Mungo. Ho solo espresso la mia mancata pazienza in confronto a persone che non sanno fare bene il loro lavoro” rispose. Alzò lo sguardo, quando Althea gli porse il bicchiere. Lo prese, ma stette ad osservare il contenuto.
“Hai paura che ti possa avvelenare?” domandò Althea. Severus la guardò: “Intanto ho già il corpo pieno di veleno. Cosa potrebbe andare peggio?” rispose. Ma, dopo aver bevuto, fece una faccia disgustata. Riguardò Althea che, sorridendo beffardamente, disse: “Finalmente sono riuscita a fartela bere. È dalla scuola che ti rifiutavi.”
“E mi ricordo anche perché. Sei sempre stata negata in queste cose” disse Severus, depositando il bicchiere sul tavolino.
“Le tue pozioni facevano più schifo” replicò lei.
“La tua aranciata ancora di più. Era proprio necessario farla così amara?” aggiunse il mago.
“I babbani la usano per combattere l’influenza e anche il raffreddore” disse Althea.
“Sei una strega. Usa le nostre cure, se no ho sprecato inutilmente il mio tempo con te quando eravamo a scuola” replicò il serpeverde, incrociando le braccia. Stavolta Althea non controbatté. Severus le lanciava sempre delle frecciatine riguardo al passato, come se avesse odiato la sua compagnia. Ma, dopotutto, seppur erano diventati amici, Severus prediligeva ancora Lily.
Fu proprio nel silenzio che Althea continuò a lavorare, mentre Severus leggeva la rivista di pozioni. Era davvero cambiata così tanto la loro amicizia?

 
Hogwarts 1976

“Se fossi in te non lo farei” disse Severus, mentre guardava Althea prendere in mano un ingrediente.
“Perché no? C’è scritto così sul libro” domandò lei, dando una fugace occhiata al libro aperto sul pavimento.
“I libri dicono un sacco di cose, ma è anche così che i negozi di pozioni vendono più calderoni. Ecco perché quelli del primo anno hanno sempre calderoni nuovi” rispose Severus.
“Ma io non sono un primo anno” disse Althea guardandolo. Severus si limitò a farle un cenno con la mano verso il calderone e, mentre il serpeverde si allontanava, la ragazza vi gettò l’ingrediente. Il risultato fu inevitabile: bollì talmente forte che la pozione scoppiò ed Althea si ritrovò cosparsa di un qualcosa di gelatinoso e verde.
Severus si riavvicinò: “Sai, non sei poi tanto male. Potresti fare compagnia ai fantasmi del castello”
“Dovrei prenderlo come un complimento?” chiese Althea guardandolo, mentre la roba appiccicosa le gocciolava dai capelli. Severus gliela prese e, mentre l’osservava, rispose: “Direi più come un avvertimento. La prossima volta vedi di ascoltarmi ma, dopotutto, voi Corvonero siete inclini a ciò” e, con un colpo di bacchetta pulì sia la sua mano che Althea.
“Non credo che i Corvonero facciano esplodere così tanti calderoni come ho fatto io. Ancora mi chiedo se il cappello parlante mi abbia messo nella Casa giusta” disse.
“Quel vecchio pezzo di stoffa ha più critiche che suggerimenti. La maggior parte dei Corvonero non sa preparare una pozione decente neanche al primo anno” disse Severus.
“Infatti si vede quanto io sia brava. Su tre pozioni fatte, due avevano un colore indefinito, mentre l’ultima mi è esplosa addosso. Non sono tagliata per queste cose. In verità, non sono tagliata per nulla, nemmeno per essere una strega” replicò Althea e si portò le mani sul viso.
Severus non seppe che dire. Non era il tipo adatto per consolare. Ma quella ragazza lo faceva sentire strano e sereno con se stesso.
Si avvicinò a lei e, prendendole delicatamente le mani, la guardò in viso: “Non dire così. Sei una strega brillante, e poi ognuno di noi nasconde dei difetti, anche quelli perfetti. Credi che Silente e la McGranitt non abbiano i loro scheletri nell’armadio? Sono proprio coloro che si credono superiori agli altri che, invece, sono le persone peggiori. Non ti abbattere e poi siamo solamente alle prime lezioni. Ho ancora tanto da insegnarti. Vedrai che diventerai bravissima. Ne sono sicuro.”
Althea non seppe che dire. Severus non l’aveva mai consolata prima. Quindi, si limitò a fare un’unica cosa: lo abbracciò.
Il serpeverde era rimasto immobile. Nessuno l’aveva mai abbracciato, nemmeno Lily. I suoi genitori non erano mai stati tipi affettuosi, anche se sua madre, di tanto in tanto, provava a consolarlo. Suo padre, invece, odiava tutto ciò che riguardava la magia e non perdeva occasione per maltrattare moglie e figlio.
“Grazie” disse semplicemente Althea. Severus l’abbracciò a sua volta, chiudendo gli occhi. Quel semplice e piccolo gesto, che per loro valeva invece tanto.
 




Note dell'autrice: Ed eccomi finalmente qua dopo...una vita. Perdonatemi immensamente se ho impiegato così tanto ad aggiornare la storia. Spero comunque che stia continuando a piacervi. Se avete suggerimenti, scrivete pue. Mano a mano che si procederà, verranno aggiunti tasselli ( e personaggi) che aiuteranno a formare la trama. Spero di essere stata  nel personaggio di Severus e ci saranno parecchie scene (anche nei prossimi capitoli) de loro battibecchi.
Grazie a tutti coloro che stanno seguendo la storia; semplicemente leggendo o recensita. Grazie
E grazie anche alla mia amica Lucia
Ci vediamo al prossimo capitolo. Un buon proseguimento di serata
 

 
  
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