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Autore: Ai_1978    15/06/2020    3 recensioni
[SPIN-OFF NUMERO DUE DI "THE EYE OF THE TIGER"]
Prendersi una Ozora vuol dire guadagnarsi il "pacchetto completo" e Kojiro lo imparerà a sue spese.
Due one-shot che si collocano temporalmente all'inizio della storia "L'année des cerises" di Sakura Chan, scritte ovviamente col consenso "a prescindere" dell'autrice.
Buona lettura
Genere: Malinconico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kojiro Hyuga/Mark, Nuovo personaggio, Taro Misaki/Tom
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Il mito delle Metà'
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I personaggi di Kojiro Hyuga e Tsubasa Ozora non sono una mia creazione ma appartengono al genio e alla maestria di Sensei Yoichi Takahashi.
 
Sakura Ozora appartiene a Sakura chan
 
Minami Ozora, invece, è mia in tutto e per tutto.
 
Tutto quello che ho scritto è stato fatto senza alcun scopo di lucro, ma per puro divertimento

 
LA FOTOGRAFIA
 
Nami sedeva sul letto del suo appartamento, stringendo la vecchia fotografia tra le mani. Non riusciva a smettere di guardarla.
La nostalgia e la solitudine l’attanagliarono. Quanto avrebbe dovuto ancora attendere per rivedere quel sorriso? Per guardare ancora quegli occhi, sentire quella voce. Ridere e scherzare insieme?
Quanto? Quanto? QUANTO?
Deglutì, senza riuscire a trattenere oltre la commozione. Una lacrima traboccò dagli occhi e le rigò una gota.
Esattamente in quel momento, Kojiro apparve sulla soglia della camera da letto improvvisamente: «Nacchan? Hai visto la mia maglietta nera?»
Minami, colta di sorpresa trasalì. Si asciugò rapidamente le lacrime col dorso della mano, e schizzò in piedi con fare colpevole, nascondendo la fotografia dietro la schiena.
«Hai provato a controllare nel cassetto del comò? Di solito butti sempre lì la tua roba…»
«Mmmmh… può darsi.» rispose Hyuga entrando in camera.
Avvicinò la fidanzata e le lanciò un’occhiata indagatrice: «Cosa stavi facendo?»
«N-niente.» balbettò Nami.
Il ragazzo si sporse oltre la spalla della Ozora e con voce secca chiese: «Cosa stai nascondendo dietro la schiena?»
Lei fu lesta a spostarsi e ad allontanarsi da lui: «Niente ti ho detto. E comunque non sono affari tuoi.»
La reazione inattesa di Nacchan ebbe il potere di irritare ancora di più il Capitano della Toho. La afferrò per un braccio e se la tirò vicina: «Fammi vedere!»
«No!» protestò lei, senza tuttavia riuscire a svincolarsi dalla presa ferrea di lui: «È solo una fotografia!»
«Una foto… di chi?» ringhiò Hyuga, che un’idea in testa se l’era già fatta.
Nami aveva pianto: aveva ancora gli occhi arrossati. E l’aveva fatto senza farsi vedere da lui.
C’era un’unica persona che Minami avrebbe potuto guardare di nascosto e di cui, probabilmente, conservava una fotografia da qualche parte: Wakabayashi.
Lo Stronzo.
Eccolo ricomparire, come sempre, a rovinargli la giornata. Quell’ingombrante orrenda presenza che avvelenava il suo altrimenti meraviglioso rapporto con la cugina di Tsubasa.
Kojiro non era un maestro dell’autocontrollo. La rabbia lo invase rapidamente.
Senza nemmeno curarsi del fatto che la sua ragazza fosse un fuscello, se paragonata a lui, la costrinse a girarsi con tutta la forza che aveva e con un movimento fulmineo le strappò la fotografia dalle mani, accartocciandola nel pugno.
Nacchan, nuovamente sull’orlo delle lacrime, urlò angosciata: «No, Ko-chan! Ti prego: non la rovinare. È tutto quello che mi rimane di LORO!»
LORO?
Aveva detto… LORO?
Ma a chi si stava riferendo Nacchan?
Si calmò immediatamente vedendo l’espressione terrorizzata della fidanzata e udendone il tono implorante.
Si pentì amaramente di essere stato brusco con lei: dopotutto non aveva fatto niente di male.
Aveva soltanto guardato una fotografia dello Stronzo e… di qualcun altro. Ma chi?
Vinto dalla curiosità aprì il pugno dentro al quale aveva accartocciato la fotografia e la guardò.
I volti sorridenti di due ragazzine sulla soglia dell’adolescenza e di un ragazzo un po’ più grande apparvero. I tre si abbracciavano, felici: il ragazzo al centro, la ragazzina coi capelli neri a sinistra e quella castana a destra.
Erano felici… si amavano.
Erano loro, perfettamente loro: gli Ozora.
Minami gli tolse la fotografia dalle mani con un gesto fulmineo, e se la portò al petto, all’altezza del cuore. Lo fissò fieramente negli occhi, quasi con odio.
Hyuga non sostenne quello sguardo duro ed incollerito. Abbassò il proprio, verso il pavimento, mormorando timidamente: «Sc-scusami, Nacchan. I-io credevo che…»
«Tu credevi COSA? Stupido imbecille!» ribatté lei iraconda.
Per la Tigre fu durissimo ammettere la verità. Tuttavia lo doveva fare, per rispetto nei confronti della sua ragazza: «… Pensavo tu stessi guardando una fotografia di… Wakabayashi!»
La Ozora sgranò gli occhi, incredula: «Ma sei scemo? E perché mai avrei dovuto guardare una foto di Gen, scusa?»
Il calciatore fu scosso da un fremito: «Non lo so. Sono un coglione, Nacchan. Perdonami.»
Lei si avvicinò a lui, nascondendo il viso negli ampi pettorali.
«No, Ko-chan. Non sei un coglione. Sei solo l’uomo più geloso sulla faccia del pianeta.»
Kojiro la cinse, con le braccia muscolose. Stettero immobili per alcuni secondi, quindi l’attaccante parlò: «Ho rischiato di stracciare la foto di te ed i tuoi cugini, Nacchan. Potrai mai perdonarmi?»
Minami, senza guardarlo, rispose tutto d’un fiato: «Forse… dopo il terzio orgasmo, magari!»
«C-come?» chiese lui allibito mentre il corpo di lei cominciava a sussultare contro il suo petto, scosso dalle risate.
«Sei una deficiente.» concluse lui ridendo a sua volta. La allontanò quel tanto che bastava per accarezzarle il viso: «Ti mancano molto Tsubasa e Sakura?»
L’espressione di Nami si incupì di nuovo: «Come l’aria per respirare. Ogni maledettissima mattina io mi sveglio e guardo il calendario. Sono contenta, perché so che un giorno di meno mi separa dal loro ritorno…» Un nuova lacrima traboccò dagli occhi verde mare della ragazza. Lei non si premurò nemmeno di asciugarla: «Sono infantile, lo so. Ma io con Sacchan e Tsu-chan ho condiviso la mia vita da quando avevo due anni. Quando loro sono lontani è come se mi mancasse una parte del mio corpo… un organo vitale! Senza di loro io non ho niente…»
La grande mano scura di Kojiro pulì le lacrime dalle guance della ragazza. Le labbra del bomber si appoggiarono delicatamente su quelle di Minami. Lei lo guardò, grata.
Lui sorrise impercettibilmente e sussurrò con un tono appena udibile: «Non è vero che non hai niente, Nacchan. Tu hai me… ed il mio Amore. Non dimenticarlo mai.»
Lei non rispose: non erano le parole che avrebbero potuto dimostrare a Hyuga quanto quello che lui aveva appena detto fosse importante. Lo spinse verso il letto, cominciando a togliergli la maglia.
Anche lei lo amava, più di qualsiasi altra persona al mondo.
I gemiti di piacere presto riempirono il silenzio della stanza, mentre dal comodino i tre volti innocenti e felici dei ragazzi Ozora vegliavano sul grande Amore della più piccola dei tre.
   
 
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