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Autore: Tabheta    16/06/2020    2 recensioni
Attenzione!! Spoiler degli ultimi capitoli del manga
Hoshiumi/Hinata|Crack!pairing:
"Era come se fossero la stessa parte del medesimo puzzle. Non potevano in alcun modo combaciare, ed anche discutendo normalmente non si capivano. C’erano troppe cose non dette nell’aria e per un tipo diretto – e genuinamente ottuso soprattutto - come Hinata, era come se gli stessero chiedendo di leggere un codice maya."
[Questa storia partecipa al contest fiume indetto da Juriaka sul forum di efp]
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altri, Shouyou Hinata
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Nda: stavolta vi beccate le note in prima battuta perché sono io che ho il potere! Deliri di onnipotenza a parte, alcune precisazioni: la storia prevede che Hoshiumi si sia ritrovato a giocare nei Black Jackals. Si tratta dell'unica alterazione che ho apportato (a fini impuri) alla normale continuity del manga. 
Oltre al fatto che shipperei Hinata anche con i muri, mi sono riscoperta fan di questa coppia (merito anche dell'ultimo capitolo, ehm) ed ho pensato che fosse il momento giusto per far sfogare ai miei bambini un po' di sana tensione eheheheheh
~
Detto ciò, non badate a me che vi osservo, godetevi la storia ò_ò








 
 
    Fight



 
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 “Si può sapere qual è il tuo problema?”

“Che intendi?”
                                                                                                                                                                                             
“E’ da prima che fai di tutto per non farmi prendere nemmeno un’alzata.”

“Un po’ presuntuoso, o sbaglio?”

Hinata amava lo sport, ma soprattutto amava stare in una squadra. Era affascinato da come giocatori tanto diversi tra loro potessero unirsi in un unico cuore pulsante. 
Non era il tipo da accampare scuse, per lui in campo c’erano solo la palla, le sue gambe e la vetta della rete da superare. Eppure, gli sembrava che Hoshiumi stesse facendo di tutto per andare fuori tempo, per fargli lo sgambetto e farlo inciampare. 
 
“Stai rallentando la squadra.”

Per la prima volta, nella sua carriera da pallavolista, Hinata aveva perso il controllo. Era andato in faccia ad Hoshiumi e lo aveva spinto, costringendo Miya a frapporsi tra di loro.

“Se avete dei problemi il campo non è il posto giusto dove risolverli.”

Non che avesse seriamente intenzioni bellicose, ma Miya aveva ragione, il campo era un luogo consacrato al gioco, ed Hinata si vergognava di averlo infangato con quelle ridicole discussioni.

Alle superiori aveva sempre ammirato l’albino, aveva tutto quello che anche lui avrebbe voluto sviluppare. Era una motivazione a superare i propri limiti indifferentemente da quelli che la natura o chiunque avesse provato ad imporgli.
Era fiero di quello che era diventato non ascoltando nessuno, solo la propria passione. Tuttavia, Hoshiumi non lo riconosceva come suo pari. Era evidente da come lo guardava – sì Hinata sentiva costantemente il suo sguardo addosso, come se stesse scannerizzando ogni suo più piccolo movimento. Eppure, gli sembrava che almeno una piccola parte di lui lo stimasse. Credeva che al loro primo incontro qualcosa fosse scattato. Una sottile scossa elettrica, uno sguardo che diceva ti capisco, lo so cosa provi, saltiamo sempre più in alto senza fermarci.

Ma da quando era tornato dal Brasile, da quando giocavano nella stessa squadra, Hinata si era accorto che c’era qualcosa di rotto – e la scheggia gli era scivolata sottopelle. Non riusciva ad armonizzare la nota scordata nel loro lato del campo, e tutti i suoi compagni se ne erano accorti. Cominciava anche a vergognarsi di quella spiacevole stonatura che stava fermando non solo loro, ma anche gli sforzi del resto della squadra. Le parole che gli aveva rivolto poco prima Hoshiumi ricomparvero nella sua testa: stava davvero rallentando la squadra.

Avrebbe risolto il problema quel giorno stesso. Questo pensava mentre sedeva in panchina – non per sua decisione e rigorosamente a distanza da Hoshiumi, il quale lo stava ancora fissando con quel suo sguardo indecifrabile. Dalle guance il calore gli salì fin sopra alle orecchie.

“Hinata! Su con la vita – la pacca fin troppo vigorosa di Bokuto lo riportò alla realtà - non avevi mai discusso con un compagno prima d’ora?”

Dentro di sé rise istericamente. Quando giocava con Kageyama era una discussione continua, ma tutta quella tensione era funzionale alla loro intesa. Hinata sapeva che poteva essere onesto con lui, che se gli avesse urlato contro avrebbe trovato delle urla più forti a sovrastarlo, e poco dopo le cose sarebbero tornate alla normalità. Era così che funzionava la loro amicizia, ma Hoshiumi era un grosso punto interrogativo. Aveva voglia di prenderlo a pugni, e questo non era mai successo nemmeno con Kageyama – per quanto avesse tirato la corda.

“Bokuto-san non so come comportarmi, non credo di dover essere io a scusarmi.”

Bokuto scoppiò in una risata fragorosa.

“Non avreste litigato altrimenti.”

Hinata doveva ammettere che aveva ragione, sebbene Bokuto fosse una personalità molto – troppo - esuberante dimostrava di essere più maturo di lui.
In fondo era solo una discussione, gli sembrava evidentemente più grave di quanto non fosse. Doveva solo uscire dalla sua testa e guardare alla situazione da un’altra prospettiva.



*



Per il resto della giornata l’allenatore li aveva fatti entrare in campo solo separatamente. Hinata si sentiva in colpa, come se non avesse fatto il suo dovere alla pari degli altri, così decise di rimanere in palestra dopo l’allenamento collettivo.

Hoshiumi credeva che le sue fossero solo scuse? Allora avrebbe lavorato di più, l’equazione era semplice.

Non si credeva superiore a lui, anzi, lo aveva sempre ammirato proprio perché tra i due era senza dubbio lui quello più vicino a diventare il piccolo gigante, anche se Hinata aveva abbandonato quel desiderio anni prima. Avrebbe raggiunto i propri sogni a modo suo, percorrendo la sua strada e quella di nessun altro.

Si diede mentalmente dell’idiota, era così preso dai suoi pensieri che aveva perso totalmente la cognizione del tempo. Si affrettò a mettere insieme le sue cose per andare a cambiarsi.

La palestra dei Black Jackals era molto diversa da quelle a cui era abituato, soprattutto perché non c'era abituato proprio. Alle superiori la sua squadra si allenava in un campo condiviso con altri club, mentre in Brasile il concetto di palestra praticamente non esisteva e gli allenamenti si svolgevano tutti all’aperto. Hinata era passato senza mezze misure da quello ad un labirinto super-riscaldato, ultra-comfort, con infiniti corridoi attraverso i quali si sarebbe sicuramente perso – se Miya non lo avesse già sgridato talmente tanto da fargli imparare la strada. Sorrise sotto i baffi, gli piaceva quella squadra, anche se era quanto di più lontano avesse mai potuto immaginare per il suo futuro. Voleva davvero funzionasse.

Nel corridoio c’era solo il suono delle sue scarpe che strusciavano all’attrito col suolo. Hinata notò che le luci dello spogliatoio erano accese. Dentro di lui sapeva già chi vi avrebbe trovato dentro. Hoshiumi stava appollaiato come un gufo su una delle panche, evidentemente aspettando lui.

Decise che lo avrebbe preso in contropiede stavolta.

“A volte anche io mi alleno, visto?”

Voleva essere una risposta a tono, ma Hinata era tristemente incapace di suonare cattivo e finì per rimangiarsi tutto con una risata nervosa. Hoshiumi non parlava. Eccola di nuovo, quella sensazione, cosa aveva da guardarlo così? Cos'altro aveva da rimproverargli?

“Sai, a me questa squadra piace molto.”

Almeno su qualcosa andavano d’accordo.

“Per questo non posso accettarti.”

Era confuso, ed arrabbiato soprattutto, perché non capiva cosa avesse fatto per ottenere quel trattamento da una persona che stimava.

“Non capisco.”

Hoshiumi lo guardò dall’alto in basso.

“Sei molto più straordinario di me.”

Hinata arrossì. Tutta la tensione di quella giornata gli si stava riversando addosso come una secchiata d’acqua e non sapeva fino a che punto avrebbe potuto reggere senza mettere le mani addosso all’albino – o peggio, gli diceva una vocina nel cervello che lo fece rumorosamente deglutire.

Non sapeva proprio come prendere il compagno di squadra. Non si era mai trovato in condizioni simili. Solitamente, gli bastava essere sé stesso per legare con gli altri. Non lo diceva con superbia, ma era per lui molto facile trovare del buono in chiunque. Perché con Hoshiumi i suoi sforzi sembravano non essere mai sufficienti? Aveva un talento straordinario, molto più stupefacente del suo, perché non ne aveva mai abbastanza di provocarlo?

“Ti diverti così tanto a tormentarmi?” diede voce ai suoi pensieri.

Stavolta fu Hoshiumi a non capire.

Era come se fossero la stessa parte del medesimo puzzle. Non potevano in alcun modo combaciare, ed anche discutendo normalmente non si capivano. C’erano troppe cose non dette nell’aria e per un tipo diretto – e genuinamente ottuso soprattutto - come Hinata, era come se gli stessero chiedendo di leggere un codice maya.

“Ti ho appena fatto un complimento.”
 
“Ci crederei se non avessimo litigato giusto stamattina.”

“Io non ho litigato con nessuno.”

Era la prima volta che incontrava qualcuno più presuntuoso di Kageyama, e lui che pensava che aver avuto l’alzatore più egocentrico del Giappone in squadra lo avesse preparato a tutto.

Hinata rinunciò a discutere con lui. Piuttosto gli si mise nuovamente davanti e lo ripagò con la stessa moneta: col silenzio. Hoshiumi lo prese come un segnale positivo e lo attirò a sé prendendolo per i fianchi. Hinata sbiancò, poi riprese colore, raggiungendo approssimativamente la temperatura di fusione.

Adesso erano molto più vicini di quanto era nelle sue intenzioni, di quanto avrebbe mai immaginato anche solo quella mattina. Non riusciva davvero a capirlo, ma effettivamente la cosa non aveva più importanza. Hinata – che aveva sempre avuto difficoltà a comprendere anche sé stesso - si ritrovò a baciare il compagno di squadra. Non aveva idea del perché, ma non ne fu stupito. Evidentemente il suo cervello aveva accettato l’esito inevitabile di quella insensata situazione.

Sentì la lingua calda di Hoshiumi sul palato e le sue mani accarezzargli la schiena. In tutti quegli anni la differenza d’altezza era rimasta la stessa, anche se entrambi avevano guadagnato qualche centimetro.

Tra loro c’era indubbiamente tensione – Hinata non sarebbe mai riuscito ad ammettere ad alta voce quale tipo di tensione - ed in qualche modo dovevano venirne fuori per il bene della squadra. Per il bene della squadra suonava incredibilmente comico in una situazione del genere.

“Che intenzioni hai?”

“Di batterti.”

Hinata dubitava si riferisse a quello che stavano facendo. Quindi Hoshiumi non lo odiava. Questo lo rassicurò su molte cose, come ad esempio il fatto che fosse ancora a due centimetri dalla sua faccia.

Si scostò via da lui come se si fosse scottato.

“Devo fare la doccia.”

Effettivamente non poteva cacciarlo dal loro stesso spogliatoio. Si era rassegnato alla piega che quella giornata stava prendendo ed in fondo le sue esperienze oltreoceano gli avevano insegnato che a volte è meglio lasciarsi trasportare – non che Hinata si fosse mai soffermato troppo ad interpretare il corso degli eventi.

Hoshiumi però non distoglieva lo sguardo da lui.

“Quindi siamo a posto?” riprese riferendosi a tutta la loro discussione.

Si rassegnò a spogliarsi sotto lo sguardo insistente del compagno. Ad Hoshiumi brillarono sinistramente gli occhi. Prima aveva potuto notare da vicino quanto fossero grandi, gli sembrava potessero marchiarlo a fuoco: anche in quel momento, ogni lembo di pelle che percorrevano bruciava.

Gli si fece nuovamente vicino fino a farlo indietreggiare, finché il muro freddo si frappose fra lui e l’albino.

“Tu aspettami.”



*



Il gettò della doccia, rovente, era abbastanza ampio da coprire entrambi i loro corpi. In fondo, anche messi insieme non occupavano troppo spazio. Hinata non era ancora sicuro che tutto quello stesse succedendo davvero.
Stava facendo la doccia, nudo, con Hoshiumi, il quale credeva lo odiasse, ma non lo odiava davvero, però nemmeno lo amava, teoricamente tra di loro c’era solo un filo ad alta tensione che si attivava ogni volta che uno dei due entrasse nella stanza. Ma lui credeva fosse speciale, e quello lo stava facendo eccitare più di tutta la situazione in sé.

Hoshiumi voleva solo il possesso, una sensazione di vittoria apparente per appagare il suo ego insaziabile, ed Hinata non
era sicuro volesse farsi sfruttare a quel modo.
Se lo chiedeva mentre le mani del compagno scorrevano sul proprio corpo, mentre gli gemeva nell’orecchio e l’acqua scorreva sui loro corpi uniti.

Aveva già vinto.



*




 
  
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